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Agira

Agira. Lago PozzilloSta su un ampio sperone nel cuore dell’Isola. Sullo sfondo l’Etna, che splende nel suo nero e azzurro scintillante al sole, tanto diverso rispetto al giallo a perdita d’occhio, sconfinato, implacabile, del latifondo che circonda da ogni parte Agira e che si perde lontano lontano tra la cuspide di Enna, le colline verso Gela, la lontananza alta delle Madonie. In una giornata con un sole giaguaro ma temperata dalla tramontana, il cielo è turchese e permette dunque di osservare da ogni lato l’incanto senza tempo della Sicilia. Osservarlo da qui, da un paese ricco di belle chiese d’argilla e disseminato di palazzi che appartennero a padroni il cui occhio avido e senza pietà guardava le terre dure che il sudore trasformava in grano. E quindi in denaro. Ma ora quei palazzi sono in gran parte abbandonati, rosicati da topi e da piccioni installati come principi nelle loro stanze. Con le scuderie trasformate in autorimesse o in orribili negozi colorati. L’antica casba di Agira è oggi un reticolo di assoluto disordine architettonico, dove torri non finite di mattoni sono costellate di porte e finestre in alluminio anodizzato. Ognuno ha costruito come gli è stato più gradito. Tutti hanno edificato senza altro stile che non sia quello dei piani sommati ai piani, a formare stanze dove la vista scorre ancora sullo sterminato latifondo ora in mano alla ferocia di pastori arrostiti da un sole senza requie e confusi da un vento che mai si ferma nelle piane. Il lago di Pozzillo è una goccia che riluce tra gli incavi delle terre.
Un più giusto equilibrio tra i redditi degli antichi proprietari e la miseria dei loro contadini è stato pagato con la bruttura urbanistica dalla quale emerge -di tanto in tanto- uno spazio in armonia. Quando tutto negli evi sarà rudere, il vento continuerà a soffiare qui tra le stradine e le scale, dentro le finestre di legno o di alluminio. E il vulcano farà ancora da sfondo, come un dio.

4 commenti

  • agbiuso

    Settembre 27, 2014

    Sì, Antonella, sembriamo uno spreco. Spreco dell’infinita bellezza dell’Isola, spreco delle innumerevoli e profonde intelligenze che la abitano. Siamo saggi, siamo disincantati, siamo pagani. Ma subiamo anche l’arrogante nostro individualismo che al di là di sé vede soltanto il vuoto della morte e del nemico. Aggrappati alla vita che sappiamo effimera, alla vita ora adesso subito, abbandoniamo la memoria delle pietre e della storia. Non visitiamo i nostri teatri, i templi, i musei -bellissimo, sì, quello di Gela- e ci facciamo irretire dai conquistatori che conquistiamo.
    Siamo così, noi siciliani, solitari e irredimibili.

  • Antonella

    Settembre 27, 2014

    In questi ultimi anni ho percorso in lungo e largo la Sicilia, per rendermi conto che quanto tu dici corrisponda al vero in merito al non rispetto della memoria più preziosa dell’opera umana del passato. E di quanto siano deserti musei e opere di Sicilia non narro o tanto per citare il bellissimo museo di Gela che dovrebbe essere pieno di siciliani anche solo per godere della bella vista che si ammira dalle sue finestre ed invece è miseramente deserto. E’ questa la Sicilia vera? Sono stata anche ad Agira nei miei giri siciliani e non posso che essere d’accordo con te…ed ogni volta accanto all’esaltazione per la tanta bellezza che vedo intorno, sempre mi piange il cuore.

  • agbiuso

    Settembre 23, 2014

    Sì, sarà bellissimo. Come è sempre stato. Questo dio che ci ha nutrito con il suo calore, abbeverato con le sue nevi, rapito con la sua verticalità. La nostra “muntagna”. Der Zauberberg.

  • Pasquale D'Ascola

    Settembre 23, 2014

    Eh caro amico, a Pozzillo ci andetti, secoli fa, si beveva anche l’acqua Pozzillo. Terra e sassi cementati dal mito. E quando l’alluminio sarà ri-anodizzato dal tempo, il vulcano sarà ancora più alto, magari con il ghiaccio ‘n coppa o avrà spaccato in due una parte di isola; bon, in ogni modo starà lì a fare il dio, e sarà bellissimo. P.

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