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«Milano s’illimpidiva»

«Milano s’illimpidiva»

Milano – Storia di una rinascita
1943 – 1953
 
Dai bombardamenti alla ricostruzione
Milano – Palazzo Morando
Sino al 12 febbraio 2017

Nella prima sala un manifesto dal titolo Milano ferita dai ‘liberatori’ anglosassoni espone questi dati: «Chiese distrutte n. 63
Scuole distrutte n.144
Ospedali e istituti culturali distrutti n. 145
Case distrutte n. 10770»
Il 20 ottobre del 1943 era stata bombardata la scuola di Gorla, facendo strage di quasi 200 bambini. Il convergere della cialtroneria del regime fascista e del cinismo angloamericano portò a una devastazione della città quale non si era veduta dai tempi di Federico Barbarossa. Rasi al suolo alcuni dei palazzi storici più antichi e più belli, chiese come Sant’Ambrogio e Santa Maria delle Grazie, la Galleria di Piazza Duomo, tutto il tessuto delle fabbriche milanesi, i depositi dei trasporti pubblici, interi quartieri. Tutto distrutto. Quella che viviamo oggi è una Milano ricostruita, da sùbito riedificata. Guardandone le ferite e la rinascita, Alberto Savinio scrisse queste parole: «La morte ‘insudicia’. Insudicia quello che era pulito, intorbida quello che era limpido. Pure si dice che la morte è serenità, calma, e l’arte per parte sua…Quella calma, quella serenità non sono della morte», ma «della vita che si è celata nella morte e l’ha vinta. Il primo giorno vidi Milano ‘insudiciata’ dalla morte. Poi la notte calò e uno spettrale silenzio. L’indomani già Milano s’illimpidiva».
Ecco, Milano è sempre stata capace d’illimpidirsi. E questa mostra lo testimonia anche nell’allestimento: alla sezione dedicata alla guerra, dove tutto è nero e poco illuminato, segue quella dedicata alla rinascita, nella quale lo spazio appare invece bianco e luminoso.
In questa seconda sezione si viene accolti da una bella e lucente Lambretta del 1947. Poi immagini dei nuovi quartieri che sorgono negli anni Quaranta e Cinquanta: QT8, Quartiere Omero, Inganni, San Siro (dove ho la fortuna di abitare, in mezzo al verde). Vengono edificati nuovi palazzi e grattacieli, i quali -appena costruiti- appaiono limpidi, geometrici, funzionali, proiettati nel presente e nel futuro dell’architettura. La storia della ricostruzione diventa anche la storia del design milanese e italiano, la storia della fusione tra arte e arredamento.
Sono gli anni nei quali sorgono il Piccolo Teatro di via Rovello, i nuovi Musei, come la Galleria d’Arte Moderna, il Museo della Scienza e della Tecnica dedicato a Leonardo da Vinci, lo splendido Padiglione d’Arte Contemporanea. Tra gli altri edifici viene riedificato Palazzo Morando, sede di questa mostra.

Uscendo dal Palazzo si fa incontro il cuore della città. Uscendo poi dalla linea 5 della metropolitana (‘la lilla’), che mi riporta a casa, appare il complesso abitativo di via Harar, progettato dagli architetti Figini, Pollini e Ponti negli anni Cinquanta. Un’invenzione urbanistica -i cosiddetti ‘grattacieli orizzontali’- tra le più funzionali e antropologicamente gentili che siano state realizzate nel Novecento.
Una mostra ricca e molto bella che i milanesi non dovrebbero perdere e chi ama la città dovrebbe gustare. L’antica Aurelia Augusta Mediolanum, capitale dell’Impero dal 286 al 402: l’orgoglioso Comune che si oppose agli Hohenstaufen; l’inquieta città descritta da Manzoni nel romanzo, legata fortemente al suo territorio; la protagonista del Risorgimento; la città bombardata e rinata, la metropoli borghese e quella attuale -che affronta la non facile ricerca di un equilibrio tra le nuove etnie che sono venute ad abitarla e il suo antico cuore europeo- è una città viva, nonostante tutto. Chi, come me, l’ha scelta, la ama e cerca di viverla sino in fondo, non può non riconoscere che, ben al di là dei luoghi comuni negativi di cui è vittima, Milano è una donna dalla bellezza discreta, ricca di tesori architettonici e urbanistici tra i più importanti d’Europa, capace di regalare nuove scoperte, giardini, case, angoli di intimo splendore. La condizione per gustare tale dono è, naturalmente, che si sia disposti a scoprire il suo fascino sottile, non immediatamente visibile ma anche per questo coinvolgente e profondo.

3 commenti

  • agbiuso

    Dicembre 17, 2018

    Confermo. Nonostante i suoi problemi, Milano è una città bellissima, dove è fecondo vivere.

  • Pasquale

    Febbraio 6, 2017

    Tu sai Alberto che fin da piccolo penso che occasione sprecata furono gli esiti dei bombardamenti per costruire una città bella e buona. Invece hanno fatto i giardini pensili qatar style dei sauditi dove un tempo c’erano i capolinea delle ferrovie varesine e la torre della gazzetta dello sport. Il tuo innamoramento di Milano non lo capisco nemmeno se mi metto gli occhiali di Catania, benché capisca che di tutte le città italiane, eccetto Firenze o Genova, forse Trieste, Milano meriti lo sguardo di chi non vuole avere patrie e nazioni. E, pure so che tutti i siciliani che ho conosciuto, tutti bennati e pensatori dabbene, sono attecchiti a Milano. Lo so lo so, egualmente qui nella mia piccola provincia manzoniana, mi ritrovo. Se dovesi scegliermi una metropoli, non la sceglierei. Andrei a Lisbona. Oceano. Tuo P.

    • agbiuso

      Febbraio 6, 2017

      «Meriti lo sguardo di chi non vuole avere patrie e nazioni». Ecco, Pasquale, tu stesso indichi una delle ragioni più forti del mio innamoramento. Altre ho cercato di accennarle in questo testo. Un’altra ancòra è indicata da Vittorio Sereni, uno che dalla provincia lombarda venne a Milano: «…Pensare / cosa può essere –voi che fate / lamenti dal cuore delle città / sulle città senza cuore- / cosa può essere un uomo in un paese, / sotto il pennino dello scriba una pagina frusciante / e dopo / dentro una polvere di archivi / nulla nessuno in nessun luogo mai» (Gli strumenti umani, Einaudi 1980, p. 67).
      E poi -per me che vengo da un paese che sta in coppa all’Etna (non dimenticarlo)- l’arte, la musica, il teatro, il cinema, le biblioteche (attingo di continuo per i miei studi alla Sormani, alla Braidense e ad altre biblioteche minori della città), i parchi, lo sport, i trasporti, la vicinanza a ogni altra capitale europea.
      Capisco che tutto questo per chi vi è nato è semplice e doverosa normalità. Capisco che si potrebbe e dovrebbe fare molto di più e molto di meglio; capisco che alberi, prati, acque dovrebbero essere estesi e che l’Expo è stato un crimine contro il quale io, tu e altri amici ci siamo espressi di continuo; capisco che Milano è pur’essa assai corrotta (anche per questo ho gioito alla morte del bandito Craxi e aspetto con calma quella del suo complice tuttora vivo); capisco che rispetto ad altre città del mondo è provinciale, ma in Italia non ho trovato nulla di meglio, credimi, nulla. Ho lavorato a più riprese a Roma e ogni volta l’ho lasciata con un respiro di sollievo. Amo la mia Catania, dove ho familiari, amici, studenti carissimi, ma Milano è la mia eletta.
      Il fatto che i siciliani- i quali stupidi non sono- amino così tanto questa città ha le sue ragioni, mio caro e manzoniano amico. Lisboa è una meraviglia e anche di più lo è Porto; l’Europa è una meraviglia.

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