Luigi Ghirri. Il paesaggio dell’architettura
Triennale di Milano
A cura di Michele Nastasi
Allestimento di Sonia Calzoni
Grafica di Pierluigi Cerri
Sino al 9 settembre 2018
In un lungo corridoio centrale le fotografie di Luigi Ghirri somigliano ai libri di Bergotte, che vegliano sul loro autore come angeli dalle ali spiegate, pronti a restituire vita a colui che li ha creati e non è più. Sul lato destro della sala, le stesse e altre immagini si susseguono raccolte in alcuni nuclei tematici e trasformate in grandi diapositive che battono il tempo della visione. Ecco: il tempo. Per Ghirri esso è fondamentale poiché il problema della rappresentazione dello spazio è per lui sempre «anche un problema che si lega al concetto di tempo. Fotografare una piazza all’imbrunire è diverso che fotografarla con la luce giusta per mettere in evidenza la struttura architettonica della piazza stessa». Nei suoi paesaggi non esiste distinzione netta tra naturale e artificiale e anche questo è dovuto al tempo: «Il paesaggio non è là dove finisce la natura ed inizia l’artificiale, ma una zona di passaggio, non delimitatile geograficamente, ma più un luogo del nostro tempo, la nostra cifra epocale».
Per questo fotografo l’architettura è un modo di abitare il mondo. La centralità della prospettiva scandisce il ritmo dei manufatti architettonici creando immagini nelle quali l’antico e il contemporaneo delineano uno spazio di senso, nelle quali i luoghi vengono descritti in ore diverse e il fotografare diventa esso stesso un’architettura temporale. Acque, terre, cieli si susseguono quasi come una fuga musicale. Tra le tante, si possono vedere le immagini scattate dal fotografo nello stesso luogo che ospita la mostra, il Palazzo della Triennale, immerso nel silenzio e nei secoli di Milano, come si vede anche dall’immagine di apertura di questa pagina.
Luigi Ghirri ha fotografato soggetti assai diversi: teatri, giostre, spiagge, cimiteri, castelli, ponti, strade, giardini, campi, fattorie, musei, templi, città, colline. Una fotografia intima, cosmica e concettuale. Immersa nell’«aria di inquietante tranquillità che abita luoghi e paesaggi, che sembrano essere abitati di nuovo dal mistero e dai segreti che ancora possiedono».