Studiare la storia e comprendere le dinamiche sociali significa capire che -secondo la grande lezione dello strutturalismo delle Annales – non contano i singoli ma gli insiemi, le collettività. Dunque non mi interessano i nomi dei competitori in lizza alle imminenti elezioni politiche italiane, mi interessa il significato che le formazioni sociali assumono.
I cinque anni che ci separano dalle elezioni politiche del 2013 hanno confermato la fine in Italia (e ovunque) di ciò che dal XIX secolo è stato chiamato ‘sinistra’, la sua indistinguibilità da ciò che si chiama ‘destra’ e il convergere di entrambe nel sistema mafioso che distrugge l’economia italiana.
Le sedicenti destra e sinistra sono espressione del dominio della finanza speculativa che ha il suo baluardo nelle strutture dell’Unione Europea, la quale rappresenta il tradimento della storia e dell’idea di Europa.
Esprimerò dunque il mio sostegno al Movimento 5 Stelle non per chi lo rappresenta ma per ciò che rappresenta e in particolare:
- Per la difesa dell’ambiente naturale e urbano rispetto alla speculazione, ai palazzinari, alle mafie dei rifiuti, alle aziende ultrainquinanti; tutti soggetti sostenuti dal Partito Democratico e da Forza Italia.
- Per un progetto di recupero dell’occupazione sia pubblica sia nelle piccole e medie aziende, superando la schiavizzazione, il precariato, l’assenza di prospettive date dai provvedimenti del governo Renzi, per i quali basta aver lavorato come precario qualche ora al mese per essere ritenuti ‘occupati’.
- Per attutire i condizionamenti di una informazione quasi per intero (eccezioni il manifesto e il Fatto Quotidiano, nessuna eccezione in televisione) asservita ai grandi gruppi finanziari di Mediaset, del gruppo Repubblica-Espresso e dei partiti politici finanziati da queste aziende.
- Per una politica estera che almeno si proponga e tenti la difesa della autonomia dell’Italia dalla Germania e dagli Stati Uniti d’America. Su questo punto, tuttavia, la situazione dell’intera Europa è probabilmente senza uscita. I governi nazionali, infatti, contano poco o nulla. Le decisioni sono prese dalle strutture non democratiche -poiché da nessuno elette- dell’Unione Europea. Un solo esempio: l’embargo verso la Russia ha danneggiato e continua a danneggiare l’economia di molti Paesi europei, Italia compresa, ma è ancora in vigore perché favorisce la geostrategia e la finanza statunitensi. I vincoli di questa Europa sono delle catene recessive e antisociali alle quali gli Stati non possono sottrarsi. Temo quindi che, nonostante le tesi programmatiche, se il M5S andasse al governo poco o nulla potrebbe decidere in politica estera e sulle relazioni con l’Unione Europea, come tutti gli altri e come si è visto nel caso di Tsipras in Grecia Sono decisioni ormai sotto il controllo esclusivo di Bruxelles e di Washington, e forse un poco di Berlino. Una tragedia.
- Per il contrasto alle mafie, alle camorre, alla ndranghete, delle quali invece Partito Democratico e Forza Italia sono al servizio; il fatto di vivere e lavorare in Sicilia rende questa dipendenza del tutto evidente.
- Per un ridimensionamento delle spese dovute al meccanismo politico (finanziamento pubblico ai partiti, stipendi e pensioni di parlamentari e amministratori).
- Per un contrasto effettivo alla capillare corruzione politica che distrugge la ricchezza prodotta dai cittadini, dirottandola nei conti correnti di corrotti, tangentisti e concussori. Invito, a questo proposito, ad ascoltare la relazione di Roberto Scarpinato, Procuratore generale della Repubblica di Palermo, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario il 27 gennaio 2018 (dal minuto 1.25 al minuto 1.49), venti minuti di verità sull’immensa corruzione -vera leucemia del corpo sociale italiano-, sull’ingiustizia che riduce a pura lettera i diritti costituzionali, sulla impunità dei potenti. Partito Democratico e Forza Italia esistono soprattutto e sostanzialmente allo scopo di perpetuare l’immensa corruzione finanziaria e amministrativa che pervade la vita sociale delle nostre collettività, così ben descritta da Scarpinato.
- Per un controllo più attento delle banche, in mano alle massonerie lontane dalla res publica. Il caso di Banca Etruria e del grave coinvolgimento della ministra Boschi è una delle situazioni più emblematiche e inaccettabili fra quelle che hanno segnato la scorsa Legislatura.
- Per uno spostamento verso la sanità, la scuola, l’università, il trasporto pubblico, degli enormi finanziamenti dati alle cosiddette Grandi Opere (TAV Torino/Lione; Autostrade inutili come la Brescia-Bergamo; il sempre presente progetto del Ponte sullo Stretto di Messina) e alla imponente e anticostituzionale spesa militare.
- Non perché il Movimento 5 Stelle abbia la bacchetta magica o i suoi esponenti siano più ‘puri’ degli altri ma perché negli ultimi cinque anni questo Movimento ha costituito l’unica vera opposizione parlamentare allo scempio sociale e al crimine politico.
È sulla base di questa analisi e di tali auspici che non potrei votare né per Forza Italia/Lega (con la sua appendice Fratelli d’Italia) né per il Partito Democratico (con la sua appendice Liberi e Uguali). Se non ci fosse il Movimento 5 Stelle non mi recherei dunque alle urne, rimanendo fedele all’astensionismo libertario che ho praticato per alcuni anni. È l’ultima possibilità che mi concedo ed è probabilmente l’ultima occasione per la società italiana non di diventare perfetta -cosa che mai è possibile nelle esistenze umane individuali e collettive- ma di essere almeno una società decente.
41 commenti
agbiuso
“La serva è ladra, la padrona è cleptomane”. Sul caso Formigoni e la giustizia di classe che accomuna Partito Democratico e Forza Italia.
agbiuso
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/02/24/odo-gelli-far-festa/4993348/
Licio Gelli santo patrono della union sacrée tra Berlusconi e il Partito Democratico.
Le lodi in difesa di Formigoni -uno che ha rubato sulla sanità e salute dei cittadini- confermano il livello leucemico della corruzione in Italia.
agbiuso
Giorgio Cremaschi, tra i fondatori di Potere al popolo
agbiuso
Soggetti e partiti progressisti (definirli “di sinistra” no, sarebbe ingiusto ed errato) mobilitati a sostegno del golpista in Venezuela, un fantoccio creato dagli USA di Trump; a sostegno di un nemico dei lavoratori come Macron; a sostegno dei SiTAV distruttori di economia e ambiente, E tutto questo pur di accusare il Movimento 5 Stelle. Non è una tragedia, è una hegeliana eterogenesi dei fini che favorisce le destre in Europa e ovunque.
agbiuso
Lunedì 14.1.2019 alle 17,00 nell’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Catania si terrà un incontro sulla questione del populismo. Tra i relatori, Marco Tarchi, ordinario di Scienza politica all’Università di Firenze e direttore del mensile Diorama Letterario, al quale collaboro dal 2002.
Tarchi è uno specialista del populismo e spero quindi che chi parteciperà possa ottenere su questa posizione politica informazioni più corrette rispetto alla superficialità, alla propaganda e alla vera e propria ignoranza che emergono dalle ‘discussioni’ sui Social Network.
Ulteriori notizie sull’evento (dall’Agenda di Ateneo)
agbiuso
Significativa convergenza del Partito Democratico e della Lega a favore del TAV Torino-Lione. Spero che il Movimento 5 Stelle continui a opporsi a questo scempio che PD, Forza Italia, Lega continuano a volere, nonostante ogni dato, razionalità, buon senso, rispetto per l’ambiente naturale e antropico.
agbiuso
Gli effetti pervasivi e distruttivi dei governi Partito Democratico – Forza Italia sono ancora in atto.
Il ministro dell’ambiente Sergio Costa ha mostrato in questi sei mesi di saper difendere il patrimonio naturale e con esso la salute dei cittadini. Spero che continui a farlo.
agbiuso
Miopia, eterogenesi dei fini, stupidità politica? Sì, ma soprattutto la sensazione che il M5S è davvero un movimento estraneo alla corruzione leucemica che distrugge l’Italia. E quindi bisogna annientarlo a favore della Lega, molto più interna al sistema. La complicità della cosiddetta sinistra e della sua informazione è evidente.
agbiuso
La situazione italiana è molto difficile e complessa, anche per le ragioni indicate con lucidità da Travaglio in questo articolo.
Se il Movimento 5 Stelle non riuscirà a richiamare la Lega ai patti sottoscritti, credo anch’io sia meglio far cadere il governo. Anche se così l’Italia ricadrà nella palude FI-PD. Questo è l’Italia, nonostante il tentativo generoso e fondamentale -per quanto non privo di limiti- del M5S.
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Il Cazzaro posseduto
di Marco Travaglio | Il Fatto quotidiano – 18 novembre 2018
L’abbiamo scritto già quest’estate che Di Maio farebbe bene a valutare seriamente l’utilità di proseguire l’alleanza con Salvini. E non erano ancora accadute le frizioni 5Stelle-Lega su alcuni punti qualificanti del programma di governo. Né il Cazzaro Verde aveva tranciato, come ha fatto ieri, l’unico esile filo che teneva insieme i giallo-verdi: il Contratto. Le ragioni tattiche che avevano originato il “governo del cambiamento” sono note, almeno a chi ha buona memoria: la necessità di evitare di tornare subito al voto e la mancanza di alternative per l’indisponibilità del Pd a mettersi in gioco. Ora però la situazione è cambiata: non si vede né un governo né un cambiamento. O meglio: si vede un partito, il M5S, che – con tutte le sue gaffe e i suoi errori – prova e ogni tanto riesce a cambiare qualcosa; e il presunto alleato, la Lega, che gli mette ogni giorno i bastoni fra le ruote per conservare o restaurare l’Ancien Régime. Non è solo una battaglia di potere fra partiti concorrenti: è anche il frutto della trasformazione della Lega in qualcosa di molto diverso da ciò che era fino alla vigilia del 4 marzo: un partito del 12-15% che contendeva a B. la leadership del centrodestra su posizioni quasi paritarie. E giocava a contrapporsi come forza anti-sistema (pur facendone parte da 25 anni) al vecchiume italoforzuto.
Ora, nel breve volgere di nove mesi, il tempo di una gravidanza, la Lega s’è mangiata quasi tutto il vecchio centrodestra (infatti è passata dal 17,7% al 30 e più). Ne sta imbarcando tutto il peggio, soprattutto nelle regioni del Sud. E, più riciclati incorpora, più si gonfia e diventa simile a quel che fu FI, meno può permettersi di cambiare qualcosa. Paradossalmente, proprio mentre uccide il padre, anzi il nonno, Salvini ne viene posseduto e imprigionato. Gli elettori di centrodestra, si sa, sono di bocca buona: dopo aver digerito B., Dell’Utri, Previti, Cosentino, Cuffaro e altri galantuomini, considerano Salvini&C. delle educande. Dunque la corsa dei peggiori figuri sul Carroccio del vincitore non toglie voti a Salvini, anzi ne porta di nuovi. Ma le dimensioni abnormi assunte dalla Lega la costringono a farla finita col cambiamento e a tirare il freno a mano ogni qual volta i 5Stelle provano ad attuare uno dei punti innovativi del Contratto. Manette agli evasori? Era Salvini a sventolarle in campagna elettorale: tutto dimenticato. Meglio un bel condono (stoppato l’altra notte in extremis dal M5S, ma al prezzo di rinviare la linea dura sui reati fiscali). Ridiscutere le grandi opere inutili? Per carità: ecco i leghisti in piazza con le madamine e i pidin-forzisti nascosti dietro.
Annullare le concessioni pubbliche? Per carità: fosse per la Lega, chi ha lasciato crollare il Ponte Morandi incasserebbe altri miliardi per ricostruirlo. Trasparenza sui soldi a partiti e fondazioni? Non se ne parla, sennò qualcuno chiede lumi sui 49 milioni spariti e sugli strani giri dal Lussemburgo all’onlus leghista Più Voci. Chiudere negozi e outlet a rotazione la domenica? Guai, sennò chi li sente i governatori e i sindaci leghisti, tutt’uno col pidino Sala. Metter mano ai conflitti d’interessi? Figuriamoci, B. non vuole e nemmeno i grandi editori, che ogni giorno erigono sui giornaloni il monumento equestre a Matteo (sia quelli di destra che lo elogiano, sia quelli di sinistra che fingono di attaccarlo spacciandolo per il vero padrone del governo, anche se non fa nulla). Bloccare la prescrizione? Peggio che mai, altrimenti l’establishment che ha eletto Salvini a nuovo santo patrono del Sistema finisce in galera. Anzi, piuttosto si tenta di svuotare il peculato per salvare i leghisti, i forzisti e i pidini che rubavano sulle note spese coi fondi regionali e comunali. E sotto coi nuovi inceneritori, ignoti al Contratto, ma non ai compari di Cosentino e Giggino ’a Purpetta convertiti al salvinismo. Alla Rai, mentre i 5Stelle nominano un Ad indipendente come Salini, la Lega fa la guerra per piazzare tal Casimiro Lieto, nientemeno che autore de La prova del cuoco dell’ex (?) capitàna Isoardi.
In questo continuo gioco di Penelope, dove Salvini disfa di notte la tela che Di Maio tesse di giorno, è già un miracolo se il M5S è riuscito a portare a casa il dl Dignità (annacquato dai leghisti), il ddl Anticorruzione (con agenti infiltrati, aumenti di pena e premi ai pentiti), il blocca-prescrizione (dal 1° gennaio 2020), il nuovo voto di scambio politico-mafioso, l’abolizione dei vitalizi, i fondi in manovra per reddito di cittadinanza e rimborsi ai truffati dalle banche, lo stop al bavaglio sulle intercettazioni e alla Svuotacarceri. Che, di fronte al quasi nulla della Lega (l’inutile dl Sicurezza e l’inutilissimo ddl sull’illegittima difesa), è un bottino tutt’altro che magro. Ora però è impensabile che i 5Stelle trascorrano i prossimi quattro anni a lottare ogni giorno col sedicente alleato per realizzare ciò che avevano concordato nel Contratto, stracciato da Salvini senza neppure interpellare il “comitato di conciliazione”, previsto per dirimere le controversie. Il Cazzaro Verde posseduto da B., anziché a governare pensa solo alle elezioni europee. E cerca pretesti per rompere. Tanto vale che i 5Stelle lo anticipino: approfittino dei pochi mesi che mancano per piazzare, se ci riusciranno, qualche altro colpo; e poi lo lascino al suo destino. Che probabilmente sarà un nuovo voto per il Parlamento, seguìto da un bel governo Salvini-B. (così quanti oggi gridano al fascismo lo rimpiangeranno). O magari niente elezioni e subito un governo di restaurazione Lega-FI-Pd. Dopo avere sfilato a braccetto a Torino per il Tav e combattuto insieme contro l’Anticorruzione e l’anti-prescrizione, è giusto che i tre partiti dell’Ancien Régime smettano di vedersi di nascosto e ufficializzino il partouze.
agbiuso
Roma è una città/mondo complessa e Virginia Raggi ha i suoi limiti. Ma la giunta che dirige non è in affari con la ndrangheta, non si genuflette al Vaticano, non ruba i soldi dei cittadini ed è una sindaca del Movimento 5 Stelle.
Ecco perché la Repubblica e il Partito Democratico la odiano.
agbiuso
Noam Chomsky è forse il più importante filosofo vivente. Un uomo di eccezionale intelligenza e libertà.
In una intervista al manifesto dell’8.9.2018 argomenta con chiarezza che il populismo è una posizione politica legittima, tanto più in una fase storica nella quale “i lavoratori si stanno rivoltando contro le élite e le istituzioni dominanti che li hanno puniti per una generazione”.
Scenari di democrazia
Il testo in pdf
agbiuso
È per leggere queste parole di sinistra che ho dato il mio voto al Movimento 5 Stelle, per cominciare a liberarci dalla dittatura del Rating, della crematistica, della finanza nemica dell’economia.
agbiuso
Sull’opposizione al governo Conte, ben nascosta nei Social Network e nel meeting dei potenti (cattolici e laici) di Rimini, come rilevano sia la direttrice del manifesto, In piazza contro il ministro della vergogna, sia Beppe Grillo. Ma non so quanto potrebbe giovare all’opposizione scendere in piazza con alla testa soggetti quali Roberto Saviano, Eugenio Scalfari o Asia Argento.
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La lettera di Beppe Grillo al Fatto Quotidiano “Che strana opposizione scomparsa tra le lobby”
il Fatto Quotidiano, 24.8.2018
Caro direttore, un’esperienza di governo davvero singolare: l’Europa dell’establishment contro, il capitalismo finanziario, i media pure e nessuno sembra mancare all’appello, tranne l’opposizione. Non c’è l’opposizione, sembra di essere circondati da uno gruppetto di prefiche (quelle che piangevano a pagamento ai funerali) e non di costruttori di alternative.
Ma dove si sono nascosti? Questo governo sembra stia tentando di colmare il vuoto sviluppando una sua opposizione interna: nazionalizzare o fare delle concessioni con delle regole a favore dei cittadini? Non è un dissidio, è un semplice confronto.
Intanto, in tv, ripetono incessantemente di “essere stati un po’ distanti dalla gente…” scopiazzando dalla conferenza stampa di Aspi, deve essere un mantra della comunicazione condiviso in qualche Think Thank interparassitario.
Però, se vuoi sapere come la pensano davvero, devi andare a Rimini dove, comunque tu ci sia arrivato, Autostrade per l’Italia non ti abbandona mai, eccola ad accoglierti insieme agli altri sponsor maggiori del meeting di CL. Furibonda, disperatamente alla ricerca di un eufemismo, Lucia Annunziata li aveva appena chiamati “conigli”… ma si sbagliava, sono lì, pronti a rilasciar dichiarazioni dall’alto di supersponsorizzati altari saccenti. È proprio fra le braccia dell’arroganza che ci si lascia andare più fiduciosamente ed esternare. E così le prime dichiarazioni politiche circa il disastroso stato delle infrastrutture del Paese le hanno fatte lì, la sostanza è la stessa dell’Aspi: “Ci siamo comportati bene e non siamo in alcun modo responsabili di nulla.” Di nuovo, nella forma e nella sostanza, insieme per sempre, vicini vicini. Formigoni docet.
Il tono è pacato, i fastidiosi pruriti e le timidezze si trasformano in una paternalistica posa di rimprovero contro chi sta lavorando per sistemare decenni di degrado strutturale e morale del paese. Eccola l’opposizione, rinfrancata dal tono assolutorio della gran lobby: la fiducia nel confessionale della Compagnia Delle Opere non manca mai.
Una forma di confessione particolarissima: invece di rimproverarti e punirti, l’ambiente spirituale della gran sagra sublima tutto in sagge parole, mentre i fantasmi di ieri l’altro cercano una qualche consistenza, almeno per la durata della festa riminese.
Se dovete nascondervi fatelo bene, e lasciate dire tutto alla Gelmini: c’è sempre luce in fondo al suo tunnel.
agbiuso
Nel XXI secolo la democrazia è fatta di un livello almeno minimo di indipendenza dell’informazione. In Italia la Repubblica, il Giornale, La Stampa, il Corriere della Sera hanno padroni tali da rendere questi fogli del tutto inattendibili.
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United Leccons of Benetton
di Marco Travaglio
il Fatto Quotidiano, 18.8.2018
Impreparati come siamo in fatto di modernità, di progresso, ma soprattutto di Stato di diritto, ci eravamo fatti l’idea che il crollo di un ponte notoriamente pericolante fosse responsabilità anzitutto di chi (la società Atlantia della famiglia Benetton) l’aveva in gestione e si faceva pagare profumatamente per tenerlo in piedi ma non aveva fatto nulla; e poi anche di chi (i governi di destra e di sinistra degli ultimi 19 anni) si faceva pagare profumatamente per controllare che ciò avvenisse ma non faceva nulla; e che, dopo 40 morti e rotti, il governo avesse il diritto-dovere di revocare il contratto al concessionario inadempiente. Ma ieri per fortuna abbiamo letto il Giornalone Unico e scoperto che sbagliavamo di grosso. Attribuire qualsivoglia colpa per il ponte crollato a chi doveva tenerlo in piedi e controllare che fosse tenuto in piedi è sintomo di gravissime patologie: populismo, giustizialismo, moralismo, giustizia sommaria, punizione cieca, voglia di ghigliottina, ansia da Piazzale Loreto, sciacallaggio, speculazione, ansia vendicativa, barbarie umana e giuridica, cultura anti-impresa che dice “No a tutto”, pericolosa deriva autoritaria, ossessione del capro espiatorio, esplosione emotiva, punizione cieca, barbarie, pressappochismo, improvvisazione, avventurismo, collettivismo, socialismo reale, decrescita, oscurantismo (Repubblica, Corriere, Stampa, il Giornale).
Prendiamo nota e ci scusiamo con i Benetton e i loro compari politici se li abbiamo offesi anche solo nominandoli invano o pubblicando loro foto senz’attendere che, fra una quindicina d’anni, la Cassazione si pronunci sui loro eventuali reati. D’ora in avanti, ammaestrati da tanta sapienza giuridica che trasuda da giornaloni, tg e talk show, ci regoleremo di conseguenza nella vita di tutti i giorni. E invitiamo caldamente i nostri lettori e gli altri italiani contagiati dai suddetti virus, a fare altrettanto. Se, puta caso, acquistate o affittate un appartamento e, dopo qualche settimana sull’intonaco ancora fresco del soffitto compare una simpatica crepa, seguita magari dal gaio precipitare di calcinacci sulla vostra testa, evitate di farvi cogliere dalla classica cultura del sospetto, tipica del peggiore populismo grillino, e di protestare col proprietario o l’amministratore del condominio perché intervenga a riparare. Vi basterà la sua parola rassicurante sul fatto che nelle abitazioni moderne la crepa arreda e non c’è da preoccuparsi, perché la casa è “sotto costante monitoraggio e non presenta alcun pericolo di crollo”.
Nel malaugurato caso in cui la casa dovesse sbriciolarsi e voi doveste sopravvivere, astenetevi dalla classica tentazione giustizialista di rinfacciare a chi di dovere i vostri allarmi inascoltati; o, peggio, di attribuirgli qualsivoglia colpa, cedendo al peggior populismo; o – Dio non voglia: sarebbe giustizia sommaria indegna di uno Stato di diritto – di chiedergli i danni prima che un Tribunale, una Corte d’appello e la Cassazione abbiano confermato irrevocabilmente la sua penale responsabilità. C’è anche il caso che alcune circostanze infauste (tipo i funerali dei vostri cari o le fratture multiple che vi paralizzano in un letto d’ospedale) vi inducano a cedere all’emotività al punto di pretendere almeno la sostituzione dell’amministratore inadempiente, specie se doveste scoprire che costui (come l’Ad di Atlantia-Autostrade, Castellucci, sotto processo per la strage di Avellino) era già imputato per omicidio colposo plurimo per disastri precedenti: ecco, resistete a questi barbari istinti di giustizia sommaria. E, se vi chiedono ancora l’affitto della casa crollata, tenete a bada le mani e continuate a pagarlo, per non precipitare nel gorgo della cultura anti-impresa che dice “No a tutto” e porta dritto al socialismo reale.
Ci siamo fin qui barcamenati nella metafora della casa per non ricadere nel tragico errore di citare i Benetton e i governi degli ultimi 20 anni, cioè i concessionari e i concessori di Autostrade che credevamo responsabili politico-amministrativi del Ponte Morandi. Ora sappiamo dai giornaloni che essi non solo non vanno incolpati, ma neppure nominati. Al massimo – ci insegna Ezio Mauro – si può parlare di “una delle più grandi società autostradali private del mondo” che, “in attesa che la magistratura faccia luce”, non può diventare “il capro espiatorio di processi sommari e riti di piazza”, “tipici del populismo”. E guai a dire, come fa Di Maio, “a me Benetton non pagava campagne elettorali”: questo non l’avrebbe detto “nemmeno Perón”, forse perché a Perón i Benetton non pagavano le campagne elettorali, mentre Autostrade le pagò al centrosinistra e al centrodestra almeno nel 2008 (vedi Report).
E guai soprattutto ad annunciare, come fa Conte, “la sospensione della concessione” senza aspettare “i tempi della giustizia”. Chi pensa che ai governi spetti accertare le responsabilità politico-amministrative e ai giudici quelle penali, perché un conto è revocare un contratto e un altro e mettere uno in galera, è un lurido “populista” e “pifferaio della decrescita”. Se c’è di mezzo Atlantia, che sponsorizza La Repubblica delle Idee e nel cui Cda siede la vice presidente del gruppo Repubblica Monica Mondardini, la responsabilità politico-amministrativa non esiste più: le concessioni si danno subito, anche in una notte, pure senza gara, ma per revocarle bisogna aspettare la Cassazione. Anzi, nemmeno quella, perché la revoca sarebbe – ammonisce Daniele Manca del Corriere – “una scorciatoia”, “un errore” e “un indizio di debolezza”: uno Stato forte viceversa lascia le sue autostrade in mani private, e che mani. Nemmeno Manca fa nomi, anche se sembra sul punto di farli: quando scrive “chi quelle società guida e controlla…”, par di vederlo mordersi la lingua e torturarsi le dita per impedire loro di scrivere “Benetton”. Poi, per non pensarci più, si scaglia contro i veri colpevoli: “Chi ha alimentato e salvaguardato l’interesse di minoranze a scapito del benessere del Paese, ostacolando nuove opere” (la famigerata “Gronda”, che avrebbe mantenuto in funzione il Ponte Morandi, e ci costerebbe 5-6 miliardi).
Sistemati i veri colpevoli, restano da accertare le vere vittime: provvede Giovanni Orsina su La Stampa, lacrimando inconsolabile per i poveri Benetton (mai nominati), “sacrificati” come “capro espiatorio contro cui l’indignazione possa sfogarsi”. Roba da “paesi barbari”, soprattutto dinanzi “a una questione complessa come il crollo del Ponte Morandi”. Talmente complessa che ora Atlantia è pronta a ricostruirlo “in cinque mesi”. Un solo giornalista – il sempre spiritoso Luca Bottura – fa nomi e cognomi, con grave sprezzo del pericolo, su Repubblica: “Bagnai”, “Toninelli”, “i grillini” che “serbano nell’armadio lo scheletro della Gronda che forse avrebbe allungato la vita al Ponte Morandi” (mai fatta per colpa di chi non ha mai governato) e dicono “No tutto”, perfino al balsamico Tav “tra Torino e Lione” (che non c’entra nulla e infatti Bottura lo cita ma non si “arrischia” a citarlo “per paura di finire nel mirino” dei No Tav padroni di tutti i giornali, compreso il suo), “Salvini”, “Grillo”, la “Casaleggio”, “l’ansia vendicativa del governo… che sparge la calce viva della bassa politica su decine di vittime”, e “soprattutto Di Maio” perché osa attaccare “Autostrade per l’Italia (che certo non se la passa bene, ma devono dirlo i giudici)”. Ecco: per incolpare chi non c’entra nulla basta il Tribunale di Repubblica; ma per incolpare chi c’entra bisogna attendere la Cassazione.
Questi eterni Tartuffe italioti, usi a negare anche l’evidenza, Indro Montanelli li ritraeva con un apologo: “Un gentiluomo austriaco, roso dal sospetto che la moglie lo tradisse, la seguì di nascosto e la vide entrare in un albergo. Salì dietro di lei sino alla camera e dal buco della serratura la osservò spogliarsi e coricarsi insieme a un giovanotto. Ma, rimasto al buio perché i due a questo punto spensero la luce, gemette a bassa voce: ‘Non riuscirò dunque mai a liberarmi da questa tormentosa incertezza?’”
agbiuso
Come sempre, Denis Collin va dritto al punto, con la lucidità di un vero marxista.
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“Il crollo del ponte Morandi è un simbolo della complessiva crisi del modo di produzione capitalistico, crisi che non ha altre cause che la stessa dinamica di questo modo di produzione.
[…]
Questo evento è l’ennesima prova, se fosse necessario, che il capitalismo è strutturalmente incapace di pensare su tempi lunghi, incapace di prendersi davvero in carico gli interessi della società nel suo insieme, e incapace anche di pensare alla propria sopravvivenza. Il ponte Morandi è il modo di produzione capitalistico.
[…]
Per comprendere la tragedia italiana, è pertanto necessario cominciare a risalire alla ‘catena di comando’ e dunque risalire all’Unione Europea che esige privatizzazioni e tagli nei servizi pubblici.
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L’articolo integrale si trova qui:
Le pont Morandi, métaphore du capitalisme. “United Dolors of Benetton”
agbiuso
Sta qui il coacervo di media, aziende e politica che rende criminali i governi italiani guidati da Forza Italia e dal Partito Democratico. Nonostante i suoi limiti, l’attuale governo è incomparabilmente migliore.
Anche per questo sono sempre più convinto della bontà del voto dato a marzo.
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Autostrade, un contratto capestro e le oscene acrobazie dei media per nascondere il cognome Benetton
di Peter Gomez
Fonte: il Fatto Quotidiano, 17.8.2018
C’è qualcosa di osceno nella protervia con cui Autostrade per l’Italia, davanti ai cadaveri, cita contratti e penali. L’idea che una società, miracolata da una concessione statale priva di senso economico e sociale, ricordi che in base ai documenti firmati avrebbe diritto a 20 miliardi di euro anche se venisse provata la sua responsabilità per i morti di Genova è un fatto che scuote le coscienze. Un accordo del genere (oltretutto in parte coperto da segreto di Stato) è un contratto capestro. Chiunque coltivi ancora in sé un minimo senso di giustizia può facilmente capire quale sia la truffa di quella concessione ultra decennale prolungata in tutta fretta.
Secondo il contratto anche in caso di accordo rescisso per colpa grave alla società controllata dalla famiglia Benetton spettano per anni versamenti miliardari. Non abbiamo idea del perché politici di diverso colore nel tempo abbiano accettato tutto questo. Sappiamo però che un accordo del genere autorizza le ipotesi peggiori. Che esulano dalla semplice incapacità e inettitudine di tanti governanti protagonisti dell’affare. Più volte in passato noi e altri giornalisti, a partire dai colleghi di Report, abbiamo denunciato e raccontato lo scandalo di queste concessioni. Ma quelle storie e notizie scomparivano presto dai media. Troppo potenti e ricchi i concessionari dello Stato, troppo importanti gli investimenti pubblicitari dei Benetton, perché editori e direttori ricordassero quale era il loro dovere.
Ora, dopo ridicoli tentativi di occultare la verità prendendosela con i No gronda (contrari a un’opera che quando sarà ultimata non porterà alla chiusura del ponte), la morte e la distruzione si occupano purtroppo di rimettere a posto le cose. Dal 2015 chi lavorava sotto il ponte era costretto a ripararsi dalla caduta di pezzi di ferro con delle reti. Le segnalazioni ad Autostrade erano rimaste senza seguito. E solo pochi mesi fa, con procedura d’urgenza, era stata indetta una gara per le riparazioni di piloni e tiranti. Questo basta per far comprendere che a Genova chi poteva e doveva intervenire non ha voluto farlo per tempo.
Ma non è tutto. Perché, mentre si scava ancora tra le macerie, Autostrade e i suoi azionisti comunicano che in 5 mesi sono in grado di rifare il ponte. Dimostrando che dietro alle loro passate scelte c’era solo la volontà di moltiplicare utili già scandalosamente alti.
Noi non sappiamo come finirà questa storia. Sappiamo però che se vogliono avere ancora diritto di cittadinanza in questo Paese ex ministri, ex premier, ex sottosegretari protagonisti dell’affare e la famiglia Benetton devono presentarsi agli italiani per chiedere con umiltà perdono. Spetta invece al Parlamento il compito di trovare la strada legislativa e di diritto per annullare quella clausola sui soldi da versare ad Autostrade, in tutta evidenza vessatoria per i contribuenti. Sperando che questa volta i servi dei concessionari di Stato presenti in gran numero alla Camera e al Senato trovino la dignità di tacere. E che invece la stampa italiana ancora oggi impegnata in surreali acrobazie per non mettere nei titoli il cognome Benetton, trovi finalmente il coraggio di parlare.
agbiuso
Marco Tarchi è un politologo tra i massimi esperti di populismo. La sua analisi del Governo Conte tra Lega e Movimento 5 Stelle mi sembra interessante anche perché avalutativa:
Tarchi: «Salvini non è di destra, è un agitatore populista come Grillo»
L’Inkiesta, 3.7.2018
agbiuso
Una delle ragioni per le quali ho votato per il Movimento 5 Stelle è la difesa dell’ambiente, della madre terra, dell’aria, delle acque. Sono quindi molto soddisfatto per questa notizia data dal ministro dell’Ambente.
Il decreto sulla Terra dei fuochi è passato.
agbiuso
Basta con questi governi espressione degli elettori. Il popolo, si sa, è ignorante e incapace. Che i governi vengano scelti da raffinati banchieri e da presidenti prudenti. Torniamo alle aristocrazie, alle oligarchie. Anzi ci siamo già tornati. Viva Mattarella, viva l’Unione Europea!
agbiuso
L’attacco alla democrazia italiana è ormai palese.
Il politologo Marco Tarchi rileva giustamente che siamo giunti ad affermazioni semplicemente folli. Ma c’è del metodo in questa follia, come sempre.
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La formula del “rischio della tirannia della maggioranza” è un espediente ideologico di lunga data, con cui i liberali, dopo aver smesso di combatterla, hanno deciso di annacquare il significato del concetto di democrazia, riuscendoci. Ce lo ha insegnato bene Giovanni Sartori, e si può capire che chi si richiama al pensiero liberale la usi ancora oggi. Chiamarla in causa, però, per giustificare i dubbi o le resistenze di un Presidente della Repubblica di fronte alla proposta di uno o più nomi di un governo, sostenendo che il compito del Capo dello Stato è di tenere conto anche delle esigenze delle minoranze, come ho sentito poco fa, è assurdo. Rarissimamente le minoranze si sono trovate d’accordo, nei decenni passati, con i nomi dei Presidenti del Consiglio? Berlusconi non era certo il premier ideale per i suoi oppositori, ma nessuno gli ha impedito di essere nominato…
Marco Tarchi
agbiuso
È semplice: se non è possibile una vera svolta nelle politiche economiche e sociali, se i cittadini italiani ed europei possono solo ratificare quanto deciso dagli organismi da nessuno eletti dell’Unione Europea, perché i popoli vengono chiamati a votare? Perché questa finzione? Che cosa significa a questo punto la parola democrazia?
agbiuso
Copio qui sotto un illuminante articolo di Tonino Perna dal titolo La sovranità monetaria è una battaglia di sinistra, apparso sul manifesto del 19.5.2018.
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Ha ragione Luigi Pandolfi a denunciare il fatto che l’opposizione alle politiche di austerity le abbiamo lasciate in mano alla destra fascistoide. Non basta che esponenti della sinistra radicale ogni tanto alzino la voce contro queste politiche.
Bisognerebbe anche trovare delle alternative credibili e praticabili.
Certamente, come viene suggerito nell’articolo citato, si potrebbe sterilizzare una parte del debito pubblico trasformato i titoli di Stato in possesso della Banca d’Italia in titoli “irredimibili”, ma questa operazione non è una passeggiata come dimostra la storia europea e italiana, perché colpisce la credibilità di uno Stato e la fiducia dei risparmiatori e investitori. Insomma, è una questione da approfondire, ma non è l’unica soluzione per uscire da questa situazione insostenibile e da rapporti di forza asimmetrici.
E questo è il punto: quando si parla di rivedere i Trattati europei o di sfondare il rapporto Deficit/Pil non si tengono in conto i rapporti di forza realmente esistenti.
Avendo perso i singoli stati europei la possibilità di battere moneta ed essendo costretti ad acquistarla dalle banche private pagando un interesse del 4 per cento (mentre le banche la ricevono dalla Bce a tassi vicino allo zero) uno Stato come il nostro con un debito pubblico che va oltre il 130 per cento del Pil e paga interessi annui legati alla speculazione finanziaria c’è ben poco da fare restando entro questi rapporti di forza asimmetrici.
Si può sbraitare contro i burocrati di Bruxelles quanto si vuole, aumentando per questa via il consenso popolare, ma se si alza lo spread perché “i mercati” puntano a speculare sui nostri titoli di Stato andremo a pagare interessi annui oltre i 70 miliardi attuali e ci avvicineremo al default (Argentina docet).
Un grande intellettuale, oltre che prestigioso sociologo e economista, come Luciano Gallino, nella prefazione ad un volume sulla “Moneta fiscale” curato da Marco Catteneo, Stefano Sylos Labini, Enrico Grazzini, ha spiegato con estrema chiarezza e precisione come i nostri guai finanziari sono cominciati da quando abbiamo perso la «sovranità monetaria».
Ed essendo uomo di sinistra non avrebbe mai immaginato che in pochi anni avremmo regalato questa battaglia sacrosanta alla destra fascista e sfascista. Non a caso la categoria della «sovranità» era emersa negli incontri internazionali di Porto Alegre declinata come sovranità alimentare, energetica e, per l’appunto, monetaria.
Il movimento no/new global aveva espresso e articolato una critica diretta a questa globalizzazione finanziaria che sottomette al volere del capitale finanziario le stesse istituzioni politiche nazionali e locali. Tra le alternative emerse ci sono le monete locali e, nello specifico caso italiano, quella dei Certificati di Credito Fiscale , detta anche “moneta fiscale” proposta dagli autori qui già richiamati. Con il sostegno scientificamente approfondito da parte di Luciano Gallino e la critica, scontata, dei tecnici della Banca d’Italia e di altri economisti neoliberisti che condividono una visione sacrale del denaro.
Creare una moneta parallela da parte dello Stato, o come la definisce Gallino una forma di “denaro potenziale”, permetterebbe di immettere liquidità nel sistema e far ripartire la domanda aggregata senza aumentare il deficit dello Stato.
Purtroppo, anche a sinistra c’è una parte rilevante che di fronte ad ogni alternativa non ortodossa storce il naso perché ha interiorizzato il culto magico-sacrale del denaro, del novello “vitello d’oro” e le orazioni dei suoi sacerdoti (economisti e speculatori finanziari).
E’ fuorviante dividersi tra rigoristi e sovranisti, la vera divisione passa su chi deve pagare il debito pubblico nel medio periodo e su chi deve ricadere il costo della crisi finanziaria.
agbiuso
Interessante editoriale sul manifesto di oggi.
Norma Rangeri mostra un sano sospetto verso la variegata compagnia che si straccia le vesti davanti alla prospettiva di un governo che in ogni caso sarebbe realmente nuovo. Il che non è poco.
All’opposizione la nostra sfida
agbiuso
Segnalo un lucido articolo della rivista Indipendenza, nel quale si sostiene che “Mattarella rassicura la Troika euroatlantica dicendosi pronto a porre il veto alle nomine di ministri sgraditi e, ne consegue, anche ad atti di governo non in linea con le direttive e gli interessi di quella. Non solo. Da fonti vicine ai due possibili partiti di governo rilanciate qua e là su giornali e media, Mattarella avrebbe richiesto in politica estera una chiara presa di posizione atlantica della Lega, che confermi la collocazione dell’Italia nella NATO e a fianco degli Stati Uniti”.
Gli avvertimenti eruroatlantici del Quirinale, 13.5.2018
agbiuso
Le gravi affermazioni preventive di Sergio Mattarella contro il ‘sovranismo’ di un eventuale governo M5S-Lega costituiscono una prova evidente che per i padroni dell’Unione Europea -traditori dell’Europa- a decidere il proprio destino non debbano essere i cittadini ma le oligarchie finanziarie non elette da nessuno e fautrici del pensiero unico, della globalizzazione, del capitale.
agbiuso
Mattarella e Napolitano hanno accettato di tutto come ministri: tangentisti, analfabeti, cortigiane, delinquenti. Adesso che il sistema ForzaItalia / PD è a rischio, Mattarella fa l’ “autonomo” e rivendica le sue “prerogative” contro il Movimento 5 Stelle.
La democrazia italiana è proprio una finzione.
agbiuso
Condivido le affermazioni di Di Maio. In ogni caso era prevedibile: il partito del malaffare (Forza Italia e Partito Democratico) non può permettersi che nelle stanze del potere entri chi non è complice.
Berlusconi e Renzi governeranno insieme, come hanno fatto sinora, a danno dell’Italia.
agbiuso
Condivido per intero le affermazioni di Alessandro Di Battista.
agbiuso
Una lucida e spietata analisi di Angelo D’Orsi sulle ragioni del fallimento di Liberi e Uguali e Potere al popolo. Estrapolo due brani dal suo ampio testo, apparso su Micromega: Appunti postelettorali. Un tentativo di analisi gramsciana
“La colpa più grave, però, o se preferite l’errore irredimibile, è di avere scambiato Facebook per la piazza del mercato, per un piazzale davanti alle officine, per un autogrill sull’autostrada, per una parrocchia di periferia, per un autobus affollato in ora di punta in una metropoli, per un vagone di pendolari dondolante nel treno in ritardo verso casa alle sei del pomeriggio. Su Facebook essendo la rete suddivisa in piccole communities, è stato non soltanto facile ma inevitabile incontrarsi coi propri simili: tutti a ripetere i medesimi slogan, spandendo certezza, francamente fuori luogo (un po’ di prudenza, no?!), sottolineando (contro ogni sondaggio scientifico, con tutti i loro limiti), la crescita settimana dopo settimana delle aspettative, che a un mese dal voto erano diventate certezze: della vittoria “a portata di mano”. Come ha scritto più d’un osservatore, sarebbe stato preferibile (diciamo indispensabile) che una lista che vuole donare il potere al popolo, lo avesse un minimo frequentato e conosciuto, quel popolo. Gramsci voleva conoscere gli operai “in carne ed ossa”: voleva vivere la loro vita, rendersi conto dei loro problemi, da vicino: voleva addirittura “andare a scuola” da loro. La sinistra radicale di PaP ha preferito battere su parole d’ordine generalissime e genericissime, evitando di entrare nel merito di ciò che il “popolo” sente, teme, spera. Il tema migrazioni è stato il cuore della campagna elettorale. PaP lo ha snobbato, riducendolo a parole d’ordine kantiane (diritto all’universale ospitalità…) o cattoliche (solidarietà, accoglienza, fratellanza…). Si è fatto un ricorso abnorme, comunque raramente giustificato (non foss’altro perché non argomentato), a termini come “razzismo”, “xenofobia”, “fascismo”, e ad espressioni stucchevoli quali “paura del diverso” e via seguitando, nei luoghi comuni di chi parla a se stesso e a quegli happy few che sono a lui simili, che hanno alle spalle ottime letture, viaggi intercontinentali, amicizie cosmopolitiche… Questo sarebbe il “popolo ribelle” che figura come insegna nel Programma di Pap? Non è mai sorto il dubbio che esistesse un “altro popolo”, con il quale forse sarebbero occorsi altri ragionamenti, altro lessico, altro tipo di presenza? Insomma, l’impressione è che neppure si sia tentato di interloquire con il “popolo”, quello vero. E che era più agevole, e più gratificante, senz’altro, “parlarci tra di noi”, in sintesi.
[…]
Inutile, insomma, millantare “progetti politici” che non si è in grado di mantenere, e abbastanza sconcertante il non ammettere la sconfitta. Che è specchio di un fallimento epocale di ciò che rimaneva della sinistra in questo nostro paese sfortunato. Una sinistra che ha rinunciato ad essere se stessa, né ha saputo essere altro, ridefinirsi, rilanciarsi, magari rinunciando persino all’etichetta, sbiadita, di “sinistra”. E se si vuole usare una diversa insegna, ancor più impegnativo, quale “popolo”, allora occorre farsi popolo. Lo hanno fatto M5S e Lega Nord; noi “di sinistra” abbiamo addirittura rinunciato a tentare di farlo. Siamo rimasti chiusi nei nostri spazi (le assemblee quanto erano rappresentative dei milioni di “subalterni”: categoria inventata da Gramsci per indicare una platea assai più ampia e comprensiva, e vicina al nostro tempo, che classe operaia o proletariato industriale”
agbiuso
Con un simile corruttore totale di tutto ciò che tocca, il Partito Democratico ha collaborato per anni e avrebbe voluto governare. Capisco bene che non siano proprio capaci di pensare ad altro.
agbiuso
Uno splendido editoriale di Gianpasquale Santomassimo (docente di storia all’Università di Siena) sul manifesto dice finalmente alla sinistra quello che va detto, le ragioni vere della sua scomparsa:
«La stessa cosiddetta “sinistra radicale” era stata null’altro che l’ala estrema di questa ideologia diffusa, sensibilissima alle tematiche dei diritti civili e delle battaglie “umanitarie”, di fatto inerte sul terreno dei diritti sociali.
[…]
Non solo euro e regole ci troviamo di fronte, ma anche una ideologia complessiva potentissima e pervasiva, un fronte politico e culturale vastissimo, convinto che “più Europa” sia la soluzione ai problemi che l’Europa stessa ha posto con la sua folle attuazione.
[…]
Senza ripensare tutto sarà impossibile ripartire. Non mi faccio grandi illusioni, la Repubblica continuerà a delirare su populismo e “sovranismo”, la sinistra continuerà a trattare da fascisti e razzisti le masse popolari che esprimono disagio per le loro condizioni di vita, continuerà a discettare di “ossessioni securitarie” e a immaginare che il “multiculturalismo” sia un pranzo di gala privo di lacerazioni e drammi. Si lascerà alla destra la difesa dell’interesse nazionale, e perfino l’esercizio della sovranità costituzionale per la quale avevamo votato il 4 dicembre del 2016».
Riporto qui sotto l’articolo nella sua interezza.
Il titolo è: Il grande sconfitto è il mito europeista
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A tutti quelli che fanno analisi molto complicate e politicistiche, che ritengono che un certo partito abbia perso barcate di voti per una parolina sbagliata in tv, per un obiettivo errato nel programma, per quel candidato indigesto ecc., va ricordata una semplice verità: che il grosso dell’elettorato si orienta e ragiona in maniera molto più semplice. Se la «sinistra» è divenuta indigesta e invotabile agli occhi degli elettori questo si ripercuoterà a raggi concentrici, da Renzi a Grasso e ancora più a sinistra.
Le distinzioni che gli appassionati di politica fanno, spaccando il capello in quattro, non hanno alcun valore e non sono intellegibili per l’elettore comune. Si tratta di capire perché vi sia stato un rigetto così ampio e probabilmente definitivo di ciò che è stato considerato «sinistra» negli ultimi decenni. Un fenomeno non sorprendente, e che viene da abbastanza lontano, da un’inversione di ruoli e di rappresentanza di ceti e di stili di vita, raffigurato plasticamente da tutte le analisi del voto degli ultimi anni, che hanno contrapposto benestanti soddisfatti dei centri cittadini a popolo delle periferie che esprimeva un bisogno al tempo stesso di ribellione e di protezione.
Non è che mancassero offerte di sinistre possibili, anche molto variegate, se pure di scarsa qualità: a questo punto è mancata la domanda di sinistra, diciamo. Tutta la sinistra (moderata, radicale, antagonista) è stata percepita e giudicata dall’elettorato come parte integrante di un sistema da cambiare.
Assistiamo anche in Italia all’inabissamento della sinistra liberal che era stata a lungo egemone con la sua visione del mondo. La stessa cosiddetta «sinistra radicale» era stata null’altro che l’ala estrema di questa ideologia diffusa, sensibilissima alle tematiche dei diritti civili e delle battaglie «umanitarie», di fatto inerte sul terreno dei diritti sociali.
E anche complice della costruzione del mito europeista, che è sullo sfondo il grande sconfitto di questa consultazione. Parte integrante dell’establishment europeista il Pd, molto spesso ascari della «più Europa» i suoi critici di sinistra.
Non solo euro e regole ci troviamo di fronte, ma anche una ideologia complessiva potentissima e pervasiva, un fronte politico e culturale vastissimo, convinto che «più Europa» sia la soluzione ai problemi che l’Europa stessa ha posto con la sua folle attuazione. Si tratterebbe di affrontare un lavoro di lunga lena per demistificare – come si diceva un tempo – le risultanze di una egemonia costruita con molti decenni di impiego massiccio di risorse culturali, mediatiche, economiche, ma che riposa su basi storiche e teoriche fragilissime, testimoniate da quell’imbarazzante documento che è passato alla storia come «manifesto di Ventotene».
Il problema dell’europeismo di sinistra è che ormai non è più soltanto ideologia sostitutiva di quelle novecentesche crollate nell’89 e non è più solo «religione civile» imposta ai sudditi dall’establishment. Ma ormai è religione vera e propria, con i suoi dogmi, i suoi atti di fede cieca e assoluta, il credo quia absurdum (credo perché è assurdo) e anche una dose massiccia di sacrifici umani. Cominciare almeno a porre il problema, discuterne apertamente e laicamente a sinistra, sarà sicuramente un fatto positivo (oltre che doveroso).
Senza ripensare tutto sarà impossibile ripartire. Non mi faccio grandi illusioni, la Repubblica continuerà a delirare su populismo e «sovranismo», la sinistra continuerà a trattare da fascisti e razzisti le masse popolari che esprimono disagio per le loro condizioni di vita, continuerà a discettare di «ossessioni securitarie» e a immaginare che il “multiculturalismo” sia un pranzo di gala privo di lacerazioni e drammi. Si lascerà alla destra la difesa dell’interesse nazionale, e perfino l’esercizio della sovranità costituzionale per la quale avevamo votato il 4 dicembre del 2016.
«Non ci interessa la sovranità nazionale, siamo internazionalisti» dichiara la dirigente di una lista elettorale che ha preso l’1,1%. Ci si chiede da quando questa posizione, che ignora perfino il significato delle parole, e che sarebbe impossibile spiegare ai cubani, ai vietnamiti, ma anche ai curdi e a qualunque altro popolo, sia diventata luogo comune nella sinistra italiana.
Anziché evocare il Popolo bisognerebbe cominciare almeno a parlarci. Quando ci si deciderà a farlo non sarà mai troppo tardi.
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agbiuso
L’editoriale di Marco Revelli sul manifesto di oggi –La sinistra se n’è andata da sé– è sinteticamente perfetto quando descrive la “catastrofe Renzi” e il suicidio di ciò che si chiama ancora sinistra.
È tuttavia ancora miope quando (non) indica le cause profonde, materiali -direbbe Marx- e antropologiche di quanto accade in Italia e in Europa.
Ci vuole, in poche parole, molto più coraggio analitico, uscendo una volta per tutte dagli schemi di un secolo, il Novecento, che è ormai finito.
agbiuso
Da sempre sono felice di essere siciliano ma stavolta provo una soddisfazione particolare.
Questo popolo sa sorprendere anche nella ribellione al malaffare.
Spero che un simile patrimonio porti frutto.
cristina
Buongiorno , fiera di essere siciliana ma…
Aperti i giochi si scatena la campagna mediatica : IL VOTO AI 5S E’ IL VOTO “DEI POVERI”, I “RICCHI” INFATTI (TRENTINO ) NON LI HANNO VOTATI”.. Ora, sommessamente e da “profana”, osservo quanto segue nella mia siciliana “citta’ d’origine” (Barcellona P.G.) : due eletti uno del M5S (70.000 voti circa) e l’altra “seggio assegnato per rosatellum” CDX. Ebbene i “POVERI” (passatemi l’espressione cinica) cui il voto E’ STATO RICHIESTO E PRONTAMENTE ELARGITO non sono “POVERI” se non di coraggio…schiavi volontari di schemi clientelari cui solo loro credono ancora. Commento con profondo “dolore” per esperienza diretta e attuale di tutto ciò. Il collegio della mia città difficilmente sarà preso a modello per analisi politiche ma faccio notare che è la famosa “PROVINCIA ITALIANA”. Dolorosamente confido nella auto-distruzione degli schemi di cui sopra. Caro Alberto mi conosci da troppo tempo e saprai leggere anche ciò che non scrivo.
Neve imbianca, pioggia lava, sole splendi.
diego
Penso che sia la scelta giusta per te, caro Alberto. E non solo per te. E’ indubbio: il movimento 5 stelle è una forza politica alternativa al sistema. Ha nel programma anche prospettive interessanti per l’approccio alle problematiche cui stanno andando incontro tutte le democrazie europee. Puo’ vincere le elezioni e puo’ anche mettersi al governo. Però i problemi ci saranno: la morsa del colossale debito pubblico italiano rende difficile a qualunque governo, fosse anche il miglior governo possibile, tentare alternative che comportino la chiusura dei rubinetti del credito internazionale. 270 miliardi all’anno solo per le pensioni, circa altrettanti per gli stipendi di scuola e sanità, se non li hai te li devono prestare. Amici, ho grande ammirazione per molti di coloro che portano avanti il movimento e penso che possono far bene. Ma non sarà una passeggiata, saranno anni durissimi per tutti. Comunque, meglio esser con la coscienza pulita che vivere poco dignitosamente protetti. Speriamo bene, ma non è un gioco a costo zero.
Enrico Galavotti
Sostanzialmente condivido ciò che dici, anche se spero che alle prossime elezioni la sinistra radicale possa costituire la vera opposizione
agbiuso
È quanto mi auguro anch’io, anche se temo che sarà molto difficile. In politica, però, può accadere di tutto.
Pasquale
Carissimo Alberto, ben detto, ottimamente fatto. Se mi permetti vorrei diffondere. Hai scritto una litografia. Ora, va bene, votiamo. Ora ne abbiamo qualche ragione. Un caro abbraccio.
agbiuso
Grazie, caro Pasquale. Sono contento di aver dato qualche motivazione a una scelta che è insieme pragmatica, civile e ideale. Certo, puoi diffondere 🙂
cristina
Caro Alberto, ho ascoltato assorta le parole di Roberto Scarpinato e ti ringrazio dello spunto (perdona il termine sminuente).
Merito a chi fornisce pane a chi vuol prenderne e cibarsi.
Guai a chi avvelena l’unico cibo a disposizione, perchè perirà del suo stesso avvelenare.
Buon voto e…buon pane.
A presto.
agbiuso
Grazie a te, cara Cristina, per questa bella ed efficace metafora. Sì, la vita collettiva è ciò di cui tutti ci nutriamo perché siamo animali comunitari. Chi avvelena questo cibo commette un crimine molto grave.