the social network
di David Fincher
USA, 2010
Sceneggiatura di Aaron Sorkin
Con Jesse Eisenberg (Mark Zuckerberg), Andrew Garfield (Eduardo Saverin), Justin Timberlake (Sean Parker), Armie Hammer (Cameron Winklevoss), Max Minghella (Divya Narendra)
Trailer del film
Avvocati contro avvocati, studenti di Harvard contro studenti di Harvard, risarcimenti milionari versati da Mark Zuckerberg al socio insieme col quale aveva fondato facebook e agli atletici, aristocratici fratelli che gli avevano suggerito l’idea. E tutto era cominciato una sera in cui Zuckerberg voleva vendicarsi delle donne (sempre lì batte il dente del maschio) e -oltre che insultare sul blog personale la propria (ex)ragazza- ruba le foto delle studentesse dagli archivi universitari, le raggruppa in coppie e propone ai navigatori di Internet di votare “la più fica”. Esplodono le visite e da allora non si fermeranno più. Sulle origini ferocemente maschiliste di facebook milioni di appassionati -comprese moltissime donne e ragazze- sembrano sorvolare, se mai le conoscono. Ma tutta questa operazione di immenso successo planetario odora con estrema chiarezza di soldi e di frustrazione. Quella del nerd diventato famoso e ricchissimo, tanto da potersi comprare l’intera Harvard se volesse; quella dei suoi coetanei alla ricerca dei modi più fantasiosi per rimorchiare; quella di centinaia di milioni di persone che regalano e chiedono con estrema leggerezza “amicizie” e “contatti” per lo più soltanto virtuali. Una americanata, insomma. E uso tale parola in un senso serissimo.
È questo che il film di David Fincher racconta. E lo fa assai bene, coniugando oggettività documentaria e passione per il proprio argomento, maestria nel montaggio e ottime interpretazioni, apparente leggerezza e scavo nelle motivazioni più profonde dei comportamenti umani. Un film molto bello, insomma, su un evento tra i più emblematici della contemporaneità. Facebook è davvero uno specchio reale ed efficace dell’umanità e delle sue relazioni. Per questo è così banale. Il che non mi ha impedito di apprezzare e accogliere la richiesta di una mia laureanda del corso di Scienze della comunicazione che intende dedicare la tesi di laurea a questo fenomeno. Facebook è infatti anche la realizzazione del sogno roussoviano di una società totalmente trasparente e dalla quale non è più possibile uscire una volta che si è entrati; è un occhio impersonale fatto di miliardi di pupille, che vuole rinunciare -per esplicita dichiarazione del suo fondatore e padrone- a ogni riservatezza; è la realizzazione ludica ma non per questo meno reale del progetto capitalista, avendo trasformato «mezzo miliardo di persone in laboriosi operai dell’amicizia» (Christian Raimo, «Facebook. Se guardi lo spot guadagni anche tu», il Manifesto, 11.5.2011, p. 5); è il narciso che si crede al centro del mondo e delle sue relazioni; è una perdita di tempo; è il tramonto del dialogo critico, a favore invece della fuffa disseminata ovunque, come giustamente nota Gilda Policastro: «il presunto consenso dal basso muove sovente dalla creazione dei cosiddetti “gruppi”, le cui adesioni di altri utenti vengono coartate o sollecitate o addirittura ottenute in modo inconsapevole (attraverso la modalità di iscrizione di altri utenti allo specifico gruppo, modalità che non passa necessariamente attraverso una richiesta di consenso esplicito)» («Per non essere un gadget», Alfabeta2, maggio 2011, pp. 30-31); è un formidabile strumento di raccolta di informazioni al servizio delle polizie e delle aziende di tutto il mondo; è la vittoria delle potenzialità più discutibili di Internet e della Rete, delle quali per fortuna facebook è ancora soltanto una provincia, per quanto estesa sia.
42 commenti
agbiuso
Segnalo un interessante articolo su iPhoneItalia:
Ecco quali dati personali conserva Facebook e come scaricarli
“Molto semplicemente, Facebook non elimina mai nulla. Amici, non amici, relazioni passate, ex datori di lavoro, nomi precedenti, rubrica. Tutto.
Ho creato il mio account venerdì 14 settembre 2007, alle 10:59 e tutte le mie azioni sono state registrate da allora. Sento che per la prima volta nella storia, 10 anni di coerente comportamento umano sono stati meticolosamente raccolti, archiviati e analizzati”.
agbiuso
Massimo Mucchetti -senatore del Pd e giornalista- ha formulato un’interessante analisi che lega Trump, Clinton, Renzi, Zuckerberg.
Consiglio la lettura dell’intero articolo: Se Zuckerberg avvelena prima Clinton e poi Renzi, del quale riporto qui la parte dedicata più direttamente a Facebook.
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Per svelare l’uomo Zuckerberg può bastare il film “The social network”. Ma se vogliamo saperne di più sull’uomo di potere Zuckerberg, esemplificazione dell’establishment ieri democratico oggi chissà, dobbiamo capire meglio che cos’è Facebook e quali squilibri genera.
Primo, lo squilibrio del mestiere. Facebook offre al pubblico informazioni e immagini gratuite. Più o meno come una TV commerciale. D’altra parte, i ricavi di Facebook derivano dalla pubblicità. Per la tipologia dei servizi offerti e della loro remunerazione, Facebook è un editore. Il più grande del mondo: 2 miliardi di soggetti registrati che producono e usano i contenuti sul suo sistema di social media, scegliendoli secondo gerarchie offerte a ciascuno per mezzo di segretissimi algoritmi di proprietà aziendale. E però Facebook rifiuta i doveri dell’editore. Non paga diritti d’autore e non intende rispondere dei contenuti veicolati dai suoi social media, anche quando tali contenuti ledono la reputazione di terzi o sostengono la violenza e il terrorismo. Sostiene Zuckerberg: “Il nostro modello di business non lo prevede, siamo una piazza virtuale che non deve rispondere di quanto liberamente fanno i cittadini che la frequentano”. Falsa coscienza. Questa fuga dalle responsabilità regala enormi risparmi. E si traduce in valore di Borsa.
Secondo, lo squilibrio della democrazia. I mass media del Novecento hanno esercitato una potente influenza sulla formazione dell’opinione pubblica. Nel bene e nel male. In ogni caso erano e sono riconoscibili e dunque, in qualche modo, responsabili. Facebook, editore sedicente non editore, no. Si chiama fuori. Il suo golden boy non si pone il problema degli effetti dei suoi algoritmi sulla democrazia. Questi algoritmi tendono a orientare le segnalazioni alle persone sulla base delle informazioni sulle medesime che l’azienda nel frattempo raccoglie. Una personalizzazione che favorisce non solo l’efficacia degli annunci pubblicitari ma anche la radicalizzazione delle opinioni. Giorno dopo giorno, infatti, ciascuno si abitua a rapportarsi soltanto con i propri simili e non anche con i diversi. Invece di aprire, Facebook chiude. In modo nuovo, controintuitivo, ma chiude. Le conseguenze politiche sono evidenti e pericolose. A suonare l’allarme è stata Angela Merkel, non Hillary Clinton. E nemmeno Obama. Nemmeno i cinesi. Forse perché, delle prime 18 comunità di utenti del mondo, 10 sono americane e 6 cinesi. Merkel chiede disclosure sugli algoritmi. Zuckerberg nega. Libertà o portafoglio?
Terzo, lo squilibrio del lavoro. Si può sospettare che la cancelliera tedesca attacchi Facebook per proteggere la propria manifattura, quella automobilistica in primis, dalla conquista delle Over The Top, da Apple e da Google che lavorano ai droni. Bene: se così fosse, farebbe il suo mestiere. E noi? Dopo 40 anni di storia, Apple vale 560 miliardi di dollari, dispone di 230 miliardi di liquidità e da’ lavoro a 115 mila dipendenti. Dopo 19 anni di storia, Google vale 540 miliardi, ha 80 miliardi in cassa e occupa 53 mila persone. Dopo 12 anni, Facebook vale 360 miliardi, ne ha 26 in cassa e impiega 15 mila persone. Daimler, il maggior gruppo manifatturiero del mondo, 90 anni di storia, vale 66 miliardi di euro, ha 96 miliardi di debiti finanziari netti e occupa 284 mila persone. Il colosso industriale sembra avere piedi di argilla dal punto di vista finanziario a fronte delle tre OverThe Top americane. Vero. Ma chi dà da mangiare a chi? Come si formano i prezzi dei beni e dei servizi reali? E qual è la loro proiezione in Borsa? Dove sono i nuovi Monopoli? Chi assume più ingegneri? Chi investe di più? E’ curioso osservare come la minore (per ora) delle tre americane sia anche la meglio valutata a Wall Street. La più piccola, la più aggressiva, la più irresponsabile. E’ la logica della finanza sposata a una tecnologia che, per la prima volta dalla rivoluzione industriale, non genera posti di lavoro migliori e più numerosi di quanti ne distrugga nel complesso della società.
Quarto, lo squilibrio sociale. Le imposte non saranno bellissime, come diceva con candore illuminista Tommaso Padoa Schioppa, ma senza imposte gli Stati chiudono. Ovviamente nessuno pensa di pagare zero imposte. Nemmeno il più feroce liberista. E tuttavia….erodere legalmente la base imponibile può fare la fortuna delle multinazionali che ci riescono. Zuckerberg erode senza tregua. E come lui, i buonisti del web, Sergei Brin e Larry Page di Google (ora Alphabet), e il cattivista Tim Cook, erede del grande e terribile Steve Jobs. Non che Volkswagen sia una verginella. Ma sono le multinazionali digitali a raggiungere le roditrici più temibili. Per restare al nostro eroe, Facebook scrive a bilancio imposte pari al 25% dell’imponibile. Tre anni fa era al 45%. Il risparmio fiscale è stato realizzato lasciando parcheggiata fuori dagli USA, in compiacenti paradisi fiscali, buona parte degli utili. Non saranno mai reinvestiti in patria, avverte la società. Zuckerberg li userà altrove. Dove le opportunità dischiuse dalla libera circolazione dei capitali gli sembreranno più convenienti. Oppure li terrà in cassaforte, estraendo solo il necessario per oliare le lobby. Il fisco americano non e’ accordo. Zuckerberg avverte i soci che Facebook potrebbe dover versare dai 3 ai 5 miliardi di dollari al Tesoro, ma giura che non accadrà.
Facebook totalitario. Ovvero, sintonizzare il proprio pensiero a un algoritmo
[…] creatura di Mark Zuckerberg è stata sin dall’inizio avvolgente e pervasiva delle vite di chi abita in essa. Gli analisti […]
Alberto G. Biuso » Facebook totalitario
[…] La creatura di Mark Zuckerberg è stata sin dall’inizio avvolgente e pervasiva delle vite di chi abita in essa. Gli analisti più attenti vi hanno scorto ormai da tempo numerosi elementi tipici di una struttura nella quale il controllo politico-poliziesco è attuato con l’attiva complicità dei controllati; di una cultura del vuoto e dell’infantilismo protratto sino alla maturità; di una vera e propria neolingua. […]
agbiuso
Un articolo di Pino Corrias mostra in modo concreto ed efficace la miseria di facebook, miseria che -d’altra parte- molti di coloro che usano questa piattaforma ammettono.
agbiuso
La ringrazio, gentile Marzia, per questa testimonianza.
In generale non condivido l’idea -assai diffusa- che qualsiasi mezzo sia di per sé neutrale. I cosiddetti “strumenti” infatti possiedono ciascuno dei caratteri che li indirizzano verso degli esiti ben precisi rispetto ad altri.
In ogni caso, anche di facebook si può certo fare un uso non del tutto banale. La sua esperienza lo dimostra.
Auguri di cuore per la sua attività politica, per il suo “sogno”.
Marzia
Condivido quanto scritto dal Prof Biuso.
Personalmente, vedo questo Social Network come una casa dalle finestre e dalle porte aperte, totalmente spalancate, in cui tutti possono entrare senza suonare il campanello.
È anche vero, però, che dietro l’uso di uno strumento, ci sia comunque un soggetto a stabilire come servirsene e con quale finalità.
Le impostazioni sulla privacy, consentono di selezionare o di omettere delle informazioni che non necessariamente debbano essere mostrate in pubblico.
Io, ad esempio, utilizzo Facebook senza mostrare dati personali o fotografie; e trovo che sia uno strumento efficacissimo per la diffusione delle informazioni.
Sono un’attivista del Movimento Cinque Stelle nella mia città e non riuscirei a far circolare delle informazioni in maniera così semplice ed immediata.
Pubblico ogni giorno notizie e video che in televisione non passano facilmente (l’Italia è al 57° posto per la libertà di stampa).
E, grazie a questo social network, riescono a giungere in maniera semplice (e, talvolta divertente attraverso link e vignette) anche alla gente che (ahimè) dipende ancora dalla televisione e non ama troppo leggere ed informarsi.
Sto vedendo un sogno concretizzarsi giorno dopo giorno, vedo i cittadini attivi, interessati ai problemi della propria politica,che hanno compreso l’origine del termine “politica” (polis = città) e che attraverso Facebook scambiano persino opinioni con i nostri parlamentari.
Vorrei che la gente imparasse ad utilizzare questi strumenti per migliorare la società in cui viviamo, per creare una grande rete di informazione che accorci le distanze tra i cittadini.
Se Tizio o Caio usano Facebook per raccontarmi cos’hanno mangiato o per pubblicare l’intero album di foto delle loro vacanze, il problema non consiste nell’esistenza del social network, ma nel modo in cui la gente lo utilizza (poiché si presume che sia consapevole dei rischi o delle eventuali perdite di tempo cui va incontro).
L’utilizzo di uno strumento dipende essenzialmente dal fine che ci si prefigge di raggiungere.
Con ciò, condivido comunque l’attenta e – come sempre – validissima riflessione del Prof Biuso.
diegob
Mi permetto di segnalare:
Facebook/ Trasferito alle Isole Cayman mezzo miliardo di euro
Oltre alla questione in sè non irrilevante dell’evasione fiscale, io trovo triste riflettere su come questi guadagni derivino dall’«uso» delle vite di chi aderisce a quella giostra, dall’«uso» dell’umano e, specie nei ragazzi, potente desiderio di aggregarsi, di costruire se stessi nelle relazioni.
agbiuso
Facebook è come la faccia di questo soggetto: una meccanica stupidità, un’illusione di condivisione.
Biuso
Dalle 14.30 di oggi tutte le conversazioni “private” intrattenute su facebook tra il 2007 e il 2009 sono diventate pubbliche. La causa è un baco del sistema.
Una buona occasione per, come afferma Diego Bruschi, non farsi più usare da fb. Per cancellarsi, insomma.
diegob
in questo articolo sul «fatto quotidiano» a firma dell’amica prof.ssa garzilli, ecco un esempio palmare del problema
qui si tratta di altro social network, ma il tema è quello:
http://orientalia4all.net/2011/03/14/enrica-garzilli-su-il-fatto-quotidiano-twitter-cede-i-dati-degli-utenti-wikileaks/#comment-26189
antonella
Caro Diego, grazie per il tu. Conosco bene Alberto e mi sento di dire che siamo amici davvero da parecchio tempo. Amicizia preziosa e sempre illuminante e credo di sapere l’autentico pensiero che lo anima. Conosco il sistema e lo frequento, ma forse, le debolezze di cui parliamo e che mettiamo in mostra, possono diventare un potente mezzo di vera comunicazione. Riguardo al controllo che il potere esercita sull’individuo penso che questo sia uno dei tanti inevitabili sistemi. Allora dove sara’ possibile esercitare la libera espressione delle idee e contrabbattere all’ imperativo che ci vuole soggetti consumistici, se non dall’interno stesso di quei sistemi che ci vogliono soggetti passivi?
diegob
gentile antonella, a quanto capisco tu (mi scuso per il tu, ma è per immediatezza) sei una persona competente sull’argomento
in effetti non è che l’amico prof. biuso non ami facebook per qualche spocchiosa superiorità di non mescolarsi con «la massa», e lo stesso vale anche per me
non è solo questione di «stile»
il problema è anche «duramente» politico: mettere in mano se stessi, le proprie idee, le proprie debolezze ad un potere privato e incontrollabile potrebbe avere conseguenze anche gravi
antonella
In realta’ come tutte le cose invasive e ripetitive se ne puo’ fare anche a meno. Lo verifichiamo anche dai numeri. Gli iscritti sono sempre di meno, alla ricerca di altri feticci cui aggrapparsi. Eppure non mi sento di dire, oggi, che i social network non abbiano una loro quasi logica utila’.
diegob
è un grande problema, facebook
io non vi aderirò mai
e anche tu, caro alberto
per motivi ben diversi (tu sei un professore, un saggista, una persona che ha già i suoi «luoghi» di comunicazione, io sono un signore che scrive le sue riflessioni sul blog e non ha nessun desiderio di scrivere per molti) entrambi ne possiamo fare a meno
ma c’è da dire che è così invasivo che chiunque, per vari motivi, dai più nobili ai più stupidi, voglia comunicare con una certa rapidità ad un numero rilevante di soggetti, si ritrova la netta sensazione di non poterne fare a meno, come in un recentissimo passato sappiamo che ormai non si puo’ fare a meno delle mail
ho la sensazione che siamo ad un punto di non ritorno
agbiuso
Sul numero di settembre 2012 di Alfabeta2 Lelio Demichelis scrive sulla “neolingua del web”, sulla capacità che facebook ha avuto di trasformare parole come “amicizia” e “mi piace” in uno strumento di profitto che ne ha cancellato il significato.
“La grande abilità di Zuckerberg è stata allora quella di far diventare di moda il suo sociale network appunto attraverso l’uso (l’abuso) di una parola-chiave come amicizia, facendola diventare il bisogno ma anche la voglia consumistica e conformistica di avere tanti amici. […] Un’abilissima operazione di marketing che ha portato le persone a confondere amicizia con superficialità, brevità e istantaneità, allo stesso tempo consentendo però all’apparato di prendere possesso della nostra memoria, di documentarla illimitatamente e senza possibilità (per noi) di cancellazione o di diritto all’oblio (ancora facebook e l’impossibilità di cancellarsi), facendoci allo stesso tempo vivere in una istantaneità e compulsività di messaggi senza memoria.
[…]
Illudendo però ognuno di poter dimostrare di non essere solo (come in realtà è) ma di esserci e di esserlo perché connesso con qualcun altro (il social network è la forma tecnologica della vecchia società di massa, oggi ancor più massa individualizzata di ieri, ciascuno sempre più solo e autistico, ma etero-connesso in rete e dalla rete).
Rete totalitaria, quindi, dove la vera libertà è il dissenso, il poter non essere connessi per restare in solitudine e imparare a prendersi cura di se stessi – pratiche di libertà e di autonomia che il potere ovviamente aborre”.
L’articolo ha come titolo Contro la servitù volontaria dei social network.
agbiuso
Consiglio di leggere un breve articolo di Carlo Formenti a proposito delle politiche sempre più inquietanti e liberticide di facebook, che si comporta come un Grande Fratello.
agbiuso
“Già l’introduzione di pubblicità esterna, visualizzata nella parte sinistra della pagina e che riporta la dicitura “ads not by facebook” (“pubblicità non proveniente da Facebook”, ndr) aveva provocato la reazione sdegnata di molti utenti. Gli annunci in questa sezione, infatti, appartengono alla categoria della “pubblicità spazzatura” che di solito compare nei bassifondi del Web: immagini con animazioni flash che simulano videogiochi e che, una volta cliccate, portano all’apertura di altre pagine e pop-up difficili da chiudere. Alle proteste degli utenti si sono aggiunti, nei mesi scorsi, anche i guai legali.
Il mese scorso (ma la notizia è stata resa nota solo nel weekend) Facebook ha accettato di versare 10 milioni di dollari in beneficenza per mettere fine alla controversia legale che aveva come oggetto le “notizie sponsorizzate”, un altro sistema di promozione che permette alle aziende di utilizzare il profilo di un utente per dare maggiore incisività alle sue pubblicità. Il caso di Angel Fraley, una delle querelanti nella causa intentata al social network, delinea bene il meccanismo. Una volta aggiunto un “mi piace” alla pagina di Rosetta Stone per scaricare un software gratuito, il nome del suo profilo (Angel Frolicker) è comparso sulle pagine di tutti i suoi contatti con accanto la scritta “A Angel Frolicker piace Rosetta Stone”. (Fonte: il Fatto Quotidiano)
Da brividi questo utilizzo dello spam e dei nomi delle persone da parte di fb.
Ha ragione Diego Bruschi in un suo fulminante aforisma dedicato a facebook.
Biuso
Facebook, un amore al tramonto. Arriva la crisi del settimo anno
di Angelo Aquaro
la Repubblica – 11.6.2012
agbiuso
Segnalo questo comunicato stampa della Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente.
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PROPAGANDA ALLA DONAZIONE SU FACEBOOK E SELEZIONE DELLA SPECIE
Quella della donazione tramite Facebook è una americanata pericolosa, una sporca pubblicità alla donazione degli organi, tessuti e sangue, che non contempla l’opposizione perché in USA e nel Regno Unito, dove l’iniziativa ha preso il via, da sempre vengono segnati nei Registri ufficiali solo i donatori. Gli altri li lasciano in pace.
Una situazione che, pur truffaldina per la mala-informazione delle associazioni donazioniste, è più onesta e razionale di quella italiana dove siamo considerati tutti donatori (popolo gregge di aspiranti al “mondo dietro il mondo”) salvo che si documenti per iscritto una opposizione della persona, o in mancanza, della famiglia, entro i tempi del prelievo.
Il robot Zuckerberg, ideatore dell’iniziativa e fondatore di Facebook, che non è un umano ma ferraglia, al servizio delle organizzazioni di espianto-trapianto/vivisezione umana/sperimentazione in vivo, ha creato una nuova funzione della rete di aggregazione sociale (social network) col fine di pescare facili adesioni alla donazione dall’allevamento della specie umana, indifferente che siano riti sacrificali praticati sulle classi meno abbienti, più disinformate e più destrutturate dal sistematico lavaggio del cervello.
Questa iniziativa dimostra che internet (Facebook ed altre reti), può essere pesantemente gestita e controllata del sistema di sfruttamento capitalistico di Stato e privato, e può avere il ruolo di penetrazione di una soffice ma sanguinolenta dittatura sulla persona umana.
Non dobbiamo però preoccuparci oltre misura dell’iniziativa americana, primo perché in Italia siamo ben oltre nell’inganno e nel pieno caos legislativo, in quanto la legge 91 del ’99, detta del silenzio-assenso, non è stata attuata per la dichiarazione di volontà dei cittadini, solo perché le autorità hanno timore dei NO. Secondo perché dalla non emissione del Decreto attuativo è esploso un groviglio di illecite e truffaldine Disposizioni transitorie, l’ultima delle quali firmata dalla Turco per coinvolgere i comuni nella donazione all’atto del rilascio della carta d’identità. Terzo perché in Italia si pescano più donatori con la donazione presunta e gli inganni, impedendo che il cittadino presenti formale opposizione secondo legge (art. 5). Per la similitudine dei fatti va però segnalato l’illecito delle associazioni pro-trapianto italiane che sollecitano donazioni on-line.
Per quanto attiene i cittadini USA e del Regno Unito, che non sono malmessi e predati come noi Italiani, riteniamo che nella rete di “donazione esplicita” cascherebbero solo i robot, gli utili idioti e quelli che non hanno autodifesa (forma patologica). In altre parole la si potrebbe vedere come una forma di selezione della specie nell’era della tecnologia invasiva che espropria dell’anima e della personalità ai fini della creazione della materia interscambiabile.
Nerina Negrello
Presidente
Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente
http://www.antipredazione.org
orodeittico
Non penso che sia molto situazionista eradere così a mente serena tutto quello che ci sarebbe da dire di positivo e cmq problematizzabile su FB.
Biuso
Caro Diego, quanto affermi a proposito dei professionisti della comunicazione è senz’altro corretto. Tuttavia, qui non si tratta della bizzarria di un giornalista che, ad esempio, continui a utilizzare la macchina da scrivere invece che il computer.
Con la minaccia di farle “sparire” si obbligano delle persone non soltanto a conoscere ma anche a utilizzare un determinato software.
I Social Network, inoltre, confermano sempre più la loro miseria e la finzione che li intride. Lo dimostra anche il fatto che alcuni pagano per ottenere finti amici e finte comunicazioni su FB e su Twitter.
So che stai leggendo Debord: a me sembra che simili fatti confermino pienamente quanto questo studioso aveva intravisto delle logiche mercantili e menzognere che guidano la società dello spettacolo, le cui cinque caratteristiche principali sono “le renouvellement technologique incessant; la fusion économique-étatique; le secret généralisé; le faux sans réplique; un présent perpétuel” (Commentaires sur la société du spectacle, Gallimard, 1992, cap. V, p. 25).
diegob
pur condividendo senz’altro la considerazione sulla tendenza totalitaria del fenomeno, osservo, caro alberto, che nel caso di giornalisti, cioè professionisti della comunicazione e dell’osservazione dei fenomeni d’attualità, è comprensibile come si ritenga opportuno che conoscano e sappiano destreggiarsi in un habitat comunicativo così importante (al di là del giudizio, anche pessimo, che se ne puo’ avere)
comunque è chiaro che non è semplice da un lato criticare un fenomeno senza conoscerlo, senza navigarci dentro, col rischio però di esserne a propria volta plasmati e condizionati entrandovi in contatto
agbiuso
Sul numero 9 / marzo 2012, p. 16 di Alfalibri leggo questa interessante notizia riportata da Maria Teresa Carbone:
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Questo autunno la direzione di un grande quotidiano ha imposto a tutti i suoi giornalisti un corso di formazione per scrivere su Twitter e comunicare su Facebook. Giovani e vecchi, grandi reporter e novizi, cronisti e critici, non erano tollerate eccezioni. Nella sala dove erano riuniti i piccoli gruppi di apprendisti twittatori e facebookkiani, era appeso un grande cartello: “Adattarsi o sparire”.
(Laurent Beccaria e Patrick de Saint-Exupéry, editoriale di “Revue XXI”, inverno 2012)
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Il totalitarismo è fatto soprattutto di due elementi: la mobilitazione obbligatoria delle masse; strumenti di comunicazione capaci di arrivare in tempi brevi a queste masse.
Quando uno strumento di comunicazione diventa obbligatorio siamo sul piano inclinato di una tendenza totalitaria, fosse pure soft.
agbiuso
L’amico Giuseppe Torrisi mi ha segnalato i seguenti materiali, davvero molto interessanti:
– Una puntata di Report dedicata a facebook, dal titolo Il prodotto sei tu, che sicuramente tanti di voi hanno già visto; a me è piaciuta molto perché con lievità e chiarezza spiega che cosa davvero sia questo social network;
– Una nota dell’autrice che lamenta lo scarso interesse per la puntata;
– Un opuscolo distribuito dal Garante per la Protezione dei Dati Personali per mettere in guardia gli utlizzatori dei social network.
Tutto da vedere e da leggere.
agbiuso
@ rossi
Le realtà sociali sono molto complesse e mai monocordi.
“Ibrido uomo-macchina” noi umani lo siamo in realtà da sempre. L’ho sostenuto in tante e diverse sedi. La tecnica ci intesse, è la nostra natura. La questione è dunque non tanto tecnologica quanto politica e culturale. Ed è lì che dobbiamo tenere gli occhi e la mente molto svegli, in modo da godere delle possibilità che le tecnologie mettono a nostra disposizione, senza atteggiamenti fideistici, passivi, acritici nei loro confronti.
La ringrazio per il suo interessante contributo; cercherò di vedere questo film, che non conosco.
rossi
Di recente ho visto il film di fantascienza “Il mondo dei replicanti” prodotto da Touchstone Pictures e interpretato dal protagonista di Il Quinto Elemento,con la regia Jonathan Mostow (che ha firmato Terminator 3)risulta interessante perché affronta tematiche a mio parere inerenti alla Filosofia Della Mente. La vicenda si svolge in un prossimo futuro in cui gli esseri umani vivono in totale isolamento nelle loro abitazioni e interagiscono con l’esterno solo attraverso i Surrogati,robot antropomorfi a cui sono collegati neuralmente,e mediante i quali vanno a lavoro,giocano, amano, si divertono. E commettono crimini.Pertanto anche i poliziotti sono ormai dei surrogati.Il film racconta proprio le vicende di un agente di polizia,B. Willis, che cerca di trovare l‘assassino dei Surrogati. Quando però gli omicidi dei robot diventano troppi, l’agente sarà costretto a lasciare la propria casa e a investigare di persona, in un mondo che ormai non è più abituato ad attraversare.
I surrogati sono fondamentalmente qualcosa di diverso dai replicanti: sono esseri completamente artificiali creati dall’uomo per rappresentarlo e sostituirlo in ogni azione nel mondo esterno. Non hanno una loro un cervello, anima, una personalità: sono guidati dall’uomo, che se ne sta comodamente seduto in poltrona, e comanda a distanza, grazie a un dispositivo che legge gli impulsi della mente, il suo sostituto. I surrogati, come dice la parola, non sono repliche dell’uomo, ma dei sostituti .La domanda che mi pongo stiamo parlando davvero di fantascienza ? Ponetevi qualche domanda , per quanto riuscireste a rimanere senza tecnologia? Provate a non considerare i vostri cellulari delle appendici , provate a non accedere ai social network per qualche giorno … .come immaginavo è impensabile, usiamo e siamo usati dalle macchine. Stiamo assistendo a una nuova civilizzazione partorita dalla multimedialità e dal virtuale/digitale. Siamo ovunque e da nessuna parte, il nostro tempo si perde in un cyberspazio dove siamo tanti uno,nessuno, centomila ,tante identità senza nome, che vivono una non-vita dietro una tastiera.Siamo l’immagine del nostro profilo facebook e twitter,siamo amici solo se nei network siamo amici… mi chiedo non stiamo dando troppo peso alla tecnologia?Non stiamo diventando degli ibridi di uomo e macchina?
agbiuso
Segnalo l’interessante iniziativa di alcuni studenti austriaci che hanno creato un sito –Europe versus Facebook– nel quale denunciano, tra l’altro, il fatto che “secondo il Data Protection Act ogni informazione che l’utente elimina deve essere cancellata anche dal server. Invece Facebook mantiene traccia di tutto. ‘Nei file che abbiamo ricevuto ci sono tonnellate di dati cancellati – spiega Schrems – alcuni messaggi contenevano informazioni molto sensibili’. ‘Io penso che sia uno scandalo – continua il ragazzo – che loro dicano agli utenti che possono rimuovere facilmente i contenuti, se lo vogliono, ma in realtà continuino a conservarli. Da come la vedo io, stanno semplicemente prendendo in giro le persone’. Oltre che violare una legge”.
(Fonte: la Repubblica)
agbiuso
Era prevedibile l’inevitabile evoluzione politico-lobbistica di facebook.
Inevitabile ma non per questo meno triste.
Dario
La ringrazio molto per le preziose indicazioni professore; di certo non mancherò di postare qui un commento non appena avrò ruminato a sufficienza questi testi. Di nuovo saluti 🙂
Dario Neglia
agbiuso
Caro Neglia,
sono contento che il film di Fincher le sia piaciuto e la ringrazio per il suo intervento.
Credo che utili a comprendere il fenomeno facebook (e magari ad affrancarsi) potrebbero essere i seguenti testi:
Alessandro Q. Ferrari, Facebook: domani smetto, Castelvecchio 2009
Jonathan Lanier, Tu non sei un gadget, Mondadori 2010
Un articolo di Martina Federico e un altro di Gilda Policastro apparsi sul mensile Alfabeta2, rispettivamente nel numero 7 (marzo 2011) e nel numero 9 (maggio 2011). Il primo dei due si può trovare anche in Rete, al link che ho inserito.
Se leggerà uno o più di questi testi, mi farebbe piacere conoscere poi la sua opinione.
Dario
Gentile professore,
ieri sera anch’io ho visto finalmente questo bel film girato da David Fincher; bello ed inquietante, in tutta sincerità, per la capacità di far vedere ciò che c’è veramente dietro il mondo di Facebook, non solo nella storia della sua genesi, ma anche nella realtà che sottende tutte le azioni, i commenti, i post, le foto, di ogni “utente” di questa nuova “agorà-prigione” creata da Zuckerberg; ed in tutto ciò sono stato aiutato molto anche dalla sua recensione, come spesso capita. Le volevo chiedere se sarebbe in grado di consigliare qualche ipotetico testo da leggere, una piccola indicazione bibliografica per chi — come me — volesse capire più a fondo questo strano fenomeno e smettere (anche qui c’entra la fenomenologia :)) l’atteggiamento dogmatico e conformistico della maggior parte delle persone verso questo confuso ed oscuro strumento virtuale. Insomma Husserl docet e l’epoché credo sia quanto mai necessaria (almeno per chi non sopporta di belare insieme ad altri belati): nel duplice senso di sospensione del giudizio (conditio sine qua non per una migliore comprensione della verità delle cose) e di probabile sospensione effettiva di tutte le attività su Facebook. Le mando un cordiale saluto.
Dario Neglia
aurora
Mi riconosco in coloro.i quali diffidano sulla facilità che l’isolamento affettivo e sentimentale, si risolva nell’indirizzare la propria fiducia a degli sconosciuti, che non potranno mai farsi carico delle proprie frustrazioni,é senz’alto un’illusione, peggiore del male di vivere,nonché tempo perso,il quale potrebbe essere impiegato, proficuamente nell’approfondire, la storia del mondo e degli esseri umani
antonella
In realtà, per me che frequento l’inquietante mondo di Fb, da circa due, si tratta di un fenomeno assolutamente da non prendere alla leggera e da non sottovalutare, per gli aspetti tecnici che ci sorpassano e per i fenomeni sociali che all’interno di questo sistema si vanno componendo. Parlo di fenomeno inquietante al pari di una tossicodipendenza perché nella sua “realtà” remota il sistema si presenta come un mondo non “indifferente” a chi lo frequenta. Molti utenti, nonostante, la loro cultura, età e professionalità ne vengono inghiottiti, con vere e proprie crisi di astinenza e ricerca spasmodica del tentativo di disintossicarsi. Non so quale azione eserciti sul nostro cervello o meglio quali centri cerebrali vada stimolare, ma difficilmente chi frequenta FB in maniera regolare se ne distaccherà completamente. Un aspetto tra gli altri che mi colpisce, poiché analizzare punto per punto sarebbe molto lungo, è la rapidità con la quale si consumano le informazioni che acquisisci e la velocità della risposta che dai, quasi sempre sull’onda della prima emozione ai quesiti o post o status ai quali si viene sottoposti nell’interazione, e questo pena la perdita della freschezza, spontaneità e validità della stessa, finendo così con lo scrivere la prima cosa che salta in mente. Si tratta spesso di commenti superficiali se non inutili atti solo a testimoniare che sei presente in quel momento su FB. Il sistema non nasce per essere usato da categorie, e dalla prima fase sperimentale secondo me, sì è passati ad una sorta di archivio dati e di sondaggio dei gusti e delle preferenze dei frequentatori. Qui importa poco l’anima, nonostante molti “amici” credono che sia arrivato per loro il momento di potersi esprimere e di farsi conoscere. Più che animali pensanti, siamo animali “consumanti”, anche se apparentemente solo d’idee e di musica.
Dario Generali
Caro Alberto,
come sempre la tua analisi è puntuale e penetrante e condivido in pieno quello che dici a proposito di Facebook, dal quale sono sempre rifuggito.
E’ uno strumento che potrebbe aver senso se usato da categorie professionali a fini promozionali o di scambio d’informazioni, ma certo non come si è imposto, per mettere in vetrina la propria vita, che è un’azione insensata e altamente dannosa per chi la compie.
Lusinga i mediocri con la falsa possibilità di uscire dall’anonimato, dando visibilità pubblica ad azioni ed esistenze straordinariamente banali, con il risvolto esiziale di annullare la privacy e di fissare per sempre quelle banalità a soggetti che magari col tempo potrebbero migliorarsi (o anche, più semplicemente, cambiare la propria condizione sociale) e venire quindi pesantemente danneggiati dalla leggerezza con la quale hanno divulgato i fatti della loro vita.
In passato per cambiare esistenza bastava cambiare ambienti e amici, ora, per chi ha ceduto alle suggestioni di Facebook, il passato non smetterà mai di ritornare insieme alle stupidaggini che gli sprovveduti hanno avuto la superficialità di divulgare.
Un caro saluto.
Dario
agbiuso
Sì, sarebbe un’azione certamente situazionista 😉
Roberto Battaglia
Potremmo unirci tutti noi e scriverlo per poi farlo visionare al Professore. Se non è Situazionismo questo..! 🙂
agbiuso
Vi ringrazio molto, cari amici, per la stima che il vostro invito testimonia ma non credo di avere le competenze necessarie per affrontare in modo sistematico l’argomento. E non ho neppure la voglia. Mi sto occupando di altri temi, per me più gratificanti ed essenziali.
Spero comunque che qualcuno, prima o poi, scriva un testo con quel titolo.
diego b
per intanto sarebbe utile registrare il titolo da un notaio, altrimenti ce lo fregano!
esatto buon andrea, proprio a quello pensavo…
Andrea Tavano
Dopo “contro il 68” arriverebbe a pennello!
Un altro mito verrebbe smascherato come meriterebbe.
diego b
mi si consenta una quasi battuta:
sicuramente un bel libro dal titolo «contro facebook» e con autore una firma di prestigio come a.g.biuso, potrebbe avere anche un buon successo editoriale
del resto
un fenomeno come quello, merita l’attenzione di chi studia la comunicazione
purtroppo ignorare che esiste è impossibile
Andrea Tavano
Mai strumento fu più subdolo. Faccio parte anche io di questa community. La tentazione di uscirne fuori è sempre fortissima. Le nuove generazioni non stanno conoscendo privacy. Rimango allibito dinnanzi alla facilità con la quale riesco ad accedere a dati personali e momenti intimi di persone a me sconosciute che non si premurano neppure lontanamente di mettere un freno, per quanto palliativo e non certo efficace alla questione. Semplicemente essi non se ne curano.
Si vede che sono troppo vecchio per farne parte.. dovrei trarne delle conclusioni?
Ad ogni modo il film e’ anche secondo me molto ben fatto! Fincher d’altra parte rimane uno dei miei registi preferiti.