Marc Wittman e la questione del tempo
il manifesto
15 luglio 2015
pag. 11
Molti esperimenti hanno mostrato che anche quando gli stimoli dei cinque sensi vengono attutiti o spenti, continua a persistere il senso della corporeità, che è il senso stesso del tempo.
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3 commenti
agbiuso
Caro Diego, tempo non vuol dire soltanto Differenza, significa pure Identità. Il tempo consiste anche nel rimanere identico di qualcosa che cambia e nel mutare di ciò che permane. A cominciare dall’ente che dice ‘io’. Il linguaggio esprime tale dinamica.
È comunque vero che il linguaggio, il pensare e il vivere implicano una tensione continua verso la potenza del tempo che non riescono a dire, a pensare e a vivere.
Noi abitiamo in questa tensione.
diego
Secondo me la coscienza è una funzione aggiuntiva della corporeità, un tragico optional di lusso.
Ma avrei una domanda, e mi scuso in anticipo per gli inevitabili strafalcioni. C’è scritto:
«Le aree della corteccia cerebrale coinvolte nella percezione del tempo sono infatti strettamente connesse a quelle che regolano lo strumento principe dei rapporti umani, il linguaggio.»
Ecco io avrei una domanda. Non è forse proprio il linguaggio l’attrezzatura che a volte non «agguanta» bene il tempo? Prendiamo le parole, i vocaboli. Non sono comunque affetti da una inevitabile fissità, del resto utilissima per evitare fraintendimenti? E anche i nomi propri, non tendono ad una certa anelasticità temporale? Io mi chiamo Diego da 59 anni, e il nome non cambia mai, mentre io sono un processo di decadenza un po’ brutale e anche comico. Questa fissità dei nomi e dei vocaboli secondo me è quella che a volte ci rende incapaci di cogliere il tempo, siccome le parole non cambiano, tutto ci sembra fermo, o quantomeno ragioniamo come se lo fosse. Io penso che il linguaggio, nella sua necessità di esser durevole per poter funzionare, sia un po’ deformante a volte rispetto al tempo. In fondo, il linguaggio è un po’ anche un avversario del tempo, per esempio uno puo’ tornare all’inizio e rileggere le sciocchezze che ho scritto, fermando il tempo.
Pasquale
La coscienza è legata alla corporeità e alla temporalità: io ho esperienza di me stesso come esistente con un corpo e nel tempo. (…) Autocoscienza significa riconoscere sé stessi come esseri che perdurano nel tempo ed esistono fisicamente». Anche questo vuol dire che «il tempo siamo noi».
Non è un caso dunque se nella malattia psichica, dentro e fuori, adesso e dopo, me e gli altri, oggetti e soggetti, vadano spesso a costituire un minestrone di indifferenziato.
Tempo. Non mi inoltro. Ma c’è una galassia da esplorare.
P.