Dance Me to the End of Love
di Leonard Cohen
(da Various Positions, 1984)
«Dance me to your beauty with a burning violin / Dance me through the panic ’til I’m gathered safely in / Lift me like an olive branch and be my homeward dove / Dance me to the end of love […] Dance me to the wedding now, dance me on and on / Dance me very tenderly and dance me very long»
Una danza malinconica e tenace. Cohen afferma di averla pensata anche in relazione ai campi di sterminio ma l’importante è che si tratta di parole e di ritmi capaci di esprimere tutto il desiderio degli amanti di giungere ai limiti del loro sentimento, di esplorare lo spazio e il tempo come un riverbero di energia nel quale finalmente congiungersi. È il vino di cui parla il mistico fiammingo Ruysbroeck, un vino che inebria al solo nome.
2 commenti
agbiuso
Leonard Cohen ci ha regalato la bellezza della malinconia.
Segnalo il ricordo di Daniele Martino su Doppiozero: Cohen. Un’enorme compassione
Andrea
Probabilmente uno degli album più pop di Leonard Cohen.
Incredibilmente, aggiungerei, considerando che la sua personale riflessione sul ruolo dell’ebraismo nella sua vita – da sempre e per sempre onnipresente – stava raggiungendo in quel periodo il suo apice più incerto e discutibile.
“Pensavo di poter illuminare il mio mondo e quello della gente intorno a me. Pensavo di poterlo fare ma non ci sono riuscito. Questa è una strada dove persone molto più forti, generose e nobili di me si sono bruciate. Quando si comincia a trattare materiale sacro ci si lacera profondamente.”
La leggerezza di questa canzone, di questo disco meraviglioso, è lacerante e straniante. Di fronte alle barbarie del mondo, sotto gli occhi di un Dio presunto, forse la cosa più giusta è abbandonarsi ad una danza d’amore. Fino alla fine.