Amo la Germania, la sua lingua, la splendida tradizione filosofica. Amo la Grecia, la sua lingua, la splendida tradizione filosofica. Per due volte nel Novecento la Grecia ha accettato di condonare il debito tedesco, contribuendo in tal modo alla potenza economica della Germania. E questo non può essere dimenticato. Come non si può dimenticare che cosa fece alla Grecia la nazionalsocialista Deutschland.
5 commenti
agbiuso
Televideo – 17/02/2015 16:12
Grecia: no firma, pure se pistola puntata
16.12 La Grecia “non firmerà un’estensione del programma di aiuti nemmeno con una pistola puntata alla tempia”. Lo ha detto il portavoce del governo ellenico Sakellaridis alla tv greca. Il premier Tsipras,riferisce Bloomberg, intanto ha ribadito che Atene non ha fretta e dunque non accetterà compromessi.
Poi ha accusato il ministro delle Finanze tedesco Schaeuble di aver “perso le staffe” e aver pronunciato frasi che “danneggiano” la Grecia. “Non si può trattarci come una colonia”. No alla “trappola dell’austerità”.
diegod56
in effetti, perfino su «Repubblica»…
http://www.repubblica.it/economia/rubriche/eurobarometro/2015/02/06/news/la_crisi_dell_euro_un_conflitto_tra_capitale_e_lavoro-106702975/?ref=HRLV-6
Biuso
Troika, un colpo di stato in bianco
Alfonso Gianni, il manifesto, 7.2.2015
Se si nutriva ancora qualche dubbio che l’Europa fosse più vittima delle proprie politiche che della crisi, gli accadimenti degli ultimi giorni hanno tolto ogni dubbio. I mercati avevano assorbito quasi con nonchalance il cambio di governo in Grecia; la Borsa di Atene aveva oscillato, ma riuscendo sempre a riprendersi, fino a raggiungere rialzi da record; il terrorismo psicologico che aveva provocato un forte deflusso di capitali prima delle elezioni sembrava un’arma spuntata.
Ma appena si è arrivati al dunque è scattato il ricatto della Bce. Eppure le richieste del nuovo governo greco erano più che ragionevoli. Né Tsipras né Varoufakis chiedevano un taglio netto del debito, ma solamente modalità e tempi diversi per pagarlo senza continuare a distruggere l’economia e la società greca, come avevano fatto i loro predecessori. Dichiarazioni e documenti di economisti a livello mondiale, compresi diversi premi Nobel, si rincorrono per dimostrare che le soluzioni proposte dal governo greco sono perfettamente applicabili, anzi le uniche efficaci se si vuole salvare l’Europa, che sarebbe trascinata nella voragine di un contagio dai confini imprevedibili se la Grecia dovesse fallire e uscire dall’euro. Perfino il pensiero mainstream – Financial Times in testa — si dimostrava più che possibilista.
Può darsi, come anche Varoufakis ha osservato, che la mossa di Draghi serva per evidenziare che la soluzione è politica e non tecnico-economica. Quindi ha buttato la palla nel campo dell’imminente Eurogruppo che si riunirà l’11 febbraio. Il guaio è che la politica europea attuale è ancora peggio della ragione economica. Basti leggere le dichiarazioni di un Renzi, sdraiato sul comunicato della Bce, o quelle di uno Schulz o di un Gabriel.
Non è la prima volta, d’altro canto, che la socialdemocrazia tedesca vota i «crediti di guerra». L’analogia non è troppo esagerata. Che spiegazione trovare per un simile accanimento contro un paese il cui Pil non supera il 2% e il cui debito il 3% di quelli complessivi dell’eurozona?
La ragione è duplice.
Se passa la soluzione greca appare chiaro che non esiste un’unica strada per abbattere il debito. Anzi ce n’è una alternativa concretamente praticabile rispetto a quella del fiscal compact. Più efficace e assai meno devastante. Tale da puntare su un nuovo tipo di sviluppo che valorizzi il lavoro, l’ambiente e la società, come appare dal programma di Salonicco su cui Syriza ha costruito e vinto la sua campagna elettorale. Sarebbe una sconfitta storica per il neoliberismo europeo.
Il secondo motivo riguarda gli assetti politico istituzionali della Ue. Sappiamo che i greci hanno giustamente rifiutato l’intervento della Troika. Ma è pur vero che perfino Juncker ha dichiarato che quest’ultima ha fatto il suo tempo. C’è allora qualcosa di più importante in gioco che la sopravvivenza di questo o quell’organismo. Finora la Ue attraverso gli strumenti della sua governance a-democratica aveva messo il naso nelle politiche interne di ogni paese, in qualche caso dettandone per filo e per segno le scelte da fare. Così è accaduto nel caso italiano con la famosa lettera della Bce del 5 agosto del 2011. Dove non era arrivato Berlusconi avevano provveduto Monti e ora Renzi a finire i compiti a casa. Ma si trattava pur sempre di un intervento su governi amici, che si fondavano su maggioranze che avevano esplicitato la loro preventiva sottomissione alla Troika. In Grecia siamo di fronte al tentativo di impedire che la volontà popolare espressasi nelle elezioni in modo abbondante e inequivocabile possa trovare implementazione perché contraria alle attuali scelte della Ue. Qualcosa che si avvicina a un colpo di stato in bianco (per ora). I neonazisti di Alba Dorata avevano dichiarato che Syriza avrebbe fallito e dopo sarebbe toccato a loro governare.
E’ questo che le mediocri classi dirigenti europee vogliono? Non sarebbe la prima volta.
Impediamoglielo.
Non solo con gli strumenti propri delle sedi parlamentari per influire sul vertice dei capi di stato, ma soprattutto riempiendo le piazze, come succede ora in Grecia e come vogliamo accada anche in Italia e nel resto d’Europa il prossimo 14 febbraio. Un San Valentino di passione con il popolo greco.
Biuso
Cara Adriana, lei ha perfettamente ragione. Il debito che è stato imposto al corpo sociale da parte delle classi dirigenti europee, incapaci o vendute, è il privatissimo debito delle banche -americane e nordeuropee in particolare-, frutto di operazioni finanziarie identiche alle operazioni che si svolgono nei casinò e anzi peggiori (derivati et similia).
Quando la bolla ultraspeculativa è esplosa, le banche si sono fatte ripianare i debiti con il sangue delle persone, dei dipendenti pubblici, delle tasse sul lavoro privato, dei servizi sociali, sangue che continua a scorrere.
È esattamente questo il maggior crimine del capitalismo contemporaneo.
Perché stampa e televisione non dicono questa semplice verità? Per l’altrettanto semplice motivo che i grandi giornali sono proprietà delle banche stesse. E quindi devono tacere.
È anche per tale ragione che bisogna uscire dall’Euro, perché è diventata la moneta dell’usura legalizzata, del debito appunto.
Adriana Bolfo
Gentile Biuso, forse lei sa che quello della GRECIA, così da tempo scrivo, come quello degli altri PIIGS (e all’inferno chi ha inventata la sigla che se avesse solo vagamente indicato qualcosa di positivo non sarebbe stata menzionata da nessuno tanto meno dagli autorazzisti nostrani) è debito privato estero, non debito pubblico, come da anni continua a cianciare il locale mainstream. Facile intuire il motivo, ma non divago.
Spero per i GRECI sofferenti, id est non per tutti, che i Tsipra’s boys, tutti maschi peraltro, alcuni, bellocci – cosa che se non è qualificante non è nemmeno un difetto – abbiano un intelligente e deciso piano B, C, E(?), oppure Z o qualunque altra lettera, dato che, ad oggi, gli è stato solo detto “nein”. Spero abbiano capito, o avessero preventivamente messo in conto – fossero davvero dediti ai GRECI sofferenti – che a Francof…ops, a Bruxelles tavoli su cui battere i pugni non ce ne sono e dunque bisogna avere un piano B, a meno che non abbiano già messo in atto abilmente il piano G, quello del Gatekeeping, e da tempo,l’intercettazione cioè la vanificazione della protesta di tanti miseri.
Intanto dovrebbero avere un poco di cognizione macroeconomica vera, quella che porta a sapere che si tratta di debito privato estero e non di debito pubblico, mi ripeto, e pertanto nulla fiducia mi dà il marxista Varoufakis che, come in genere gli attuali rosapallidi e rossoestremi nostrani, accetta il mantra di “debitopubblico” e speriamo non vi aggiunga “statoladro”, per buon peso.
E magari informarsi proprio in casa, dato che il 23 maggio 2013 Victor Costancio disse che quello GRECO era debito privato estero, come tuttora.
Chi è costui? Il vicepresidente della Bce.
Dove lo disse? Ad Atene.
Domande: che cosa faceva allora il belloccio capo? Dov’era? Chi ascoltava? E il suo economista prediletto?
Domanda a monte: con quali sostegni il belloccio ha soppiantato il fondatore di Syriza Alavanos e con quali ragioni?
Già.
Fonte delle considerazioni macroeconomiche che ogni tanto scrivo qui: il blog Goofynomics (www.goofynomics.com), con dati e fonti, di Alberto Bagnai, docente di Politica economica all’Università di Chieti-Pescara e ricercatore di economia dei Paesi emergenti, nonché autore di “Il tramonto dell’euro”, Imprimatur editore, 2007, e “L’Italia può farcela”, Il saggiatore, 2014. Economista e colto.
Le parole “parlate” si trovano nei video in youtube con gli interventi in varie trasmissioni televisive.