Lo spaziotempo come immagine mentale
Venerdì 20.11.2015 alle 10,00 nel Coro di Notte del Monastero dei Benedettini (Catania) terrò un incontro -dal titolo Lo spaziotempo come immagine mentale– nell’ambito del Med Photo Fest 2015, dedicato a Dall’Etna al Val di Noto. Il programma completo della manifestazione si può trovare sul sito del Dipartimento di Scienze Umanistiche. Questo è l’Abstract del mio intervento:
Un’immagine cattura un luogo e un istante. E questo è possibile anche perché la struttura dell’istante non è di per sé temporale: l’istante è la durata che si fa spazio. Il gesto spaziotemporale della fotografia esprime la dinamica del corpo isotropo che nel suo stesso movimento genera lo spazio e il tempo, che pure lo precedono in quanto materia che esiste prima e dopo ogni gesto umano.
La persona si dispiega nello spaziotempo come differenza dei luoghi che il corpo abita e degli istanti che al corpo accadono, sempre però all’interno della struttura identitaria della corporeità vissuta, rammemorante il passato e diretta verso il futuro. La corporeità è la struttura spaziale che occupa luoghi, attraversa distanze, si fa incessante movimento. È nel corpomente che tempo e spazio trovano la loro unità poiché è da esso che scaturiscono e in esso costantemente ritornano. Nella sua struttura spaziotemporale il corpomente crea lo spazio che la fotografia raffigura e il tempo che essa immobilizza. La fotografia è dunque ciò che la pittura è per Leonardo da Vinci: «Una cosa mentale».
2 commenti
agbiuso
Cara Dott.ssa Campo, la ringrazio molto della sua presenza alla conversazione sulla fotografia e di queste sue parole.
L’accostamento al mito di Kore mi sembra interessante; ciò che aggiunge su di noi fotografi dilettanti conferma la ‘democraticità’ e la specificità dello sguardo fotografico.
Spero dunque di rivederla più spesso al Monastero 🙂
Paolina Campo
E’ stato un piacere riascoltarla stamattina e sono felice di riprendere a scrivere sul suo sito. E’ come avere ripreso l’immagine di me stessa qualche anno fa e ridato vita a questa parte di me. Non avevo dubbi che, ripercorrendo la strada verso il Monastero dei Benedettini, mi sarei regalata un bel momento di riflessione, di chiarezza, di impegno che la contraddistinguono. Grazie.
All’inizio lei ha parlato della fotografia come morte e resurrezione. Ho allora pensato che questo modo di interpretare la riproduzione di immagini, di momenti fosse paragonabile all’interpretazione del mito di Kore.
Ho pensato che, in fondo, quando si scatta una fotografia, non si fa altro che catturare un momento, un istante per farselo proprio per sempre per poi
farlo rivivere in un altro istante, futuro, in tutto il suo splendore.
Io non sono una fotografa, ma amo catturare le immagini per chiedere poi loro di parlare degli odori, dei colori, dei suoni di quel punto di tempo che ho quasi rapito. Chiedo loro di emozionarmi ancora.
Col mio cellulare fotografo Salina, isola a me cara, e fotografo l’Etna e l’alba al mattino. Le mie non sono fotografie d’autore, sono le mie, è il mio spazio-tempo che si dilata ogni volta che chiedo loro di ricordare.
A presto, professore Biuso.