I nostri ragazzi
di Ivano De Matteo
Italia, 2014
Con: Alessandro Gasmann (Massimo), Luigi Lo Cascio (Paolo), Giovanna Mezzogiorno (Clara), Barbara Bobulova (Sofia), Rosabell Laurenti Sellers (Benedetta), Jacopo Olmo Antinori (Michele), Lidia Vitale (Giovanna), Roberto Accornero (l’insegnante)
Trailer del film
Di ritorno da una festa, i cugini sedicenni Benedetta e Michele massacrano di botte e uccidono in mezzo alla strada una donna senzatetto, proseguendo poi il loro cammino e la loro vita con serenità e indifferenza. L’unico dispiacere, semmai, è di non potersene vantare, il rimpianto è di non averla bruciata.
La ragazza è figlia di un facoltoso avvocato, il ragazzo di un pediatra che si dedica con slancio ai suoi piccoli pazienti. Benedetta e Michele sono l’esatto frutto della miseria di questi due fratelli e delle loro compagne. Tutti pronti a giustificare, a legittimare, a nascondere, a lasciar dominare i propri figli, il loro immenso narcisismo, il loro volere e ottenere tutto. Soprattutto la madre di Michele, la madre che è quasi sempre l’origine della sciagura degli umani, con la sua avvolgente protezione, con la sua patologica proiezione, con il suo non saper vivere senza il figlio. Dei due fratelli il più ipocrita (e ancor peggio) si rivela naturalmente l’altruista, il medico, il buono.
Queste persone non pranzano insieme, stanno tutte davanti al televisore, di fronte a un monitor; i due ragazzi con in mano un perenne e totalizzante cellulare. Insomma soggetti oggi normalissimi, identici a quelli che ci passano accanto tutti i giorni, identici a noi; normali e proprio per questo rivoltanti nel loro vuoto senza scampo, senza luce. Lo squallore di tali soggetti -genitori e figli- non suscita pietà alcuna, alcun compatimento. Soltanto schifo.
2 commenti
agbiuso
Sono contento, caro Diego, che entrambi abbiamo notato quel gelido stare di ciascuno per conto proprio, l’assenza della mensa o il suo essere profanata dal mezzo televisivo.
Anche per questo nella mia famiglia abbiamo deciso -tanti anni fa- di rinunciare al televisore. E i computer (in qualunque forma) devono stare alla larga dalla tavola.
Il finale non lo sveliamo, è chiaro. Comunque a me non sembra tanto aperto e mi appare, invece, coerente con il resto, nella sua insensatezza.
diego
l’ho visto qualche mese fa, caro Alberto, e ti voglio raccontare un accadimento particolare
all’uscita, a proiezione, ci siamo ritrovati in strada, tre coppie di genitori fra i 50 e i 60, non ci si conosceva, ma ci siamo messi spontaneamente a discutere del senso del film, tanto ci ha coinvolti
anch’io ho messo molto in evidenza quel non cenare assieme, ognuno col suo piatto, ognuno davanti al suo monitor e ho anche detto chiaro che mi ritengo un conservatore in queste cose, perchè i giovani hanno bisogno di quel che potrebbe apparire solo formalità, ma invece è sostanza dell’esser famiglia, nucleo comunitario essenziale
la disgregazione dei singoli deriva dalla disgregazione delle comunità di riferimento, siano esse la famiglia, la comunità locale, la casa in tutti i suoi significati
avrai notato alcune belle sequenze dove le case sono viste da fuori delle finestre, specie quella alto borghese dell’avvocato, come a far capire il vuoto
il cenare assieme è un rito fondamentale, e la parola rito la intendo in senso positivo, come una messa a punto continua del proprio essere-insieme
piccola nota a margine: magnifico cammeo di Antonio Salines, nella parte sacerdotale del maître del ristorante
il finale è «aperto», ovviamente qui non si dice