Sì, sarebbe meglio uscire da un Parlamento di corrotti, di mafiosi, di servi e di fascisti come questo.
Il Parlamento di Napolitano e delle due Destre rappresentate da Forza Italia e dal Partito Democratico, tra di loro perfettamente concordi.
=========
Il tempo è (quasi) scaduto. Abbiamo utilizzato tutti gli strumenti della democrazia. Abbiamo pensato di migliorare il Paese attraverso le leggi popolari di Parlamento Pulito, prima vera riforma della legge elettorale, era il 2007 (leggi mai discusse in due legislature nonostante 350.0000 firme raccolte), con referendum sulla libera informazione, era il 2008 (referendum mai presi in considerazione dalle altre forze politiche e le cui firme furono cassate da Carnevale il giudice ammazza-sentenze).
Ci siamo organizzati quindi in gruppo politico, il M5S, e siamo riusciti senza finanziamenti pubblici, con tutti i media contro, a diventare il primo soggetto politico nel febbraio del 2013.
Da allora nei confronti del M5S c’è stata una guerra senza quartiere mai vista prima in Italia per delegittimarlo, spaccarlo, da parte del Sistema. Pd e Pdl, Napolitano regista, si sono inventati le larghe intese per tagliarci fuori, come due gangster che si spartiscono il territorio pur di non mollare nulla.
Più di 160 cittadini incensurati sono entrati in Parlamento. Proposti dal basso da altri cittadini. Hanno lavorato duro per un anno e mezzo, fatto proposte di legge, emendamenti, interpellanze. Sono stati completamente ignorati, come se non ci fossero. Come se non rappresentassero milioni di elettori. Considerati come cani in chiesa. Ed ora assistiamo impotenti, grazie a partiti corrotti e complici, a un Presidente della Repubblica impresentabile e a un condannato in via definitiva, il cui partito è stato fondato con il concorso della mafia, allo scempio della democrazia.
Nessuna delle nostre istanze è presa in considerazione. Ci guardano con il sorriso sarcastico di chi ha il potere per diritto divino, di: “Io sono io e tu non sei un cazzo” e ci ignorano. Allora, che ci rimaniamo a fare in Parlamento? A farci prendere per il culo, a sostenere un simulacro di democrazia mentre questi fanno un colpo di Stato? Rimarremo ancora fino a quando sarà possibile cercare di impedire il colpo di Stato con l’eliminazione del Senato elettivo. Dopo, se questi rottamatori della Costituzione non ci lasceranno scelta, ce ne andremo. Meglio uscire e parlare con i cittadini nelle piazze di Roma e d’Italia, meglio fare agorà tutti i giorni tra la gente che reggere il moccolo ai traditori della democrazia e della Patria. Li lasceremo soli a rimestare le loro leggi e usciremo tra i cittadini. Aria fresca.
Beppe Grillo
La votazione per il Parlamento in piazza ha visto prevalere a larghissima maggioranza i sì. Leggendo i commenti di ieri va fatta però qualche precisazione. I parlamentari non si dimetteranno, ma, anzi, quando riterranno necessaria la loro presenza entreranno in aula per votare e per difendere le istituzioni. Contemporaneamente, ogni volta che sarà possibile incontreranno i cittadini in piazza, in molte piazze d’Italia, per spiegare cosa succede nel Palazzo e confrontarsi con loro. Qualcuno ha usato la parola “Aventino“, ma l’Aventino del M5S sono i cittadini, non l’isolamento su un colle. L’Aventino lo hanno già fatto i partiti che con i cittadini non hanno più nulla a che fare. Arrivederci in piazza!
9 commenti
Il nemico della Costituzione - agb
[…] Il Parlamento di Napolitano e delle due Destre (31.7.2014) […]
agbiuso
Caro Dario, ciò che pensi degli elettori e dei militanti del Partito Democratico -del tutto equiparabili ai berlusconiani- è esattamente ciò che penso anch’io.
Ed evidentemente è quanto pensa anche il loro segretario:
Televideo
02/08/2014 17:35
Renzi: importante Berlusconi per riforme
“E’ importante che Berlusconi stia al tavolo della riforma elettorale così come è stato a quello per la riforma costituzionale: un segnale importante, di serietà del sistema”.
Un soggetto, Renzi, di cui fidarsi.
Dario Generali
Caro Alberto,
articoli largamente condivisibili.
Il resoconto di Gianuli dà perfettamente l’idea dello sprezzo che il PD ha verso qualsiasi opposizione, ma anche verso ogni richiesta di tutela delle norme e delle forme della democrazia.
Non che abbia mai avuto stima per il PCI, il PDS, i DS e ora il PD, che non ho mai votato in vita mia, ma ora sto detestando questo partito come detestavo e detesto i berlusconiani.
Del PCI non sopportavo l’arroganza, le gerarchie e le nomenclature, del PD detesto la corruzione e il clientelarismo democristiani, resi ancora peggiori dalla berlusconizzazione dei modi di agire, fare politica e comunicare. Questo è il nostro paese e l’arroganza irresponsabile di chi posteggia sulla battigia appare perfettamente in sintonia con i modelli trasmessi alla società dalla nostra classe dirigente di ogni genere e non solo politica.
Un caro saluto.
Dario
Biuso
Il Partito Democratico come Maria Antonietta, regina di Francia: Non hanno pane? Dategli il Senato!
“Presidente io le sto dicendo qual è la realtà di un paese. E se la realtà di un paese è lo specchio di quella che è stata la gestione di una classe dirigente, allora o vi riconoscete come classe dirigente oppure mi dovete spiegare cosa avete fatto qua dentro per trent’anni. E dopo trent’anni questo paese è in rovina. Ve ne rendete conto? Qua fuori la gente ci dice che non ha pane e noi stiamo facendo “le riforme costituzionali”! Per fare cosa? Per fare eleggere Presidenti di Regione condannati da nord a sud!!!”
Paola Taverna, M5S Senato
================
Fonte: La gente non ha pane, altro che riforme del Senato
agbiuso
Non è brevissimo ma merita di essere letto per comprendere davvero che cosa stia accadendo in Senato, al di là delle Pravde che manipolano i cervelli italici.
=============
Grasso e le avventure della legalità repubblicana
di Aldo Giannuli
“Grasso è un “fascista” come afferma un senatore della Lega?
No, più semplicemente è un grigio funzionario governativo incaricato di fare del regolamento stracci per la polvere. Un qualsiasi Oblomov (il personaggio di Gončaròv) dimessosi dal suo posto di funzionario per timore del rimprovero del suo capoufficio a causa di un piccolo errore commesso. Però molto più disinvolto del suo omologo letterario, grigio sino ad un certo punto, perché più lesto nel servire il suo zar per fas et nefas. Il regolamento del Senato non è un prodigio di chiarezza, ma su alcuni punti è inequivocabile, ad esempio, quando parla di voto segreto (art 113 comma 4) dice, senza possibilità di errore che, quando ne facciano richiesta venti senatori, “sono effettuate a scrutinio segreto le deliberazioni relative alle norme sulle minoranze linguistiche di cui all’articolo 6 della Costituzione” oltre che quelle “che attengono ai rapporti civili ed etico-sociali di cui agli articoli 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 24, 25, 26, 27, 29, 30, 31 e 32” della Costituzione.
La senatrice De Petris (Sel) aveva presentato un emendamento per il quale le Camere (si badi, non solo il Senato, ma entrambi i rami del Parlamento) sono elettivi “garantendo la rappresentanza delle minoranze linguistiche”, dunque, non c’era possibilità di dubbio sul fatto che occorresse votare a scrutinio segreto. Ma era chiaro che, in questo caso, l’emendamento sarebbe passato e la riforma di Renzi sarebbe andata a farsi “catafottere”, come dice Camilleri. Allora cosa si inventa il Pd? Votiamo l’emendamento per parti separate, così la prima parte (“le Camere sono elettive”), che è quella pericolosa e dove non si parla di minoranze linguistiche, la votiamo a scrutinio palese e l’altra la votiamo a scrutinio segreto, tanto non vale niente. Solo che, in materia di votazioni separate (art 102 comma 5) il regolamento del Senato stabilisce che “Quando il testo da mettere ai voti contenga più disposizioni o si riferisca a più soggetti od oggetti o sia comunque suscettibile di essere distinto in più parti aventi ciascuna un proprio significato logico ed un valore normativo, è ammessa la votazione per parti separate.” E , se la prima parte dell’emendamento era logicamente compiuta in sé, la seconda non lo era affatto, perché non c’è nemmeno il soggetto: “garantendo la rappresentanza delle minoranze linguistiche” cha cavolo significa? Chi deve garantire questa rappresentanza? In che ambito, nei tornei di scopone? Tipico esempio di gerundio pendens che è uno dei segni inconfondibili dell’alfabetizzato recente. A questo punto il prode Presidente si inventa che, nel caso fosse passata la seconda parte dell’emendamento senza la prima, poi avrebbe provveduto lui ad aggiustare la cosa in sede di coordinamento finale, ma, appunto, il regolamento del Senato attribuisce al Presidente solo poteri di intervento formale (ad esempio un cattivo coordinamento della consecutio temporum per l’approvazione di diversi emendamenti), non poteri di intervento sostanziale, come inventarsi a cosa appiccicare quell’incomprensibile “garantendo”, per il quale occorrerebbe trovare un soggetto ed un cointesto logico che mancano del tutto.
Ma il Presidente non è uomo da scoraggiarsi per così poco e mette in votazione (ovviamente pubblica) lo “spacchettamento” dell’emendamento. A quel punto, la senatrice De Petris, prima riformula il suo emendamento per legare ancora più strettamente il carattere elettivo del Senato alla garanzia per le minoranze linguistiche, poi, visto che la solfa non cambia e prevedendo le mosse successive, ritira il suo emendamento per trasformarlo in ordine del giorno. Perché? Semplice: perché l’emendamento sarebbe stato bocciato, dopo di che, “qualcuno” avrebbe fatto il passo successivo, quello del “canguro”, per il quale, una volta bocciato un emendamento, si accorpano tutti quelli simili o anche solo analoghi e si fanno decadere. Invece, questo non accade se viene respinto un ordine del giorno. E che l’intento sia esattamente quello di “tagliare corto” lo dimostra il fatto che un senatore del Pd fa suo l’emendamento per metterlo in votazione, cosa di dubbia correttezza, visto che si immagina che il proponente voti a favore dell’ emendamento che presenta, mentre era evidente che lo stesso proponente avrebbe votato contro. E così si arriva a votare. Solo che, nella fretta di arraffare il risultato, il Presidente non chiarisce neppure se si stia votando sulla prima o seconda stesura dell’emendamento, che comunque viene respinto. Una tecnica di direzione del dibattito che potremmo definire “a mucchio, e che forse è in vigore nelle bande di sequestratori barbaricini. Ed il passo successivo arriva puntuale: il salto del canguro, per il quale decadono di colpo 1400 emendamenti. Ma, come, il “canguro” non per una legge ordinaria ma per una riforma costituzionale? Ma quanto siete pedanti! Leggi ordinarie, costituzionali, ordinanze comunali, regolamenti di condominio, che differenza c’è? Tutto uguale e tutto fa brodo!
Il meglio si sé l’intrepido presidente lo dà nel giorno successivo con l’emendamento Candiani. La giornata era iniziata male: nell’unico voto segreto concesso, il governo è andato immediatamente sotto e l’emendamento (che attribuisce anche leggi di valore etico al Senato) è approvato. Lo vedete che Renzi ha ragione di temere che, in una votazione vera, la sua riforma non passa neanche se si spara? Per di più, l’emendamento Candiani è una brutta bestia: prevede il dimezzamento dei deputati. In sé la cosa è perfettamente logica: se il numero dei senatori è stato ridotto a meno di un terzo, è, necessario ridurre anche il numero dei deputati per mantenere un minimo di proporzione fra i due rami del Parlamento, diversamente, una maggioranza di deputati di 354 (come quella prevista dell’Italicum), con soli 9 voti di senatori si prende Presidente della Repubblica e Corte Costituzionale. Poi, non abbiamo detto che la riforma del Senato la facciamo per risparmiare soldi? Ed allora dimezzando i deputati ne risparmiamo anche di più. Mi sembra tutto perfettamente logico, solo che con un emendamento del genere, i deputati non approverebbero mai la riforma e la guerriglia vietcong che stiamo vedendo al Senato si trasferirebbe alla Camera. Dunque, la cosa va stroncata immantinente. Anche qui ci sarebbe un problemino di possibile votazione segreta: non ne parliamo! Che problema c’è? Abbiamo fatto trenta e facciamo trentuno: per fare presto, il disinvolto Presidente non dà nemmeno la parola a Candiani prima della votazione (come il regolamento vorrebbe) e l’emendamento è respinto come è nei giusti desiderata del governo. Le opposizioni insorgono (ma vedete quanto tempo fanno perdere!) chiedendo l’annullamento della votazione sull’emendamento Candiani e si arriva ai limiti della rissa, di fronte alla quale il valente capo del Senato –forse pensando di essere ancora un pm- evoca l’intervento della polizia. Poi si correggerà. Sarà…
La storia non è ancora finita e ne vedremo ancora chissà quante, ma già si presta ad una serie di riflessioni. In primo luogo: se il presidente di una società per azioni gestisse così una assemblea avrebbe ottime probabilità di finire in galera, per il Senato questo non vale. Fanno bene a tenersi l’immunità…
In secondo luogo: il Pd non trova che Grasso sia abbastanza duro con le opposizioni. Male: avrebbero dovuto scegliere come Presidente qualche altro, ad esempio uno che non si fa scrupolo di pestare una sua collega e vantarsi: “non sei la prima donna che picchio”. Un modo come un altro per realizzare la “Parità di genere”. Uno così esprime bene il livello di civiltà politica del Pd e saprebbe fare quello che si chiede ad un Presidente a modo.
In terzo luogo: certo i senatori che hanno bisogno del voto segreto per esprimere il loro dissenso non sono particolarmente coraggiosi, sì, ma da un Parlamento di nominati che vi aspettate? Infine: ma vi rendete conto che uno con questo rispetto delle norme, oltre che essere Presidente del Senato, è stato Capo della Procura Nazionale Antimafia?!”
=========
Fonte: http://www.aldogiannuli.it/2014/08/grasso-e-riforma-senato/
agbiuso
Caro Dario,
ciò che dici è certamente vero, verissimo.
E a questo si aggiunge il delirio canettiano di un soggetto che presume di sé molto più di quanto non sia e ritiene in pari tempo che gli italiani siano meno di quanto non siano.
Il delirio di onnipotenza costituzionale e l’incapacità di rispondere nel merito, senza limitarsi a sciocche battute e a semplici allusioni, è ben descritto nell’odierno editoriale del manifesto.
Origine dell’autoritarismo
di Gianni Ferrara
===========
Continua da giorni convulsi e da notti sofferte l’ostruzionismo che sulla «riforma della Costituzione» proposta da Renzi e in discussione al Senato, oppone alla furia del revisionismo senza principi, i principi del costituzionalismo. Quelli dei limiti al potere e delle istituzioni del contropotere. L’impronta muscolare impressa da Renzi al conflitto rischia di offuscarne le ragioni. È bene perciò riproporle. Attengono alla democrazia.
Renzi, a fronte delle riserve, obiezioni, critiche, espresse sulla sua «riforma», afferma che definirla svolta autoritaria «significa litigare con la realtà». Ma è la realtà che lo smentisce. Ne rivela la verità. La trae da come fu concepita e da chi, dal modo come è disegnata e la si vuole definire, dal come verrebbe configurato l’organo che ne è l’oggetto, dagli effetti che sull’intero apparato statale deriverebbero dalla sua approvazione.
Non si può eludere un fatto incontrovertibile. Il governo Renzi si è costituito in una situazione di grave e strutturale crisi dello stato italiano, quella di dover ottenere la fiducia da un Parlamento composto in conformità ad una legge elettorale dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale. Un governo quindi di evidente e massima emergenza, dalla durata strettamente corrispondente al tempo necessario al ripristino della legalità costituzionale con l’elezione di un Parlamento con legge elettorale non sospettabile di incostituzionalità.
Il governo Renzi avrebbe dovuto, e dovrebbe, perciò caratterizzarsi come provvisorio, a funzionalità limitata.
E allora: non è, quanto meno autoritarismo, quel che pervade l’intero apparato della Repubblica nel tollerare l’illegittima durata in carica di tale governo, e, con essa, la pretesa del suo Presidente del Consiglio di esercitare l’iniziativa legislativa costituzionale, finora riservata, con norma consuetudinaria, ai soli membri di ciascuna delle due Camere?
Non è quindi autoritarismo l’appropriazione da parte del Governo di un potere che va oltre quello di indirizzo politico, il solo spettante, in regime parlamentare, al rapporto maggioranza–governo, con la presentazione di un disegno di legge mirante a trasformare radicalmente la strutturazione del Parlamento, i rapporti stato-regioni, gli istituti di democrazia diretta?
Non è autoritarismo intervenire sulla composizione di una Commissione parlamentare per ottenere che, per l’esame del disegno di legge di «riforma», si sostituisse un suo membro con un altro di sicura sottomissione alla volontà del Presidente del Consiglio?
Non è autoritarismo imporre che emendamenti al suddetto disegno di legge costituzionale fossero discussi ed approvati in Commissione solo se provvisti del «visto» del Governo? È o non è autoritarismo pretendere l’intangibilità del testo del disegno di legge governativo da parte dell’Assemblea plenaria di un ramo del Parlamento?
Non è autoritarismo la configurazione degli organi del Parlamento come apparati di servizio del Governo e del suo Presidente del Consiglio? Quel servizio che Renzi vuole imporre da adesso al Senato per sottoporlo in via definitiva al Governo riducendolo ad emanazione di enti (le Regioni e i Comuni) che dal governo ricevono la gran parte delle risorse necessarie all’esercizio delle loro funzioni?
Quello stesso servizio cui è destinata la Camera dei deputati, eletta col sistema approvato qualche mese fa? Un sistema a coazione duplice, bipolare e maggioritaria e che falsifica questi due termini. Falsifica il bipolarismo due altre volte ancora, sia perché impone una soglia di voti minima enorme (la contraddizione è auto evidente) per ottenere una qualche presenza in quella sede, sia perché determina una riduzione massiccia dei seggi spettanti ad ogni formazione elettorale che abbia avuto anche un solo voto in meno della seconda delle formazioni maggiori (qualunque possa essere poi la somma dei voti ottenuti da tutte le formazioni minori).
Falsifica il concetto di maggioranza che si identifica nel conseguimento della metà più uno dei voti espressi e che viene invece interpretato come coincidente col numero dei voti più alto conseguito da una delle minoranze. Privilegia tale minoranza rispetto a tutte le altre conferendole un premio in seggi, seggi che sottrae a tutte le altre.
La trasforma in una entità che tale minoranza avrebbe mirato ad essere ma che il corpo elettorale le ha negato di diventare. Un dispositivo che produce effetti contrari alla volontà espressa dal corpo elettorale inferisce un vulnus insanabile alla democrazia. Non lo attenuerebbero né le preferenze, né la riduzione delle soglie. In nessun caso potrebbe ottenere una qualche legittimazione democratica. Lo si pone invece a fondamento del potere di governo, un potere che non incontra limiti.
È litigare con la realtà definire questa riforma come svolta autoritaria? È lecito chiedere a Renzi quali siano e dove i contropoteri che ne escluderebbero l’autoritarismo?
A proposito dei fondamenti, gli si può domandare, per cortesia, da dove e verso dove si possono intravedere del sistema che vuole instaurare tracce di quella rappresentanza che identifica lo stato moderno e ne legittima il potere?
===========
Dario Generali
Caro Alberto,
eppure, nonostante tutto, sei forse ancora ottimista.
Secondo me l’acquiescenza con la quale i deputati PD stanno seguendo lo smantellamento di alcune fondamentali garanzie costituzionali da parte di Renzi, alleato con Berlusconi, non ha nulla a che fare con il centralismo democratico del PCI di Togliatti, ma trova le sue ragioni per un verso nel fatto che molti deputati PD sono democristiani (e già nel 1953 la DC di De Gasperi aveva fatto passare la famosa “legge truffa” per “proteggere la democrazia”), per l’altro nell’obiettivo dei parlamentari di non far cadere il governo rischiando elezioni anticipate, perché in questo modo perderebbero la cospicua retribuzione che dovrebbero percepire nel restante periodo di legislatura.
Nessuno o quasi oggi nel PD o in FI o in altre simili associazioni ha preoccupazioni ideologiche o un minimo interesse per il bene pubblico, ma solo logiche utilitaristiche di tipo individuale.
Un caro saluto.
Dario
Biuso
Comprendo il tuo silenzio, caro Pasquale. Silenzio di sconcerto e di amarezza. Ma ti dico anche: che cosa c’è da stupirsi, in fondo? Al di là della miriade di interessi finanziari sia personali sia di partito, questi grandi organismi politici sono inevitabilmente destinati alla corruzione. Lo sono per la loro stessa struttura, elefantiaca e verticistica. Nel caso dei partiti non esclusivamente d’affari, nel caso dei partiti che ebbero una ideologia, tramontata quella ideologia rimane però la militanza. Ed è qui che si consuma l’infamia.
Credo infatti che i militanti del Partito Democratico rimarrebbero fedeli alla linea del Segretario -chiunque egli sia- perché sono stati educati così. Sono stati educati all’obbedienza, come nelle chiese. Sono stati educati alla fedeltà, sono stati educati a non pensare. Se a dirigere il Partito Democratico fosse non dico Berlusconi -che di fatto lo dirige insieme a Renzi e a Verdini- ma fosse, che so, Pol Pot o Dracula, i militanti avrebbero sempre delle buone ragioni per rimanere nel Partito, anche se -ovviamente- da una posizione ‘critica e di minoranza’. Giustifico assai di più gli approfittatori e i malscalzoni di partito che questi militanti di partito.
Immagina se il Movimento 5 Stelle si fosse alleato con Forza Italia per “riscrivere” la Costituzione. Le accuse di fascismo e di mafia sarebbero piovute come grandine. E che cosa non mi avrebbero rinfacciato!? Ma non avrebbero potuto rinfacciarmi nulla, poiché a quel punto io -semplicemente- mi sarei allontanato del tutto da quel Movimento. Loro no, ci rimangono. Ma questa è la differenza tra gli uomini liberi e i militanti, tra gli uomini liberi e i servi.
Pasquale D'Ascola
Ho letto e mi fa piacere fartelo sapere. E importante; sono talmente desolato che non so che cosa scrivere. Ci penserò domani…come Rossella O’Hara..
CIao Alberto. P.