
Filosofia, Intelligenza Artificiale e apprendimento
in Punti Critici, 9 – marzo 2004
Pagine 57-83
L’editrice Petite Plaisance ha completato la riedizione integrale della rivista Punti Critici.
Nel numero 9 del marzo 2004 uscì un mio saggio dedicato alla questione dell’Intelligenza Artificiale da una prospettiva antropologica e pedagogica, oltre che mentalistica. In esso mi chiedevo: «Se il pensare è una caratteristica specifica della nostra specie, può il pensiero nascere e operare fuori da un legame strettissimo con il corpo? I ‘qualia‘ -le sensazioni che si provano a essere un determinato ente e non un altro -, le esperienze fenomeniche, individuali, qualitative possono essere separate dal legame con l’organico, coi sensi, con il biologico?».
In questo testo, e poi in altri che sono seguiti, ho cercato di rispondere a partire anche da una embodied cognitive science, che «alla interpretazione puramente simbolico-sintattica della mente sostituisce la prospettiva per la quale mente, cervello e mondo sono parti di un’unica struttura».
I precedenti saggi pubblicati su Punti Critici si possono leggere qui:
Educazione e antropologia
in Punti Critici, 2 – settembre-dicembre 1999
Pagine 27-46
Sulla «Grande Riforma» della scuola italiana
in Punti Critici, 5/6 – dicembre 2001
Pagine 163-176
Per una filosofia dell’informazione
in Punti Critici, 8 – ottobre 2003
Pagine 141-146
3 commenti
agbiuso
Un breve e chiarissimo articolo su una rivista giuridica mostra in modo efficace perché le cosiddette Intelligenze Artificiali non siano intelligenti:
Imparare al tempo dell’Intelligenza Artificiale
Una macchina non impara, una macchina calcola
giurdanella.it, 18.3.2025
Mai come in questi ultimi anni abbiamo così tante volte letto il termine imparare, ma, a differenza del passato, stavolta pare non interessare che siano gli essere umani ad imparare, ma che lo siano le macchine. Per chi “mastica l’inglese” (come cantava Luca Barbarossa in Yuppies), l’e-learning è sempre presente quando si parla di AI.
Ma davvero un pezzo di silicio può imparare? Qualche transumanista arriva a dire che, se può farlo un pezzo fatto di carbonio, acqua e altri minerali, qual è l’essere umano, perché non un pezzo di silicio e altri materiali “rari”?
La risposta è no, una macchina non impara, una macchina calcola, è l’unica cosa che può fare, e il tipo di calcolo che fa non è nemmeno calcolo complesso ma semplice calcolo combinatorio.
Facciamo un esempio.
Tre giri in senso antiorario e proseguire fino al numero 25, due giri in senso orario e proseguire fino al 35 e un giro a sinistra e proseguire fino al numero 60.
Avete capito benissimo che si tratta di una cassaforte con serratura a combinazione, se ogni numero arriva massimo a 100, le combinazioni totali saranno 100x100x100 = 1000000 (un milione).
Un eventuale ladro, anche impiegando 10 secondi ad ogni combinazione, e “lavorando” giorno e notte senza un attimo di riposo, impiegherebbe quattro mesi a provarle tutte.
Un automa, progettato ad hoc per scassinare le combinazioni, potrebbe farlo in un giorno, semplicemente e meccanicamente scorrendo tutte le combinazioni ad un decimo di secondo ognuna.
L’automa è intelligente? No. Ha imparato a scassinare le casseforti? No.
Anche le password, la gran seccatura di formarle componendo caratteri speciali, numeri, minuscole, maiuscole, che ci propinano ormai da anni banche, servizi di ecommerce e quasi tutti i siti web, è frutto di calcolo combinatorio.
Una volta era sufficiente una password di 8 caratteri scelti tra le 26 lettere maiuscole o minuscole indifferentemente e le 10 cifre, ovvero 36 elevato a 8 = 2.821.109.907.456. Evidentemente si riteneva che quasi tremila miliardi di combinazioni mettessero al sicuro l’accesso. Tanto più che dopo pochi tentativi errati, il sistema ne avrebbe bloccato l’accesso. Oggi le combinazioni necessarie per “motivi di sicurezza” (dicono gli esperti) sono molte di più. Sarà, ma se già dopo un paio di password sbagliate inseriscono la tua utenza in una black list, per farla uscire dalla quale devi perdere mezza giornata a telefonare a call center automatici, che senso ha?
Le crittovalute? Una lotteria, una competizione tra macchine. Si sceglie un numero di molte cifre e le macchine devono arrivare a quel numero tramite un particolare calcolo. La prima che ci arriva vince un bitcoin (sto semplificando). Cosa serve per vincere e, quindi, per produrre denaro? Macchine potenti ed energia a buon mercato.
Intelligenza artificiale? Stessa cosa. Combinazioni di parole. Miliardi e miliardi di combinazioni, di parole e frasi intrecciate. Cosa serve per dare l’impressione di “imparare” e, a quel punto, di insegnare, di suggerire, di oracolare? Macchine potenti ed energia a buon mercato.
No, perché, credevate che il tanto, rinnovato e agognato interesse per l’energia nucleare fosse per il bene dell’umanità?
Chiudo con un “messaggio in bottiglia”, per i posteri, che un amico informatico, Giacomo Tesio, ha lasciato in una mailing list (Nexa) che merita di essere seguita:
“L’archivio Nexa sarà veramente prezioso in futuro: spero che ne esistano molte copie, archiviate con sistemi ad alta affidabilità.
Un giorno, storici, psicologi e sociologi studieranno questi scambi.
Ci si chiederà come sia potuto accadere che tante persone intelligenti e colte attribuiscano “apprendimento”, “intelligenza” e persino “capacità linguistiche” ad un grosso archivio compresso.
Chissà quali bizzarre ipotesi faranno questi studiosi del futuro.
Ricondurranno questi scambi ad allucinazioni di massa?
Alla superficialità di intellettuali decadenti?
A “echo chamber” personalizzate dai BigTech?
Ad alienazione cibernetica?
A servitù volontaria?
Alcuni parleranno di “secoli bui”, tracciando analogie col medioevo. Analogie che ci indignerebbero, ed indignerebbero ancor di più molti intellettuali medioevali.”
ì
diego
grazie, un materiale gratuito prezioso; in generale la tua riflessione è sempre incentrata sul rapporto ineludibile con la corporeità; da lì il bellissimo neologismo «corpomente»; un aspetto collaterale molto interessante non è la mente artificiale, ma piuttosto il corpo artificiale (non tutto, diciamo negli apparati tecnologici che ne aumentano le capacità); quindi la mente, intesa con limpida e affascinante intuizione come accadimento, come processo, puo’ anche includere nel suo spazio «mentale» oggetti non biologici; ma l’incardinamento col corpo è ineludibile, perchè è la mente stessa; poco ho capito nella mia vita filosofica avendo fatto altri mestieri, ma questo punto centrale del tuo pensiero, caro Alberto, è per me una conoscenza preziosa e fondante.
agbiuso
La tua sintesi, caro Diego, è del tutto corretta e molto chiara.
È per me gioia e soddisfazione che le mie pagine, tesi, parole, possano essere feconde nella comprensione della vita di chi mi legge. Come ben sa Socrate, questo dipende anche e soprattutto dall’intelligenza e dall’interesse di chi legge.