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L’ombra

L’ombra

Dentro Caravaggio
Milano – Palazzo Reale
A cura di Rossella Vodret
Sino al 28 gennaio 2018

In 22 dipinti splende la parabola di Michelangelo Merisi, detto Caravaggio. Le grinze della carne di San Girolamo penitente sono la densità dei corpi, delle loro sofferenze, bisogni, mancanze, desideri. Nel San Francesco in meditazione nulla di mistico o agiografico ma molto di terreno e malinconico; il volto del santo è secondo molti studiosi un autoritratto dell’artista.

La Madonna di Loreto / Madonna dei pellegrini è il ritratto di una bellissima prostituta che tiene in braccio il suo bambino, fiero. Ai suoi piedi l’umanità adora la bellezza. Questa donna è il Sacro, un dipinto straordinario. Nel Martirio di Sant’Orsola, una delle ultime opere prima della morte, personaggi e oggetti emergono dall’oscurità, vibrano per un poco, sono pronti a tornare nel buio. Vi ritornano. Come ogni cosa, come sempre.
Le grinze, il volto, la prostituta sacra, la carne, la violenza, la forza, la ferocia, il chiarore della pietà.


L’analisi delle tecniche compositive -anche tramite radiografie e riflettografie-, delle varianti, delle incisioni, cancellature e sovrapposizioni è in questa mostra molto accurata e permette di penetrare davvero dentro Caravaggio. Ma alla fine di tutto questo lavoro e di tante indagini, a espandere la sua gloria nello spazio è l’opera, la sua malia, il suo unicum, la sua claritas.
Da dove viene questa luce? Viene dalla sapienza delle mani febbrili nel lavorare e dipingere per poi «darsi al bel tempo», come si diceva allora; viene da un carattere inquieto, votato allo svelamento e al possesso totale della vita; viene dalla dismisura di un uomo violento, permaloso, passionale, facile al pugnale; viene dalla forma, cercata negli anfratti più scuri dell’essere, quelli in cui si conserva l’eco della sapienza primordiale, del non dicibile ma raffigurabile; viene dall’ombra, perché anche quest’ombra è la filosofia.
«Ich liebe die Menschen, weil sie Lichtjünger sind, und freue mich des Leuchtens, das in ihrem Auge ist, wenn sie erkennen und entdecken, die unermüdlichen Erkenner und Entdecker. Jener Schatten, welchen alle Dinge zeigen, wenn der Sonnenschein der Erkenntniss auf sie fällt, — jener Schatten bin ich auch».
[Amo gli umani, perché seguaci della Luce, e sono felice della claritas che sta nel loro occhio, quando conoscono e quando scoprono, instancabili conoscitori e scopritori quali sono. Quell’ombra che tutte le cose mostrano quando il sole della conoscenza cade su di esse – anche quell’ombra sono io]
Nietzsche, Menschliches, Allzumenschliches II – Der Wanderer und sein Schatten (Umano, troppo umano II – Il viandante e la sua ombra; Introduzione).

2 commenti

  • Sara Cona

    Febbraio 5, 2018

    Caro Professore, sono andata a visitare la mostra qualche giorno fa. Avevo letto la sua recensione, e l’ho riletta nuovamente dopo averla vista. Ebbene, mi pare di aver colto esattamente ciò di cui lei scrive.
    Il rimando alla corporeità è assolutamente esplicito. La forza del corpo, la sua centralità, la piena vitalità che lo caratterizza: tutto questo è reso nelle opere in una maniera disarmante. Ed è proprio l’elemento della luce a renderlo possibile. Le figure sono illuminate in un modo così fisico e realistico che sembra quasi ci siano dei riflettori esterni puntati sui corpi in rilievo. Pensare che si tratti di una luminosità riprodotta sulla tela, e quindi non immediatamente reale, è davvero difficile. Come si può dipingere la luce?
    E soprattutto, come si può disegnare il dolore? L’angoscia? Quei volti, quei corpi, mostrano il sentimento in una maniera troppo forte per pensarli come non vivi. Siamo abituati a immaginare ciò che sentiamo come interno, nascosto in noi e del tutto invisibile. Vederlo lì davanti a me, rappresentato in maniera tanto chiara e percepibile, mi ha scosso. Era un dolore quasi semplice. Era, semplicemente, rappresentazione della vita e della tragicità dell’umano.
    Scrivo questo commento per ringraziarla, perché è anche merito suo se sono riuscita a fruire in modo così partecipato di questa meravigliosa arte. Attraverso i suoi corsi, e anche al di fuori di questi, riesce a fornirci gli strumenti per interpretare quel che ci circonda, e per questo le dobbiamo molto.

    • agbiuso

      Febbraio 6, 2018

      Cara Dott.ssa Cona,
      la ringrazio per la sua condivisione di uno dei culmini dell’arte di ogni tempo. Questo infatti è Caravaggio.
      «Sembra quasi ci siano dei riflettori esterni puntati sui corpi in rilievo. Come si può dipingere la luce?», lei si chiede. E anche la forza di questa semplice ma essenziale domanda dice che cosa Merisi sia stato. Colui che ha dipinto la luce, appunto. E insieme alla luce ha ritratto il dolore e la condizione umana, come lei giustamente afferma con le sue riflessioni sulla potenza della corporeità, del Leib, nell’arte di Caravaggio.
      Il suo commento è molto bello. Lei sa scrivere in un modo esatto e coinvolgente.
      La ringrazio anche per quanto dice e pensa del mio lavoro e che riassume alcuni dei miei obiettivi: fornire ai miei studenti qualche strumento adeguato a comprendere il mondo, a pensarlo. Le sue parole mi dicono che almeno qualche volta tale obiettivo è raggiunto.

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