Cacciatori di cibo – Ivo Saglietti
Haiti, a noi così vicina, così lontana dal Cielo
Galleria San Fedele – Milano
A cura di Andrea Dall’Asta SJ e Stefano Femminis
Sino al 23 maggio 2015
Ci volevano i gesuiti, sempre i più intelligenti tra i papisti, per denunciare alcune delle palesi contraddizioni dell’Expo 2015. È bastato allestire e ospitare nel loro spazio culturale di Milano una mostra del fotografo Ivo Saglietti, il quale nel 1993 fotografò ad Haiti la fame. Sì, la fame che spinge -allora come oggi- gli haitiani ad aspettare lo scarico di tonnellate di immondizia proveniente dagli Stati Uniti d’America e lanciarsi su di essa alla ricerca di qualcosa. Una busta sporchissima di latte in polvere mostrata come un trofeo. Poche gocce d’acqua stillate da bottiglie di plastica schiacciate e luride. In una delle fotografie che ritraggono delle schiene curvate, piegate alla ricerca, in basso a destra si vede una testa un poco alzata, occhi che guardano l’orrore. Ma occhi pacati, rassegnati.
Andrea Dall’Asta, gesuita appunto, presentando la mostra scrive: «In questi ultimi mesi, non si fa che parlare di Expo, di nutrire il pianeta, di cibo, di sapori e di profumi. Tra maggio e ottobre, parteciperemo a un’esilarante festa del gusto e del palato, a un’immensa kermesse, dove tutti saremo invitati ad applaudire prodotti raffinati e sostenibili, sentendoci coinvolti nell’avere contribuito in qualche modo alla salvaguardia del nostro così tormentato pianeta…Riusciremo a garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, rispettando così la terra e i suoi equilibri?» E risponde: «E le ferite continuano, così come i falsi aiuti che troppo spesso non fanno che arricchire i ‘ricchi’, con stipendi favolosi, ‘fingendo’ di aiutare i poveri…Già, tutto continua, come sempre, anche oggi, con la violenza, le malattie, gli orfani e…gli immondezzai».
Un’immagine di Saglietti mostra tra la spazzatura innumerevoli bicchieri di carta della Coca Cola, sponsor primario dell’Expo milanese, insieme a MacDonalds e Nestlè. «Nutrire il pianeta» con cibo scaduto, avvelenato, sporco. «Energia per la vita», l’energia umana che trasforma l’immondizia in nutrimento. L’Expo è un insulto ai popoli che patiscono la fame.
4 commenti
diegod56
credimi, anche da queste parti, pare che solo il grembiulino consenta una certa carriera
Pasquale D'Ascola
@diego
Pura verità anche il nome. Questa è( era?)gestita dal grande oriente di milano e non so di quanti pasti è capace. È piuttosto grande e se ti diverte saperlo è obbligo dei grembiulini andare a fare servizio civile di tanto in tanto ai tavoli. La coda si allunga per non meno di 500 metri. L’altra che io conosco, dei francescani in viale piave, ha anche le docce e ti puoi lavare oltre che sfamare. I frati offrono saponi a asciugamani. Un esercito di volontari aiuta. Inoltre lì vicino è aperto un poliambulatorio che serve anche gli italiani che non possono pagare il ticket…del resto io stesso evito di fare controlli sanitari perché solo una dozzina di esami del sangue costa una sassata.
Questo nel gran milàn dell’expò. Io vivo a Lecco per fortuna. Ciao
diego
certo che una mensa per affamati vicino ad un posto chiamato «bocconi» è una beffarda ironia del destino
Pasquale D'Ascola
DI più Alberto è un insulto alla nostra, almeno quella, intelligenza. Un insulto l’albero della così detta vita la cui accensione è stata paragonata da un commentatore di alto profilo demenziale a un crescendo rossiniano. Ricordo Franca Valeri signorina snob che va in India, osserva le magrezze ambulanti e si domanda, Ma come fanno a essere così magri, e domanda a un miserabile, Ma che cosa mangiate…NIente, è la risposta, cui segue a tempo perfetto il commento, Sfottono. Quelli eran tempi. Faccian cantare i poveri, cantarono Dario Fo e Franca Rame, e furono licenziati. Andare a MIlano a vedere i magri di oggi, i poveri di oggi, i licenziati dal benessere, che affollano in molti e molti le mense; andare al pane quotidiano in viale qualcosa nei pressi della bocconi, università del potere, a vederci noi quando se mai ci toccherà, o ai figli, a a chi non so. Forse ai bocconiani.