Grazie per la generosa sintonia. Bosch, hmmm, già. Oggi ho fatto una curiosa osservazione alla stazione Garibaldi di Milano. Da una parte il supermercato Unes che dalle sue vetrine proclamava Sprecare è stupido. Campagna per etc. etc..
Dirimpetto, lampante in uno di quei totem luminosi per la pubblicità, la fotografia di un mare con spiaggia e prato verdeggiante su cui stavano 4 grosse jeep. Di quelle appunto che sprecano carburante, aria, suolo, energia e materie prime perché sono tutte chiacchiere e carrozzeria e che cantano a ogni rombo del motore il loro inno al consumo. Appunto dico.
Il tuo discorso è serissimo, caro Pasquale. E ti ringrazio di avere fatto dono a questo spazio di una analisi lucidissima e magnificamente comunicata.
Le tue parole disegnano una sorta di dipinto alla Bosch, nel quale la nave dei folli è lo stesso pianeta nella sua interezza.
Siamo troppi, siamo mal distribuiti, malissimo divise le risorse. Siamo (essi sono) lobotimizzati dagli avatar e da “serve come Madre Santoro che agitano stracci rossi per sedurre masse di implacabili cazzoni” (indimenticabile questa definizione).
Ne La società videocratica ho proposto come primo ma fondamentale atto rivoluzionario il liberarsi dalla scatola televisiva. In ciò che dici è la filigrana della mia scelta anarchica, della mia opzione libertaria.
Dato per scontato che, con lo slabbrarsi esponenziale dello sfaglio tra giusto e ingiusto, tra buono e deteriore, a mmia di persona personalmente risulta sempre più difficile avere chiarezze inconfutabili, dal video mostrato prende però qualche spunto la mia immaginazione.
L’antica patologica lotta dei ricchi contro i poveri, lotta di cui pare siano stati immuni o meno infetti i nostri, magari fosse possibile dire così, nostri, progenitori Greci, pare oggi aggravarsi grazie a un parassita, una scabbia, che è quello dei numeri. In short, siamo tanti di più di quanto Marx e tutti i padri delle teoriche rivoluzionarie avrebbero potuto mai immaginarsi. Il mondo di qui è certo cresciuto in benessere, a dispetto o in misura proporzionale allo sfaglio di cui sopra; siamo passati dal morire in piazza cannoneggiati da un Beccaris con la bava al cannone, ad allagare le piazze di telefonini da tre/400 euro conquistati con debiti e rate implacabili per documentare i fasti e i nefasti che del riccume in crescita esponenziale vede schierati i bravi a contenere masse enormi di candidati al diseredamento da tutto, previdenze, risparmi, oculatezze, pronto soccorso. Candidati nel novero dei quali, io e molti di quelli che potrebbero leggere questo blog, si devono ritenere iscritti giocoforza o addirittura a forza.
Le immagini che Alberto ci mostra fanno seguito, in piccolo e pro tempore, a quelle, vagheggiabili e antiche, del famigerato Old Bailey della Londra di qualche secolo fa, capitale di un mondo dove il furto di una mela o di un sacco di carbone poteva comportare, in difesa dell’ordine costituito dai padroni della terra, vuoi la deportazione in America o in Australia, vuoi l’impiccagione o lo squartamento. Apro una parentesi così (al tempo in cui Freud studiava con Charcot l’isteria qual’è , in Inghilterra vigeva l’abuso legale, degli uomini contro le donne, di starnare le signore afflitte da questo male di non poca gravità; in pratica le castravano, chiudo la parentesi). Allora come oggi a Dallas, Texas, è evidente la sproporzione tra azione e reazione. Qui un gibilé di ordini e funambolismi alla die hard, un eccesso, un troppo, a much ado about nothing che a nothing else serve che non sia ostentazione e di forza e di potenza nell’esercitarla di là dal ragionevole, dal ragionato, del voler sapere oltre che di là dalla sanità di mente; (che non serva cioè ad illustrare il detto, Io sso’ io e tu non sei un cazzo – Alberto Sordi, Il marchese del Grillo). In un tempo che fu, discorso eguale, giudici grassi e togati con il mal della pietra, grassi quanto le pancione dei bianchi e degli indifferenti nel filmino in oggetto. La panciona non a caso era nella stampa satirica e di opposizione dei nostri progenitori, l’epitome dell’uomo de panza appunto, di colui che ha. Abbiente è parola elegante per dire di chi ha, di chi possiede, insieme con la roba, il potere di fare e disfare, leggi, consuetudini, governi. A questo proposito infatti si può aggiungere che la maggioranza dei paesi bianchi è dominata da esecutivisti politici della volontà cui ho accennato poco fa, della lotta riaccesa del riccume contro il poverame. Lotta per la libertà, dicono. Renzi ha avatar e alias in quasi tutto il mondo bianco occidentale. Mondo sovraffollato, dicevo, e che con qualche motivato timore, tentenna nel realizzare utopie negative, bene previste in letteratura, varie ma tutte uguali di segno: muri ungheresi e israliani, condomini fortezza, forze armate, presidi polizieschi. Mondo che guarda alla possibilità di sovraffollarsi di nuovi e peggiori diseredati, tanto da far divisare che la lotta antica si trasferisca al campo dei meno poveri contro i poveri tout court. Questa mia è forse una semplificazione, ma il fatto è che i seguaci del furbo e non stupido primate Salvini non sono tanto le contesse con l’industria di Aldo della nota canzonazza sessantottina (questa è l’ipotesi distraente di serve come Madre Santoro che agitano stracci rossi per sedurre masse di implacabili cazzoni) ma portinaie e ambulanti, persino negri e marocchini giunti all’ambìto traguardo della manovalanza piccolo borghese. Ripeto che queste mie sono osservazioni non certezze. Osservazioni che ci porterebbero ad andare più in là con il discorso, annotando che in fondo personaggi come Adolfo H. furono soltanto dei precorritori la cui mano fu presa da uno smisurato Io, benché di fondo avessero fiutato che la pace sociale si poteva realizzare (solo?) a scapito di altri, meno adatti a difendersi. Non dimentichiamo che l’attendismo di Chamberlain, nascondeva solo la prudente considerazione, Lasciamolo fare in Cecoslovacchia e dove vuole purché non ci tocchi al Bosforo. Ecco, non è tutto ma non voglio dilungarmi. Ad Alberto che di me è migliore esegeta di me medesimo, lancio se mai l’invito a formalizzare quanto vado dicendo in un discorso serio. Se possibile. Aggiungo solo una citazione.
In Pink Freud, saggio atipico di atipiche virtù, Mimesis, cap. VIII – L’impellenza dell’altrove – pagg. 210-211 così scrive il dottor Angelo Villa: la bandiera della libertà brandita e sventolata genera un movimento contraddittorio…l’obbligo che caratterizza la società occidentale diventa quello di associare qualsiasi sua produzione, nella pubblicità come nel messaggio (ancora n.d.r.) meno intelligente, ad una promessa di libertà che ne rappresenta l’inconfondibile marchio di fabbrica… il suo impulso superegoico… La suggestione libertaria… che domina il discorso contemporaneo si scontra con lo scarto che si trascina appresso, tra la prospettiva… e l’impatto con tutto quello che smentisce quell’obbligo, fino a denunciarlo come un‘impostura.
4 commenti
Pasquale D'Ascola
Grazie per la generosa sintonia. Bosch, hmmm, già. Oggi ho fatto una curiosa osservazione alla stazione Garibaldi di Milano. Da una parte il supermercato Unes che dalle sue vetrine proclamava Sprecare è stupido. Campagna per etc. etc..
Dirimpetto, lampante in uno di quei totem luminosi per la pubblicità, la fotografia di un mare con spiaggia e prato verdeggiante su cui stavano 4 grosse jeep. Di quelle appunto che sprecano carburante, aria, suolo, energia e materie prime perché sono tutte chiacchiere e carrozzeria e che cantano a ogni rombo del motore il loro inno al consumo. Appunto dico.
agbiuso
Il tuo discorso è serissimo, caro Pasquale. E ti ringrazio di avere fatto dono a questo spazio di una analisi lucidissima e magnificamente comunicata.
Le tue parole disegnano una sorta di dipinto alla Bosch, nel quale la nave dei folli è lo stesso pianeta nella sua interezza.
Siamo troppi, siamo mal distribuiti, malissimo divise le risorse. Siamo (essi sono) lobotimizzati dagli avatar e da “serve come Madre Santoro che agitano stracci rossi per sedurre masse di implacabili cazzoni” (indimenticabile questa definizione).
Ne La società videocratica ho proposto come primo ma fondamentale atto rivoluzionario il liberarsi dalla scatola televisiva. In ciò che dici è la filigrana della mia scelta anarchica, della mia opzione libertaria.
Pasquale D'Ascola
Dato per scontato che, con lo slabbrarsi esponenziale dello sfaglio tra giusto e ingiusto, tra buono e deteriore, a mmia di persona personalmente risulta sempre più difficile avere chiarezze inconfutabili, dal video mostrato prende però qualche spunto la mia immaginazione.
L’antica patologica lotta dei ricchi contro i poveri, lotta di cui pare siano stati immuni o meno infetti i nostri, magari fosse possibile dire così, nostri, progenitori Greci, pare oggi aggravarsi grazie a un parassita, una scabbia, che è quello dei numeri. In short, siamo tanti di più di quanto Marx e tutti i padri delle teoriche rivoluzionarie avrebbero potuto mai immaginarsi. Il mondo di qui è certo cresciuto in benessere, a dispetto o in misura proporzionale allo sfaglio di cui sopra; siamo passati dal morire in piazza cannoneggiati da un Beccaris con la bava al cannone, ad allagare le piazze di telefonini da tre/400 euro conquistati con debiti e rate implacabili per documentare i fasti e i nefasti che del riccume in crescita esponenziale vede schierati i bravi a contenere masse enormi di candidati al diseredamento da tutto, previdenze, risparmi, oculatezze, pronto soccorso. Candidati nel novero dei quali, io e molti di quelli che potrebbero leggere questo blog, si devono ritenere iscritti giocoforza o addirittura a forza.
Le immagini che Alberto ci mostra fanno seguito, in piccolo e pro tempore, a quelle, vagheggiabili e antiche, del famigerato Old Bailey della Londra di qualche secolo fa, capitale di un mondo dove il furto di una mela o di un sacco di carbone poteva comportare, in difesa dell’ordine costituito dai padroni della terra, vuoi la deportazione in America o in Australia, vuoi l’impiccagione o lo squartamento. Apro una parentesi così (al tempo in cui Freud studiava con Charcot l’isteria qual’è , in Inghilterra vigeva l’abuso legale, degli uomini contro le donne, di starnare le signore afflitte da questo male di non poca gravità; in pratica le castravano, chiudo la parentesi). Allora come oggi a Dallas, Texas, è evidente la sproporzione tra azione e reazione. Qui un gibilé di ordini e funambolismi alla die hard, un eccesso, un troppo, a much ado about nothing che a nothing else serve che non sia ostentazione e di forza e di potenza nell’esercitarla di là dal ragionevole, dal ragionato, del voler sapere oltre che di là dalla sanità di mente; (che non serva cioè ad illustrare il detto, Io sso’ io e tu non sei un cazzo – Alberto Sordi, Il marchese del Grillo). In un tempo che fu, discorso eguale, giudici grassi e togati con il mal della pietra, grassi quanto le pancione dei bianchi e degli indifferenti nel filmino in oggetto. La panciona non a caso era nella stampa satirica e di opposizione dei nostri progenitori, l’epitome dell’uomo de panza appunto, di colui che ha. Abbiente è parola elegante per dire di chi ha, di chi possiede, insieme con la roba, il potere di fare e disfare, leggi, consuetudini, governi. A questo proposito infatti si può aggiungere che la maggioranza dei paesi bianchi è dominata da esecutivisti politici della volontà cui ho accennato poco fa, della lotta riaccesa del riccume contro il poverame. Lotta per la libertà, dicono. Renzi ha avatar e alias in quasi tutto il mondo bianco occidentale. Mondo sovraffollato, dicevo, e che con qualche motivato timore, tentenna nel realizzare utopie negative, bene previste in letteratura, varie ma tutte uguali di segno: muri ungheresi e israliani, condomini fortezza, forze armate, presidi polizieschi. Mondo che guarda alla possibilità di sovraffollarsi di nuovi e peggiori diseredati, tanto da far divisare che la lotta antica si trasferisca al campo dei meno poveri contro i poveri tout court. Questa mia è forse una semplificazione, ma il fatto è che i seguaci del furbo e non stupido primate Salvini non sono tanto le contesse con l’industria di Aldo della nota canzonazza sessantottina (questa è l’ipotesi distraente di serve come Madre Santoro che agitano stracci rossi per sedurre masse di implacabili cazzoni) ma portinaie e ambulanti, persino negri e marocchini giunti all’ambìto traguardo della manovalanza piccolo borghese. Ripeto che queste mie sono osservazioni non certezze. Osservazioni che ci porterebbero ad andare più in là con il discorso, annotando che in fondo personaggi come Adolfo H. furono soltanto dei precorritori la cui mano fu presa da uno smisurato Io, benché di fondo avessero fiutato che la pace sociale si poteva realizzare (solo?) a scapito di altri, meno adatti a difendersi. Non dimentichiamo che l’attendismo di Chamberlain, nascondeva solo la prudente considerazione, Lasciamolo fare in Cecoslovacchia e dove vuole purché non ci tocchi al Bosforo. Ecco, non è tutto ma non voglio dilungarmi. Ad Alberto che di me è migliore esegeta di me medesimo, lancio se mai l’invito a formalizzare quanto vado dicendo in un discorso serio. Se possibile. Aggiungo solo una citazione.
In Pink Freud, saggio atipico di atipiche virtù, Mimesis, cap. VIII – L’impellenza dell’altrove – pagg. 210-211 così scrive il dottor Angelo Villa: la bandiera della libertà brandita e sventolata genera un movimento contraddittorio…l’obbligo che caratterizza la società occidentale diventa quello di associare qualsiasi sua produzione, nella pubblicità come nel messaggio (ancora n.d.r.) meno intelligente, ad una promessa di libertà che ne rappresenta l’inconfondibile marchio di fabbrica… il suo impulso superegoico… La suggestione libertaria… che domina il discorso contemporaneo si scontra con lo scarto che si trascina appresso, tra la prospettiva… e l’impatto con tutto quello che smentisce quell’obbligo, fino a denunciarlo come un‘impostura.
Amelia
E questo è il paese di cui siamo sudditi !