Sabato 19 e domenica 20 novembre 2016 terrò due incontri dedicati rispettivamente a Nietzsche e al tempo.
Il 19.11 nella Fattoria sociale ‘Martina e Sara’ di Bruca -in provincia di Trapani, tra Segesta e Castellammare del Golfo- coordinerò una giornata di riflessione e discussione dal titolo Nietzsche: cosa deve sapere il cittadino mediamente istruito. Al mattino (10.30) introdurrò una conversazione su La morte di Dio, l’oltreumano, il tempo; al pomeriggio (15,00) parleremo della Filosofia come disincanto e benedizione.
Il 20.11 alle 11,00 presso la ‘Casa dell’equità e della bellezza’ di Palermo -in via Nicolò Garzilli 43/a- introdurrò una riflessione dal titolo Il tempo che siamo.
A ideare e organizzare questa duplice occasione di confronto è stato l’amico Augusto Cavadi.
2 commenti
Pietro Spalla
Caro Alberto
Non sarò a Segesta ma ti aspetto da Augusto.
Intanto, siccome mi piace “scuitare” le persone che voglio bene in ciò che hanno di più caro, ti trascrivo una riflessione appena fatta che pretenderebbe di criticare (!!) la concezione del tempo (troppo) ciclica del tuo amato (anche da me) Nietzsche (figuriamoci che effetto può fare una critica così incompetente ad un esperto come te, ma noi praticanti filosofi ci alleniamo a dire la nostra senza pudore). L’ho rivista solo una volta perché ho una scadenza a cui lavorare. Ci saranno pure refusi. A Domenica.
Opterei per una concezione della circolarità del tempo che, però, non comporti l’eterno ritorno dell’uguale ma, invece, una sorta di ripetizione a spirale in avanti, la verità essendo anche per me (cito “il nome della rosa” di ECO) “una eterna, continua ricapitolazione…” Non mi sembrerebbe, questa, una verità troppo esoterica ed occulta..mentre potrebbe essere ingenua, materialistica e superficiale una teoria circolare del tempo che immagini davvero una eterna ed identica ripetizione dell’uguale…ammesso che sia davvero questo quel che intendeva il nostro, non è una immaginazione cadaverica dell’esistenza, statica e davvero nichilistica?
La storia dell’individuo ricapitola, in qualche modo, la storia della specie, anche il parto sembra ripercorrere le tappe dell’evoluzione della specie…i pianeti si muovono circolarmente ma sembrano nel contempo procedere verso una direzione (per la terra non si parla di processione degli equinozi o qualcosa del genere?). Insomma sembra esserci una “ricapitolazione” che è, però, una progressione, un sempre nuovo inizio. Non si tratta, da parte dell’esistenza, di un monotono, burocratico rifarsi a ciò che c’è sempre stato, ad una ripetizione stantia e senza vita di un identico percorso.
Ad uno sguardo superficiale anche il ciclo notte giorno sembra un eterno ritorno dell’uguale, ma io che mi alzo la mattina non sono quello della mattina precedente…Forse lo sguardo di Nietzsche è conservativo, statico, non dinamico…Io non dico il Sì all’eterno ritorno dell’uguale, ma direi Sì ad una ricapitolazione senza fine, che non smarrisca mai, anzi, sempre recupera, il proprio inizio, le origini, gli archetipi e che ri-percorrendone la storia, proceda però verso nuovi approdi evolutivi, anche verso l’inedito…
Forse quello che, ad uno sguardo un po’ superficiale, sembra un mero ritorno ad una uguale che c’era prima è, invece, un ricominciare su una base orginaria ma, inevitabilmente non identica: l’Esistenza è andata via via arricchendosi della propria storia, che la stratifica e la costituisce, come la palla di neve di Bergson, che non dimentica il suo inizio mentre rotola, ma lo arricchisce e lo rinnova incessantemente.
Non solo la processione dei pianeti ma pure il respiro è metafora di una “ripetizione” che, solo affrettatamente potremmo definire un eterno ritorno dell’uguale, a cui dovremmo dire sì. Ogni respiro è una ricapitolazione ma è, anche, un nuovo inizio, ogni tramonto non prelude ad un risorgere di uno stesso identico sole, di una stessa identica giornata.
Se oltre al pensiero elucubrante e che osserva staticamente le cose e le “vede” unidimenzionalmente, potessimo educarci ad uno sguardo (che potrei definire spirituale, che interconnette) forse comprenderemmo che ogni cosa è metafora di significati (occulti?) più pregnanti, di dimensioni più vere: oltre la pelle, oltre la superficie, potremo intravedere contenuti e dimensioni più profondi.
E allora persino quello che può sembraci un’eterna ripetizione dell’uguale assumerà una dimensione ed un significato dinamici, evolutivi…
Uno sguardo più penetrante può cogliere dinamiche e vita incessantemente nuova dove l’occhio materialistico, nichilistico e superficiale coglierà fissità e morte. Ed anche nel ciclo più ripetitivo della natura vegetale: albero-crescita-deperimento, morte, produzione del seme-fecondazione-nuova nascita dell’albero- nuova crescita e, di nuovo, deperimento etc… potremmo intravedere una direzione che, se non è quella della freccia del tempo, inesorabilmente lineare e senza ritorno, è però continuo procedere e incessante creazione (o ri-creazione).
agbiuso
Caro Pietro, ti ringrazio di questa riflessione, che però dà l’impressione che tu non abbia letto (come invece mi sembra di ricordare) Nomadismo e benedizione. In quel testo, infatti, ho cercato di rendere conto della complessità del concetto di eterno ritorno in Nietzsche, che non consiste nella struttura meccanicamente ripetitiva che tu gli attribuisci.
No, l’eterno ritorno è prima di tutto un’ipotesi probabilistica all’infinito (se la materia è finita e il tempo è infinito, tutto prima o poi ritorna) e soprattutto è un principio esistenziale di benedizione dell’accadere. La struttura a spirale è certamente più rispondente di quella circolare rispetto alla complessità del cosmo ma, ripeto, è proprio diversa l’intenzione di Nietzsche, come si evince assai bene dall’aforisma 341 della Gaia scienza, dove il ‘se’ iniziale’ serve a porre una domanda sull’accettazione della vita qui e ora, non in una indimostrabile eternità.
Mi permetto di dirti, infine, che sarebbe del tutto fuorviante interpretare Nietzsche in una chiave statica, quando il suo pensiero è un continuo dinamismo, è un flusso antieleatico, è un attribuire al divenire tutto ciò che altri filosofi assegnano all’essere.
Ne riparleremo presto.