Sul Partito Democratico (Da Licio Gelli a Calderoli. E ritorno)
Da Televideo (11/07/2014 – 08:47): il ministro Boschi afferma che «Berlusconi dà prova di serietà e concretezza, che non possiamo non riconoscere». Certo, certo. È un disinteressato statista, lo sanno tutti ma il ministro Boschi fa bene a ricordarcelo.
La Lega Nord è alleata con i fascisti/razzisti del Front National di Le Pen. Il Partito Democratico riscrive la Costituzione italiana con la Lega Nord. Il Partito Democratico riscrive dunque la Costituzione con i fascisti/razzisti. Il Partito Democratico è fascista/razzista?
Ci sarebbe tanto altro -immunità; protezione di amministratori corrotti; catastrofe economica che continua; gli 80 euro annullati dalle tasse; sprechi e corruzione con TAV, EXPO, MUOS, cacciabombardieri F-35; riforme istituzionali e pratiche politiche chiaramente autoritarie— ma credo che il nucleo della questione sia questo: nonostante venti anni di collaborazione con il Partito Democratico, Berlusconi ha raggiunto solo in parte gli obiettivi della loggia massonica P2. Ci voleva qualcuno che ne realizzasse davvero e per intero il progetto. Ecco il Partito Democratico di Renzi, colui «che parla come un venditore televisivo di materassi» (Adriano Todaro, Sotto i titoli niente, «Girodivite»). Forse ha imparato da Licio Gelli, direttore generale della Permaflex: «Ho una vecchiaia serena. Tutte le mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta. Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d’autore. La giustizia, la tv, l’ordine pubblico. Ho scritto tutto trent’anni fa».
29 commenti
agbiuso
Un invito di Roberto Saviano:
“Domani alle primarie Pd in Campania non andate a votare. Questo il mio consiglio. I candidati sono espressione della politica del passato. Queste elezioni saranno determinate da voti di scambio. Pacchetti di voti sono pronti ad andare a uno o all’altro candidato in cambio di assessorati. In più saranno determinanti gli accordi con Cosentino. Le primarie Pd avrebbero dovuto essere strumento di apertura e partecipazione, ma così non è stato (vedi il caso Liguria). Sino a quando non esisteranno leggi in grado di governarle, saranno solo scorciatoie per gruppi di potere. Non legittimiamole, non andate a votare.”
Fonte: Non votate alle primarie pd, di Roberto Saviano
agbiuso
Le cene furfanti #magnamagna
“Siamo passati dalle cene eleganti di Berlusconi alle cene furfanti di Renzie.
Indovina chi viene a cena per finanziare il pd? Non si sa. Si aspetta ancora l’elenco dei partecipanti alla cena elettorale come promesso da Renzie. Mille euro a botta come neppure una escort di alto bordo, 10.000 per un tavolino. L’unico ad aver fatto outing è Buzzi di mafiacapitale. Lo avrà fatto per solidarietà con Marino? Per simpatia politica? Per un moto di affetto nei confronti di Poletti? Nell’intervista con Enrico Mentana a “Bersaglio Mobile” di mercoledì 3 dicembre Renzie aveva affermato che esiste un elenco dei partecipanti alla cena dell’Eur, ma di non aver idea sull’eventuale presenza di Buzzi. Se esiste questo elenco perché allora Renzie non lo pubblica?
Oltre a Buzzi chi c’era a finanziare le casse ormai vuote del pd in asfissia di iscritti (e quindi di tessere a pagamento) e di finanziamenti elettorali?
Il vice di Buzzi, Claudio Bolla, ha rivelato su La7 a Piazzapulita . «Eravamo in cinque, tra i quali Buzzi. Abbiamo pagato mille euro a testa. L’unico dubbio che mi è rimasto è che forse il tavolo costava diecimila. A Buzzi Renzi piaceva, perché è decisionista”.
Le cene furfanti sono meglio o peggio delle cene eleganti? Nelle prime sono i criminali a pagare per fottere i cittadini, nelle seconde almeno si fottono in privato. Il bunga bunga va rivalutato, sempre meglio del magna magna.
L’elenco dei partecipanti potrebbe forse eguagliare quello della P2 di Castiglion Fibocchi dell’indimenticabile Gelli di cui Renzie è il degno erede nonché attuatore del Piano di Rinascita Democratica.
Renzie, non faccia il timido, non sia ritroso, cacci l’elenco. Finanzieri, corrotti e corruttori, piddini e tangentisti, mafiosi e massoni, è tutto un magna magna? Fino a quando l’elenco non sarà pubblicato ogni sospetto è lecito.
Come disse Totò: “A proposito di politica non si potrebbe mangiare qualche coserellina!“
agbiuso
Alemanno e altri amministratori romani fascisti indagati per mafia insieme a consiglieri del Partito Democratico. Ma così gli inquirenti fanno politica a favore del Movimento 5 Stelle.
agbiuso
Un’efficace sintesi dello squallore del Partito Democratico, della sua natura reazionaria.
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Il PD ai tempi di Matteo Renzi è un partito al governo, ma anche in piazza a protestare contro il governo.
Il PD ai tempi di Matteo Renzi è per la pace nel mondo, ma regala armi ai paesi in guerra.
Il PD ai tempi di Matteo Renzi è contro i vincoli economici dettati dall’Europa, ma scodinzola davanti ai diktat della Merkel.
Il PD ai tempi di Matteo Renzi vuole sensibilizzare sul tema della Sla, ma taglia 100 milioni al fondo per la non autosufficienza.
Il PD ai tempi di Matteo Renzi è per le nozze gay, ma anche a difesa della famiglia cattolica che non vuole le nozze gay.
Il PD ai tempi di Matteo Renzi è per l’abolizione delle province, ma poi abolisce soltanto le elezioni democratiche che sceglievano i consiglieri provinciali.
Il PD ai tempi di Matteo Renzi è per la sanità pubblica, ma fa tagli lineari che costringono le regioni a fare tagli sulla sanità pubblica.
Il PD ai tempi di Matteo Renzi vuole tutelare i diritti dei lavoratori, ma poi distrugge ogni minima conquista sindacale.
Il PD ai tempi di Matteo Renzi è tutto, è governo e opposizione, tiene insieme un 20% di moderati rigidi conservatori e un 20% di progressisti rivoluzionari indignati. Nè il primo 20% nè il secondo 20% vedranno mai realizzati i loro sogni e le loro aspettative, ma nella supercazzola quotidiana del premier stanno insieme e il totale fa 40%.
Quando vi renderete conto che vi prende per il culo potrebbe essere un po’ tardino.
Max Bugani
Fonte: PD, Partito di lotta e di massoneria
agbiuso
Tanto tuonò che… non successe niente: la resa della “Sinistra” Pd
di Aldo Giannuli
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Una decina di giorni fa, in un pezzo ripreso dal blog di Grillo (perciò preso per un invito ufficiale del M5s), proponevo di mettere da parte i dissensi precedenti e concordare una azione parlamentare e di piazza fra Sel, minoranza Pd, Fiom e M5s, magari in vista di uno sciopero generale (che la Cgil si è ben guardata dal proclamare) per determinare la caduta del governo Renzi. Reazioni del tutto negative: far cadere i Renzi sarebbe da irresponsabili, il M5s è inaffidabile e sui sindacati “La pensa come Renzi”, i grillini sanno solo rompere tutto ecc. E ciò si accompagnava a fieri propositi di battaglia contro l’abolizione dell’art 18 che, senza rompere niente e grazie all’opposizione “costruttiva” della sinistra Pd, avrebbe ottenuto il risultato sperato. Per la verità, Cuperlo, che come si sa è un educatissimo signore triestino, se ne uscì con pacatissime dichiarazioni, che non promettevano alcuna battaglia e che, al massimo potevano suonare come blande esortazioni (del tipo: “Dai Matteo, non fare così con la Camusso che è tanto una simpatica ragazza. Dai non mi pare il caso…”).
Più decisi erano stati in Direzione, Bersani e soprattutto D’Alema che avevano fatto capire che non avrebbero votato la riforma dell’art. 18 e, nel caso, non sarebbero arretrati nemmeno di fronte alla minaccia dell’espulsione. E, infatti, qualche giorno dopo, “Il Foglio” riferì di cauti sondaggi di D’Alema sull’ipotesi di un suo partitino personale, magari una cosa sul modello del vecchio Pri.
Il più radicale di tutti fu Civati che giunse a prospettare un suo passaggio con Sel ed assicurò che non avrebbe votato la proposta renziana.
Come è andata a finire? Renzi ha incastrato tutti presentando una ipotesi di legge delega-in-bianco (una innovazione costituzionale assoluta) e imponendo su essa il voto di fiducia. Per la verità, data l’audacia costituzionale di un legge delega così sommariamente delineata, il Presidente del Senato avrebbe potuto eccepire qualcosa, sostenendo che non si può mettere in votazione un testo che suona come “Il governo farà tutto quel che gli parrà ed il Parlamento approva sin d’ora ogni sua scelta”. Ma figuriamoci se il caporale Pietro Grasso ha il coraggio di una simile uscita!
E la leggendaria sinistra Pd?
Gli unici parzialmente coerenti -con i battaglieri proclami di qualche giorno prima- sono stati i civatiani, (alcuni non si sono presentati alla seduta, due sono usciti al momento del voto, due hanno optato per l’astensione, che al Senato vale come voto contrario). Insomma, non è il massimo, avendolo fatto con meno compattezza di quel che sarebbe stato opportuno, ma, insomma, è qualcosa.
Invece, bersaniani, dalemiani, cuperliani (per non dire di quelle tragiche macchiette che sono i “giovani turchi”, ormai renziani di complemento) allineati e coperti hanno votato sì come un sol uomo! Quando si dice la coerenza!
Per la verità non avevamo mai riposto troppe speranze nel coraggio della “sinistra” Pd. Lanciare un appello all’azione comune in difesa dei diritti dei lavoratori era doveroso, almeno per chi sta da questa parte della barricata, ma sapevamo quanto poco c’era da attendersi. Ci abbiamo provato e ci riproveremo ancora, quando la gravità dei temi in discussione lo imporrà, perché, in fondo, la speranza è sempre l’ultima a morire; ma lo sappiamo quanto vale questo drappello di “virtuosi della ritirata”.
Neanche a dirlo, questo atteggiamento pone le premesse per la definitiva sconfitta e dissoluzione di questa mitica “sinistra”: Renzi ha già iniziato ad assorbire i più pronti a salire sul carro del vincitore, poi quando si tratterà di fare le liste, userà il plotone di esecuzione per decimarli e loro, di fatto, spariranno dalla geografia parlamentare e del partito. D’altro canto, il crollo del tesseramento, l’americanizzazione del partito, la riforma dell’art 18 che servirà a far fuori la Cgil dal comparto privato, sono tutti segnali precisi che la speranza di riconquistare il partito è una pia illusione dei vari Cuperlo (il “Leopoldo”), Bersani ecc.
Renzi probabilmente durerà meno di quel che pensa, ma non per questa opposizione di cartone, quanto per opera di quella parte di poteri forti che non lo sopporta e non ha ancora trovato il modo di sostituirlo, ma, lo sta cercando.
Ma perché questo che fu, in sostanza, l’ex Pds-Ds sta avviandosi tranquillamente al macello senza fiatare? Le ragioni principali, probabilmente sono due. In primo luogo questa area del Pd ha come suo orizzonte teorico e politico quello della “socialdemocrazia” (tipo Spd, socialisti francesi alla Hollande, laburisti). Quella socialdemocrazia che ha accettato tutti i dogmi del neo liberismo e che si illude di un suo ruolo riformista cercando di lavorare sui ristrettissimi margini che pensano esserci ancora. Ma il neo liberismo è una forma di fondamentalismo che non concede spazi, tanto più in tempi di crisi; per cui questa pseudo sinistra riformista non ha nulla da dire, può vivacchiare nelle istituzioni, magari in improbabili coalizioni con la destra, ma è condannata a scomparire. Questo Renzi l’ha capito ed accetta tutti i dogmi neo liberisti, salvo fare piccole battaglie tattiche che gli facciano giocare la parte dell’ enfant terrible dell’ordinamento liberista, niente di più.
In realtà, la sinistra Pd non ha alcuna strategia alternativa a quella renziana: ha fatto un po’ di capricci per rilanciarsi- ma alla stretta finale si è data indietro. E qui subentra la seconda ragione di debolezza: l’assoluta incapacità di pensare alla politica se non come presenza nel Palazzo e conseguente timore di restare fuori. “Renzi cade? Ci sono le elezioni anticipare: e se poi non ci candida?… Facciamo la scissione: e se il partito non prende il 4%%?… andiamo con Sel? Ma siamo già troppi noi, poi con quelli di Sel da far rientrare, quanti posti avremmo?”
E siccome l’idea è quella di fare politica sino a 99 anni (cioè restare a Palazzo sino a quella età, niente azzardi e tutto è pensato in funzione della propria sopravvivenza “politica” personale. Ed allora, per ora teniamoci Renzi e non rischiamo una espulsione che si tradurrebbe nell’avventura di una scissione… aspettiamo tempi migliori. Verranno.
Ed in nome di questo si rinuncia a svolgere qualsiasi ruolo politico. E’ triste, molto triste ma è così.
agbiuso
“Di certo, è un disegno che ci viene direttamente dalla I Repubblica. Se ne coglie l’eco in Craxi negli anni ’80, in Gelli, in Cossiga, e infine in Berlusconi. Sono questi gli antenati del Renzi-pensiero in tema di istituzioni”.
Per chi lo voglia capire è davvero evidente. Gli indifferenti, i fatalisti, i qualunquisti, i complici, i militanti, sono loro i responsabili del disastro italiano, loro.
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Governo e leader, sinergie di un assetto
di Massimo Villone, il manifesto, 8.9.2014
Da Bologna Renzi ci ha servito l’usuale mix di battute e frasi a effetto. Risultato elettorale da brividi, la salvezza del paese è nelle nostre mani e non in quelle dell’Europa, gli 80 euro in busta paga sono un fatto di equità sociale, eguaglianza e non egualitarismo, no a modelli cinesi del lavoro, niente lezioni dai tecnici della I Repubblica, riforme a ogni costo, basta gufi e così via. L’appuntamento è al 2017. In politica – per non scadere nella pubblicità ingannevole — sarebbe buona cosa non discostarsi troppo dal già detto e dall’evidenza.
Berlusconi è stato maestro nell’inosservanza di questa regola, che in paesi più seri del nostro è parametro primario per la valutazione dell’agire politico di chiunque. Renzi merita un dottorato. L’elenco delle parole e degli annunci smentiti dai fatti o da lui stesso è lungo. L’unica realtà certa è che i parametri europei rimangono fermi, e che per rientrarvi si rendono necessarie misure pesanti, come l’ulteriore blocco degli stipendi degli statali. Non basta a giustificarlo la battuta – offensiva per tanti – che nella pubblica amministrazione c’è grasso che cola.
E la tanto auspicata flessibilità? Al momento, l’unica che si vede in concreto è quella che si vuole calare sul lavoro. La prova è nei discorsi di Draghi, di Visco, e nelle ripetute indicazioni che vengono dal mondo della finanza e degli affari. Lo stesso Renzi ha lodato il modello tedesco, dimenticandone il piatto forte: milioni di similcinesi mini-jobs precari e a salari da fame. La disoccupazione scende nelle statistiche, il costo sociale sale.
Padoan ci dice da Cernobbio che ci vorranno almeno tre anni – non più due – per vedere i primi effetti delle riforme. Ma di quali riforme si parla? Quelle concretamente messe in campo fin qui sono volte a ristrutturare l’architettura dei poteri piuttosto che a riportare il paese in un ciclo economico virtuoso uscendo dalla tenaglia deflazione-recessione. Perché? Più che contrastare la crisi, sembra che si voglia disegnare il paese del post-crisi.
Si coglie un disegno negli interventi già in discussione. Con la riforma costituzionale la rappresentatività del parlamento si indebolisce, con l’azzeramento politico-istituzionale del senato. Si attribuiscono al governo poteri sull’agenda dei lavori parlamentari, inclusa una sorta di ghigliottina permanente. Gli istituti di democrazia diretta sono resi ancor meno accessibili. Con la legge elettorale iper-maggioritaria si colpisce la rappresentatività della camera, puntando tutto sul partito che ha più voti e sullo schiacciamento delle opposizioni, oltre che sull’esclusione dalla rappresentanza dei soggetti politici minori. La maggioranza parlamentare è rimessa nelle mani del leader, attraverso liste bloccate. Con la riforma della PA (AS 1577, art. 7, co. 1, lett. b) una delega legislativa vuole tra l’altro rafforzare il primo ministro nell’ambito dell’esecutivo. Hanno infine un ruolo in questo scenario generale primarie aperte che marginalizzano il ruolo delle organizzazioni di partito e degli iscritti, mentre le organizzazioni sindacali sono messe nell’angolo escludendo ogni forma di concertazione.
Può darsi che qualcosa cambi, ma al momento è così. Nessuno dei punti menzionati sarebbe decisivo di per sé. Ma è cruciale coglierne la sinergia, che definisce l’effetto ultimo di una forte concentrazione del potere sul governo, e in particolare sul leader. È il disegno di un populismo fondato sul circuito diretto tra leader e popolo, senza intermediazioni. Il leader diventa il paterno custode dei diritti e delle libertà di tutti. È autoritarismo soft? In fondo, è questione di parole. Di certo, è un disegno che ci viene direttamente dalla I Repubblica. Se ne coglie l’eco in Craxi negli anni ’80, in Gelli, in Cossiga, e infine in Berlusconi. Sono questi gli antenati del Renzi-pensiero in tema di istituzioni.
Questo disegno i tecnici della I Repubblica malmenati da Renzi – o almeno alcuni – l’avevano ben colto. Lo contrastavano perché non democratico, e certamente incostituzionale nella sua essenza. La Costituzione si fonda sul concetto che il potere politico deve essere distribuito, contendibile e responsabile in ogni momento e in ogni sede, non certo iper-personalizzato e assoggettato a verifiche periodiche su base pluriennale, prima delle quali il principio di fondo è mani libere per chi lo detiene.
È questo il modello istituzionale che si ritiene necessario e utile per affrontare la crisi? Concentrare il potere e ridurre la partecipazione per evitare che un popolo troppo sovrano possa sottoporre la barchetta dell’esecutivo a scossoni troppo pericolosi? Non saremo mai d’accordo. Rimaniamo dell’idea che il miglior modo per affrontare difficoltà e sacrifici con soluzioni non precarie sia quello della discussione, del confronto e se necessario della mediazione e del compromesso. In una parola, la democrazia.
E se il disegno fallisse? Padoan vorrebbe ora dall’Europa parametri per misurare la propensione alle riforme di ogni paese. Ma non ci avevano detto che siamo padroni del nostro destino? Suvvia, non è come essere commissariati d’autorità. Noi decidiamo liberamente di essere commissariati.
agbiuso
L’amico e collega Elio Rindone ha scoperto e reso pubblico un importante documento sulla storia dell’Italia contemporanea, che inizia in questo modo:
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Caro Ermenegildo,
capisco che tu, avendo letto, come studente universitario, i primi manuali di Scienze Politiche, cominci a nutrire dei dubbi sulle mie posizioni, al punto da chiederti come sia possibile che con le mie idee io abbia raggiunto i vertici del potere e, addirittura, se io sia o no a favore della democrazia. Ma certo che io sono un politico democratico! Sono assolutamente e sinceramente democratico… a patto che si chiarisca cosa significa ‘democrazia’.
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Il documento ha per titolo Come Educare gli elettori
Biuso
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Vorrei che dal vocabolario corrente fossero definitivamente cancellate le parole: “ottimizzare”, “riforme”, “capitale umano”, “impresa”, “crescita”, “tweet”, “selfie”. E in primo luogo il pronome “io”, che degli atti di parola è il principale referente.
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Così scrive Paolo B. Vernaglione su Alfabeta2 (L’erba vorrei).
E sarebbe un primo, fondamentale, passo per trarre fuori il Partito Democratico dall’annuncismo autoritario che ormai lo domina.
agbiuso
Segnalo un’ampia e interessante intervista rilasciata da Gustavo Zagrebelsky -Presidente emerito della Corte Costituzionale- al Fatto Quotidiano (22.8.2014):
Riforme, Zagrebelsky: “La finanza comanda i governi, compreso il nostro”.
agbiuso
La Lunga Marcia
Dopo l’abolizione del Senato e il tradimento della Costituzione da parte del trio Napolitano, Renzie, Berlusconi, l’unica forza democratica del Paese è il M5S.
L’unica che opera attraverso gli strumenti di democrazia rimasti: leggi popolari, referendum, elezioni di candidati “non nominati”, rispetto dell’esito referendario dell’eliminazione dei finanziamenti pubblici ai partiti e della pubblicizzazione dell’acqua.
Non c’è più l’alternativa tra noi o loro, ma tra loro e la democrazia.
Il M5S ha provato in tutti i modi di affermare una democrazia con la partecipazione autentica dei cittadini. Ha persino provato a migliorare la legge elettorale con una sua proposta, sbeffeggiata dall’ebetino, che non ci ha ancora risposto in streaming come se non rappresentassimo milioni di votanti alle politiche, che giocava con il telefonino mentre i nostri rappresentanti discutevano. Un truzzo con le pieghe della pancia de fora nella camicetta bianca da gagà. O loro o la democrazia. Non c’è più scelta. Sarà una lunga marcia. Se necessario dovremo convincere gli italiani uno per uno, un porta a porta nazionale, ma arriveremo al governo. Non abbiamo fretta.
Con questi golpisti comunque non ci vogliamo più avere niente a che fare
Prepariamoci al referendum confermativo per il Senato. Il potere appartiene al popolo, non ai partiti.
agbiuso
Patto del Nazareno, Prodi nella patria dei Tavecchio
di Antonio Padellaro | 6 agosto 2014
Confesso di aver letto con somma curiosità l’intervista a Matteo Renzi uscita lunedì su Repubblica, alla ricerca di un nome, quello di Romano Prodi. Come i nostri lettori sanno il Fatto è impegnato da tempo nella ricerca dell’autentico Patto del Nazareno, faticosa al pari della ricerca del mitico vello d’oro che aveva il potere di guarire le ferite. Mentre qui, più modestamente, si tratta delle tavole della legge sottoscritte da Renzi con Berlusconiun fatale giorno di febbraio ma che nessun’altro (a parte i complici) ha potuto leggere, forse perché l’accordo con un pregiudicato contiene sempre qualcosa di compromettente.
E siccome il diavolo non fa i coperchi qualcosa piano piano da quella strana pentola comincia a tracimare, e non ha un odore gradevole. Per esempio, che il successore del Napolitano pro tempore non ha da essere quel Romano Prodi, inviso all’ex Cavaliere, forse perché è l’unico da cui è stato battuto in campo aperto e con il quale non è mai riuscito a fare inciuci.
Quando lo abbiamo scritto ci aspettavamo una qualche smentita sia pure di facciata. Mentre però a palazzo Grazioli la cosa è stata presa quasi come un’ovvietà da palazzo Chigi silenzio di tomba. Poi l’intervistona di Renzi.
Quale migliore occasione per una parola definitiva sulla questione da parte del giovane premier. Orgogliosa: un veto sul padre del Partito Democratico, ma siamo impazziti?! Indignata: se Berlusconi avesse solo osato chiederlo me ne sarei andato sbattendo la porta. Sarcastica: sì, e voleva anche che gli cedessimo Cuadrado al Milan. E invece nulla, bocche cucite. Di Renzi e di tutti quelli che da Romano Prodi hanno ricevuto incarichi e poltrone ministeriali, e sono plotoni. Qualcuno ci ha consigliato di leggere meglio dentro una frase del titolo: “niente scambi nel Patto del Nazareno”, una sorta di enigma che neppure abbiamo ritrovato nel testo.
Insomma, par di capire che perfino pronunciare il nome di Prodi rischia di irritare il padre costituente di Cesano Boscone. Del resto, nella patria di Carlo Tavecchio for president, uno che nel curriculum a parte le banane può vantare numerose menzioni nel bollettino del protesti, sui galantuomini è meglio tacere. Non fosse mai che qualcuno ne sentisse la mancanza. E comunque ora si capisce qualcosa di più sui 101 che affossarono il professore di Bologna.
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Fonte: il Fatto Quotidiano, 6.8.2014
agbiuso
Previsioni a vanvera
di Alberto Burgio
Che cosa penserebbero Orwell e Koyré se capitasse loro in sorte di vivere oggi qui tra noi? Entrambi furono colpiti dalla pervasività della menzogna politica, dalla sua capacità di reinventare la realtà a uso dei potenti. Ma ritenevano che la faccenda riguardasse soltanto i regimi totalitari. Un breve soggiorno nell’«Italia di Renzi» li convincerebbe di aver peccato di ottimismo. Sulla menzogna politica si fonda anche la post-democrazia populista, nella quale – come nei totalitarismi storici – l’indottrinamento delle masse passa per i due versanti del mentire: promettere disattendendo e raccontare mistificando.
Promettere a vanvera è lo sport prediletto dal nuovo padroncino del paese. Alberto Asor Rosa ne ha fornito su queste pagine una puntuale documentazione in tema di politica industriale e di tutela dell’ambiente, del territorio e dei beni culturali, considerati un valore solo se capaci di fruttare denaro. Di qui la previsione di «rottamare» le Soprintendenze e di affamare settori non spendibili nel turismo di massa come gli archivi e le biblioteche. Possiamo facilmente aggiungere altri esempi rilevanti.
Nessuna delle pur caute previsioni di crescita economica formulate dal governo regge alla prova dei fatti. Il pil ristagna (nonostante i pingui proventi delle mafie) e il debito di conseguenza corre. A settembre serviranno almeno 20 miliardi, ma Renzi giura che non ci sarà alcuna manovra aggiuntiva. Mente sapendo di mentire.
Dapprima, per differirla, aveva pensato a elezioni anticipate. Ora preannuncia altri tagli alla spesa. Cioè una manovra nascosta. Nuovi taglieggiamenti a danno dei soliti noti che da sempre pagano per tutti.
Così si spiegano anche i continui balletti di quest’altra indecente «riforma» della Pubblica amministrazione, propagandata nel nome del ricambio generazionale ma dettata come sempre da ragioni di bilancio. Si era promesso di cancellare una delle più macroscopiche porcherie della controriforma Fornero permettendo ai «quota 96» della scuola (circa quattromila insegnanti) di andare finalmente in pensione. E invece tutto si è puntualmente risolto in una bolla di sapone, con la conseguenza di perpetuare un’ingiustizia paragonabile a quella già inflitta agli esodati.
Ma è certamente nell’arte del racconto mistificatorio che la nuova classe dirigente politico-mediatica dà il meglio di sé. Il processo di revisione costituzionale è costellato da un’orgia di menzogne. Sul merito della «riforma». Su suoi presupposti e sulle sue conseguenze. Su quanto sta accadendo in Senato.
Né i media né tanto meno il governo spiegano che, nonostante tutti i maquillages, il combinato tra l’Italicum e la trasformazione della Camera Alta sarà l’accentramento di tutti i poteri costituzionali nelle mani della leadership del partito di maggioranza relativa. La formale subordinazione del Parlamento, già screditato dalle martellanti campagne anti-casta e dalla corruttela dilagante tra i suoi membri. La fine del delicato equilibrio poliarchico che ci ha sin qui bene o male protetti da sempre incombenti regressioni autoritarie. Altro che la mera ripetizione dell’esistente come argomenta da ultimo Ilvo Diamanti.
Il presidente del Consiglio si appropria, non smentito, del risultato delle Europee per millantare un presunto consenso plebiscitario alle proprie iniziative e arrogarsi il diritto di calpestare ogni norma vigente, a cominciare da quella Costituzione che ha fermamente deciso di stravolgere. Intanto ogni giorno veste indisturbato i panni della vittima che subisce paziente insulti e ricatti. Proprio lui che prima ha squadristicamente dipinto i dissenzienti come miserabili mossi da interessi personali, poi annunciato la fine di ogni accordo con chi a sinistra osasse contrastarlo. Salvo prontamente ricredersi, una volta verificato che il saldo tra benefici (l’espulsione degli infedeli dalle istituzioni) e costi (la crisi a macchia d’olio nelle amministrazioni di città e regioni) sarebbe al momento sfavorevole.
Bugiardi e violenti. Ma anche usurpatori. Non ha torto Manlio Padovan quando, commentando il mio articolo sulle forzature del presidente della Repubblica, afferma in una lettera al manifesto che c’è una questione più rilevante di quelle che io ricordavo, costituita dal sopravvenuto deficit di legittimità di questo Parlamento (quindi dei suoi atti, compresa la rielezione di Napolitano) dopo la sentenza della Consulta sul Porcellum pubblicata all’inizio di quest’anno. Anche su questo si è mistificato. Si è invocato il principio di continuità dello Stato per sostenere che la legislatura deve durare sino alla scadenza naturale. È stata un’ennesima forzatura, forse la più grave, poiché dalla sentenza della Corte derivava per il presidente della Repubblica l’incombente dovere politico e morale (se non strettamente giuridico) di prescrivere alle Camere l’immediata riscrittura della legge elettorale quale premessa del ritorno anticipato alle urne. Si è fatto finta di nulla pur di tenere in vita un Parlamento ormai privo di legittimità. Al quale, in forza di un patto segreto sottoscritto da due capibastone, si riserva oggi il compito di riscrivere la Costituzione e domani di eleggere il nuovo capo dello Stato.
E così torniamo alla «riforma» renziana della Costituzione, stipulata con l’incappucciato di Arcore. Benedetta dal Colle e imposta al Parlamento mercé l’uso manganellare dei regolamenti e la zelante complicità del presidente Grasso. Ci rivolgiamo finalmente a quella parte del Pd che ha alle spalle una storia di lotte democratiche. Che si pensa erede del movimento operaio e della Costituente antifascista. Che dovrebbe a rigore rifiutarsi di funzionare come l’intendenza del «Partito di Renzi».
Come può questa parte politica non avvertire il peso della responsabilità che il suo partito si sta assumendo per volontà del proprio capo facinoroso e prepotente, sprezzante di ogni principio di rispetto per le posizioni altrui e di ogni limite che l’ordinamento ancora vigente pone? Come può non sentire come un’onta la connivenza con questo ennesimo scempio, il più grave fra tutti quelli pur gravi subiti in questi anni dalla Carta del ’48, a conferma della trista regola che vuole talvolta proprio i partiti democratici disposti a compiere le scelte più nefande che le destre non potrebbero da sole imporre? Come può illudersi che presto sarà dimenticato quanto accade in questa grigia estate in cui persino il tempo pare volersi rivoltare, e che non prevarrà invece la vergogna per avere nonostante tutto consentito e cooperato?
Leggiamo che molti dissidenti del Pd sono stati in queste ore febbrili insultati, intimiditi, minacciati. Non sottovalutiamo l’impatto di simili pressioni. Ma non vorremmo che per questo essi scambiassero cedimenti per doveri, e la tranquillità di un momento per un onore duraturo.
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Fonte. il manifesto, 6.8.2014
agbiuso
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Ci sono due segreti di Stato, due nuovi segreti di Fatima che al confronto Ustica e Piazza Fontana sbiadiscono.
Il primo sono le conversazioni tra Mancino e il signor Napolitano avvenute nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia.
Il secondo è il patto del Nazareno tra un piduista condannato in via definitiva e un ex sindaco mai eletto in Parlamento.
Segreti con i timbri della P2 e della mafia.
Con la sostanziale abolizione del Senato siamo giunti all’epilogo di un percorso iniziato con Gelli e proseguito con l’omicidio di Falcone e Borsellino. Gli italiani hanno il sacrosanto diritto di sapere e i giudici di indagare sui colloqui privati del trio Napolitano-Renzie-Berlusconi dato che riguardano il futuro della Nazione. Meglio Pinochet di questi sepolcri imbiancati e bimbominkia assortiti. Chi sa parli, chi può denunci. O dovremo fare un appello a Riina per sapere la verità?
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Fonte: I due segreti di Fatima
agbiuso
“Il Grande Mentitore Renzi ed il suo Pd difendono nuovamente le poltrone. Pd e Forza Italia hanno bocciato l’emendamento che prevedeva la riduzione dei deputati portandoli a 500. Il Movimento 5 Stelle dice sì alla riduzione di senatori e deputati, Renzi taglia solo la democrazia abolendo l’elezione diretta del Senato. Renzi è un poltronaro!”
M5S Senato
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Fonte: Renzie il poltronaro
agbiuso
Dario Fo sul P(D)2
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Ormai aspettiamo di giorno in giorno l’apparire dell’uomo che s’affaccia solo al balcone per proporci finalmente il pensiero unico. Ma alla sua sortita non possiamo restare con la faccia attonita e indignata. Bisogna saperlo accogliere con una gran risata. Il riso si dovrebbe insegnare fin dalle scuole elementari. Spiegare ai bimbi che ridere significa intelligenza e conoscenza, che solo i popoli che ne fanno uso sono composti da gente civile.
Per la prima volta dopo tanto tempo, ecco che finalmente l’opposizione, formata anche da personaggi inconsueti in una protesta democratica, sale al Quirinale, chiedendo di poter parlare con il capo dello Stato, un uomo sempre disponibile (specie se deve incontrare gente che la pensa come lui) a dare buoni consigli, a commuoversi persino, davanti ai loro applausi e complimenti adulatori, fermando lacrime che gli rigano il viso. Ma davanti a questo gruppo di facinorosi no, il nostro beneamato presidente non può scendere per ascoltarli. “Sono lievemente indisposto” fa dire. Mi aspettavo una risata, ma siamo evidentemente fuori allenamento. Per intendere l’assurdo smaccato bisogna essersi preparati a interpretare ogni paradosso.
A ‘sto punto avrei urlato di gioia, vedendo arrivare di fronte al parlamento un gruppo di ragazzi che spingono una ghigliottina a grandezza naturale, su ruote magari, al canto di “Allons, enfants de la Patrie”.
È troppo presto. Per riscoprirci spiritosi abbiamo bisogno di entrare in partita.
Ma tornando ai temi della commedia satirica dobbiamo ammettere che ci si sta muovendo verso la nascita di una coppia di partiti gestiti smaccatamente da un giovane toscano dalla parola facile e da un condannato alla galera riabilitato.
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Questa strana coppia sta imponendo uomini scelti da loro, mossi come burattini, e minaccia di espellere chiunque si ponga in contrasto con la loro guida e soprattutto insulta e chiama rozzi mestatori coloro che fanno riferimento alla P2 a proposito del loro modo d’agire.
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Fonte: Una risata li seppellirà
agbiuso
Napolitano-Berlusconi-Renzi: lo stalinismo della P2.
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Patto Renzi-Berlusconi: firmiamo per fermarli
di Marco Travaglio | 25 luglio 2014
Senza eccedere in enfasi retorica, possiamo dire che quella di ieri è una giornata da segnare sul calendario. Dopo tre anni di pensiero unico, quello delle larghe intese, è risorta l’opposizione. Nel corteo di parlamentari di Sel, 5 Stelle, Lega e dissidenti del centrodestra ci sono anche persone che non ci piacciono. Ma la battaglia che hanno portato fin dentro il Quirinale è giusta, perché è l’Abc della democrazia: difendere il ruolo delle minoranze, cioè del Parlamento. Non è dallo stato di salute delle maggioranze, ma delle minoranze che si distinguono le democrazie dalle dittature e dai regimi autoritari.
Il Fatto, con la petizione che in una settimana ha raccolto oltre 160mila firme, segnala la minaccia prossima ventura del grumo autoritario che spurga dal combinato disposto Italicum-Senato-Quirinale-Csm. E paradossalmente chi l’ha architettata, mentre si sforza di smentirla, non fa che confermarla con le sue condotte quotidiane. Noi denunciamo la futura autocrazia dell’uomo solo al comando: e Renzi, mentre irride all’accusa di autoritarismo, già si comporta da uomo solo al comando minacciando i suoi dissidenti e quelli dei partiti alleati, trattando il Senato come il consiglio comunale di Firenze o di un paese limitrofo (l’orizzonte è quello).
Noi denunciamo i deragliamenti incostituzionali del presidente della Repubblica: e Napolitano, mentre monita contro chi evoca spettri autoritari, chiama “paralisi” l’opposizione democratica, le intima di ritirare gli emendamenti, interferisce nella sovranità del Parlamento proprio nel momento del voto di una legge (costituzionale!), manda pizzini al Csm per salvare il procuratore di Milano che garba a lui e per bloccare la nomina del procuratore di Palermo che non piace a lui, infine rifiuta di ricevere la più ampia delegazione di parlamentari mai vista in piazza del Quirinale.
Noi denunciamo il rischio di partiti sempre più personali comandati a bacchetta da un pugno di leader che si nomineranno senatori e deputati vieppiù servili: e già ora Renzi & B. tentano di spegnere ogni dissenso interno minacciando chi non obbedisce di espellerlo o di non ricandidarlo. Noi denunciamo il piduismo strisciante di un modello di democrazia sempre più verticale e personalizzato, contro quello orizzontale e partecipato che ci lasciarono i Padri Costituenti: e il premier, mentre si fa una risata, irreggimenta la democrazia in base a un papello occulto detto “Patto del Nazareno” che conoscono in tre o quattro (Renzi, B., Letta Zio e Verdini) ma che subiamo tutti.
Noi denunciamo il futuro svuotamento del Parlamento, ridotto a cortile di casa del premier-padrone che potrà scegliersi anche un presidente della Repubblica di stretta obbedienza: e il capoccia del governo, con la complicità di quello dello Stato, pressa il presidente del Senato fino a indurlo al cedimento finale. Cioè alla gravissima decisione di ieri di contingentare il dibattito sulla riforma costituzionale in tempi da regolamento condominiale, con una “tagliola” (la scadenza ultima all’ 8 agosto) palesemente incostituzionale: “La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale” (articolo 72 della Costituzione). Chiunque si renda complice di questo scempio, magari dopo aver difeso per anni le ragioni dell’ostruzionismo quando stava all’opposizione, dovrà prima o poi vergognarsi e renderne conto davanti ai propri elettori. Tutto ciò accade in piena estate, mentre gli italiani sono distratti dalle ferie: come tutti gli altri i colpi di mano contro la democrazia e la legalità, dal decreto Biondi nel 1994 alla legge Cirami nel 2002, dal lodo Schifani nel 2004 all’indulto salva-Previti nel 2006, dal lodo Alfano nel 2008 allo scassinamento dell’articolo 138 nel 2013.
Il resto lo fanno la disinformazione della stampa di regime (di larghe intese) e la rassegnazione di una cittadinanza stremata dalla crisi e dalla malapolitica, che chiede soltanto di arrivare viva a fine mese e di non essere più disturbata. “Tanto sono tutti uguali”. Ieri il corteo di oppositori al Quirinale ha dimostrato plasticamente, dopo anni di “tutti uguali” (o quasi), che c’è anche un altro pensiero. E che persino nei partiti di potere sopravvivono alcuni uomini liberi. Finora l’opposizione era confinata nel recinto dei 5 Stelle e a volte di Sel, in ordine sparso e in un asfissiante isolamento anche mediatico. Ora, per fortuna, ci sono anche pezzi di Pd e di Forza Italia, com’è giusto che sia per una battaglia senza bandiere che non può essere né di destra né di sinistra, né di sistema né antisistema. È una battaglia di democrazia che riguarda tutti noi. In attesa di gridarlo in piazza, cominciamo a dirlo con una firma.
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Fonte: Il Fatto Quotidiano, 25 luglio 2014
agbiuso
“Ci sono voluti tre anni di dibattito per arrivare alla nostra Costituzione. Ora in piena estate, in sole 115 ore vogliono stravolgere tutto. Il Governo Renzi ha imposto la “ghigliottina” che taglia i tempi per la discussione sulla contro-riforma. In questo modo il governo viola l’articolo 72 della Costituzione il quale prevede che: “La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale”.
Renzi ha ordinato: Abolite le elezioni per il Senato (ma non il Senato)! Raddoppiate le firme per i referendum! Quintuplicate quelle per presentare le leggi d’iniziativa popolare! Più potere al Presidente del Consiglio e Governo e meno al Parlamento e cittadini! Il tutto in una Camera che, se l’Italicum non verrà modificato, continuerà ad essere di soli nominati dai partiti.
Da oggi, con il Patto del Nazareno Renzi-Berlusconi, l’Italia cambia verso… in peggio. Ancora più potere alla Casta sempre meno ai cittadini. Non lo permetteremo. Il Movimento 5 Stelle, con tutte le altre opposizioni si recherà al Quirinale”.
M5S Camera e Senato
Fonte: Ghigliottina al Senato, 24.7.2014
Biuso
Ancora deputati ed ex ministri agli arresti. Perché il Partito Demcoratico vuol riscrivere la Costituzione con dei banditi? Perché è pieno di banditi anch’esso.
agbiuso
La Storia non si ripresenta mai uguale, ma tra l’Italia di oggi e quella del 1924, anno del rapimento e omicidio di Giacomo Matteotti, esistono molte e impressionanti analogie. L’esito potrebbe essere lo stesso, la fine della democrazia, con al posto del fascismo, un sistema che comprende tutte le forze del Paese che vogliono conservare i loro privilegi e tenere a distanza di sicurezza la volontà popolare: criminalità organizzata, piduisti, istituzioni deviate, partiti.
Dalla vittoria alle politiche del 2013 del M5S stiamo assistendo a una Controriforma senza che vi sia stata una Riforma o un Martin Lutero, neppure Mussolini ebbe la sfacciataggine del trio NapolitanoRenzieBerlusconi, lui la dittatura la fece senza nascondersi dietro la parola “riforme” e la legge elettorale fascista Acerbo fu sicuramente più rappresentativa del corpo elettorale e rispettosa della democrazia del l’Italicum di Renzie e del notopregiudicato.
Le parole di Nino Di Matteo, che ha avuto il coraggio di dire che il re è nudo e con esso la democrazia sono forse un ultimo grido di allarme, sono parole pesantissime “Non si può assistere in silenzio al preminente tentativo di trasformare il magistrato inquirente in un semplice burocrate inesorabilmente sottoposto all’arbitrio del proprio capo, di quei dirigenti degli uffici sempre più spesso, purtroppo, nominati da un Csm che rischia di essere schiacciato e condizionato nelle sue scelte di autogoverno dalle pretese correntizie e politiche e dalle indicazioni sempre più stringenti del suo presidente.
Non si può ricordare Paolo Borsellino e assistere ai tanti tentativi in atto, dalla riforma dell’ordinamento giudiziario, a quella in cantiere sulla responsabilità civile dei giudici, alla gerarchizzazione delle Procure anche attraverso sempre più numerose e discutibili prese di posizione del Csm. Non si può ricordare Paolo Borsellino e assistere in silenzio a questi tentativi finalizzati a ridurre l’indipendenza dei magistrati a vuota enunciazione formale con lo scopo di annullare l’autonomia del singolo pm”. Parole.che ricordano l’ultimo intervento in aula di Giacomo Matteotti, esponente del Partito socialista Italiano. “Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. […] L’elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni. […] Per vostra stessa conferma (dei parlamentari fascisti) dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà… […] Vi è una milizia armata, composta di cittadini di un solo Partito, la quale ha il compito dichiarato di sostenere un determinato Governo con la forza, anche se ad esso il consenso mancasse”. 30 maggio 1924, Camera dei deputati
Come passano i tempi… Da Matteotti a Matteo. Oggi per imporre la dittatura la forza non è più necessaria, bastano le cosiddette “riforme…”.
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Fonte: Da Matteotti a Di Matteo? #lanuovadittatura
agbiuso
Napolitano: «Non ci sono spettri autoritari».
È una delle prove che ci sono spettri autoritari.
agbiuso
Il Movimento 5 Stelle sta commettendo l’errore evitato all’inizio: pensare che con il Partito Democratico si possa dialogare. Dovrebbero pur capire che si tratta di marpioni profondamente corrotti. Il PD è un incrocio tra la Democrazia Cristiana di Andreotti e Forza Italia. Con questo organismo politico non è possibile dialogare sul serio dei problemi dell’economia, della società. Con l’ultimo segretario, poi, il PD è diventato lo strumento che realizza i programmi di Licio Gelli. Squallidi. Lasciateli «dentro al sole baggiano della lor gloria. Che fu gloria mentita». (Carlo Emilio Gadda, Eros e Priapo, Garzanti, p. 72).
agbiuso
Il Partito Democratico sostiene -per voce della giovane Serracchiani- che «Berlusconi è sempre il benvenuto. Ci dà più garanzie del Movimento 5 Stelle».
Non c’è dubbio, vi dà più garanzie.
agbiuso
Il Fatto Quotidiano: Contro i ladri di democrazia, no al Parlamento dei nominati e all’uomo solo al comando – Firma la petizione
Nel 1994 stampai degli adesivi con la formula «Berlusconi ladro di democrazia». 20 anni dopo è peggio, con il Partito Democratico diventato ladro anch’esso.
agbiuso
Denis Verdini a giudizio per associazione a delinquere, bancarotta e truffa.
Con lui il Partito Democratico riscrive la Costituzione. E nemmeno si vergognano. Bravi.
Biuso
Nel suo editoriale di oggi sul Fatto Quotidiano Marco Travaglio indica alcuni dei principali contenuti del programma politico-sociale della P2 che il governo Renzi-Berlusconi sta realizzando: Patto del Nazareno e Senato dei nominati: piduisti a loro insaputa
Biuso
Renzi: «Diamo a Cesare quel che è di Cesare, finora Berlusconi interlocutore affidabile» Affidabilissimo è, se gli garantisci i suoi (loschi) affari.
Gli esponenti del Partito Democratico sono espliciti nel ritenere gli italiani una massa di deficienti. Forse lo sono, se hanno votato per questo partito (e per quello del loro compare).
aurora
non c’è niente da fare siamo in pieno clima “happy days”,ora,dopo i facili entusiasmi per un governo che racconta tante favole, il risveglio sarà atroce: “I soldi per la seconda rata degli 80 euro” in busta paga,forse questo mese non ci saranno.
agbiuso
Il Fatto Quotidiano: «Solo in Italia si può cambiare la Costituzione con un pregiudicato inseguito dai tribunali». Solo in Italia c’è il Partito Democratico.
Pasquale
Appunto. P.