la cospirazione contro la razza umana è certamente quella di chi si riproduce, ma può anche essere quella di chi non è capace di tendere alla luce.
E oltre non pare, si possa andare a parare, né a parere.
p.s. È curioso; il titolo e parte del contenuto del mio intervento a un convegno del 27 u.s. di cui riferirò, era proprio, Frankenstein, suture e civiltà. Tradurre per tradursi o tradurre per non tradirsi.
Aspettiamo dunque di conoscere questo tuo intervento dal titolo così dascoliano.
Sul fatto che generare altri umani sia una poco sensata moltiplicazione della sofferenza, ho ormai pochi dubbi caro Pasquale. In questo concordo certamente con Ligotti.
A corollario c’è da sospettare che non la riproduzione della specie sia da temere, ma la compulsione prima a possedere, l’amor ch’a nullo amato, la grande illusione finché non subentra la compassione.
In tre righe un intero mondo di questioni assai complesse, Pasquale.
Sull’amore l’autorità massima è naturalmente Proust. So che ne convieni.
Potremmo ricordare anche l’inganno di cui parla Schopenhauer, per il quale l’orgasmo è la trappola apprestata dalla natura allo scopo di indurci a riprodurre la specie.
Come che sia, io credo che il problema centrale -per non dire la sciagura- sia proprio la moltiplicazione degli esseri umani. Una moltiplicazione ormai smisurata, che indurrà il pianeta a liberarsi di noi se noi non ci saremo prima liberati del pianeta.
Bello. Sono un fan del fine narratore Ligotti, che sa avvolgerti in spire di buio profondissime (e quindi vi consiglio caldamente se già non l’avete letto nel Teatro grottesco, anche nelle altre 2 antologie edite da Elara), anche se non ho osato (per pigrizia? Troppi libri in attesa? Tutto insieme?) affrontare la summa del pensiero filosofico leopardiano (leggo che sia davvero un fan del Recanatese, se si dice così) che è alla base della sua narrativa. Che in fondo è il suo reame, s’intuisce anche dai racconti che c’è una ‘visione’ alla base e non un intreccio di colpi di scena, tipici del genere nella sua versione di consumo made in USA e lontanissimi dal suo orrore cosmico. E, quando uno è efficace narratore, gli si può perdonare se in fondo come filosofo non arriva al cospetto di Nietzche, no? 😉
Sì certo, Mario, gli si può perdonare. Anche perché il libro è scritto molto bene e raggiunge vertici davvero impressionanti di lucidità sulla condizione umana.
E gode (come Teatro Grottesco) d’eccellente copertina, con le contorte performance baconiane di questo Sagazan che ho scoperto proprio così e su cui mi piacerebbe scoprire di più 😉
Gravato della colpa d’essermi ormai irrimediabilmente riprodotto in una lagnosa 18enne (“non potevo diventare più alta? Ma si può mettere Fisica alla 1a ora?…” ;-)), cerco di liberarmene connettendo la disperazione cosmica del Ligotti alle visioni parimenti stranianti ma più policrome (e rette da un più confortante misticismo orientaleggiante sul vedere ‘la vera natura delle cose’) del Dr Strange, cinecomic ora sugli schermi (con citazione per l’augusto AGB): http://www.posthuman.it/riflessioni/il-dottor-strano-nell-universo-oscuro-del-macabro-scriba.
Se non temete di calarvi in una visione per sua natura ‘pop’ (è pur sempre un blockbuster marveliano), secondo me vale la visione. Poi tornate a leggere Ligotti sentendo i Pink Floyd (o Tibet), lasciando qui gli indirizzi: le ambulanze le chiamiamo noi 😉
caro Alberto, mentre ti leggevo, già prevedevo la tua critica di fondo (che poi ho letto sul finire della recensione); la grandezza di Nietzsche consiste appunto nell’andare oltre, oltre l’orrore, verso una grandezza che è sì disincanto, ma anche serena consapevolezza; oltre l’orrore, c’è una bella, sana, risata; che s’era marionette si sapeva già da Omero, è inutile, i greci dovunque arrivi c’era già arrivati da un bel pezzo
Un commento, caro Diego, che mi ha fatto molto piacere. Perché ribadisce la fecondità del pensiero greco e perché mostra che mi conosci bene, se già prevedevi la critica finale al libro.
Sei uno dei miei lettori migliori.
14 commenti
agbiuso
Segnalo l’attenta analisi di Mario Gazzola della narrativa di Thomas Ligotti: Nottuario, l’universo oscuro di Ligotti.
Pasquale
la cospirazione contro la razza umana è certamente quella di chi si riproduce, ma può anche essere quella di chi non è capace di tendere alla luce.
E oltre non pare, si possa andare a parare, né a parere.
p.s. È curioso; il titolo e parte del contenuto del mio intervento a un convegno del 27 u.s. di cui riferirò, era proprio, Frankenstein, suture e civiltà. Tradurre per tradursi o tradurre per non tradirsi.
agbiuso
Aspettiamo dunque di conoscere questo tuo intervento dal titolo così dascoliano.
Sul fatto che generare altri umani sia una poco sensata moltiplicazione della sofferenza, ho ormai pochi dubbi caro Pasquale. In questo concordo certamente con Ligotti.
Pasquale
Bon, non aspettarti niente di più di qualcosa di discoliano. Quanto al resto, già.
Pasquale
A corollario c’è da sospettare che non la riproduzione della specie sia da temere, ma la compulsione prima a possedere, l’amor ch’a nullo amato, la grande illusione finché non subentra la compassione.
agbiuso
In tre righe un intero mondo di questioni assai complesse, Pasquale.
Sull’amore l’autorità massima è naturalmente Proust. So che ne convieni.
Potremmo ricordare anche l’inganno di cui parla Schopenhauer, per il quale l’orgasmo è la trappola apprestata dalla natura allo scopo di indurci a riprodurre la specie.
Come che sia, io credo che il problema centrale -per non dire la sciagura- sia proprio la moltiplicazione degli esseri umani. Una moltiplicazione ormai smisurata, che indurrà il pianeta a liberarsi di noi se noi non ci saremo prima liberati del pianeta.
Pasquale
Ne convengo, sì.
Mario
Bello. Sono un fan del fine narratore Ligotti, che sa avvolgerti in spire di buio profondissime (e quindi vi consiglio caldamente se già non l’avete letto nel Teatro grottesco, anche nelle altre 2 antologie edite da Elara), anche se non ho osato (per pigrizia? Troppi libri in attesa? Tutto insieme?) affrontare la summa del pensiero filosofico leopardiano (leggo che sia davvero un fan del Recanatese, se si dice così) che è alla base della sua narrativa. Che in fondo è il suo reame, s’intuisce anche dai racconti che c’è una ‘visione’ alla base e non un intreccio di colpi di scena, tipici del genere nella sua versione di consumo made in USA e lontanissimi dal suo orrore cosmico. E, quando uno è efficace narratore, gli si può perdonare se in fondo come filosofo non arriva al cospetto di Nietzche, no? 😉
agbiuso
Sì certo, Mario, gli si può perdonare. Anche perché il libro è scritto molto bene e raggiunge vertici davvero impressionanti di lucidità sulla condizione umana.
Mario
E gode (come Teatro Grottesco) d’eccellente copertina, con le contorte performance baconiane di questo Sagazan che ho scoperto proprio così e su cui mi piacerebbe scoprire di più 😉
Mario
Gravato della colpa d’essermi ormai irrimediabilmente riprodotto in una lagnosa 18enne (“non potevo diventare più alta? Ma si può mettere Fisica alla 1a ora?…” ;-)), cerco di liberarmene connettendo la disperazione cosmica del Ligotti alle visioni parimenti stranianti ma più policrome (e rette da un più confortante misticismo orientaleggiante sul vedere ‘la vera natura delle cose’) del Dr Strange, cinecomic ora sugli schermi (con citazione per l’augusto AGB): http://www.posthuman.it/riflessioni/il-dottor-strano-nell-universo-oscuro-del-macabro-scriba.
Se non temete di calarvi in una visione per sua natura ‘pop’ (è pur sempre un blockbuster marveliano), secondo me vale la visione. Poi tornate a leggere Ligotti sentendo i Pink Floyd (o Tibet), lasciando qui gli indirizzi: le ambulanze le chiamiamo noi 😉
agbiuso
Come sempre, i tuoi testi sono eruditi e stranianti.
Grazie per la citazione 🙂
diego
caro Alberto, mentre ti leggevo, già prevedevo la tua critica di fondo (che poi ho letto sul finire della recensione); la grandezza di Nietzsche consiste appunto nell’andare oltre, oltre l’orrore, verso una grandezza che è sì disincanto, ma anche serena consapevolezza; oltre l’orrore, c’è una bella, sana, risata; che s’era marionette si sapeva già da Omero, è inutile, i greci dovunque arrivi c’era già arrivati da un bel pezzo
agbiuso
Un commento, caro Diego, che mi ha fatto molto piacere. Perché ribadisce la fecondità del pensiero greco e perché mostra che mi conosci bene, se già prevedevi la critica finale al libro.
Sei uno dei miei lettori migliori.