L’autore si chiede giustamente se: “il fatto di far coincidere totalmente cervello e coscienza non è forse una convinzione di chiara natura ideologica, che esclude dogmaticamente la possibilità di forme di coscienza non necessariamente derivanti e dipendenti dall’organo cerebrale (sempre ammesso che si possa davvero, senza dubbi di sorta, dichiararlo definitivamente e irreversibilmente “spento”)?”.
In generale, l’espiantato respira e ha un cuore che batte. In caso contrario non potrebbe subire l’espianto degli organi. L’espiantato è quindi vivo, per quanto privo di coscienza.
È una verità che alle persone non viene detta. Al di là di ogni altra considerazione, è questo l’elemento assolutamente inaccettabile: questa omissione, questa dissimulazione, questo silenzio.
e’ un tema appassionate, quello posto dal testo cui rispondo, pur senza essere in grado di prendere una posizione precisa, proprio perchè, se ora si può, clinicamnete, decidere di porre fne ad un essere ancora vivente, stabilento razionalment il valore dell’esistenza nella sola possibilità di pensare, diventa eticamente rilevante affidarsi alla forza della natura, e lasciare che la gente muoia, seocndo natura. Ma questo non avvine, e sarebbe più semplice, per via dei progressi scientifici, che prolugano la vita, anche in assenza di segnali certi dati dal cervello. Organo, il cervello, che io stessa tengo in grandissima considerazione. Scegliere di porre fine ad un coma irreversibile, mi pare lecito, allo stato attuale del nostro modo di vivere. Doloroso come, anzi, molto più, di un aborto, che pure si pratica a volte anche cn leggerezza, e che non presenta un aspetto – visivo – così sconvolgente come la estrazione di organi pulsanti, da un corpo che diventerà solo scarto. Va considerato che le regole etiche e morali che l’umanità si è creata, non hanno un termine di paragone cui rapportarsi, non sono assolute, un vero esempio, un lume, non lo abbiamo, non lo hanno neppure i credenti, e tutti oscilliamo nel liquido amorbante delle nostre ìndecisioni, le migliori possibile, a volte le peggiori possibile. Per la vita c’è esagerato rispetto, dal punto di vista filosofico e etico, ma quando l’essere vivente è in buona salute, lo si tratta senza pietà. Tutto è imperfetto, irreparabile, compromesso già in partenza. La potenza intellettiva dell’umanità, dedita alla ricerca della evoluzione delle idee, ha condotto la stessa umanità allo sconforto, alla incpacità di tracciare la linea di demarcazione tra bene e male, tra possibnile e impossibile.
3 commenti
agbiuso
Segnalo un significativo articolo di Roberto Fantini:
QUESTIONE TRAPIANTI DI ORGANI: UN RAGIONATO INVITO A SCIENZA E RELIGIONE AD ABBRACCIARE UN FILOSOFICO “SAPERE DI NON SAPERE”
L’autore si chiede giustamente se: “il fatto di far coincidere totalmente cervello e coscienza non è forse una convinzione di chiara natura ideologica, che esclude dogmaticamente la possibilità di forme di coscienza non necessariamente derivanti e dipendenti dall’organo cerebrale (sempre ammesso che si possa davvero, senza dubbi di sorta, dichiararlo definitivamente e irreversibilmente “spento”)?”.
In generale, l’espiantato respira e ha un cuore che batte. In caso contrario non potrebbe subire l’espianto degli organi. L’espiantato è quindi vivo, per quanto privo di coscienza.
È una verità che alle persone non viene detta. Al di là di ogni altra considerazione, è questo l’elemento assolutamente inaccettabile: questa omissione, questa dissimulazione, questo silenzio.
fausta squatriti
e’ un tema appassionate, quello posto dal testo cui rispondo, pur senza essere in grado di prendere una posizione precisa, proprio perchè, se ora si può, clinicamnete, decidere di porre fne ad un essere ancora vivente, stabilento razionalment il valore dell’esistenza nella sola possibilità di pensare, diventa eticamente rilevante affidarsi alla forza della natura, e lasciare che la gente muoia, seocndo natura. Ma questo non avvine, e sarebbe più semplice, per via dei progressi scientifici, che prolugano la vita, anche in assenza di segnali certi dati dal cervello. Organo, il cervello, che io stessa tengo in grandissima considerazione. Scegliere di porre fine ad un coma irreversibile, mi pare lecito, allo stato attuale del nostro modo di vivere. Doloroso come, anzi, molto più, di un aborto, che pure si pratica a volte anche cn leggerezza, e che non presenta un aspetto – visivo – così sconvolgente come la estrazione di organi pulsanti, da un corpo che diventerà solo scarto. Va considerato che le regole etiche e morali che l’umanità si è creata, non hanno un termine di paragone cui rapportarsi, non sono assolute, un vero esempio, un lume, non lo abbiamo, non lo hanno neppure i credenti, e tutti oscilliamo nel liquido amorbante delle nostre ìndecisioni, le migliori possibile, a volte le peggiori possibile. Per la vita c’è esagerato rispetto, dal punto di vista filosofico e etico, ma quando l’essere vivente è in buona salute, lo si tratta senza pietà. Tutto è imperfetto, irreparabile, compromesso già in partenza. La potenza intellettiva dell’umanità, dedita alla ricerca della evoluzione delle idee, ha condotto la stessa umanità allo sconforto, alla incpacità di tracciare la linea di demarcazione tra bene e male, tra possibnile e impossibile.
agbiuso
Segnalo una interessante recensione a questo volume:
BIOETICA: LA PAROLA AI FILOSOFI, di Carlotta Caldonazzo