Il presidente del Consiglio italiano -essendo un soggetto assai pericoloso per la pace sociale e per la Repubblica- è diventato inevitabilmente estremista. In realtà lo è sempre stato. Questo è facile da capire.
Meno facile è che chi fu non dico «comunista» ma soltanto «di sinistra» possa ancora sostenerne le posizioni o almeno tollerarle. Ma a spiegarcelo è la storia del Novecento, quella che ha portato al potere -e li ha fatti restare- soggetti come Hitler e Stalin. A spiegarcelo sono Ortega y Gasset, Canetti, Debord. A spiegarcelo sono le loro analisi dei gruppi dirigenti complici dei capi più impresentabili ed estremisti. A spiegarcelo sono le loro analisi delle masse plaudenti e sottomesse. Oggi sono le masse del Partito Democratico.
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Renzi, l’estremista nazionale
di Andrea Fabozzi, il manifesto, 4.11.2014
Tra le immagini che celebrano la missione del presidente del Consiglio a Brescia, ce n’è una in cui Renzi si stringe accanto al presidente della Confindustria bresciana Bonometti, uomo di destra, falco delle relazioni industriali, che un attimo dopo lo scatto dichiarerà: «Il sindacato è un ostacolo sulla strada del rilancio dell’Italia». Sullo slancio, il presidente del Consiglio si rifiuterà di ricevere i rappresentanti Fiom nella fabbrica di Bonometti. Perché tra il segretario Pd e l’imprenditore destrorso l’estremista è il primo.
In un’altra fabbrica lì vicino, dove gli operai sono stati messi in ferie obbligate e sostituiti con piante ornamentali, mentre la polizia bastona lontani contestatori, un Renzi scuro in volto e niente spiritoso mette al corrente la platea di Confindustria e il presidente Squinzi che «c’è un disegno calcolato, studiato e progettato per dividere il mondo del lavoro». Dice qui, in Italia, «in queste settimane». E i padroni battono le mani, con l’aria di chi pratico di complotti ha capito subito che l’oscura trama scoperta dal premier non deve fare paura. Può anzi tornare utile.
Perché se Renzi denuncia che «c’è l’idea di fare del lavoro il luogo dello scontro» non lo fa per scoprire l’acqua calda: dove altro che intorno al lavoro e al non lavoro può esserci la massima tensione al settimo anno di crisi e con i disoccupati che aumentano ancora? Né lo fa per riconoscere di essere stato lui a incendiare l’ultima guerra, decidendo di cancellare le garanzie dell’articolo 18 più di quanto abbiano mai tentato i peggiori governi di destra. Lo fa per ribadire la sua visione della modernità italiana, il suo cambio di verso: scontro è quando qualcuno non è d’accordo con lui.
È qui che si risolve l’apparente contraddizione di un presidente del Consiglio che da un lato si presenta come il fondatore del Partito Nazionale, il volenteroso capo de «l’Italia unica e indivisibile di chi vuol bene ai propri figli», e dall’altro non manca occasione di strappare, attaccare stormi di avversari «gufi», scoprirli intenti in sordidi complotti.
Dal suo lato della strada non si deve vedere il paese che è in fondo a tutti gli indici economici e riesce ancora ad arretrare in quelli di civiltà; dietro di lui si raccontano speranza e fiducia. E poi c’è «qualcuno che vuole lo scontro verbale e non soltanto verbale». Quel qualcuno è nei fatti il suo ministro di polizia, ma non importano più i fatti. Il racconto di un’Italia che sta tutta da una parte sola, la sua, si regge in piedi con il racconto dei nemici. Da circondare.
Avevamo già avuto un narratore della pace sociale al cloroformio, del partito degli operai ma anche dei padroni. Oggi la versione di Renzi è assai più aggressiva di quella di Veltroni, più cattiva e più chiusa a sinistra. Risponde alle critiche con la brutalità della menzogna: ieri ai confindustriali in estasi il premier ha raccontato di una legge elettorale «pronta a essere votata» e di riforme costituzionali praticamente già fatte. Un castello, un fortino di carte che prima o poi crollerà. Meglio spingere perché crolli dal suo lato.
12 commenti
agbiuso
Televideo
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Grecia: Pil in salita se esce dall’euro
14/01/2015 21:47
E’ improbabile che la Grecia esca dall’euro, ma se ciò accadesse potrebbe portare nel lungo termine a tassi di crescita superiori rispetto ai Paesi della moneta unica.
Un rapporto dell’Agenzia di rating Moody’s rompe il tabù più temuto dai leader dell’eurozona e dalla troika Ue-Bce-Fmi.
Per contro -si legge- nel caso di uscita dall’euro, l’economia ellenica forse accuserebbe gravi danni economici nel breve termine” ma nel lungo periodo “la crescita potrebbe superare quella di Paesi rimasti nella moneta unica”.
agbiuso
“I patti con gli italiani del Cav e i cronoprogrammi made in Rignano sono derivati tossici, legalizzati con il voto parlamentare di fiducia e destinati a restare in buona parte inoperosi”, così Augusto Illuminati, in un articolo dal titolo L’anno della fuffa – ovvero come iniziò il futuro.
agbiuso
Il RE(nzi) scappa dalla porta di servizio
di Vincenzo Barbagallo, L’Urlo on 29.11. 2014
Via dall’uscita secondaria del Palazzo di Città di Catania. Quella Catania che sulla carta ha un sindaco del Partito Democratico, eletto però con i voti di molti “voltagabbana“. Renzi scappa via per non farsi contestare da meno di un centinaio di persone. Renzi che arriva in Sicilia con una visita a “sorpresa” dopo non aver mantenuto la promessa sui fondi alla Nazario Sauro, scappa via. Ma prima passerella alla 3Sun e alla Condorelli. Torroncini fotovoltaci, questa sarà l’innovazione promessa a Bianco probabilmente.
Studenti che hanno contestato la visita e la politica di Renzi. A Catania per dirla tutta quasi nessuno era “renziano” fino all’anno scorso. Poi la conversione di tutti i big, di tutti i riciclati e di gente che vive di politica da decenni. Quelli da rottamare insomma, per dirla alla Renzi. Quelli da rottamare invece lo hanno accompagnato in questo mini tour catanese che non ha visto più la solita passerella nelle scuole con bambini ammaestrati a cantare canzoncine coniate apposta per il leader.
Il RE(nzi) scappa via dall’uscita di servizio. E’ questa l’ultima immagine che però fotografa il livello di popolarità e la propulsione mediatica di chi ha scalato il suo partito dicendo di cambiare e non cambiando nulla, di chi doveva essere l’alternativa e oggi governa con chi ha governato per decenni.
agbiuso
Le “magnifiche sorti e progressive” di Renzi si infrangono sul muro dell’astensionismo.
Ma costui -e i suoi servi nel Partito Democratico- sono incapaci di comprenderlo.
agbiuso
Bugiardo Bugiardo Bugiardo
Servi Servi Servi
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Tutte le manovre di Renzi
“Grillo, maggio 2014: “la luna di miele con Renzi finirà in autunno quando farà una manovra da 40 miliardi.”
Renzi, luglio 2014: “in autunno non faremo nessuna manovra, non ce ne sarà bisogno. Non date ascolto ai gufi.”
Renzi, fine agosto 2014: “Nella legge di stabilità faremo una manovra da 20 miliardi.”
Renzi, fine settembre 2014: “La manovra sarà di 30 miliardi”
Renzi, oggi: “in totale ci servono 36 miliardi.”
Max Bugani
agbiuso
L’Euro su televideo
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Ultim’ora
08/11/2014 17:35
17.35 Italia, cambio euro-lira costato 300mld
L’effetto trascinamento del cambio lira-euro ha svuotato le tasche delle famiglie italiane al ritmo di 1.137 euro all’anno,attraverso “rincari speculativi” che sono arrivati, in 11 anni, a un conto complessivo di 300 miliardi.
Lo dicono Adusbef e Federconsumatori considerando gli anni 2002-2013. Su 5 nazioni europee, l’Italia è quella che ha visto scendere di più il potere d’acquisto delle famiglie (-13,3%), seguita da Gran Bretagna (-13,1%),Francia (-6,9%) e Spagna (-5,9%).In controtendenza la Germania con un +7,8%.
agbiuso
Eh sì, adesso si comincia a capire che cosa sia davvero l’euro: una moneta che strangola.
Un testo apparso su Micromega, dal titolo Oltre l’euro, dentro l’euro: una nuova moneta fiscale per vincere la crisi, comincia così:
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“Per uscire dalla crisi lo stato italiano dovrebbe recuperare almeno parzialmente la sua sovranità monetaria. Gli italiani stanno scoprendo sulla loro pelle che lo stato non può fare nulla per uscire dalla crisi se non ha una sua moneta: l’euro è infatti una moneta straniera concepita e creata a somiglianza del marco tedesco, e quindi intrinsecamente deflazionistica.
Senza moneta nazionale, siamo ingabbiati in una doppia trappola, quella della liquidità e quella del debito. Siamo dipendenti dall’euro, dalle decisioni della Germania, il principale azionista dell’Unione Europea e della Banca Centrale Europea: ma né la UE né la BCE ci tireranno fuori dalla crisi, anzi!”
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Sono esattamente alcune delle tesi che il Movimento 5 Stelle sostiene da anni.
Adriana Bolfo
Gentile Biuso, grazie per l’attenzione e per la sensibilità con la quale ha colta “l’ira” di cui nemmeno mi ero resa conto, tanto sono abituata, purtroppo, ad avere prove e prove e ancora prove dell’andazzo descritto, che mi sembra, ogni volta che ne parlo, di dare una descrizione pacata o addirittura recitare una giaculatoria, o forse una preghiera per un defunto, visto che siamo nei giorni a ciò deputati.
Non mi ero resa conto, scrivendo tutto di fila, del tono vibrante che solo alla rilettura riconosco, come ormai si trattasse, per me, di un normale tono e ritmo del mio sistema psiconervoso o del corpomente – se capisco almeno in maniera approssimata tale espressione quando lei la impiega.
Leggerò con attenzione – non ora, che sono in un Internet point – quanto lei riporta circa il debito pubblico, ma, sia pure di corsa ci tengo a portare alla sua attenzione e dei lettori il dato – comprovabile, dunque – che per tutti i Paesi PIIGS il problema al momento dello scoppio della crisi era il debito privato estero di famiglie e imprese, l’esposizione, verso banche per lo più tedesche (sorpresa? ma no), di PRIVATI
e non degli Stati.
Certo che se uno Stato procede al salvatagggio di una banca, il debito privato di questa diventa debito pubblico, va da sé, la cui origine comunque rimane altrove.
Ci sono dati macroeconomici che dimostrano quanto sopra, cioè che i debiti pubblici dei PIIGS erano addirittura in diminuzione, allo scoppio della crisi, tranne quello della GRECIA comunque modesto. (Da quanto la GRECIA sembra la sentina di tutte le nefandezze economico-morali, da quando è stata screditata internazionalmente soprattutto dalla Germania, scrivo a tutto maiuscolo tale nome, sì per pura e scelta ideologica….
Naturalmente i nostrani liberisti di tutti i colori e di tutti gli odori col preziosisssimo aiuto dei media propalano la storiella del debito pubblico come causa della crisi – nonché la corruzine dell’apparato statale e via dicendo. Anche ammesso che qualche conto bisognerebbe rivederlo, prima pubblicando criteri e finalità, faccio notare che l’insistenza sul debito pubblico come causa risponde perfattamente al “frame” ordoliberista statoladrocastacriccacorruzione cioè Stato brutto – privato bello, dal quale frame anche dipendente pubblico improduttivo e fannullone and so on.
Certo gli interessi pesano, ma mai si chiarisce che tutto ciò è iniziato nel 1981, con la separazione della Banca d’Italia dal Ministero del Tesoro voluta da Andreatta e introdotta senza neppure una votazione parlamentare: l’indipendenza della Banca d’italia dal Tesoro, cioè dagli elettori – in ultima analisi – è diventata ips facto quel che si voleva diventasse, cioè la dipendenza delle finanze pubbliche dai mercati che ovviamente fanno il prezzo che vogliono ANCHE per i titoli di Stato e conseguenti interessi. La tanto conclamata indipendenza, parola presentata come miracolosa e univoca, sulla scia delle politiche di Regan e della Thatcher, per intenderci.
Tornando all’argomento debito privato, quello accuratamente nascosto e fuori dal frame di cui sopra, segnalo che notizie, grafici, rapporto debito (pubblico) PIL, situazione dei conti esteri PRIVATI dei PIIGS e relativa indicazione delle conseguenze rovinose tuttora in atto, le si trova in Alberto Bagnai, “Il tramonto dell’euro”, Imprimatur editore, 2012, con chiara indicazione delle fonti dei dati riportati.
E, sorpresa ma non troppo: per i germanofili per cui “Germania è bello” – la cultura sì, il resto un poco meno, direi -: la Germania aveva e ha un debito pubblico alto, che in parte nasconde con artifici legislativo-amministrativi, non conteggiando nel debito pubblico il bilancio dei Laender per dire…
Altro tormentone, la corruzione: ma lo si sa in giro che la Siemens diede mazzettone a politici GRECI per vendere alla GRECIA dei sottomarini prodotti…dalla Siemens? Be’, non sarà che se ci sono i corrotti – non stinchi di santo, senza dubbio – ci sono, in primis i corruttori? Ma no…
E ricordiamo quando cadde il governo GRECO precedente? Quando Papadopoulos avanzò l’idea di un referendum sulla permanenza nell’eurozona (ma no…).
Ai neoarrabbiati e a qualcuno che comincia a svegliari ora al grido di “Germania cattiva”, ricordo che l’adesione pronta ed entusiasta all’eurozona è stata libera, nei vari Paesi, decisa dalle loro élites che nessun politico tedesco ha obbligate – e che uno dei padri della bella invenzione è l’italico Romano Prodi. Per dire, non trasformino il tutto in una comoda e cieca crociata antitedesca, anche se si sa bene che quanto proviene nominalmente da Bruxelles e da Strasburgo nasce a Francoforte sede della Bundesbank, che trovasi in corrispondenza di amorosi sensi con Donna Anghèla.
E tranquilli: se mai si riconquistassero le valute nazionali, i debiti nostri sarebbero in valuta nazionale in virtù della Lex Monetae del nostro Stato (anche per questo, v. il citato saggio di Bagnai che per la parte giuridica ha avuta la consulenza di Luciano Barra Caracciolo, presidente di sezione del Consiglio di Stato
e a sua volta autore di un saggio sulle norme dei Trattati europei in palese negazione della nostra Costituzione, quella che a parole piace tanto a sinistra, Benigni compreso, cioè alla parte che postula la necessità del superamento degli Stati nazionali e dunque delle loro Costituzioni…ah ah).
Fonti di quanto ho esposto non sempre ordinatamente e certo lacunosamente, a loro volta con chiari rimandi alle fonti dei dati e alla letteratura internazionale specialistica, economia e giuridica:
Alberto Bagnai, Il tramonto dell’euro, Imprimatur editore, Roma 2O11;
il blog dello stesso, http://www.goofynomics.com
Luciano Barra Caracciolo, col blog http://www.orizzonte48.com
– per gli estremi del saggio a cui ho accennato sopra, la memoria mi tradisce e devo controllare, ricordando solo la casa editrice Dike
Inoltre, sulla riunificazione della Germania,
Vladimiro Giacché, Anschluss, 2013 – devo ricontrollare l’editore che mi sembra Imprimatur.
se qualcuno si stupisce di fronte al titolo, che significa “annessione” e intenzionalmente è stato scelto, ancor più si stupirà al resoconto delle buone maniere giuridico-economico-propagandistiche con le quali tale procedimento è avvenuto – il tutto documentato, anche qui, da copiose fonti indicate e tradotte dall’autore.
Dopo tale lettura, suggerirei, per certa affinità di procedimenti giuridico-economici, Capecelatro-Carlo, Contro la “questione meridionale”, Savelli, 1975 (?).
che non potrà turbare più di tanto quanti usciranno già debitamente turbati dallo studio di Giacché.
Sulla nostrana questione-non questione, dati storico-economico-giuridici e relativo “frame” giustificazionista non so indicare studi più recenti, dei quali peraltro conosco l’esistenza.
Solo per questioni di tempo non rileggo e pertanto mi scuso di eventuali errori.
Grazie della pazienza, in primis al professore e poi ai lettori 🙂
agbiuso
Matteo Renzi è ormai diventato un banale complottista che vede e inventa nemici dappertutto (come faceva il suo Maestro Berlusconi).
Psicopatologia del potere.
agbiuso
Una spiegazione accessibile a coloro i quali -come me- economisti non sono.
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Come cambia il debito pubblico #fuoridalleuro
“Il debito pubblico è una sorta di mito, su di esso girano voci, falsità, mezze verità. Questa percezione sfumata, inafferrabile, fa del debito pubblico uno strumento molto utile nelle mani di chi governa. Non appena un’opposizione in parlamento o nella società alza la testa contro la deriva neoliberista dell’Europa e dell’Italia viene sventolato ad arte il ricatto del debito pubblico. Si invoca una situazione di emergenza, lo spread che potrebbe tornare ad alzarsi, la mancanza di soldi, la sfiducia del Dio Mercato sui titoli di Stato…
Sul debito pubblico, quindi, va fatta chiarezza. Prima di poter deliberare bisogna conoscere, e l’obiettivo del M5S è che non vi siano più miti e superstizioni di fronte alle quali il cittadino si sente troppo debole per poter decidere.
A chi e a cosa serve il debito pubblico?
Allo Stato per finanziare la spesa pubblica non coperta dalle tasse dei suoi cittadini. In altre parole, quando lo Stato spende a deficit (spesa > tasse) chiede in prestito i soldi che le tasse non forniscono.
Cos’è e come funziona il debito pubblico?
Lo Stato si finanzia emettendo dei titoli di debito a diversa scadenza (Bot, Cct, Btp nel caso italiano). I risparmiatori che vogliano farlo, siano essi nazionali o esteri, comprano questi titoli di debito, finanziando lo Stato che li ha emessi. Alla scadenza dei titoli, lo Stato ha l’obbligo di restituire al creditore la somma presa in prestito, mentre durante il periodo di prestito lo Stato eroga al creditore gli interessi. Alla fine dei giochi il creditore che ha prestato 100 si vedrà restituito 100 più il tasso di interesse del titolo di debito che ha acquistato.
Il vero problema, quindi, sono gli interessi. Se questi aumentano troppo, una quota sempre maggiore di spesa pubblica dovrà essere dedicata ogni anno al loro pagamento.
I tassi di interesse aumentano quando lo Stato non riesce a vendere tutti i titoli che mette all’asta e quindi deve aumentare il loro rendimento per attrarre investitori, oppure quando i titoli di Stato vengono venduti in massa da chi li ha comprati, di solito per mancanza di fiducia circa la loro restituzione. Il costo del debito dipende quindi dalla fiducia che hanno i risparmiatori nei confronti dello Stato debitore.
Sarà ovvio, a questo punto, che possedere o meno la propria moneta fa per lo Stato, e per i suoi cittadini, tutta la differenza del mondo. L’Italia non può creare l’euro, ma poteva creare la lira.
Se lo Stato può creare la moneta con la quale deve ripagare il suo debito, può SEMPRE garantire il pagamento dei titoli di Stato che ha venduto. Se invece non può emettere la moneta deve procurarsela centesimo per centesimo per ripagare i titoli e gli interessi. Per farlo dovrà tassare ancor più i cittadini, tagliare la spesa produttiva e indebitarsi ancora. È il paradosso del debito che ripaga altro debito e si moltiplica su se stesso. Un circolo vizioso che parte dalla mancata sovranità monetaria.
I creditori avranno più fiducia in uno Stato sovrano della sua moneta, o in uno Stato che deve procurarsela tartassando i suoi cittadini? Per rispondere, basta vedere la dinamica del rapporto debito/Pil dal 1981, quando alla nostra Banca d’Italia è stato impedito di creare la lira per comprare i titoli di Stato invenduti sul mercato. Da quel momento i tassi di interesse sono esplosi e il debito è raddoppiato nel giro di 10 anni. L’euro è solo l’ultimo atto della spoliazione di sovranità monetaria dell’Italia iniziata con il “divorzio” tra Tesoro e Banca d’Italia del 1981.
Dobbiamo uscire da questa gabbia al più presto, riprenderci il controllo della nostra Banca d’Italia, permettendo ad essa se necessario di emettere moneta, abbattere gli interessi e aumentare la liquidità nell’economia reale. Liberarsi dal ricatto dei mercati è più semplice di quello che sembra.
Il debito pubblico denominato nella moneta di Stato può essere gestito virtuosamente e diventare la ricchezza dei cittadini, finanziando opere strategiche, settori ad alta occupazione, Stato sociale, istruzione, ricerca e scuola. È un debito che si ripaga da sé con la crescita del Pil, dell’occupazione e del gettito fiscale.
Se l’Italia uscisse dall’euro, moneta di fatto straniera, circa il 94% del suo debito pubblico sarebbe ridenominato in lire e lo spread tornerebbe nel dimenticatoio.
Fuori dall’euro per realizzare insieme l’Italia a 5 stelle!”
M5S Senato
agbiuso
Condivido, cara Adriana, le sue riflessioni e la sua ira.
Venti anni e oltre di Destra televisiva hanno definitivamente cancellato la capacità di discernimento di milioni di persone. Anche quando il personaggio nel quale la società dello spettacolo si è perfettamente incarnata sarà polvere nella polvere, i danni del potere che ha gestito e che ha distribuito continueranno ancora a lungo.
Certo, ha anche un suo truce fascino lo spettacolo di un partito distrutto dall’interno, come il punteruolo rosso fa con la palma. Fuori la pianta sembra ancora viva ma l’insetto ha succhiato tutta la sua linfa. Basta poco e crolla. Per evitare che l’albero caschi su qualcuno e che l’insetto si diffonda ulteriormente, la palma va tagliata.
Adriana Bolfo
Inutile che stiamo tanto a girarci intorno: molti pensano che l’attuale Pd sia la naturale continuazione del Pci, inteso come Partito comunista italiano che i loro padri e nonni votavano e che anche loro sono riusciti a votare; molti sono convertiti alla religione del “nuovo” e pertanto si gloriano di votare il Pd proprio perché nulla ha a che fare col fu Pci.
Tutti costoro seguono acriticamente il segretario, stile partiti di massa del Novecento, che tanto criticano o fanno finta di criticare, e comunque per loro il partito, qualunque cosa faccia, è una religione. E allora non c’è santo o non c’è scampo.
Gli intelligenti (sic) ragionano (sic) in termini di meno peggio.
Tutti i primi più tutti i secondi più eventuali terzi ecc pensano che quella cosa lì sia una cosa di sinistra e che quindi vada bene “a prescindere”, compresi patti segreti – che fatti da altri in altri momenti avrebbero suscitato scandalo – , nonché colpi di mano nella destituzione del nemico-ma-mica-tanto, comunque reprobo, secondo loro, per gli scandali donneschi.
E vuoi vedere che la Bce, cioè Bruxelles, cioè Francoforte, si è mossa per qualche mutanda.
Quelli di cui mio padre avrebbe detto “Credono che il Signore sia morto dal freddo”.
E naturalmente,secondo costoro, vada pure affossata tutta l’Italia, come sta accadendo, perché: 1) parlare dell’Italia è essere nazionalisti-brutti-cattivi, posizione condivisa coi compagni-rossi-duri-e-puri, quegli estremisti che peraltro nemmeno considerano perché sono attardati, retrogradi e parlano (ancora!!!) di lotta di classe;
2) guai a imputare all’€ tutte le colpe, o gran parte, o anche solo qualcuna, dato che esso è buono e giusto per definizione, in quanto voluto da sinistri (aggettivi in qualunque modo intendibile) o da quelli di cui i sinistri (aggettivo come sopra) a suo tempo si innamorarono pur avendoli ferocemente criticati fino a poco prima.
I poveretti, e molti altri a sinistra non solo rosa, sono stati superati a sinistra (sic), negli anni, dall’economista capo del Fmi, Olivier Blanchard, da qualcuno dei bocconians e perfino, talvolta, da qualche (raro) articolo del giornale della Confindustria, a ben cercare: qualche imputabilità – sempre per essere eufemistici – all’amato € la riconoscono persino loro.
Ma i nostri (???)no.
Insomma, roba da vergognarsi e farsi qualche domanda: ma bisognerebbe essere un poco svegli o almeno dormir con un occhio solo, senza contare la loro scarsa sensibilità – garbato eufemismo – di fronte ai disastri umani di ogni giorno.
Ma già, bisognava “entrare in Europa”, come se non ci fossimo almeno dal 1957 – trattato di Roma – e forse da qualche milioncino di anni prima. Sarà, ma tutte le volte che l’Italia tenta di entrare (ancor più) in Europa, la cosa dà origine a un terremoto…:-)