Appena Roberto Saviano apre bocca su una varietà di argomenti, tutto il mainstream pravdesco ne dà conto. Ora che invece ha dichiarato con estrema chiarezza che «nel Partito Democratico c’è Gomorra», i giornali -tranne il Fatto Quotidiano– tacciono con impressionante silenzio. Nel Partito Democratico Gomorra vuol dire anche sostegno senza condizioni e finanziamento indiscriminato a ‘Grandi Opere’ criminogene come il TAV e l’EXPO. Nel Partito Democratico Gomorra vuol dire anche alleanza politica e strategica con il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, ex tuttofare di Berlusconi. Nel Partito Democratico Gomorra vuol dire anche aver inserito nelle sue liste elettorali camorristi, vecchi democristiani, migliaia di inquisiti, italoforzuti (come il candidato sindaco del mio paese, Bronte, diventato ora candidato del PD).
Liste costruite per vincere. E per fare che cosa dopo aver vinto? Per devastare il territorio, la scuola, l’università, la sanità, il lavoro, il futuro. Una vittoria che è il trionfo della mafia nel suo più vero significato metafisico: la morte
Allora ripetiamolo: il Partito Democratico è un partito colluso con la mafia, di sicuro in Campania e in Sicilia, molto probabilmente anche altrove. Chi lo vota e chi lo sostiene della mafia si fa complice.
17 commenti
agbiuso
Renzi e Verdini sono gli attuali padroni del Partito che fu di Berlinguer.
Una fine miserabile.
agbiuso
Il gruppo di Verdini entra nella maggioranza di governo. Massoneria e criminalità sempre più presenti nell’esecutivo del Partito Democratico. Che schifo.
agbiuso
Da un’idea di Pasolini
di Saverio Lodato
Se fossimo provocatori di professione, diremmo che in queste ore nelle segrete stanze del governo si sta studiando una legge per rendere legittimo il commissariamento del Comune di Roma per almeno un’altra ventina d’anni. Il terrore di un’eventuale valanga 5 stelle ha infatti sempre tirato brutti scherzi per la salute della democrazia. E questo ormai lo hanno capito tutti gli italiani.
Se fossimo provocatori di professione, diremmo che di votare i romani se lo scordano, come se lo sono scordati gli italiani che sono stati costretti a bere quella triplice cicuta che – a oggi – risponde ai nomi di Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi.
Il geniale barman che inventò la geniale ricetta rinforzata, si chiama, lo ricordiamo en passant, Giorgio Napolitano. E, guarda caso, il simbolo dei barman è rappresentato dalle tre scimmiette che stanno a significare: “non vedere il male; non sentire il male; non parlare del male”… Ogni riferimento al barman in questione è puramente casuale.
Se fossimo provocatori di professione, diremmo che il Comune di Roma fu beatificato per Cosa Nostra e mandato nel fuoco dell’Inferno per una manciata di scontrini.
Cascano le braccia, vengono meno le forze persino dell’indignazione, si è colti insomma dal deliquio, ad assistere all’infinito sequel del Gran Circo Italia. Ed è impresa ardua, non essendo provocatori di professione, acciuffare un qualsivoglia bandolo che consenta di capire verso quali lidi sta navigando l’Italia.
Qual è il bandolo?
Ignazio Marino, sindaco di Roma, che in un soprassalto di dabbenaggine, mentre trattori e parrocchiani e diplomatici asiatici lo smentiscono sulle sue cene, pensa di cavarsela dicendo che regalerà ai cittadini i soldi pubblici che gli erano scappati di mano?
Qual è il bandolo?
Il primo sindaco della storia di Roma che viene smentito dal primo Papa della storia di Roma che non lo ha mai invitato nel suo viaggio in America Latina?
Qual è il bandolo?
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Consiglio vivamente la lettura integrale di un articolo tanto drammatico quanto lucido, nel quale Lodato afferma -giustamente- che “la città di Roma è in mano alla mafia”.
agbiuso
Da Pd, siamo ai titoli di coda
di Vincenzo Vita, il manifesto, 31.5.2015
Un lento, inesorabile logoramento, fino al cedimento. Matteo Renzi ha avuto gioco facile a scalare un corpo profondamente indebolito, tenendo inizialmente coperte le intenzioni reali. Anzi. L’urgenza di rinnovare è diventata un brand pubblicitario, con lo slogan della rottamazione; la necessità del cambiamento ha imboccato la strada delle «riforme». In verità, da lì a poco, il così nobile termine si sarebbe capovolto semanticamente nel suo contrario: in una concreta pratica controriformatrice.
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Insomma, nel renzismo alberga un richiamo della foresta, all’incirca lo stesso — mutatis mutandis — del primo berlusconismo. Senza le punte e le patologie dell’ex Cavaliere.
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Così, è urgente comprendere il territorio arato dal Mov5Stelle, che l’«aristocratica» vecchia gauche ha guardato senza coglierne la natura, essendo prevalsi schemi interpretativi logori. Insomma, si tratta di avviare un cammino, fortificato dalla definizione in fieri di un «programma fondamentale», vale a dire una visione e una strategia. Non dall’alto verso il basso, bensì in maniera aperta e coinvolgente.
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Segni di avvicinamento si colgono nel tessuto delle anime della Sinistra che sono rimaste al di fuori del perimetro del Pd. Per dire, poi, di mondi associativi e di movimenti che hanno tenuto il punto su svariati argomenti, non attratti dai calcoli strumentali del ceto politico. E M5S non va rimosso.
agbiuso
“Affidare alla vigilia delle elezioni l’appalto milionario di un nuovo ospedale in Liguria a uno dei nuovi padroni dell’Unità è un’operazione benemerita. Lodare l’ottimo lavoro per Expo di Diana Bracco, oggi alle cronache per presunte fatture false della sua società farmaceutica, è perfettamente normale. Questo è il Pd e per questo l’attacco forsennato scatenato contro la presidente della Commissione antimafia, per aver adempiuto al suo dovere, non stupisce.
Anche se particolarmente volgare e arrogante, l’assalto a Rosy Bindi mette in evidenza l’impasto di questo nuovo partito renziano, capace di tenere insieme le peggiori abitudini del vecchio (la doppia morale) mescolate con i pessimi vizietti del nuovo (la perdita di memoria e di identità). Un partito che pensa, tratta e pratica la politica come strumento di un potere senza mediazioni né contrappesi. Prima il vecchio gruppo dirigente, poi i sindacati, i costituzionalisti, gli insegnanti… .
Trattare Bindi quasi fosse una grillina d’assalto, oltre che il migliore spot alla campagna elettorale dei 5Stelle, è nello stesso tempo indice di arroganza e sintomo di grande debolezza. Per aver ottemperato ai suoi obblighi istituzionali (esaminare le liste elettorali rispetto ai profili giudiziari relativi al rapporto tra mafia e politica, secondo un codice di autoregolamentazione sottoscritto da tutti i partiti), e per averlo fatto anche con celerità (dall’inizio della presentazione delle liste, un mese fa, come da regolamento), Bindi viene additata dal presidente del partito, Orfini, come il nemico da distruggere («siamo tornati indietro di secoli quando i processi si facevano in piazza aizzando le folle»).
Come se fosse della presidente della Commissione la responsabilità di aver messo in lista persone che hanno problemi con il casellario giudiziario. Qui il garantismo non c’entra, la Commissione antimafia a 48 ore dal voto (dunque quando la campagna è pressoché conclusa, quando i cittadini hanno visto all’opera i candidati) trasmette al cittadino informazioni pubbliche ma conosciute solo da una ristretta cerchia di addetti ai lavori. Tra l’altro si tratta di diciassette nomi su quattromila candidature esaminate. Ma il tappo è saltato per la presenza dell’asso pigliatutto della Campania, De Luca, e per i timori di qualche brutta sorpresa nell’urna. Solo Bersani e Fassina hanno solidarizzato con Bindi rimettendo al centro la questione politica.
Sarebbe da rivedere cosa scrivevano questi patetici personaggi quando Berlusconi strillava sulla «persecuzione», sulla «giustizia a orologeria». Ora sostengono le stesse cose che diceva la destra quando la magistratura faceva il proprio lavoro. Tra l’altro invocare la legge per legittimare alcune discutibili candidature è una pezza peggiore del buco perché dice di una politica che se fosse sicura e fiera delle liste le rivendicherebbe, allontanando la sgradevole sensazione di raccattare da ogni sponda e clientela.
Tanta virulenza in realtà scopre la lunga coda di paglia di chi mal sopporta che le istituzioni facciano il loro lavoro anche contro il potente di turno. A Bindi non si perdona la grave colpa di non essersi allineata al nuovo gruppo dirigente. Ma è innanzitutto con se stessi e specialmente con Renzi che dovrebbero prendersela. Il caso De Luca lo ha creato chi lo ha candidato. È stato proprio il presidente-segretario, che ora accusa Bindi di usare l’Antimafia per fini di battaglia interna, a sbilanciarsi fino a «scommettere che nessuno degli impresentabili sarà eletto, perché sono tutti espressione di piccole liste civiche». Quando si dice che il diavolo fa le pentole ma a volte dimentica i coperchi.”
Norma Rangeri, il manifesto, 30.5.2015
agbiuso
No, cara Adriana, è diverso. Il signore feudale si poneva in una prospettiva insieme selvaggia e sacrale; questi invece sono soltanto dei balordi, dei volgari ladri di passo.
Adriana Bolfo
Infatti danno per scontato di dover esistere sempre, al di fuori di qualunque legge e di qualunque “pietas”, perché per loro gli altri esistono come mezzi e non come fini.
Qualcosa ricorda le prerogative del signore nel sistema feudale. O no?
agbiuso
Che cosa c’è di più disgustoso dei potenti e dei criminali che fanno le vittime? La loro stessa esistenza, questo è ancora più disgustoso.
agbiuso
Il Partito Democratico risponde alle comunicazioni della Commissione parlamentare Antimafia in un modo identico a come rispondeva e risponde Forza Italia, vale a dire gridando alla barbarie.
Qual è dunque la differenza tra Forza Italia e il Partito Democratico? Nessuna.
agbiuso
Sul manifesto di oggi Norma Rangeri analizza la vittoria di Podemos e lo squallore italiano: Todos Caballeros
Adriana Bolfo
Non posso in questo momento leggere i commenti per intero, pertanto se qualcosa che scrivo indica che non ho capito fatemelo notare.
Mi fermo solo al punto secondo cui la base non espelle Renzi perché costituita da cattolici.
No, dal mio punto di vista: la base non critica la politica del capo perché la moda e l’ordine di scuderia, tipici della sinistra (non solo, ma è questa la parte di cui stiamo parlando) sono di criticare gli avversari o quelli presentati come tali, cioè il B. per vent’anni. Invece tutto quello che fa il “capo” in un partito “di sinistra” va bene per il suo popolo di elettori, cioè per la maggioranza di quella compagine.
Le voci critiche sono tuttora una minoranza, temo, anche alla base che, temo, continuerà a votare soprattutto per appartenenza, “horror vacui” e simili, bisognosa di qualcuno che proponga, anch’egli, il “fare” – (qualunque cosa, ma farla)
Dove si è già sentita tale propaganda?
Biuso
A quanto pare il Partito Democratico sta perdendo il consenso dei docenti ma non sembra preoccuparsene. Gli insegnanti saranno sostituiti da camorristi ed evasori fiscali, che in Italia sono molti.
agbiuso
Sì, Diego, ha ragione Platone: il lavoro filosofico, e in generale il lavoro culturale, è sempre e costitutivamente un lavoro politico. Ho sempre inteso così il mio mestiere e le mie attività; sono un politico a tempo pieno.
diego
Alla fine i ceti dominanti emergono, sono secreti come una schiuma velenosa, dal corpo sociale per quello che è.
Non li votano perchè ingannati, li votano proprio perchè sono espressione del loro modo di vedere il momento politico.
È il problema fondamentale della democrazia. Quando mai la maggioranza esprime idee sagge, generose, lungimiranti?
Per questo è fondamentale il lavoro culturale, il duro e continuo tentativo di educare, per evitare l’insorabile scempio.
agbiuso
Cari Dario e Pasquale, la vostra condivisione e il vostro sostegno sono per me molto importanti. Significano infatti che ci sono delle persone per le quali la libertà e la democrazia non sono soltanto delle vuote parole assassinate dalla fiction berlusconian-renzista, per le quali più di qualunque prebenda o conto in banca valgono i propri pensieri e l’esaltante fatica che li ha prodotti.
Persone senza partito, senza chiesa, senza dogmi, senza fanatismi, senza complicità, per le quali il riferimento non è un segretario di partito, un leader di movimento, un consigliere spirituale, un parroco o il papa ma è l’intero corpo sociale al quale soltanto si risponde, oltre che alla propria coscienza.
Persone che lasciano la speranza agli illusi di tutte le specie e agiscono ora, subito, adesso, qui. Nel loro lavoro, nelle loro relazioni e senza mai concedere nulla a gentaglia come Craxi, Berlusconi, Renzi e alla legione dei loro complici, senza concedere a tali carogne nessuna attenuante. Anche questo significa impegno politico, per la polis.
Pasquale D'Ascola
Caro Alberto, sono tanti, sono prepotenti. L’operazione che non riuscì del tutto a Craxi con il psi, ora è andata a buon fine. Il psi aveva una base debole allora, negli ottanta, pochi iscritti, sezioni ridicole. Craxi era solo con i suoi ad occupare e devastare. Un partito sfaldato da lui stesso e ridotto alla sua famiglia, sicilian style dopotutto, ai suoi amici, ai suoi scodinzolanti, poco per durare molto come cupola privata. E le alleanze valsero come rianimazione in coma depassé. Poi anossia. Renzi, è un terra bruciata, stupido e inedito invece, adatto a un partito di gente che non demorde, stupida e ovvia. Una fonte di ossigeno indeperibile. Per uno che se ne va, e ne ha messo di tempo, ci sono ventimila nostalgici con l’azotemia alta, i trigliceridi critici, il senso critico negativo, ma fedeli al loro fantasma. Il pd è un partito di collulillusi. Non c’è possibilità di TSO. E pensare che dovrebbe essere la base ad espellere Renzi dal partito e togliergli ipso jure la fiducia in parlamento… Invece da bravi cattolici tacciono e acconsentono. Finirà, se va bene, quando io sarò decrepito o demente, o, come devo prevedere, suicidato, e il paese vinto. 5s è stato l’alcool sulla legna accesa, un gran fiamma che non ha bruciato nulla. E che non riesce soprattutto a riaccendersi per autocombustione. Legna bagnata.
Non vale la pena di dire, vedremo, è già tutto visto. SI tratta di dire con Eduardo, Ha da passà ‘a nuttata. Sarà lunga. Good night and good luck. Un abbraccio. P.
Dario Generali
Caro Alberto,
hai perfettamente ragione.
Vincere per far cosa dopo aver vinto? Cambiare tutto perché niente cambi, perché i poteri forti che hanno sempre dominato il paese continuino a farlo sotto un’altra bandiera, che riproponga gli stessi modelli mafiosi di potere prima democristiani, poi berlusconiani e ora renziani.
In fondo la nostra democrazia, costata il bagno di sangue fisico e morale della guerra di liberazione partigiana e la vita di tanti onesti ed eroici funzionari dello stato impegnati contro mafia e poteri distorti, è scivolata verso una pura immagine vuota di contenuti, ora offesa anche nella sua integrità formale da una legge elettorale di stampo fascista (cfr. Legge Acerbo).
Il fatto più grave è però che in questa deriva la maggiore responsabilità è degli italiani, che continuano a dare il loro voto a soggetti autoritari e collusi, spesso con la piena consapevolezza di quanto stanno facendo, nella convinzione di poter vivere meglio in uno stato di diffusa illegalità piuttosto che in una società dominata dallo stato di diritto e dal rispetto delle norme.
Un caro saluto.
Dario