L’argomento è serio e piuttosto triste ma ho scelto un titolo gaddiano -che ora è compreso nella raccolta Accoppiamenti giudiziosi– perché si tratta anche di un argomento un po’ grottesco. L’Ateneo di Catania, nel quale ho il piacere e la responsabilità di insegnare e fare ricerca, sta infatti attraversando un momento particolare, per comprendere il quale può forse essere utile leggere un documento assai vivace del Cuda (Coordinamento di docenti, amministrativi, studenti, strutturati e precari dell’Ateneo di Catania per un’Università pubblica libera, aperta e democratica).
Per capire ciò di cui parla questo testo credo sia opportuno riepilogare i risultati delle elezioni per la carica di Rettore che si tennero il 21 e il 28 febbraio 2013, risultati che sono pubblicamente consultabili qui: http://www2.unict.it/elezioni/index.php
La prima cifra si riferisce ai voti ottenuti nella prima tornata, la seconda cifra a quelli della seconda tornata, dopo il ritiro del secondo classificato -Prof. Giuseppe Vecchio- dalla competizione elettorale.
Riepilogo dei voti per singolo candidato (Dati consolidati)
Vittorio Calabrese: 2 – 15
Enrico Iachello: 108 – 13
Giacomo Pignataro: 745 – 1225
Giuseppe Vecchio: 661 – 112
Bianche: 25 – 72
Nulle: 15 – 28
Il testo del Cuda fa riferimento a ciò da cui la vicenda è nata, vale a dire una sentenza emessa lo scorso 18 novembre dal giudice del lavoro Patrizia Mirenda in merito al ricorso del Dott. Lucio Maggio contro l’Ateneo di Catania per il suo reintegro nell’incarico di Direttore generale. Credo sia importante conoscere l’effettivo contenuto di tale sentenza.
«Le doglianze poste a base dell’affermazione secondo cui la revoca dell’incarico sarebbe stata irritualmente assunta non sembrano fondate, dovendosi evidenziare, da un lato, che la revoca deliberata dal CdA non costituisce l’esito di un procedimento disciplinare (con la conseguenza che non sono pertinenti gli argomenti spesi dal ricorrente in ordine alla insussistenza di un vincolo di subordinazione gerarchica del direttore generale rispetto al CdA), venendo in rilievo, piuttosto, la responsabilità dirigenziale del direttore generale dell’Ateneo siccome configurata dall’art. 11 comma 6 del vigente Statuto, e, dall’altro, che sembrano essere state rispettate le garanzie procedimentali previste dal detto articolo» (p. 18).
«Ciò premesso, deve osservarsi che l’assunto del ricorrente secondo il quale l’avvio della procedura disciplinata dall’art. 11 comma 6, dello Statuto, ove non preceduta da un preventivo accertamento delle accuse da parte di un organo terzo, si tradurrebbe nell’esercizio di un potere disciplinare del tutto abusivo, è privo di fondamento» (pp. 18-19)
«Reputa questo giudice che anche sotto tale aspetto le doglianze del ricorrente non siano condivisibili giacchè se è vero che il CdA diede mandato al rettore di contestare le sole gravi irregolarità connesse con la vicenda della proroga dei contratti a termine dei dirigenti, l’articolo 11 comma 6 dello Statuto non prevede che il rettore debba ricevere dal CdA un mandato che individui previamente l’oggetto della contestazione». (p. 20)
«Le considerazioni sopra esposte inducono ad escludere la ricorrenza del fumus boni iuris rispetto alla dedotta illegittimità, sotto il profilo del rispetto delle garanzie procedimentali, della delibera di revoca dell’incarico di direttore generale» (p. 20)
«Le considerazioni espresse appaiono sufficienti a far ritenere, pur nella sommarietà che connota tale fase, la parvenza del buon diritto in capo al ricorrente e ad escludere la ricorrenza dei presupposti voluti dallo Statuto e dal contratto per la revoca dell’incarico» (p. 25)
«Reputa il Tribunale che il ricorrente abbia fornito elementi concreti da cui desumere sia l’allegata impossibilità di conservare integro il bagaglio professionale acquisito e la perdita di chance di carriera e di potenzialità occupazionali, sia, e soprattutto, la lesione della propria immagine professionale» (26) E qui il giudice sembra chiaramente riferirsi alla parte del ricorso nel quale il ricorrente lamenta «un serio impoverimento del suo bagaglio professionale impedendone l’ulteriore sviluppo e impedendogli di iscriversi nell’elenco degli idonei alla nomina di direttore generale o di direttore amministrativo delle aziende del servizio sanitario della regione Sicilia» (p. 12).
Si tratta, come si vede, di una sentenza circoscritta, della quale lo stesso giudice evidenzia per ben quattro volte la natura ancora «sommaria» (pp. 17, 24 e 25 [due ricorrenze]). L’aggettivo giustamente usato dal Rettore Pignataro in una sua mail del 28.11.2014 -«fantasioso»- va dunque attribuito non soltanto ad alcune interpretazioni giornalistiche della sentenza ma pure alle tesi di qualche amico del Dott. Lucio Maggio. Si tratta di interpretazioni anche provocatorie. Aggettivo, quest’ultimo, che va inteso sotto la fattispecie della figura retorica dell’eufemismo. A chi fosse interessato sono pronto a inviare il testo completo della sentenza.
13 commenti
Il gioco al massacro - agb
[…] con la precedente amministrazione. La quale però non si è rassegnata a tale risultato e ha operato in molti modi per capovolgerlo. L’episodio più recente è raccontato nel documento del CUDA che riporto per intero, […]
agbiuso
Altre ragioni che spiegano perché il ducato sia in fiamme.
Ragioni corpose: centinaia di migliaia di euro.
Anche riferendosi a tali sprechi il Rettore Pignataro ha scritto lo scorso 23 dicembre che “nessuna delle delibere d’indirizzo approvate dagli organi collegiali potrà essere ignorata, il rettore garantisce che esse saranno applicate con la massima fermezza”.
Lo spero vivamente, da docente Unict e da cittadino (anche siciliano).
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Unict, 12 dirigenti costano un milione e mezzo di euro
Il ministero dell’Economia bacchetta l’ateneo
di Carmen Valisano, 30 dicembre 2014
CRONACA – Negli ultimi anni il capitolo di spesa relativo ai vertici universitari ha sfiorato i due milioni di euro. Una struttura complessa, che secondo gli organi di controllo non potrebbe esistere, ma che il direttore generale Lucio Maggio continua ad avallare. Tra ricorsi al Tar e pareri inviati alla Corte dei Conti, il rettore Giacomo Pignataro prova a ridimensionare il bilancio.
Guarda l’infografica
agbiuso
Il rettore dell’Ateneo di Catania ha inviato oggi i suoi auguri.
Riporto qui il testo (il grassetto è mio).
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Un caloroso e affettuoso augurio all’intera comunità accademica
Care studentesse e cari studenti,
colleghe e colleghi docenti,
membri del personale tecnico-amministrativo e collaboratori,
si conclude per il nostro Ateneo un anno difficile a causa della situazione generale dell’università italiana, ma ricco di scommesse e opportunità; un anno in cui abbiamo iniziato a mobilitare e liberare le energie migliori della nostra comunità accademica, affrontando alcuni dei nodi strutturali e dei problemi annosi, ma anche iniziando a raccogliere i frutti di un’azione di qualità.
Colgo dunque l’occasione degli auguri di buon Natale e buon anno per annunciarvi che giorno 11 dicembre il MIUR ha reso note le valutazioni dei Piani di programmazione triennale e i finanziamenti accordati: all’Università di Catania sono stati assegnati 3.725.500 euro, sui 4.155.000 previsti dal piano. Abbiamo cioè ottenuto l’89,66% di quanto richiesto. La quota attribuita al nostro Ateneo rappresenta il 2,64% di quanto erogato agli atenei statali. È un ottimo risultato, in assoluto tra i migliori nel panorama nazionale, che ci consentirà di finanziare le importanti riforme necessarie al rilancio dell’Ateneo, quella della didattica in testa. Quasi contemporaneamente, il 18 dicembre, si è avuta conferma che nel FFO 2014 le tre università siciliane hanno subito una decurtazione di circa tredici milioni di euro (meno 2,59%, pari a circa 4.300.000 euro, per l’Università di Catania). Ciò è il risultato del maggior peso della quota premiale, basata per il 90% sui risultati della VQR 2004-2010, e del fatto che l’introduzione del costo standard per studente ci penalizza perché esso viene calcolato soltanto sugli studenti in corso.
D’altra parte la riduzione del FFO sarebbe stata maggiore se non fosse stata accolta la mia proposta di riconoscere il differenziale di potenziale contributivo studentesco tra le aree territoriali del Paese che, per Catania, varrà a regime un importo pari a oltre 400 euro per studente in corso. Per il 2014, questo meccanismo ci ha consentito di recuperare circa 1,5 milioni di euro.
Troppi continuano a pensare che, in una fase grave e prolungata di recessione economica, non ci si possa permettere il lusso di destinare fondi rilevanti al sistema universitario. Rimane perciò molto da discutere sull’applicazione di questi parametri ed è bene non rinunciare a contrastare la propensione autolesionistica a limitare gli investimenti in ricerca, formazione e innovazione. Mi auguro tuttavia che i numeri che ho richiamato non siano considerati d’interesse soltanto degli addetti ai lavori. Non possiamo più sottovalutare quello che è stato fatto e quanto – con coraggio, responsabilità e passione – ci resta da fare. L’eccellente risultato del Piano di programmazione, valutato per i suoi aspetti qualitativi, deve spingerci a utilizzare le risorse acquisite per migliorare la qualità della ricerca e dell’offerta formativa superando i deficit accumulatisi negli anni.
In tempi difficili le azioni di rinnovamento e di riorganizzazione sono improcrastinabili. Nessuna delle delibere d’indirizzo approvate dagli organi collegiali potrà essere ignorata, il rettore garantisce che esse saranno applicate con la massima fermezza. Mi riferisco in particolare alla radicale revisione dell’impianto amministrativo per accrescere la sua efficienza e all’assegnazione di personale per il buon funzionamento dei Dipartimenti, alle azioni per il miglioramento della didattica, all’attuazione delle misure sui capisaldi strategici della ricerca e dell’internazionalizzazione.
Il mio auspicio per il 2015 è che il percorso di rinnovamento, condiviso e non più rinviabile, ci porti a essere un’università sempre meno autoreferenziale e sempre più a misura dei suoi doveri nei confronti del territorio e nei confronti dei propri studenti.
All’intera comunità accademica – studentesse e studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo – un caloroso e affettuoso augurio di un sereno Natale e di un buon inizio del nuovo anno.
Giacomo Pignataro
agbiuso
Il passato abbranca il presente.
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CRONACA – Un colpo di Stato. È la definizione che circola nei corridoi dell’università di Catania, dopo le elezioni all’Ersu. Simbolo della contrapposizione tra il rettore Giacomo Pignataro e il reintegrato direttore generale Lucio Maggio. «Che parla di legalità e ordine, ma ricordate le mail elettorali?», chiede il coordinamento universitario. Riferendosi probabilmente alla registrazione nello studio di Recca, a cui si lega un inedito interrogatorio di uno degli imputati
di CLAUDIA CAMPESE – Meridionews, 17 dicembre 2014
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L’articolo si intitola
Unict, dal Cuda arriva la denuncia di un golpe fallito
E nel ricordo del Mailgate spunta il presunto ruolo di Maggio
agbiuso
Su Sicilia Journal di oggi è uscito un mio intervento sulla questione unict:
L’Università di Catania tra passato e futuro
agbiuso
Inoltro un comunicato del Coordinamento d’Ateneo relativo ai risultati elettorali di giovedì 11.12.2014
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Dopo Maggio, Giugno
Care amiche e cari amici, colleghe e colleghi,
lo scorso 11 dicembre 2014, l’Ateneo di Catania è stato impegnato nel parziale rinnovo della composizione del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione dell’ERSU. In condizioni normali, si sarebbe trattato di un appuntamento significativo, come ogni appuntamento elettorale, ma di certo non meritevole dell’enfasi e dell’ansia da prestazione con cui alcune vecchie figure, appena riemerse dallo scafo del Titanic, lo hanno vissuto.
Proviamo insieme a ripercorrere, ancora una volta, alcuni eventi recenti.
Una sentenza, cautelare dunque provvisoria e passibile di futuri rovesciamenti in sede cautelare e/o di merito, ha (come sappiamo) rimesso al suo posto il vecchio Direttore generale. Questi, nell’ordine, dapprima rilascia una fantastica intervista audio-visiva a un giornale locale (nel corso della quale fanno capolino nell’obiettivo alcuni dei suoi sponsor) in cui afferma che, finalmente, col suo reintegro, nell’ateneo torneranno la legalità, l’ordine, la buona amministrazione (ricordate il mailgate? Tranquilli, ne sentiremo ancora parlare…); poi, per inverare senza indugio cotanto proclama, sforna prima una nota “anulare” (si dichiara unico raccordo – anulare – tra organi di governo e amministrazione, chi vuol parlare coi docenti, Rettore in primis, dovrà chiedere autorizzazione a lui…); e infine “emana” un provvedimento in cui crea attorno al suo scranno, appena riguadagnato, una task force di fedelissimi (quattro) dirigenti (tutti e quattro da alcuni mesi in contenzioso amministrativo con l’attuale amministrazione per il fiero riconoscimento di funzione di prima fascia, riconoscimento invero ardito, contestato tra l’altro da Corte dei Conti, Ministero e sindacati…), i quali risponderanno solo a lui e a cui è demandato il compito di tradurre i comandi supremi in altrettante ingiunzioni che la massa del personale tecnico-amministrativo eseguirà senza fiatare.
Molti di noi si chiedevano come il D.G., alias Mister legalità, avesse speso questi tremendi mesi di lontananza dalla stanza dei bottoni. Ora l’abbiamo capito: ha partecipato a tutti i tornei nazionali e internazionali di “Risiko”. Infatti, le sue prime mosse operative sono una fedele mimesi della conquista della Kamtchatka e dell’Inguscezia, con tanto di carri armati colorati, bandierine e vario ciarpame simil-militaresco. Ora qualcuno dovrà spiegargli che le regole del “Risiko” e quelle che presiedono alla vita di un’Università non sono proprio identiche. Non disperiamo, non è detto che con un po’ di pazienza non lo capisca.
Nel frattempo, ad alcuni componenti del Cda, anch’essi rivitalizzati da questa ridiscesa in campo, non è parso vero di poter sbandierare un verbale della seduta di un Dipartimento (ancora provvisorio, “casualmente” mal scritto e, quindi, poi rettificato) per dare man forte, a dire il vero molto pretestuosamente e scombinatamente, alle pretese di rivalsa di Mister Legalità. Infine, nel corso della campagna elettorale per il rinnovo degli organi succitati, in alcuni dipartimenti, si è rivisto un copione già sperimentato: ex rettori, ex direttori, ex giannizzeri dei passati governo e sottogoverno… affaccendati a blandire gli incerti, “esortare” i recalcitranti, minacciare i nemici. Tutto ciò in vista e nella speranza, è ragionevole supporre, di un grande “ribaltone” al vertice dell’ateneo da preparare passo dopo passo. Figuratevi che erano persino riusciti a persuadere una malcapitata deputata di Arcore, della cui conoscenza delle vicende catanesi abbiamo seri motivi di dubitare, a presentare un’interrogazione parlamentare a favore del de-integrato reintegrato. Ad Arcore, lo sappiamo bene, magari non conoscono Catania ma la legalità, caspita!!!!, lo sanno bene loro cos’è e da chi è meglio incarnata.
Poi cos’è successo? L’orologio era caricato, la bomba doveva esplodere, tutto era pronto e apparecchiato, anche lo champagne era in fresco, ma – eccheddiamine! – la stragrande maggioranza degli elettori dell’Ateneo ha rifiutato questo scenario da resa dei conti e ha votato a valanga persone libere, estranee a qualunque circo e circuito di lusinghe. Pensate!!!, persone che vorrebbero adempiere il loro mandato rappresentativo in nome degli interessi generali e non in vista di prebende, privilegi, emolumenti o carriere. Dunque, complimenti ai colleghi Lalomia (primo con 149 voti, contro gli 87 del secondo arrivato) e Catalano (127, contro 81). E onore sempre ai vinti, in democrazia è sempre bello quando ci si esprime e confronta, ciascuno con gli strumenti che sa e che ha (peccato che la favola dei candidati indipendenti, stile “Uomo Qualunque”, non abbia funzionato…).
Contemporaneamente, le elezioni suppletive al Senato Accademico hanno rinforzato nettamente la maggioranza dell’attuale amministrazione, rendendo evanescenti se non chimeriche le aspirazioni future di sfiducie e ribaltoni. Perché è la volontà democratica, anche in piccole ma nevralgiche comunità come quella di un ateneo, a decidere e progettare il futuro, in funzione della crescita e del miglioramento del servizio dell’alta formazione.
E le sentenze – che in tale quadro, francamente, interessano fino a un certo punto – non possono né potranno modificare la fisiologica dinamica della vita di un’istituzione.
La vita dell’ateneo continua, dunque, in un clima di serenità, di dialogo e di comune impegno, da rafforzare e accelerare, per sostenere sfide gravose e complesse, oltre che per recuperare il tempo perduto. Nel frattempo, il DG farà il suo mestiere come meglio e fin quando potrà. La nostra riconoscenza e attenzione, vogliamo rassicurarlo, non gli verranno mai meno.
Il CUDA (coordinamento unico di docenti, personale t.a., studenti, strutturati e precari di UNICT per un’università pubblica libera, aperta, democratica).
Biuso
Dal sito della collega Fabiani prendo una citazione foucaultiana che mi sembra descrivere con esattezza la natura -e la forza- del potere in mano a soggetti “veramente squalificati”
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“Mostrando pubblicamente il potere come abietto, infame, ubuesco o semplicemente ridicolo, non se ne limitano gli effetti. Né viene detronizzato, con un atto magico, colui al quale si dà la corona. Si tratta, al contrario, di manifestare in modo evidente l’insormontabilità e l’inevitabilità del potere, che può per l’appunto funzionare in tutto il suo rigore, e al limite estremo della sua razionalità violenta, anche allorquando è nelle mani di qualcuno veramente squalificato”.
M. Foucault, Gli anormali
agbiuso
Segnalo questa ulteriore risposta della collega Anita Fabiani; mi sembra infatti una riflessione antropologico-politica molto efficace nello spiegare di che cosa stiamo parlando.
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Come Alberto, anche io vorrei ringraziare (ringraziamento esteso a chi, fino ad oggi, è intervenuta/o nella riflessione sull’ateneo catanese ai tempi del colera) Teresa. nel suo intervento ritrovo quanto, in 12 e più ore trascorse dentro il seggio, ho potuto notare – aiutata in questo da minime conoscenze di prossematica – nell’avvicendarsi umano di “vecchio” e “nuovo” (o potenzialmente nuovo). quanto grottesco sia il “vecchio”, e volgare, finanche nelle sue manifestazioni linguistiche, è stato ampiamente dimostrato. il vernacolo svilito, ridotto a gergo papponesco, la tracotanza vigliacca, giacché si mandano in avanscoperta quelli che questi loschi figuri considerano erroneamente loro sottoposti… nulla aggiungo alle riflessioni da voi già fatte. volevo solo condividere con voi alcune impressioni, personali, e dire che il risultato conseguito – mi riferisco al seggio 8 – da Gaetano Lalomia (complimenti!), indica che sempre più sono le persone desiderose di nuovo.
buona vita. anita
agbiuso
Chi sta seguendo la vicenda dell’Ateneo di Catania può forse essere interessato a quanto ha scritto la collega Teresa Sardella in una ml. Aggiungo anche la mia risposta.
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Care e cari,
mi sembra che qualcuno abbia la memoria corta, qualcuno, per disperazione o confusione, chissà, vuole dimenticare e far finta di nulla, qualcuno non sa, così come sotto la precedente amministrazione qualcuno faceva finta di non sapere e non vedere, e qualcuno voltava le spalle (letteralmente) e così non vedeva e non sapeva.
A chi non ricorda o a chi non sa saranno utili queste brevi note.
Qui non si tratta di difendere un governo rivoluzionario (ma, poi, vogliamo discutere su che cosa significa rivoluzionario?) o di ridurre il confronto al giudizio negativo o positivo sulla precedente amministrazione. Qui non si tratta di schierarsi tra due sistemi di governo che, per quanto diversi, avrebbero potuto confrontarsi sul piano di una sia pur dura dialettica politica. Qui si tratta di due mondi diversi.
Per chi non ricorda e per chi non sa: la precedente amministrazione, per limitarmi a un solo esempio, vedeva l’allora rettore impegnato direttamente nell’agone politico come presidente regionale di un partito, l’UDC, il che comportava vertici, pubblici e pubblicizzati, con l’allora onorevole Cuffaro e altri esponenti politici. Prima di dipingere notti in cui tutti i gatti sono bigi, prima di avere eccessi incontenibili di equidistanza, andrebbe valutata la grave esposizione, per non dire altro, cui è stata sottoposta la nostra vita universitaria; con tutti gli effetti conseguenti.
Ciò determinava che, spesso, in quel clima di anomalia istituzionale, in organi che avrebbero dovuto (e devono) essere luoghi di confronto civile, un intervento o un voto non allineati in CdF, o una richiesta di voto palese, ‘meritavano’ intimidazioni perpetrate apertamente e senza pudore, con un turpiloquio degno di altri protagonisti in altri contesti sociali. Altre volte venivano avviati procedimenti disciplinari inspiegabili, a dir poco (e qualcuno ne porta memoria personale e lucida). Questa era la nostra ‘normalità’.
Quale differenza con la ‘normalità’ – non la ‘normalizzazione’ cui allude con poco controllo dialettico, a mio parere, Caserta che rivestiva sotto l’amministrazione Recca il ruolo di garante d’Ateneo per l’Etica – di questa amministrazione! La normalità di oggi è la normalità di un vissuto civile e democratico, di confronti sereni, di fattiva collaborazione. Ed è l’ossigeno di cui tutti avevamo (e abbiamo) bisogno. E’ una scelta di libertà di pensiero, di civiltà e di dignità professionale e umana.
Tutto il resto è noia -cioè morte morale, culturale e civile- (G. Leopardi: visto che siamo fervidi di citazioni).
E chi non ha perso la memoria sa che, per me, non si tratta di un ‘outing’ dell’ultima ora.
Cordialmente
Teresa Sardella
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Ti ringrazio, cara Teresa, per aver espresso con tanta chiarezza dove sta la differenza.
Che non è politica o programmatica o gestionale ma va alle ragioni fondanti di una comunità in generale e di una comunità scientifica come la nostra in particolare.
Appartengo al tuo stesso Dipartimento -il Disum- e ricordo, ricordo benissimo. Quei tempi sono passati e non torneranno, non devono tornare. I risultati del piccolo ma significativo turno elettorale odierno lo dimostrano, per il Disum e per tutto l’Ateneo.
Io confido che da questa fase tormentata usciremo tutti rafforzati nelle ragioni culturali e relazionali del nostro essere Università. In modo che, come giustamente scrivi, la normalità sia fatta «di un vissuto civile e democratico, di confronti sereni, di fattiva collaborazione».
Anche per questo non bisogna dimenticare, lo dobbiamo a noi stessi, ai nostri studenti, ai cittadini.
E soprattutto non bisogna né rassegnarsi né aver paura. Neppure dei fantasmi, o zombi che dir si voglia.
Un abbraccio,
Alberto
agbiuso
Sulla vicenda si sono espressi oggi tutti i Direttori dei Dipartimenti dell’Università di Catania.
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Cari Colleghi,
Noi sottoscritti direttori di Dipartimento, presidenti della Scuola Facoltà di Medicina e delle Strutture didattiche speciali, dopo avere appreso che l’Avvocatura dello Stato ha proposto reclamo nei confronti dell’ordinanza di reintegrazione del dott. Lucio Maggio nell’incarico di direttore generale, nonché dell’avvenuta reintegrazione dello stesso dott. Maggio, esprimiamo piena condivisione della linea di rigore istituzionale e coerenza con le decisioni già adottate dal Senato Accademico e dal Consiglio di Amministrazione, fin qui seguita dal Rettore.
Auspichiamo comunque che il percorso, già avviato, di razionalizzazione e miglioramento della organizzazione dell’Ateneo, assolutamente necessario per assicurarne l’efficienza, prosegua rapidamente.
Siamo convinti che la serietà, la dedizione all’Istituzione e l’impegno, che hanno sempre contraddistinto i docenti e il personale tecnico amministrativo del nostro Ateneo, possano assicurare la realizzazione del progetto di rinnovamento, largamente condiviso dalla nostra comunità.
Salvatore Cosentino; Giuseppe Sessa; Michela Cavallaro; Valerio Pirronello; Roberto Pennisi; Vincenzo Catania; Francesco Patania; Francesco Purrello; Giuseppe Mulone; Carmelo Monaco; Filippo Drago; Roberto Purrello; Giovanni Puglisi; Santo Di Nuovo; Stefano Puleo; Giuseppe Barone; Giancarlo Magnano San Lio; Francesco Basile; Bruno Messina; Nunzio Zago.
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Cari Colleghi,
nella qualità di direttore del Dipartimento Ingegneria Civile e Architettura, dopo aver appreso della reintegra del direttore generale, sento di esprimere piena condivisione della linea di rigore istituzionale e coerenza con le decisioni già adottate dal Senato Accademico e dal Consiglio di Amministrazione, fin qui seguita dal Rettore, che ha portato, tra l’altro, alla recente modifica dello Statuto di ateneo.
Auspico inoltre che il percorso già avviato di razionalizzazione e miglioramento della organizzazione dell’Ateneo, assolutamente necessario per assicurarne l’efficienza, prosegua rapidamente.
Sono convinto che la serietà, la dedizione all’Istituzione e l’impegno, che hanno sempre contraddistinto i docenti e il personale tecnico amministrativo del nostro Ateneo, possano assicurare la realizzazione del progetto di rinnovamento, largamente condiviso dalla nostra comunità. Tutto cị in un rinnovato rapporto di collaborazione tra organi di indirizzo e organi di gestione e nel rispetto delle relative competenze e funzioni.
Enrico Foti
Biuso
Propongo parte di due interventi che possono aiutare a comprendere che cosa sta accadendo a Unict. Il riferimento è alle elezioni per il rinnovo di alcune cariche, previste per giorno 11 dicembre.
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“Che confusione! E’ solo confusione? Serve a qualcuno! Ma a chi serve?
Quale che sia l’esito di queste elezioni, aldilà dei golpe e golpetti, di cui riparleremo, di questo o quel soggetto (ognuno vive di ciò che merita e sa, qualcuno ha solo questo, pensate che vita squallida), il Rettore non si dimetterà, questo è ovvio, anche se qualcuno lo può desiderare o sognare. E l’Ateneo continuerà – più o meno serenamente, questo lo si vedrà – per la sua strada; una strada che deve essere di trasparenza sempre più forte, di rilancio sempre più netto, di sempre maggiore legalità nell’amministrazione e nella gestione, di miglioramento nelle performance dopo un decennio negativo su troppi fronti (i numeri sono chiarissimi).
Inevitabilmente.
Perché forse quello che molti di questi colleghi non hanno capito è che la stragrande maggioranza dei docenti e delle docenti del nostro ateneo vogliono lavorare in un luogo normale, che non sia arena di patetiche ambizioni politiche e di vendette col proprio passato frustrato.
Un luogo normale, in cui fare didattica e ricerca e contribuire, ognuno per ciò che può, a fare di questo paese, a partire dalla nostra comunità, un luogo un pò più colto, sano, produttivo, giusto”.
Prof. Attilio Scuderi (Critica letteraria e letterature comparate)
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“Care e cari,
Ci stanno provando a sovvertire l’ordine che il nostro Magnifico stava realizzando dopo la dis-amministrazione precedente,
Ci stanno provando a riallestire un centro di potere che gestisca i nostri fondi di ricerca per utilizzarli per altri fini distraendoli alle finalità di ricerca,
Ci stanno provando ad impedire il restaurarsi di un buon dialogo tra docenti e personale tecnico-amministrativo,
Ci stanno provando a disabilitare il processo che disattivava i PAC,
Ci stanno provando anche con metodi subdoli cercando di confondere i colleghi meno attenti,
Ci stanno provando a riequilibrare a loro favore il Senato Accademico ed il CdA,
Ci stanno provando a ritornare al passato….entrando dalla finestra dato che il portone è sbarrato!!!!
Ricordiamoci di votare alle elezioni del prossimo 11 dicembre per Gaetano Lalomia tra gli associati e per Stefano Catalano tra gli ordinari.
Continuiamo a sostenere il percorso intrapreso dal nostro Magnifico Rettore eletto da tutti noi proprio per cambiare direzione, per lasciarci dietro il passato!!!
Prof. Ferdinando Branca (Orticoltura e Floricoltura)
agbiuso
Eh sì, Carlo Emilio Gadda ha proprio ragione: il mondo non è soltanto tragico, è anche grottesco. Il soggetto che come candidato raccolse 108 e 13 voti chiede oggi a colui che ne ottenne 745 e 1225 di «farsi da parte». E lo fa con argomenti da «persona scenica e non persona gnostica ed etica» direbbe sempre l’Ingegnere (Eros e Priapo, Garzanti 2001, p. 145).
Vabbè. Richieste come la summenzionata mi fanno pensare a ciò che di recente ho letto sulla Fenomenologia del golpista, scritto da uno studioso latinoamericano:
« Il golpista ama la paura, gioca sulla paura, cerca la paura, lavora sulla paura, si nutre della paura.
Il golpista è figlio dell’angoscia, sa che tutto si decide in poche ore o pochi giorni, che le coscienze terrorizzate possono spostarsi in un tempo breve e solo in un tempo breve, e che per lui questa è l’unica e sola possibilità di riuscita.
Perché il golpista non ha argomenti e gli argomenti che ha sono solo una parodia del ragionare umano, del discorso civile, della convivenza tra persone libere. Le ragioni superiori che il golpista invoca sono giustificazioni al suo delirio di onnipotenza, al suo rapporto malato col potere, al suo passato di frustrato, alla sua sconfitta umana.
Il golpista è un alchimista: deve convertire la sua impotenza, che lo terrorizza notte e giorno, in un potere cui tutti si inchinano.
Quando il golpista parla della legalità, in realtà parla della sua legalità, del suo bisogno di “colpire uno per educarne cento”, dell’urgenza, una volta e per sempre, di celare le sue piccolezze.
Quando il golpista parla della democrazia e del volere dei molti, in realtà egli pensa al suo bisogno di essere acclamato, di schiacciare gli argomenti degli altri.
Quando il golpista invoca lo scandalo, l’illegalità, la violazione delle leggi (e dunque il suo ruolo di salvatore della patria), sta solo preparando (e annunciando, come fanno i bambini prima di un dispetto) lo scandalo, l’illegalità, la violazione delle leggi che lui sta perpetrando o si prepara a perpetrare.
Ho riflettuto molto, in questi anni, su cosa avremmo potuto fare, tutte le volte che da noi si è verificato, e poi ripresentato, e poi ancora ripetuto, un golpe. Ho riflettuto su cosa bisogna fare, ogni volta che un golpe prova a invertire la volontà, docile e democratica, dei molti.
Per prima cosa non bisogna mostrare paura, per prima cosa non bisogna avere paura. Perché le carte che il golpista agita come le Tavole della Legge sono solo i fogli delle sue patetiche malefatte, e nient’altro. Perché il golpista gioca sempre con due mazzi di carte: quello della legge e quello del crimine; qui sta la sua forza, ma anche la sua tragica debolezza. Dunque bisogna pretendere che il golpista metta in piazza le sue denunce; perché esse sono il diario dei suoi crimini.
Poi non bisogna chiudersi tra le mura di casa e pensare che qualcuno farà passare la tempesta, che quello che succede è così brutto, triste, volgare, violento, che non può essere vero, che se il mondo è questo in cui il golpista agita il suo megafono allora noi vogliamo cambiare città, regione, paese. Ciò che rende vero il golpe e rende reali i fantocci dei golpisti è solo questa fuga dalla realtà. Dunque, non bisogna fuggire dalla realtà.
Poi bisogna presidiare i luoghi della democrazia, tutti i luoghi della democrazia, consigli, assemblee, comitati, e farli diventare luoghi di dibattito, luoghi in cui le carte del golpista vengono messe a nudo, luoghi in cui si faccia l’elenco dei suoi crimini passati, presenti e futuri. Dunque bisogna praticare democrazia, dibattito, critica, conoscenza.
Infine, mentre si fa tutto questo, bisogna ricordare. Bisogna ricordare chi ha generato il golpista, chi lo ha educato, chi lo ha armato, chi lo ha finanziato, chi lo ha vezzeggiato come l’addestratore blandisce il suo cane da combattimento. Perché anch’egli è un golpista e non deve più rientrare nella comunità delle persone normali.
Infine, amici, ricordatevi. Quando il golpista appare tutti dicono che è pazzo, malato, tarato, destinato alla solitudine. Ma il golpista non è solo questo. Il golpista è colui il quale chiede conto al mondo della sua follia e la vuole fare diventare legge. Ci fa pena per questo, e ci fa paura, la paura della malattia.
Ma solo chi affronta con dignità e a testa alta la malattia conserva la sua salute e quella della sua comunità.
Se avessimo fatto questo, con pazienza e coraggio, i golpisti, da noi, non sarebbero passati. Mai».
agbiuso
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di Carmen Valisano, Meridionews, 4.12.12014