La verità sul referendum costituzionale
Il Prof. Dario Generali mi ha segnalato un intervento di Raniero La Valle che chiarisce in modo lucido e documentato il contesto nel quale è maturata la proposta di riforma della Costituzione Italiana da parte del governo Renzi-Alfano. Riporto qui alcuni brani di questo intervento, preceduti dalla riflessione di Dario Generali.
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Un’analisi molto lucida e informata, che fornisce un’interpretazione credibile degli ultimi 25 anni di storia mondiale e delle spinte reazionarie che dovunque si manifestano.
Il ‘libero’ mercato mal tollera qualsiasi pensiero divergente e qualsiasi critica, che contabilizza come inutili costi e limitazioni dei suoi profitti. Basta entrare in una logica aziendale per comprenderlo. Gli ordini del management non devono essere discussi o, peggio ancora, disattesi, perché in questo modo si rischierebbe di compromettere gli obiettivi aziendali o, comunque, aumentare i costi di produzione e di gestione logistica. L’errore esiziale è di permettere che le logiche aziendali egemonizzino la vita politica, i suoi modelli e le sue finalità, che devono essere ben altri. I profitti dei capitali investiti non possono essere l’unico metro di valutazione della qualità di una società. Alti livelli di produttività garantiscono risorse economiche, ma queste hanno senso se finalizzate al miglioramento del generale tenore di vita dei popoli e alla capacità che questa crescita diventi sviluppo. Diversamente rischiano di essere un cancro nel tessuto sociale e civile e di operare per la disgregazione di ogni forma evoluta di organizzazione di stato sociale.
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L’Italia è a crescita zero, la disoccupazione giovanile a luglio è al 39 per cento, il lavoro è precario, i licenziamenti nel secondo trimestre sono aumentati del 7,4 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, raggiungendo 221.186 persone, i poveri assoluti sono quattro milioni e mezzo, la povertà relativa coinvolge tre milioni di famiglie e otto milioni e mezzo di persone.
E l’Italia che fa? Fa una legge elettorale che esclude dal Parlamento il pluralismo ideologico e sociale, neutralizza la rappresentanza e concentra il potere in un solo partito e una sola persona.
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Ora, per trovare la verità nascosta del referendum, il suo vero movente, la sua vera premeditazione, bisogna ricorrere a degli indizi, come si fa per ogni giallo.
Il primo indizio è che Renzi ha cambiato strategia, all’inizio aveva detto che questa era la sua vera impresa, che su questo si giocava il suo destino politico. Ora invece dice che il punto non è lui, che lui non è la vera causa della riforma, ha detto di aver fatto questa riforma su suggerimento di altri e ha nominato esplicitamente Napolitano; ma è chiaro che non c’è solo Napolitano. Prima ancora di Napolitano c’era la banca J. P. Morgan che in un documento del 2013, in nome del capitalismo vincente, aveva indicato quattro difetti delle Costituzioni (da lei ritenute socialiste) adottate in Europa nel dopoguerra: a) una debolezza degli esecutivi nei confronti dei Parlamenti; b) un’eccessiva capacità di decisione delle Regioni nei confronti dello Stato; c) la tutela costituzionale del diritto del lavoro; d) la libertà di protestare contro le scelte non gradite del potere.
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Inoltre bisognava distruggere il principale avversario e fautore politico del No, il Movimento 5 Stelle. Questo spiega l’attacco spietato e incessante alla Raggi. E poi ci volevano i tempi supplementari per distribuire un po’ di soldi con la legge finanziaria.
[…]
Ebbene il delitto fondatore dell’attuale regime del capitalismo globale fondato, come dice il papa, sul governo del denaro e un’economia che uccide, è la prima guerra del Golfo del 1991.
È a partire da quella svolta che è stato costruito il nuovo ordine mondiale.
[…]
E allora questa è la verità del referendum. La nuova Costituzione è la quadratura del cerchio. Gli istituti della democrazia non sono compatibili con la competizione globale, con la guerra permanente, chi vuole mantenerli è considerato un conservatore. Il mondo è il mercato; il mercato non sopporta altre leggi che quelle del mercato. Se qualcuno minaccia di fare di testa sua, i mercati si turbano. La politica non deve interferire sulla competizione e i conflitti di mercato. Se la gente muore di fame, e il mercato non la mantiene in vita, la politica non può intervenire, perché sono proibiti gli aiuti di Stato. Se lo Stato ci prova, o introduce leggi a difesa del lavoro o dell’ambiente, le imprese lo portano in tribunale e vincono la causa. Questo dicono i nuovi trattati del commercio globale. La guerra è lo strumento supremo per difendere il mercato e far vincere nel mercato.
Le Costituzioni non hanno più niente a che fare con una tale concezione della politica e della guerra. Perciò si cambiano. Ci vogliono poteri spicci e sbrigativi, tanto meglio se loquaci.
E allora questa è la ragione per cui la Costituzione si deve difendere. Non perché oggi sia operante, perché è stata già cambiata nel ‘91, e il mondo del costituzionalismo democratico è stato licenziato tra l’89 e il ’91 (si ricordi Cossiga, il picconatore venuto prima del rottamatore). Ma difenderla è l’unica speranza di tenere aperta l’alternativa, di non dare per compiuto e irreversibile il passaggio dalla libertà della democrazia costituzionale alla schiavitù del mercato globale, è la condizione necessaria perché non siano la Costituzione e il diritto che vengono messi in pari con la società selvaggia, ma sia la società selvaggia che con il NO sia dichiarata in difetto e attraverso la lotta sia rimessa in pari con la Costituzione, la giustizia e il diritto.
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Il testo completo dell’intervento di Raniero La Valle si può leggere su Micromega.
17 commenti
agbiuso
Il Sì al referendum costituzionale è un Sì alla corruzione
di Paolo Flores D’Arcais
agbiuso
Un falso politico e ideologico. Il comportamento del governo Renzi è gravissimo. Si sta andando veramente oltre ogni limite.
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Quella scheda non esiste
di Beppe Grillo
La Banda degli onesti è uno dei film comici più spassosi di sempre. Tre compari, interpretati da Totò, Peppino e Giacomo Furia, costituiscono una banda di falsari che stampa banconote da diecimila lire. Tra una gag e l’altra vengono scoperti, si pentono e alla fine bruciano tutto. Una commedia irresistibile, nella realtà però i falsari non sono così. Sono più subdoli e meno simpatici. Prendiamo l’Italia oggi a 3 giorni dal referendum. De Luca, Renzi e Verdini formano la Banda dei calamari, dalle famose fritture per convincere a votare Sì auspicate da De Luca. Renzi, il capo, vuole vincere il referendum a tutti i costi e ha capito che agli italiani non va giù il non poter più votare i senatori: perchè dovrei votare per dimezzare il mio diritto di voto? Il problema è che la Costituzione che vuole far approvare prevede che i senatori siano votati dai consigli regionali, non dai cittadini. Ci si aspetterebbe che il premier dicesse quanto è bello non votare i senatori, ma si renderebbe ridicolo. Starà zitto… Invece no, ne spara un’altra: inventa la scheda elettorale per il Senato, la stampa e la fa vedere a tutti. Il problema è che non esiste: è un falso. Non c’è neppure scritto “facsimile” proprio perchè non esiste un documento originale, ma viene spacciata come vera. Se non esiste nessuna legge elettorale per i senatori e la sua riforma dice che saranno votati dai consigli regionali, come può esistere una scheda per il Senato? Da quando il Pd fa le schede elettorali per i cittadini di tutta Italia?
Renzi ha portato la bugia a un altro livello, l’ha istituzionalizzata. Non è più possibile distinguere il falso dal vero quando il presidente del consiglio dei ministri stampa e mostra a tutti un documento senza alcuna validità spacciandolo come ufficiale. Per questo non potete usare la testa per votare, la testa vi impedisce di credere che il premier possa arrivare a questo, la testa può dirti che se il capo del governo lo dice e i giornali lo dicono e la tv lo dice allora è vero. NO! Il secondo cervello, quello della pancia invece ha già capito tutto: è una truffa, non fidarti! Nessuno si è mai spinto, così avanti fino a falsificare la scheda elettorale. Il prossimo passo sarà quello di mandarla a casa di tutti gli italiani a spese dei contribuenti.
Come dichiarato dal portavoce Toninelli “denunceremo penalmente Renzi per il reato di abuso della credulità popolare in merito alla falsa scheda elettorale del Senato che, ieri sera, ha mostrato pubblicamente”.
La banda degli onesti finisce con un falò dove vengono bruciate tutte le banconote false prodotte. La banda dei calamari finirà se tutti insieme il 4 dicembre diremo no. #IoDicoNo.
agbiuso
Referendum costituzionale: il capro espiatorio di una politica fallimentare
di Francesco Sylos Labini, Roars, 29 novembre 2016
agbiuso
Marco Tarchi sul referendum costituzionale.
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Premetto che non avevo in animo di pronunciarmi pubblicamente sul prossimo referendum, considerando più proficuo dedicarmi a elaborare e divulgare riflessioni metapolitiche, piuttosto che occuparmi di politica ‘spicciola’ (a cui mi devo dedicare a sufficienza professionalmente).
A farmi cambiare atteggiamento è l’insopportabile valanga di comparsate massmediali di Renzi, con annesse sbruffonerie, lezioncine imparate a memoria, trovate di marketing, falsità, furberie, sciocchezze a cui giornali e tv – pur assunte in dosi omeopatiche – mi costringono. Ed, insieme, la constatazione che alcuni dei luoghi comuni della narrativa renziana stanno facendo breccia in non poche delle persone con cui mi capita di scambiare qualche parola in argomento.
Di conseguenza, ho deciso di chiarire alcune delle molte ragioni che mi faranno votare NO e di aggiungere qualche considerazione sul perché suppongo e temo che mi troverò, ancora una volta, in minoranza.
In estrema sintesi:
– trovo questa riforma demagogica, ingannevole, raffazzonata e di netto ostacolo a miglioramenti futuri dell’assetto istituzionale, per molte delle sue caratteristiche. Ne indico solo alcune.
Dietro la facile propaganda sul (minimo) “taglio dei costi della politica” e sulla “maggiore efficienza del sistema”, la trasformazione del Senato in una microcamera di nominati (compresi – allucinante! – membri scelti dal Presidente della Repubblica, che perpetuano l’obbrobrio dei senatori a vita) non fa altro che ampliare il potere di occupazione di ogni spazio decisionale del governo, che già l’osceno 55% di seggi concesso dalla legge elettorale – e la prassi invalsa negli ultimi due anni (vedi controllo ormai totale della Rai) – rafforza a discapito di qualunque opposizione o minoranza. E l’astrusità dell’assegnazione per ambito delle proposte di legge, unita alla facoltà del Senato di avocarne altre per un parere, rende del tutto improbabile la tanto vantata accelerazione dei processi legislativi. Non parliamo poi dei criteri di scelta dei senatori, che riducono il già esiguo spazio di espressione della volontà popolare concesso dalla formula rappresentativa ai minimi termini.
Aumentando il numero delle firme necessarie per indire un referendum a 800.000, il “sequestro” dei processi decisionali da parte del governo diventa ancora più stringente. E l’obbligo di far discutere le leggi di iniziativa popolare dalla Camera è il classico specchietto per le allodole: dato il ferreo controllo dell’assemblea, saranno tutte respinte (a meno che non riguardino ambiti microsezionali, di scarsissimo interesse).
Il riordino delle competenze regionali, che avrebbe potuto essere opportuno, è volto, nel testo proposto, esclusivamente a bloccare anche su questo versante ogni ostacolo potenziale all’onnipotenza dell’esecutivo.
Chiamare tutto questo “deriva autoritaria” può essere eccessivo. Di certo è un “mani libere incondizionato” al governo. E io a nessun governo, ma meno che mai a quello di Renzi, di cui conosco a sufficienza personalità, modi di agire, amicizie e precedenti, sono disposto a concederlo. Senza contare che non ho mai ceduto al ricatto – imperversante da oltre vent’anni – della “minaccia di ingovernabilità”. Come Sartori, credo che una dose di instabilità sia preferibile alla stabilità di un cattivo, o pessimo, governo. E ho sempre preferito, alla “governabilità”, la capacità di rappresentare nel modo più fedele possibile le opinioni e le culture politiche presenti all’interno dell’elettorato (a proposito: chissà se qualche amico che si pensa ancora “missino nell’anima” e voterà sì si è mai chiesto cosa sarebbe accaduto del “suo” partito in un’Italia che avesse adottato una legge elettorale maggioritaria, soglie di sbarramento, premi di maggioranza…).
A convincermi ancor di più al voto NO sono anche alcuni degli stereotipi argomentativi dei renziani (di lungo corso e di complemento):
a) Non temo alcun salto nel buio. Non ritengo il M5S, né altri oppositori di Renzi, peggiori del PD e della sua attuale classe dirigente. Tutt’altro. Con i bistrattati populisti mi trovo spesso a concordare, pur non ignorandone i difetti. Con Renzi, Verdini, Alfano, Casini & Co. mi capita di trovarmi d’accordo una volta su 100, forse.
b) Non credo ad alcuna catastrofe economica nell’eventuale post-NO. Il catastrofismo si è già rivelato perdente nel dopo-Brexit. Malgrado il loro plebiscitario sostegno a Renzi, gli attori del “mercato” si adegueranno in fretta. Non hanno convenienza a fare altrimenti.
c) Non mi offende trovarmi su posizioni analoghe (anche) a persone che non stimo. Mi disgusterebbe molto di più stare dalla parte di Goldman Sachs e di tutte le altre banche d’affari, dell’ambasciata Usa, di Marchionne, dei commissari dell’UE, della Bce e di tutto il resto della congrega che tifa per il sì che avere per “alleati” (?) D’Alema, Fini & Co.
Mi fermo qui, anche se molto altro ci sarebbe da dire. Tuttavia, sospetto che vincerà il sì. Perché questo paese è rimasto essenzialmente democristiano, vive di furberie e di timori, adora plaudire al nuovo e praticare gli eterni vecchi vizi, si bea nel farsi abbindolare da promesse senza seguito e piccole gratificazioni periodiche, accetta in piena incoscienza continue politiche in deficit, se ne frega della crescente voragine del debito pubblico, convinto che tanto il Bel paese non fallirà mai, è soggiogato dal fascino di chi sa “parlar bene” e invita all'”ottimismo”. Ha plaudito a Berlusconi, lo farà anche con il suo clone.
A questa Italia sempiternamente democristiana si aggiungerà, in questa occasione, la destra peggiore, quella che ho sempre detestato: quella che nel fondo del suo animo detesta i ragionamenti e le discussioni e alla politica chiede una cosa sola: essere, gianninianamente, essere “lasciata in pace” ed avere governi che possano fare quello che vogliono, senza che nessuno disturbi il manovratore. Chissà che questa volta non abbia trovato un altro Uomo della Provvidenza. Beh, in fondo se lo meriterebbe.
agbiuso
Segnalo l’eccellente sintesi che Elio Rindone ha formulato delle ragioni che rendono pericolosissima la trasformazione costituzionale che l’attuale governo intende imporre in Italia.
Una Costituzione da cambiare o da attuare?
agbiuso
Aldo Giannuli evidenzia somiglianze e differenze tra i progetti della Loggia massonica Propaganda2 di Licio Gelli e la riforma costituzionale voluta da Renzi-Pd, Alfano, Verdini.
Referendum, “somiglianze di merito e di metodo tra la riforma di Renzi e i progetti di Licio Gelli
agbiuso
Renzi e le sue bande sono stupratori della Costituzione. Anche per difenderla io voto No.
agbiuso
Ancora cinquanta giorni di lotta per dire NO ai nemici della Costituzione più bella del mondo
Appello di Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Tomaso Montanari, Nadia Urbinati, Gustavo Zagrebelsky
Tra cinquanta giorni, il prossimo 4 dicembre, il Governo Renzi chiederà agli italiani: «volete contare di meno, volete meno democrazia, volete darci mano libera?».
Noi risponderemo di No. Perché non vogliamo contare di meno, non vogliamo meno democrazia, non vogliamo dare mano libera a questo, come a qualunque altro governo.
Una classe politica incapace e spesso corrotta prova a convincerci che la colpa è della Costituzione: ma non è così. A chi ci dice che per far funzionare l’Italia bisogna cambiare le regole, rispondiamo: noi, invece, vogliamo cambiare i giocatori.
Questa riforma non abbatte i costi della politica: fa risparmiare 50 milioni l’anno (non 500 come dice il Presidente del Consiglio, mentendo), che è quanto gettiamo ogni giorno in spesa militare. Come possiamo credere alla buona fede di un governo che sottrae somme enormi al bilancio pubblico permettendo alla Fiat (ma anche all’Eni, controllata dallo Stato) di pagare le tasse in altri paesi, e poi viene a chiederci di fare a brandelli le garanzie costituzionali per risparmiare un pugno di soldi?
Questa riforma non abolisce il Senato: che continuerà a fare le leggi seguendo numerosi e tortuosi percorsi. Quella che viene abolita è la sua elezione democratica diretta: il Senato farà la fine delle attuali provincie, che esistono ancora, spendono denaro pubblico, ma sono in mano ad un personale nominato dalla politica, e non eletto dal popolo.
Questa riforma consentirà a una maggioranza gonfiata in modo truffaldino dalla legge elettorale su cui il governo Renzi ha chiesto per ben tre volte la fiducia di scegliersi il Presidente della Repubblica e di condizionare la composizione della Corte Costituzionale e del CSM.
Questa riforma attua in modo servile le indicazioni esplicite della più importante banca d’affari americana, la JP Morgan, che in un documento del 2013 ha scritto che l’Italia avrebbe dovuto liberarsi di alcuni ‘problemi’ dovuti al fatto che la sua Costituzione è troppo «socialista». Quei ‘problemi’ sono – nelle parole di JP Morgan –: «governi deboli; stati centrali deboli rispetto alle regioni; tutela costituzionale dei diritti dei lavoratori; il diritto di protestare se cambiamenti sgraditi arrivano a turbare lo status quo». Matteo Renzi dice che il suo modello politico è Tony Blair, il quale oggi percepisce due milioni e mezzo di sterline all’anno come consulente di JP Morgan. E la domanda è: a chi giova questa riforma costituzionale, ai cittadini italiani o agli speculatori internazionali?
Ma negli ultimi giorni anche osservatori legati alla finanza internazionale stanno iniziando a farsi qualche domanda. Il «Financial Times» ha definito la riforma Napolitano-Renzi-Boschi «un ponte che non porta da nessuna parte». La metafora è particolarmente felice, visto che la campagna referendaria di Renzi è partita con la resurrezione del Ponte sullo Stretto, di berlusconiana memoria.
E in effetti c’è un forte nesso tra la riforma e le Grandi Opere inutili e devastanti: il nuovo Titolo V della Carta è scritto per eliminare ogni competenza delle Regioni in fatto di porti, aeroporti, autostrade e infrastrutture per l’energia di interesse nazionale: e spetta ai governi stabilire quali lo siano.
Così il disegno si chiarisce perfettamente: lo scopo ultimo della riforma è umiliare e depotenziare la partecipazione democratica. Sarà il Presidente del Consiglio e il suo Governo, quali che essi siano oggi e domani, a decidere dove fare un inceneritore o un aeroporto: senza possibilità di appello. È la filosofia brutale dello Sblocca Italia: mani libere per il cemento e bavaglio alle comunità locali. Il motto dello Sblocca Italia è lo stesso della Legge Obiettivo di Berlusconi: «Padroni in casa propria». Un motto dalla genealogia dirigistica che ben riassumeva l’idea di poter disporre del territorio come padroni.
Ebbene, nel Mulino del Po di Riccardo Bacchelli un personaggio dice che la sua idea di buongoverno è che «tutti siano padroni in casa propria e uno solo comandi in piazza». Non è questa la nostra idea di democrazia: è a tutto questo che, il 4 dicembre, diremo NO.
agbiuso
Ricevo e inoltro una mozione approvata dal Consiglio Comunale di Pisa
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Mozione: Riforme Costituzionali
Premesso che viviamo un una Repubblica parlamentare e non in una Repubblica presidenziale e che spetta, quindi, unicamente al parlamento, e non al governo, qualsiasi iniziativa di revisione costituzionale così come recita l’articolo 138 della nostra Carta Costituzionale che fissa tempi e procedure per modificarla.
Premesso, inoltre, che per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana:
un presidente del Consiglio impone di autorità la propria volontà di riscrivere gran parte della Legge fondamentale della nostra Repubblica per cambiare la struttura delle nostre istituzioni democratiche così come sancite dalla nostra Costituzione nel 1948;
un Parlamento eletto con un sistema elettorale (Porcellum) dichiarato illegittimo sia dalla Corte Costituzionale (sentenza n.1/2014) che dalla Corte di Cassazione (sentenza n.8878/2014) è stato chiamato ad esprimersi su un sistema elettorale (Italicum, approvato nel maggio 2015 come Legge n. 52 ma in vigore dal 1° luglio 2016) e su riforme costituzionali (Senato) destinate a stravolgere l’assetto democratico del nostro Paese;
Considerato che in questo percorso accelerato di riforme costituzionali i cittadini sono stati volutamente esclusi nonostante che.
l’articolo 1 della Costituzione reciti ; “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”;
nel referendum del 2006 il popolo italiano si sia già espresso bocciando clamorosamente il tentativo di riforma costituzionale previsto dal governo Berlusconi per sostenere e confermare il modello di Stato e l’intero ordinamento democratico voluto e condiviso dai nostri Padri costituenti che, ricordiamolo, rappresentavano tutti i partiti che avevano lottato contro il fascismo;
Ritenuto che le riforme del sistema elettorale e del Senato (previsto ad aprile 2016) andranno a ledere profondamente i diritti costituzionali dei cittadini che non potranno scegliere i loro rappresentanti in Parlamento in quanto:
il Senato della Repubblica non sarà più eletto direttamente dai cittadini (art.58 Cost.) ma sarà ridotto ad una risicata assemblea di 100 senatori di cui 5 nominati dal Quirinale e 95 amministratori scelti dai Consigli regionali, che, se da una parte non avranno lo stesso potere legislativo della Camera dei deputati, dall’altra, pur continuando a svolgere il ruolo di amministratori, regionali e comunali, acquisiranno inopinatamente il diritto all’immunità parlamentare al pari dei deputati;
la legge elettorale (Italicum) ricalca, peggiorandola, l’anticostituzionale Porcellum, e disattende la sentenza della Consulta perché continua a negare il voto diretto dei cittadini e il loro diritto ad esprimere senza vincoli le proprie preferenze (artt. 1, 3, 48, 56, 58 Cost.). Tale legge, infatti, ripristina un Parlamento di nominati dai partiti e, ripropone, di fatto, un sistema fortemente maggioritario con un altissimo premio di maggioranza;
Ritenuto, inoltre, che il combinato disposto tra queste riforme della legge elettorale e del Senato:
– da una parte, offrirà un potere praticamente assoluto al partito o alla lista che, con solo il 40 % dei voti, conquisterà il 55% dei seggi alla Camera dei Deputati (340 seggi) con una maggioranza che determinerà la composizione dell’organo che deve vigilare sulla Costituzione, la Corte Costituzionale, la composizione del Consiglio superiore della magistratura e l’elezione dello stesso Presidente della Repubblica. Con l’aggravante che, se nessun partito o nessuna lista supererà la soglia del 40%, dei voti si andrà al ballottaggio dove potrà ottenere il premio di maggioranza (e la garanzia di governare il Paese) il partito o la lista che prenderà più voti dell’altro/a.
– dall’altra comprimerà ulteriormente il diritto alla “sovranità popolare” dei cittadini modificando e mortificando gli istituti costituzionali di democrazia diretta, referendum (articolo 75) e leggi di iniziativa popolare (art.71) alzando le soglie per il loro esercizio (da 500.000 a 800.000 per i referendum abrogativi e da 50.000 a 150.000 per le leggi di iniziativa popolare).
Tutto ciò premesso, il Consiglio Comunale di Pisa:
esprimendo fortissimo allarme per la deriva autoritaria in atto contro la quale si stanno costituendo in tutta Italia, ed anche a Pisa, Comitati referendari per il NO al Referendum confermativo promosso dal governo Renzi sulla riforma costituzionale (Senato)
ribadendo che l’obiettivo della “stabilità del governo del paese e dell’efficienza dei processi decisionali nell’ambito parlamentare” non può “produrre un’alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica, sulla quale si fonda l’intera architettura dell’ordinamento costituzionale vigente” come ha scritto la Consulta nella sentenza n.1/2014
impegna il Presidente del Consiglio Comunale
a farsi promotore della volontà espressa dal Consiglio Comunale e ad inoltrare il presente atto consiliare:
al Presidente della Camera dei deputati;
al Presidente del Senato
ai capigruppo parlamentari di Camera e Senato
all’Anci nazionale
Pasquale
Mi passa altresì per la mente una celeberrima battuta di un film minore ma molto bello, IL terzo uomo. La battuta è attribuita a Orson Wells di persona personalmente. Nel film egli dice alla lettera, In Italy, for thirty years under the Borgias, they had warfare, terror, murder and bloodshed, but they produced Michelangelo, Leonardo da Vinci and the Renaissance. In Switzerland, they had brotherly love, they had five hundred years of democracy and peace – and what did that produce? The cuckoo clock.
Ora, piaccia o no, quella impareggiabile cultura è appunto poggiata su una laguna di sangue. Non ha prodotto una civiltà anzi l’ha evitata, male, fonte di ogni divisione, stando al Guiccciardini, prodotti dalla dotta e colta Chiesa cattolica romana. Mi fermo qui. Amen. P.
Marina Boagno
Dato per scontato che, nell’immediato, e nel minimo, la resistenza allo stravolgimento di ciò che resta della nostra Costituzione costituisce una linea del Piave per tentare di “tenere aperta l’alternativa”, come giustamente scrive La Valle, f orse il pensiero libertario dovrebbe fare lo sforzo – gigantesco, lo so bene… – di ripensare l’attuale situazione globale in termini di lotta di classe. I tempi della storia sono assai più lunghi di quelli dettati dall’umana impazienza, ma il progressivo impoverimento, e la riduzione alle condizioni di proletariato e sottoproletariato, di fasce sempre più vaste di esseri umani e la concentrazione del potere economico (e quindi politico) in gruppi sempre più ristretti sono un fatto incontestabile, e coinvolgono ormai l’intero pianeta, mentre, nello stesso tempo, le condizioni materiali legate alla produzione dei beni creerebbero, se non fossero legate al profitto, ma ad un’equa distribuzione, condizioni di vita migliori per tutta l’umanità. Personalmente vedo l’alternativa “il comunismo o la barbarie” una prospettiva sempre più realistica.
agbiuso
Cara Marina, mi sembra che lei legga con regolarità ciò che vado scrivendo nel mio sito.
Sa dunque che concordo perfettamente con lei. La principale ragione sociale e culturale della fine della ‘sinistra’ consiste nell’aver del tutto abbandonato la lotta di classe a favore dei ‘diritti dell’uomo’, i quali costituiscono un ambito importante ma di origine liberale e borghese, non marxista e neppure libertario.
Pasquale
Icastica Marina.
il comunismo o la barbarie
Allo stadio attuale mi pare che la seconda sia in assoluto vantaggio. Intanto ci si può rallegrare del fatto che molti più di pochi percepiscano la Costituzione come baluardo di un civiltà incompiuta, ma pur sempre baluardo o garanzia per il qualcosa. Come ha detto Crozza ridendo, il referendum può aprire un ponte sul nulla. Che è ciò che desidera il potere, mi pare. Si comincia con il non coprirsi la bocca quando si sbadiglia e si finisce per chiudere la bocca a chi non sbadiglia affatto. P.
Pasquale
Una postilla Alberto. Mi pare di poter dire che la politica di questi grandi criminali tenda a uno sfoltimento malthusiano del terreno calpestabile. In fondo è quello che preconizzano i cattivi di 007 che da ultimo somigliano sempre di più, sono persino identici a gente dal volto noto. I muri annunciano un futuro di arroccamenti. La guerra è innanzitutto, secondo me, all’ipotesi di un’umanità nova. È la civiltà che garantisce, almeno fino a un certo punto, le esistenze. Qui invece si parla molto di culture, per lo meno dallo sciagurato digregamento dell’Impero Asburgico, e di lotta tra di esse. La difesa delle culture, che sono spesso scempiaggini messe insieme da ogni sorta di arruffa popoli, è il classico bastone posto tra le ruote di ogni processo di civilizzazione. In sintesi difendere le culture è il cardine che sostiene la guerra totale alla civiltà. Non so se mi sono spiegato. Carissimamente. P.
agbiuso
Caro Pasquale, la tua ‘postilla’ è molto interessante, anche se vorrei capire meglio in quale senso utilizzi i concetti di Kultur e Zivilisation. In ogni caso, che tu li enunci nel significato dato loro da Thomas Mann o in altri, io credo che si tratti di un dualismo che va superato e sostituito -anche in questo caso- dalla dinamica di Identità e Differenza.
Le concezioni politiche che insistono sull’Identità rischiano di praticare bellicismo, esclusione, chiusura. Quelle che, di contro, danno un peso eccessivo alla Differenza ignorano il bisogno che i singoli e le collettività hanno di mantenere un proprio spazio, delle specifiche tradizioni, le identità nel senso sociologico.
L’equilibrio tra questi elementi -complessi e fondanti- non è facile da conseguire ma rimane necessario.
Pasquale
L’equilibrio tra questi elementi -complessi e fondanti- non è facile da conseguire ma rimane necessario.
Sì Alberto, capisco l’appunto. Avrei dovuto articolare per le lunghe il discorso. Semplificando si incorre nel dualismo, è vero. Non credo che K e Z siano enantiodromiche. Dovrebbero essere intessute l’una dell’altra, probabilmente alla condizione di spogliare la prima dalla superstizione, dall’attaccamento agli abbiamo sempre fatto così e l’altra da una ratio algida e depauperante. Tu m’intendi. Ricordi il discorso sulla Svizzera dell’estate scorsa. Non imprta dunque che la Z. sia riferibile a concetti alti e grandiosi. Basta che si costuisca in garanzia, per il massimo numero di persone, di libera e gradevole convivenza, cosa che, mi pare acclarato, le K. negano in nome non della differenza ma di un’immaginaria superiorità. Dichiarata o sentita tale. Da lì al popolo eletto, o al popolo reietto il passo è breve. Anzi non è nemmeno un passo. Di questi tempi io lavoro con Desideria in un centro di seconda accoglienza per ogni tipo di straniero. Il tentativo del centro è quello di agglutinare questi barbaroi involontari intorno alla pratica e al sentimento di cittadino italiano, di lingua italiana, per esempio, lasciando che le loro emotività di risulta, dovute per lo più all’attaccarsi a padri tali o supposti tali, si diluiscano da sé, piano piano, così come da bambini piano piano si smette di credere a babbo natale e di abbracciare un orso di pezza. È vero peraltro che le chiese sono piene, anche qui di persone che per tutta la vita credono a babbo natale. Il discorso mi si ingroviglia mi pare. E taccio. Tuo aff.to P:
agbiuso
A proposito di Costituzione e di personaggi che prima la sfruttano e poi la rinnegano, segnalo un intervento di Pasquale D’Ascola sui Nefasti benigni.