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Il disagio mentale come disagio temporale
Venerdì 22 maggio 2015 nell’Auditorium del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania si svolgerà un Convegno dedicato a Un approccio integrato tra psichiatria e filosofia nella cura del disagio mentale ed esistenziale. Vi terrò un intervento dal titolo Il disagio mentale come disagio temporale.
5 commenti
agbiuso
Caro Pasquale, la giornata è stata davvero feconda.
Il concetto/patologia di “discronìa” mi sembra perfetto a indicare ciò che è stato detto da tutti i relatori, ed è sicuramente quanto io ho inteso argomentare.
L’esempio che fai delle “giovani generazioni e non solo” è una illustrazione assai chiara di tale discronìa. Avendo io e te quasi ogni giorno a che fare con persone giovani ci accorgiamo con assoluta evidenza dell’assenza della profondità temporale, la quale soltanto può farci muovere in modo sensato tra i sentieri del presente.
Percorsi che per l’Italia sono anche il frutto della sciagurata e criminale decisione del governo e della monarchia sabauda di entrare in guerra esattamente cento anni fa.
Chi è nato dopo è figlio di quella decisione irrazionale, avida, fondamentalmente stupida, come alla fine sono le cause delle tragedie umane. Tragedia è anche che tutto si ripeta stancamente e farsescamente. Quelli che allora avevano compreso e si opponevano erano etichettati come “disfattisti”. I cretini di oggi li chiamano “gufi”.
Discronìa descrive anche i sentieri che si interrompono sul vuoto di un futuro limitato a misure brevi, proprio perché dietro c’è un passato corto. E in questo vuoto le persone precipitano, senza neppure sapere perché. Le ragioni, infatti, stanno sempre nella struttura temporale che siamo; ignorare la quale è non sapere niente.
Il futuro anteriore è una sintesi della nostra stessa identità.
Pasquale D'Ascola
Come si sa, la persona che scrive in questo momento che passa è piuttosto analysis oriented e appassionata del disagio mentale, del suo linguaggio criptico e bla blà. Mi dolgo dunque per non avere potuto ascoltare de vivo gli interventi che avranno reso feconda la giornata in questione. Di là da questo, l’osservazione in corpore vili induce a rilevare nel pazzo quanto nel nevrotico un conflitto con il tempo, il proprio e l’altrui. Nel secondo infatti parrebbe sussistere un ricorso all’indietro, un insistere su ciò che è compiuto come se non potesse essere mai incompiuto, parafrasando Shakespeare; nel primo è presumibilmente vero che anche con il tempo c’è qualcosa che non quadra. Il linguaggio del male denuncia forse più di una frattura. Chi ha pratica dei propri sogni sa che sul loro tempo parrebbe sussistere qualche dubbio. CIò detto mi permetto ci lanciare l’idea di una nuova patologìa, la discronìa. Ne sono afflitte, a mio modo di vedere, in modo più o meno grave, molte giovani generazioni e non solo. Vivono in un presente imperfetto avendo fatto piazza pulita del loro passato remoto e del futuro anteriore. Che bel tempo. Indicativo. Chi frequenta a vario titolo i giovani ne conosce il disinteresse oltre all’ignoranza; di là dalle cose, del tempo del loro avverarsi. Oggi è il 24 maggio 2015, domenica. Il 24 maggio 1915 era lunedì. Un buon giorno per spararsi. Muti passaron quella notte i fanti.
Affettuosi saluti. P.
agbiuso
@ diego
Sì, Diego, la filosofia fa bene. E il Convegno di oggi, da poco concluso, lo ha confermato. I colleghi psicologi, psichiatri, neurologi hanno detto e mostrato con chiarezza che lo sguardo filosofico -in particolare quello fenomenologico- è fondamentale sia per offrire un senso ai dati sperimentali sia per entrare in relazione con la persona tutta intera che sia vittima del disagio mentale, e non con parti soltanto del suo corpomente e della sua vicenda.
@ Antonella
Grazie, Antonella, per quanto dici sull’esperienza temporale e per la fedeltà con la quale segui queste pagine.
Antonella
Molto più prosaicamente e senza citare alcun testo, mi sono resa conto che il disagio mentale appartiene ad ogni essere umano, anche senza che nessuna malattia sia apertamente o “illusoriamente” conclamata. Vi sono stati momenti che rincorrevo un tassello di ricordo perduto nel tempo affinché potessi ricostruire, a mio modo, la verità di un accaduto. Spesso facevo leva sul sogno, non perché sia qualcosa di magico, ma solo come “inconscio” che potesse aiutare a dipanare una matassa. Con il tempo ho rinunciato, affidando questo disagio ad una lucidità che proveniva dalle mie scelte quotidiane. Ho visto e vedo attualmente regressioni di persone che per fragilità e per percorsi irrisolti ricostituiscono fasi della vita dalle quali dovrebbero essere definitivamente uscite. E se questo non avviene mi sembra di poter capire che quell’essere umano ha la necessità di andare indietro o avanti nella dimensione temporale per poter riafferrare una possibilità di vita che ancora ha qualcosa da suggerirgli. Ti seguo sempre con grande interesse e mi sento sempre arricchita nel leggerti.
diego
Ci sono, in «Temporalità e Differenza» alcuni passaggi, caro Alberto, davvero importanti riguardo la malattia mentale e il rapporto col tempo. Ed è anche molto comprensibile: la mente che è temporale manifesta il suo disagio, il suo cattivo funzionamento, nel rapporto distorto col tempo. Il passato dal quale non si riesce a «guarire», come anche il futuro sul quale non si riesce più a incardinarsi sono il segno evidente della malattia mentale (non ho il testo sotto mano ma ovviamente tu sai a quali passaggi mi riferisco). Un filosofo come te in realtà credo non ami quell’approccio alla filosofia come fosse una psicologia lenitiva, per cui non offre cure, ma individua con esattezza laddove la mente «non funziona». Insomma, leggerti fa anche bene, anche se non è nelle tue intenzioni.