Skip to content


Anche i musicisti piangono

Una fragile armonia
(A Late Quartet)
di Yaron Zilberman
USA, 2013
Con: Philip Seymour Hoffman (Robert), Christopher Walken (Peter), Catherine Keener (Juliette), Mark Ivanir (Daniel), Imogen Poots (Alexandra), Liraz Charhi (la ballerina)
Trailer del film

a_late_quartetIl quartetto d’archi The Fugue si esibisce da venticinque anni in tutto il mondo con risultati eccellenti. Durante le prove dell’Opera 131 di Beethoven il violoncellista Peter comunica che è affetto dal morbo di Parkinson e che dunque bisogna sostituirlo. Alla notizia i suoi colleghi reagiscono in modi diversi. La violista Juliette è affranta e rifiuta l’idea stessa di una sostituzione; il primo violino Daniel è preoccupato soprattutto della perfezione esecutiva che non deve venire meno; il secondo violino Robert chiede che si dia un nuovo inizio al Quartetto con l’alternarsi nel ruolo di primo violino di lui e di Daniel. Si scatenano, naturalmente, gelosie, rancori, ricordi. Anche perché Juliette e Robert sono marito e moglie e tra di loro non va molto bene. Hanno una figlia anch’essa violinista, che si sente molto attratta da Daniel. È quindi in gioco tutto: sentimenti, legami, carriere, arte. Ciascuno dovrà compiere le proprie scelte, cercando di soffrire il meno possibile.
Un film patinato e un’occasione per l’ascolto di Beethoven. Ma un’opera anche prevedibile e artificiosa, che deve tutto all’interpretazione neppure troppo convinta e a volte un po’ ingessata del quartetto di interpreti.

 

6 commenti

  • diego

    Giugno 25, 2014

    Grazie caro Federico, il libro lo conosciamo sia io che il prof. Alberto, ma certamente la competenza musicale rende la lettura ancora più significativa

    a rileggersi, sono temi affascinanti

  • Federico

    Giugno 25, 2014

    Certo è possibilissimo! Pensi che per quanto possa sembrare strano all’interno della mia testa, nei momenti in cui non sono impegnato in faccende particolari, mi risuona nella mente sempre un tema musicale, specie se lo sto studiando veramente!

    Io, per quanto mi riguarda, nel mio piccolo sarei in grado di comporre un semplice brano musicale per pianoforte senza mai andare a premere un tasto sullo stesso! Questo perchè tutti i suoni che possono essere riprodotti dallo strumento li ho “in testa”. All’inverso se mi si suonassero delle note sullo strumento, io sarei in grado di dire di quali note si tratta! Alcuni hanno definito questa capacità come “orecchio assoluto”. Sta di fatto che ho sempre avuto un grosso vantaggio nel corso dei miei studi pianistici perchè riuscivo facilmente a studiare un pezzo se già lo avevo sentito e quindi, in qualche modo, lo conoscevo!
    Un’ultima cosa: secondo me sarebbe impossibile improvvisare un brano su uno strumento musicale se non si avesse la capacità di conoscere i suoni e anche l’armonia al di fuori del fenomeno fisico! In un certo senso, chi improvvisa anticipa nella sua mente quello che poi suonerà qualche istante dopo e quindi già lo “conosce”, lo ha “sentito-udito”. Questo avviene anche quando si ascolta un brano, per certi versi l’ascoltatore attivo sa già in determinati punti come si dovrebbe evolvere il brano e se questo non accade (si utilizzano delle particolari soluzioni tecniche chiamate CADENZE) ci si ritrova come sorpresi ed abbiamo bisogno di reimpostare i nostri “standard di ascolto” per adattarli al cambiamento.
    È scontato ovviamente che una persona che nasce sorda dalla nascita non può immaginare in nessun modo cosa sia un Do piuttosto che un Sol è quindi necessaria una prima esperienza in generale, altrimenti…

    C’è un libro che parla di argomenti interessanti inerenti la musica e i suoi aspetti più particolari, probabilmente lo conoscete: Musicofilia di Oliver Sacks per la Adelphi!
    Grazie per la domanda molto interessante e spero di essere stato chiaro!

  • diego

    Giugno 25, 2014

    Grazie Federico per le sue preziose annotazioni. Avrei una curiosità, visto che ella è competente, che mi affiora dalla vicenda del grande B.
    Un musicista professionista è in grado di «pensare» un suono, anche nel silenzio fisico più assoluto?

  • Federico

    Giugno 24, 2014

    Grazie a Lei professore! È un piacere leggere questi articoli, si imparano sempre cose nuove!

  • agbiuso

    Giugno 24, 2014

    Gentile Federico, grazie per questo suo commento e per i link, soprattutto per il terzo, che davvero consente di gustare e capire l’arte di Beethoven in questo quartetto.

    Sullo stesso tema le segnalo un intervento di qualche anno fa:
    https://www.biuso.eu/2009/04/28/beethoven-grose-fuge/

  • Federico

    Giugno 24, 2014

    Sul quartetto:

    http://it.wikipedia.org/wiki/Quartetto_n._14_%28Beethoven%29

    http://brentanoquartet.com/notes/beethoven-quartet-opus-131/

    C-sharp minor = Do# minore

    In questo video è possibile seguire la partitura

    http://www.youtube.com/watch?v=lnQwovBZOF0

    Come in tutte le ultime composizioni di Beethoven, è possibile percepire il cambiamento dello stile compositivo (l’armonia classica si evolve verso uno stile sempre più romantico).
    È inutile ricordare che questo quartetto è stato ultimato nel 1826 quando il compositore era completamente sordo e questo la dice lunga sulla genialità della sua persona…la mente, professore, è veramente un luogo complesso! Il senso del tempo, la perfezione dell’armonia, la distribuzione della melodia sono perfettamente integrate all’interno della partitura e di certo non è cosa da poco!

    Un’altro esempio, in questo caso una Sonata per pianoforte (n°32), di composizione che ha ormai pienamente superato la fase classica e che si avvicina all’esperienza Romantica, qui c’è il link del primo tempo nell’esecuzione di Richter:

    http://www.youtube.com/watch?v=CBFphuxUlQA

Inserisci un commento

Vai alla barra degli strumenti