Il sale della Terra
di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado
Brasile-Italia-Francia, 2014
Con: Sebastião Salgado, Lélia Wanick Salgado
Trailer del film
Differenze tra i popoli, differenze tra i luoghi, differenze tra i climi. La Terra è il luogo delle differenze, come accade a tutto ciò che esiste nella complessità e non sia ricondotto e ridotto all’unità sempre uguale del conforme, dell’omologato, del «tutti siano uno». Sebastião Salgado ha fotografato questa differenza. E l’ha resa arte e documento. Documento anche della costante tendenza a cancellare la differenza, a uniformare le collettività e gli spazi sotto un dominio unitario. Per decenni Salgado ha visto dunque orrori, genocidi, sterminio, morti. Morti per fame e colera nel Sahel e in Etiopia, morti per machete e carri armati in Rwanda, morti per cecchini e soldati in Jugoslavia. Morti dappertutto, morti a centinaia di migliaia, che lo hanno fatto piangere e lo inducono ad affermare che «quella umana è la specie più feroce, siamo animali terribili, la nostra è una storia di guerre, storia senza fine, una storia folle. Di fronte a tutto questo ho pensato che nessuno è degno di sopravvivere, nessuno».
Ma Salgado ha fotografato anche la differenza nel mondo animale, nei fiumi, negli oceani, nelle piante, nei gruppi umani non raggiunti dall’uniformità del danaro, come in Papuasia e in Amazzonia, con l’etnia Zo’é. È il grande progetto di Genesi e della riforestazione di una vasta tenuta in Brasile. È la differenza della Terra rispetto alla ὕβρις di una delle specie che la abita e che la violenta.
Questo film-documento di una vita sempre in cammino testimonia anche la differenza tra il cinema -immagine in movimento- e la fotografia, scrittura di luce. È nella fotografia che l’istante diventa il già e il non ancora, è nella fotografia che χρόνος si fa καιρός.
1 commento
diego
l’ho visto (ed anche ascoltato, perchè è molto bella anche la musica), doppiato in italiano
magnifico, magnifiche le fotografie, ogni immagine contiene un doppio spessore: lo spessore della mente del fotografo, un uomo di grande intelligenza e cultura (è importante il fatto che abbi anche robusti studi di economia che gli hanno permesso di leggere con maggiore profondità gli eventi), e poi lo spessore delle vicende fotografate, descritte, raccontate con una maestria intrisa d’umanità profonda
su tutto questo un dio (lo definisco così, perdonami Alberto) del cinema, il più grande di tutti per me, un Wenders che riesce a fare cinema purissimo, un distillato del meglio che si puo’ trarre dalla macchina da presa
non un film, ma un’esperienza esistenziale vederlo
sono rimasto davvero colpito da tanta inteligenza e umanità che si fanno arte, ed una vita stessa che è arte, nella fatica di andare, di esserci, perchè un fotografo «deve» esserci, altrimenti non è un fotografo
caro Alberto, un solo fotogramma di questo capolavoro vale tutti i filmetti appena decenti degli ultimi anni