Conflitti unilaterali
in Liberazioni. Rivista di critica antispecista
Anno IX / n. 33 / Estate 2018
Pagine 90-96
Il dualismo umano/animale va oltrepassato nella comune appartenenza al mondo dei senzienti. Questa prospettiva antispecista è parte fondamentale del mio materialismo. I conflitti ai quali accenna il titolo del testo sono quelli unilateralmente scatenati dall’Homo sapiens nei confronti dell’animalità della quale è parte.
Una spiegazione assai acuta di tale violenza è fornita dall’eccellente libro di Mormino, Colombo e Piazzesi Dalla predazione al dominio. La guerra contro gli animali, con il quale cerco qui di confrontarmi in alcuni dei suoi presupposti e nelle significative conseguenze che se ne possono trarre in ambito filosofico ed etnologico.
Più ha valore quanto si offre in cambio, più aumentano le probabilità di ottenere ciò che si chiede. E che cosa ha valore per dei viventi il cui corpo è intessuto e irrorato di una sostanza fondamentale e potente come il sangue? L’offerta del sangue, appunto. Sangue che si trova disponibile in ogni momento nei corpi degli altri animali, molto più deboli e incapaci di opporre resistenza. Il sacrificio cruento per ingraziarsi i divini ha cessato di essere praticato soltanto quando e dove se ne è percepita l’inutilità, sostituita da tecnologie più efficaci, non quando e dove si è verificato un presunto addolcimento dei costumi o “razionalizzazione” delle concezioni. Tanto è vero che sacrifici immani, quotidiani, costanti e assai crudeli vengono praticati ogni giorno nelle più tecnologiche città del mondo. I luoghi dove tali sacrifici si praticano con altri nomi sono i laboratori di ricerca e i macelli. In essi domina la medesima logica del sacrificio cruento, che mostra in tal modo la propria persistenza.
Questo numero di Liberazioni porta in copertina un’affermazione del filosofo marxista Louis Althusser: «Si può conoscere qualcosa degli uomini soltanto alla condizione assoluta di ridurre in cenere il mito filosofico (teorico) dell’uomo». Il testo continua così: «Ogni pensiero che si riferisse dunque a Marx per ristabilire in un modo o nell’altro un’antropologia o un umanesimo teorico sarebbe teoreticamente soltanto cenere» (Per Marx [1965], ed. it. a cura di M. Turchetto, Mimesis 2008, p. 201).
Condivido pienamente le tesi di Althusser. «Ridurre in cenere» il mito umanistico è una delle condizioni di ogni conoscenza del mondo.
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1 commento
Pasquale
Ashes to ashes.
Devo ancora leggere il tuo pdf ma mi permetto di aggiungere, ce ne fosse necessità, che rispetto ai sacrifici cruenti antichi, quelli nascosti, negati di fatto in virtù della favoletta del non far soffrire, possono avvenire e avvengono in grazia di una feroce tecnica di supporto e della bulimia forsennata del bipede, specie il bipede ricco, l bipede cittadino, straniato dal ciclo vitale in una sorta di ciclo culturale. Un macello è davvero un macello in confronto al quale una battaglia a Troia era un litigio tra polli. Pensa a quanta poca carne si mangiava in meridione, e in genere in campagna dove l’animale era soprattutto uno schiavo dal lamento intraducibile. Linguaggio comune ih ah, uh. Ammazzare a fine corsa. Gli asini per esempio. Oggi sono allevati per farli fuori. Galline per le uova e alla fine gallina vecchia. La tecnica e il proliferare incontrastato dell’umano, nemmeno due guerre mondiali, eh sì che in dieci giorni soltanto del 1945 sul fronte orientale i tedeschi persero 400.000 uomini ma mica basta. Oggi ho letto un articolo agghiacciante sul cosìdetto sviluppo dell’Africa. Pelle d’oca. Qualcuno dovrà ben morire. Mi candido.