L’amico e collega Dario Generali in risposta a Liberi ha scritto:
Caro Alberto, premesso che non ho nulla in contrario, in linea di principio, alla TAV, che è un servizio che uso continuamente e che mi pare abbia contribuito a collegare l’Italia lungo il versante tirrenico della penisola, trovo che la mamma di Mattia abbia purtroppo assolutamente ragione nel giudizio che dà della classe politica italiana e della sua corruzione. Sono davvero maschere del potere oscene, prive di qualsiasi reale legittimità, perché la loro pratica di governo e le loro intenzioni sono in evidente conflitto con lo spirito della nostra Costituzione e con i più evidenti principi di onestà politica e intellettuale. Pure trovo che l’Italia sia da tempo avviata verso una condizione antidemocratica e autoritaria, di cui il progetto dell’Italicum ne è un’evidente riprova, che ci richiama la Legge Acerbo e la scalata al potere del fascismo. In questo clima l’insistito ricorso alla repressione poliziesca rappresenta uno strumento di contenimento e di eliminazione del dissenso, secondo logiche tipicamente autoritarie, che confliggono con quella che dovrebbe essere una regolata e democratica vita civile e politica.
Ringrazio il Prof. Generali per questo denso intervento, con il quale naturalmente concordo, e osservo che il Treno ad Alta Velocità contestato dal Movimento NoTav non è quello della linea Milano-Napoli, certamente utile anche se ormai finanziato a danno e detrimento delle linee ‘normali’, ma quello che dovrebbe collegare Torino a Lione, completamente inutile, economicamente disastroso, tecnicamente irrealizzabile, ambientalmente devastante.
Voluto però todo modo dalle forze legate alla delinquenza organizzata, alle banche, a Comunione e Liberazione. Questa è la situazione. E sul tema c’è un’ampia documentazione, che la stampa mainstream -megafono degli interessi finanziari- ovviamente ignora quasi del tutto. Anche gli arresti di questi giorni nell’ambito dell’Expo milanese confermano in pieno a che cosa servano ormai le cosiddette ‘grandi opere’.
Un esempio: l’Expo stava devastando i due parchi vicino ai quali abito -di Trenno e delle Cave- con dei fantomatici ‘canali leonardeschi’ di cemento che avrebbero inflitto un danno irreversibile all’equilibrio e alla struttura dei due parchi. Per fortuna la mobilitazione nostra (dei cittadini del quartiere) sostenuta dal Movimento 5 Stelle (unica forza politica a farlo) ha impedito che il progetto fosse portato a termine.
Questo è per me la politica e spero vivamente che l’Expo milanese fallisca, lo spero per il bene della mia e nostra città. Si tratta infatti soltanto di un’enorme occasione di furto del pubblico danaro da parte della ‘ndrangheta e delle sue interfacce politiche (Forza Italia e Partito Democratico). Pisapia è probabilmente un ingenuo in mano a costoro ma in politica l’ingenuità è un delitto. Ricordo quando Milano sconfisse (nel 2008) la concorrenza di Smirne per l’organizzazione dell’Expo 2015. Ricordo l’esultanza dell’allora sindaco Letizia Brichetto Moratti e dell’allora presidente del Consiglio Romano Prodi. Ricordo il loro abbraccio. Ricordo che fu per me un momento di grande amarezza. Perché sapevo che cosa l’Expo sarebbe diventato. I fatti mi stanno dando ragione.
23 commenti
agbiuso
L’Expo 2015 “si nutre” di menzogne.
agbiuso
Anche per la Lega Anti Vivisezione, l’Expo 2015 è “una vetrina internazionale di sei mesi che anziché porre l’accento sulla necessità di garantire cibo sufficiente alla crescente popolazione mondiale, assicurando condizioni di produzione più efficienti e più giuste, si sta rivelando, invece, un’ampia rassegna del greenwashing, l’esposizione di interessi, anche contrari alla salute, all’ambiente e agli animali, un lungo e martellante spot pubblicitario per la grande industria alimentare, un’esibizione di forza della produzione zootecnica”.
Qui il testo integrale:
EXPO, ALTRO CHE NUTRIRE IL PIANETA!
agbiuso
Expo, dentro il cantiere di Palazzo Italia a nove giorni dal via (22/04): le immagini
Una metafora efficace dello stato dell’Italia sotto il governo del Partito Democratico – Nuovo Centrodestra.
Sconsiglio vivamente la visita dell’Expo, in particolare del padiglione Italia. Se non per ragioni ideali, bisognerebbe evitare di andarci per non rischiare che qualcosa crolli addosso agli incauti visitatori.
agbiuso
L’associazione Altroconsumo è stata per molto tempo favorevole -pur se con moderazione- all’Expo 2015. Sul numero 291 (aprile 2015, p. 8) della rivista dell’associazione leggo invece una chiara presa di distanza:
“Che cosa ci fanno due grandi multinazionali del cibo non proprio salutare e sostenibile, il marchio italiano di cioccolato e merendine pieno di olio di palma e l’acqua più blasonata e cara del mondo, tra gli sponsor ufficiali di Expo 2015?
[…]
Nata per parlare di cibo come risorsa da non sprecare e delle diseguaglianze che abitano il pianeta, l’esposizione si sta trasformando nella classica rassegna di marchi famosi, chef e archistar. […] Resta l’amara constatazione che a comandare è sempre il denaro”.
agbiuso
Un esperto parla dell’EXPO che sta per aprirsi a Milano.
Un’operazione pericolosa per la città e criminale nelle sue modalità.
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I No Expo: «L’esposizione sarà solo una grande e pericolosa ubriacatura»
Alberto Di Monte in vista del corteo del 1° maggio: «Non vogliamo che il lavoro di otto anni sia ipotecato né si esaurisca in una sola giornata»
di Alessandro Da Rold
agbiuso
“Eccoci di nuovo alla prova dei fatti. Dopo l’ennesimo scandalo Expo e Tav, il Ministro delle infrastrutture del Governo Renzi, risulta coinvolto. Ancora una volta.
Se Lupi si dimettesse cadrebbe il Governo. Se restasse, cadrebbero invece gli ultimi brandelli di decenza rimasti alle istituzioni di questo Paese.
Ancora una volta Renzi sceglie le supercazzole invece di far dimettere il suo ministro. Sceglie la poltrona (che non si è mai guadagnato con libere elezioni) e rottama la legalità.
Anche Salvini ci va leggero, la Lega deve proteggere i suoi interessi in Lombardia. Il loro Presidente Maroni si regge sulle stesse lobbies che sostengono Lupi a Roma.
Expo: nutrire i corrotti, nutrire i partiti, affamare gli onesti.
Il Movimento 5 Stelle in questo schifo non c’è. Gli unici, ancora una volta a starne fuori”.
Luigi Di Maio
agbiuso
Arrestato Incalza: cade un pezzo del sistema tav
Questa mattina è avvenuto l’arresto di Ettore Incalza, super dirigente ai lavori pubblici, confermato dagli ultimi 7 governi che si sono succeduti. Un nome e una garanzia per la politica delle grandi opere che ha confermato uno dei suoi uomini di punta indistintamente da chi sedeva sul banco del governo.
Una garanzia già, infatti Ettore Incalza è stato inserito nel 2013 dal Ministro Lupi e il Ministro Alfano nella task force (un nome un programma) sulla Torino Lione, con Regione Piemonte, la Provincia di Torino, il Comune di Torino e il commissario governativo Mario Virano. Il compito designato a questo gruppo era quello di organizzare le “compensazioni” e le comunicazioni con il territorio…e sappiamo come è andata finire.
Già alla nomina Incalza poteva vantare un buon curriculum: 14 procedimenti e altrettante assoluzioni per reati contro la pubblica amministrazione, un buon soggetto insomma, gradito a tutto il sistema tav. Oggi cade sotto i colpi di un’inchiesta della procura di Firenze per vari reati legati alle grandi opere, il Tav e l’Expo. I magistrati in conferenza stampa hanno definito la cricca un “articolato sistema corruttivo che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori”.
Oltre a Incalza tra gli arrestati dai Ros c’è anche l’imprenditore Stefano Perotti che nel tempo “ha procurato degli incarichi di lavoro a Luca Lupi”, figlio del ministro Maurizio Lupi. A scriverlo è il gip di Firenze nell’ordinanza di custodia cautelare.
Niente di nuovo, ma evidentemente qualcosa è cambiato nella gestione del sistema tav, e quindi qualche affiliato va gettato nella mischia.
Sistema è il termine giusto perchè è di sistema che si tratta, quel sistema che fa incriminare i notav mentre meriteremmo una medaglia, uno per uno, al cospetto dello schifo (legalizzato o meno) che rappresenta la cricca di potere che si affanna a difendere opere inutili e dannose, utili solo ad arricchire familiari e amici indebitando l’intero Paese.
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Fonte: NoTav.info
agbiuso
Inutili non sono soltanto e prima di tutto queste ‘Grandi Opere’, inutili sono le teste che le concepiscono.
A pagare i danni di questi amministratori criminali saremo noi -“Stato e Regione Lombardia”-
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Il disastro Brebemi, soltanto 11mila auto al giorno contro le 80mila previste
la Repubblica, 7 marzo 2015
I costruttori puntavano a cifre decisamente più alte rispetto al bialncio dei primi sette mesi: inutile anche lo sconto sul pedaggio per attirare clienti. Ma altri soldi pubblici arriveranno nonostante il flop
«Venerdì scorso siamo andati oltre gli oltre 25mila utenti», disse pochi giorni fa presidente di Brebemi, Francesco Bettoni. Come a dire: vedete?, siamo in crescita, i numeri finalmente ci danno ragione. Il problema è che — fatto non specificato nell’occasione — il picco di quel giorno (20 febbraio) non era frutto del caso o di un improvviso innamoramento degli automobilisti per la nuova tratta che dal luglio scorso collega Milano con Brescia: c’era stato uno scontro fra tir sulla parallela A4. Traffico chiuso per ore, sette chilometri di code e relativo consiglio di Autostrade per l’Italia di “trasferirsi” sulla Brebemi.
I numeri ufficiosi del traffico sulla “prima autostrada costruita con i soldi dei privati” (anche se poi il grosso del finanziamento di partenza è stato di natura pubblica, con Cassa depositi e prestiti e Banca europea investimenti) sono da allarme non rosso, ma di più: nei primi sette mesi di apertura i transiti sono stati 2 milioni 300mila in tutto. Basta una semplice divisione e viene fuori il dato di 11mila auto al giorno. E pensare che le previsioni sulle quali si era calibrato l’intero piano finanziario dell’opera parlavano prima di 80mila auto, quindi 80mila pedaggi; poi col passare del tempo e vedendo come si mettevano le cose (cioè male) si scese a 60mila. Infine ci si accontentò di 40mila passaggi. La soglia, cioè, per non trasformare un mezzo flop in un disastro vero e proprio.
«Entusiasmarsi per 25mila auto in un venerdì fortunato — attacca Dario Balotta, responsabile Trasporti di Legambiente — rende l’idea dell’incredibile abbaglio preso da un’intera classe dirigente più simile a una banda di dilettanti allo sbaraglio». Visto il poco traffico e i conseguenti conti che di fatto sono già saltati, in soccorso ai privati (che rispondono ai Gavio e a Banca Intesa) sta arrivando il pubblico, ancora una volta. La Regione Lombardia ha stanziato 60 milioni in tre anni, dal governo ce ne sono in ballo altri 300, da dilazionare nell’arco 2017-2031. Sul cui stanziamento i parlamentari di Sel hanno chiesto delucidazioni al ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi. Anche la scelta di attirare più auto scontando la tariffa dei pedaggi del 15 per cento — tariffa che era più cara di quasi il doppio rispetto alla A4 — potrebbe rivelarsi una scelta controproducente. Perché per ammortizzare i costi dei “saldi” servirebbe un aumento del traffico che ad oggi, se si sta verificando, è solo in forma minima. Tradotto: ogni giorno che passa il debito di Brebemi aumenta.
Mentre le domande poste alla società dalla rivista Altreconomia («In che modo lo sconto andrà ad incidere sui ricavi attesi? Qual è la “riduzione” degli incassi attesa dagli utenti pendolari? Qual è invece l’aumento di incasso previsto dalla capacità di attrarre nuovi utenti? Quali sarebbero le conseguenze — per l’equilibrio del piano economico dell’azienda — qualora l’attrazione di nuovi utenti lungo la tratta non dovesse realizzarsi?») sono rimaste inevase. Ora si aspetta l’apertura del collegamento con la Teem e un rafforzamento della segnaletica stradale per capire se davvero non c’è alcuna speranza di risollevare la Brebemi. Dovesse finire male, la concessionaria Cal finirebbe per dover rilevare l’opera con i soldi dei suoi azionisti pubblici. Cioè lo Stato e la Regione. Alla modica cifra di 2 miliardi di euro.
agbiuso
La verità si avvicina. Il tempo è oggettivo, implacabile, saggio.
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“E se l’Expo il 1° maggio non riuscisse a partire? L’eventualità è catastrofica, ma a guardare lo stato del sito oggi, a 57 giorni dall’inaugurazione, vengono i brividi. Le opere completate sono solo il 18 per cento. L’8 per cento dei lavori è fermo, sospeso o ancora in fase di verifica amministrativa. I lavori in corso sono il 74 per cento, quasi i tre quarti del totale previsto”.
Così inizia l’articolo di Gianni Barbacetto e Marco Maroni: #ExpoStaiSereno
agbiuso
Expo 2015.
E vissero digiuni e contenti.
agbiuso
L’Expo dà alla testa. Di Renzi…
di Claudio Conti, Contropiano.org, 8.2.2015
Un politico mentitore seriale prima o poi arriva al dunque. Quando la frequenza delle sue menzogne supera una determinata soglia, il divario tra quel che dice e la realtà empirica percepita da tutti diventa solare, palpabile, senso generale.
È lì che il mentitore seriale deborda in fascismo, ansioso di colmare con una overdose di autorità il vuoto di autorevolezza che collassa nelle sue parole.
Il discorso di Renzi a Milano, nell’Hangar Bicocca, in un incontro in preparazione dell’Expo, ha avvicinato pericolosamente ma chiaramente questo momento. Lo scarto si è potuto registrare su due livelli apparentemente lontani ma coincidenti: situazione internazionale e conflitto sindacale.
Andiamo con ordine. Mentre si cantano le grandiose sorti di un’esposizione universale che dovrebbe contribuire – con il sostanzioso aiuto del quantitative easing della Bce – a stimolare un singulto di crescita (lo 0,6%, nelle previsioni), è assolutamente normale che si esageri in ottimismo. Non è dunque strano che Renzi si sia sbracciato nell’assicurare che per l’Italia il 2015 “è un anno felix, che non vuol dire semplicemente felice, ma fertile”; un anno in cui “ci sono tutte le condizioni per tornare a correre”. “Dall’Europa – ha detto – qualcosa si muove: la comunicazione sulla flessibilità, il piano degli investimenti, le misure della Bce”. Anche per questo “sforzo pressante il rapporto fra euro e dollaro è tornato nei canoni della normalità che aiuta le nostre imprese. Se a questo si somma la crisi del petrolio le condizione economiche internazionali ci lasciano un anno di opportunità”.
Naturalmente, visto che parlava davanti a una platea di 500 esperti, industriali, nove ministri (Poletti, Galletti, Guidi, Martina, Orlando, Franceschini, Boschi, Giannini e Lupi), i rappresentanti degli oltre 140 Paesi partecipanti all’esposizione universale, era altrettanto logico che lodasse in primo luogo se stesso: i provvedimenti del governo, come aver tolto il costo del lavoro dall’Irap, “non lasciano più alibi a nessuno”. Insomma: industriali, vi ho spianato la strada, abbassato le tasse, precarizzato completamente il lavoro, eliminato l’art. 18 e quindi riaperto la ghigliottina sul conflitto sindacale, ora datevi da fare…
Nelle stesse ore, i leader europei davvero importanti – Merkel e Hollande – tornavano da Mosca pronunciando parole di tutt’altro tenore: “Era l’ultimo tentativo – ha riassunto Hollande – se non riusciamo a trovare un accordo sappiamo che c’è un solo scenario all’orizzonte… E si chiama guerra”. Scettica anche la cancelliera tedesca Angela Merkel: “Dopo i colloqui di ieri posso dire che è incerto che questi abbiano avuto successo, ma ha certamente avuto valore il tentativo”.
L’Europa si trova dunque sull’orlo di una guerra, contro un avversario dotato di un buon potenziale bellico convenzionale, di un ottimo sistema missilistico (la “nostra Samantha” e tutti gli altri astronauti possono partecipare alle missioni ed essere riforniti solo grazie ai vettori russi, mentre l’americano sistema Atlas è rovinosamente fallito) e soprattutto di un efficiente armamento nucleare. Una situazione fuori controllo, originata dall’ansia statunitense di trasformare la crisi ucraina in un regolamento dei conti globale, che “sta uscendo fuori dal nostro controllo” (come ha ammesso il ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier).
Siamo insomma sull’orlo di una guerra simmetrica, stavolta. Non contro un piccolo satrapo mediorientale, non contro “terroristi” in grado al massimo di entrare in una redazione o in un supermercato. Stiamo sull’orlo del baratro delle civiltà e il presidente del consiglio ne prescinde totalmente? Si gode la sua platea di committenti (è stato Sergio Marchionne a dire “ce l’abbiamo messo noi, lì”) e disegna sulla sabbia le meravigliose opportunità del fututo breve? Ma cosa ha nella testa?
Non molto, temiamo. L’attuale classe politica italiana è fatta di piccoli uomini e donne, con interessi e orizzonti tragicamente ristretti, impegnatissimi giorno e notte nella concorrenza reciproca per emergere o non affondare. Piccole teste abili quasi soltanto nel tessere trame con pochi complici (se diventano tanti “si perde il controllo”); consapevoli di esser lì conto terzi e per un tempo breve, piccoli Goebbels armati da un ristretto elenco di frasi mandate e memoria e ripetute sempre uguali, sia che si parli di eleggere il presidente della repubblica o di sistemare un amico alla guida di una partecipata.
Per loro le nubi di guerra sono un fenomeno fuori portata, cui penserà qualcun altro più dotato. Se necessario, diranno che bisogna fare ciò che l’Unione Europea e la Nato decideranno, senza eccepire nulla.
Quel che è alla loro portata è soltanto il conflitto sociale interno, le regole del mercato del lavoro, i tagli alla spesa pubblica, la distruzione del welfare e dell’architettura costituzionale. Qui, con buona pace dei vendoliani speranzosi, Renzi ha fatto capire meglio di che pasta sarà fatto il suo regime, prima di crollare.
“Dobbiamo recuperare non dico un po’ di amor proprio, ma di amore per la realtà dei fatti – ha buttato lì -. E il passo successivo è che ciascuno di noi si senta chiamato in campo”. Vecchia retorica del “siamo tutti nella stessa barca”, riadattata però in “fare squadra nazionale”. Una squadra dove gli imprenditori prendono e i lavoratori devono mettere, in totale silenzio. In questo senso, va letta l’annuncio che il governo “è pronto a tutto” perché il primo maggio, giorno dei lavoratori, alla Scala vada in scena come in programma la Turandot. Pronto anche a “misure normative”.
Pronto dunque a cambiare la legge, vietare lo sciopero, precettare i lavoratori, mandare la polizia. Il tutto con la regia giustificazione di “evitare una figuraccia internazionale”.
Deve essere per questa ansia di “belle figure internazionali” che ha messo alla guida una figura come Francesco Micheli…
Si annuncia una bella primavera, in bilico tra il tragico e il ridicolo (la cifra tipica del fascismo italiano), tra la guerra globale e la casareccia guerra al lavoro. Potremmo scoprire che quando diceva “felix” intendeva il gatto…
agbiuso
Un articolo di Raffaele Liucci su treccani.it a proposito della corruzione totale del Mose di Venezia, gemello dell’Expo di Milano: Mose, un mostro che uccide Venezia
agbiuso
Sull’EXPO 2015 continuano a piovere arresti, tangenti, inchieste, corruzione.
Una grande opera per mafie e camorre.
E io continuo a sperare che fallisca, anche per salvare Milano.
Biuso
Uno dei capi della criminalità politica in visita all’Expo milanese:
«Tranquilli, i soldi per noi e per i nostri partiti arrivano lo stesso da questa grande opera. Per il resto, italiani e milanesi sono dei fessi, non c’è da preoccuparsi. Li sto anche convincendo che dobbiamo trivellare i nostri mari in cerca di petrolio!»
Alberto G. Biuso » Il vincitore
[…] mani e piedi all’ultraliberismo del Partito Democratico, al suo massacro sociale e alla sua corruzione amministrativa significa privare di qualunque futuro le nuove generazioni. Quando molti genitori lo capiranno […]
agbiuso
#GlieloChiedePrimo
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Il 19 maggio si vota l’ennesima fiducia imposta dal governo Renzie sul decreto legge sulla “Casa” che dà fondi per 25 milioni al Comune di Milano per l’Expo 2015. Glielo chiede Primo, il compagno G.
“Arriva il “DL Casa” che nasconde quattrini ai cementisti e, peggio che peggio, all’EXPO. Con la scusa dei senzatetto, e del “decreto urgente”, ci costringono ad approvare tutto il minestrone di corsa. Una legge porcata.
La lista di chi aspetta una casa popolare conta 650 mila persone. E questa legge? Risolve il problema, dice il governo e strombazza la stampa. Come? Semplice: sbattendo fuori inquilini dalle case popolari, con la “mobilità” (già sentito?); radendo al suolo le case popolari nelle zone centrali e ricostruendole chissà dove. Risultato: i cementisti si appropriano del posto al sole, i cittadini fanno le valigie. Sfratti a 68mila famiglie; perdita di tutti i diritti civili e assistenza sanitaria per chi occupa edifici abbandonati.
Per finire, ancora EXPO: altri 25 milioni al Comune di Milano. La fantasia aiuterà a indovinare in tasca a chi finiranno, anche questi. Canteranno Bella ciao anche stavolta?”
M5S Camera
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Fonte: #GlieloChiedePrimo
Alberto G. Biuso » Esilio
[…] vivo il malaffare. Non soltanto nelle grandi opere / grandi appalti, come il TAV Torino-Lione o l’Expo milanese del 2015, autentici verminai gestiti dai gruppi finanziari, dalle aziende, dagli enti locali legati al […]
agbiuso
«L’unica cosa da fare è fermarlo»
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Quando Renzie ci mette la faccia i cittadini ci mettono il culo (e i soldi). Renzie ha detto che sull’Expo lui ci mette la faccia, è arrivato buon ultimo dopo i renziani Fassino e Chiamparino, ottimi conoscitori di Greganti e Quagliotti, che la faccia l’hanno già persa da un pezzo, il culo ce l’hanno messo i piemontesi e i torinesi indebitati come delle lippe.
L’Expo è il gioco dei quattro cantoni nel quale il responsabile di una fantomatica task force nominato da Renzie si chiama proprio Cantone. Un signore che ha la responsabilità dell’autorità anticorruzione e che sulla corruzione dell’Expo non ne sapeva nulla. A che pro prende quindi lo stipendio e a cosa serve l’autorità anticorruzione? Come cantava Bob Dylan sono domande perse nel vento. Nel gioco dei quattro cantoni, oltre a Cantone, c’è un commissario che si chiama Sala. E’ indignato e sorpreso dal comportamento dei suoi collaboratori. E’ come se il commissario Maigret durante le sue famose inchieste avesse sempre come collaboratori dei ladri e non se ne accorgesse e gli venisse confermata la fiducia. Quindi nei primi due cantoni ci sono un responsabile dell’anticorruzzione che nulla ha visto sulla grande abbuffata di Milano e un commissario che andrebbe commissariato per incapacità o dabbenaggine.
Il terzo cantone è pieno di vecchi compagni e di trafficanti di soldi pubblici trasformati in tangenti. Ci sono, tra gli altri, il compagno Q, detto Quagliotti, il compagno G, detto Greganti, che si è fatto la galera pur di non mandare in galera i percettori delle sue tangenti. Un eroe della sinistra, come Mangano è un eroe di Berlusconi e Dell’Utri. Un concentrato di omertà e peste rossa.
Nell’ultimo cantone ci sono gli innominabili di cui tutti sanno i nomi: i politici, quelli che la politica non c’entra nulla con i ladri dell’Expo. Si ripete la scena di Craxi che scaricò Mario Chiesa ai tempo di tangentopoli dandogli del mariuolo prima di finire latitante per evitare la galera.
Nei cantoni ci sono i controllori che non controllano. Un responsabile anticorruzione distratto che controlla un commissario dispiaciuto è roba da film del commissario Clouseau, ci sono i tangentisti che fanno il lavoro sporco e rubano a man bassa, sempre gli stessi poi, imprendibili anche se invitati alle riunioni di partito e spediti in Parlamento, ci sono i politici che agiscono nell’ombra e che poi si indignano, ma non con i ladri, ma con chi si indigna per le ruberie spiegando che è una vergogna che i ladri finiscano in galera in periodo elettorale e che questo si traduca in un vantaggio nelle urne per chi non ruba. Roba da matti e da pericolosi populisti. Per la par condicio bisognerebbe arrestare qualche cittadino onesto, meglio se iscritto al M5S.
In Parlamento da decenni si parla di legge anticorruzione e sul conflitto di interessi. Se ne parla e basta, se no come si potrebbe continuare a rubare? La prossima autorità anticorruzione dovrebbe occuparsi a tempo pieno dei partiti a iniziare dal PD. I suggerimenti glieli darà (gratis) il M5S. E’ un lavoro facile, facile. L’Expo è un furto aggravato e continuato, il 90% degli appalti e dei subappalti è già stato assegnato. L’unica cosa da fare è fermarlo.
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Fonte: Diretta: conferenza stampa sull’Expo
aurora
da i tanti discorsi che si sentono sembra che la rivoluzione sia alle porte,io non credo che ci sarà una rivoluzione,troppe persone sguazzano nell’abbondanza,il popolo soffre,e non interessa a quelli che sguazzano nel benessere e stringono i fili del potere
Pietro Ingallina
Mi permetto di rilanciare con un’altra spinosa situazione gemella a quella della TAV.
Ecco il primo articolo a portata (più) internazionale sul MUOS.
agbiuso
Televideo – 11/05/2014 15:23
M5S: “Se sfondiamo il 30%, Renzi crolla”
15.23 “Credo che potremo sfondare il 30% dei voti. Io e i miei colleghi ci sentiamo pronti per governare e se il Movimento 5 Stelle sfonda il 30% il giorno stesso il governo Renzi crolla” e ad “accoltellarlo sarebbero i vari Civati e Cuperlo”.
Così Di Battista a In Mezz’ora. E poi: “Siamo pronti a chiedere la chiusura dei lavori” sull’Expo. “E’ questo l’unico modo per dire:è pieno di malaffare, non si può fare. Noi non siamo al governo,siamo una forza di opposizione, ma se fossimo al governo faremmo diversamente da Renzi”.
agbiuso
Nando Dalla Chiesa parla giustamente dell’ “Expo e le tangenti. L’Expo e la corruzione. Milano e l’inguaribile malattia che la sfregia da decenni“.
Non soltanto Milano, non soltanto la Calabria o il Sud. L’intera Italia.
Ma per Milano mi piange il cuore. Maledetti ciellini.
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Expo 2015, la legge è diventata un impaccio
di Nando dalla Chiesa | 11 maggio 2014
E alla fine, di nuovo, è dovuta arrivare la magistratura. L’Expo e le tangenti. L’Expo e la corruzione. Milano e l’inguaribile malattia che la sfregia da decenni. Non ci voleva molto a vederlo. Expo 2015 è diventata sempre di più un totem, una religione. Vietato parlare di legalità, di regole da rispettare. O meglio: benvenuti gli annunci trionfali di legalità, i patti mano nella mano, come moschettieri, per un evento “mafia free”. Solo che mentre le figure-immagine delle istituzioni rassicuravano sul rispetto delle leggi, e su protocolli sempre più stringenti, i molti poteri economici che si sono affollati intorno al Grande Evento sono andati tessendo una tela contraria, talvolta con tanto di benedizioni politiche dall’alto. E hanno suonato la loro musica a reti unificate: se i controlli continuano, se ci preoccupiamo troppo delle imprese di ‘ndrangheta o di Cosa nostra, al maggio 2015 non ci arriveremo mai.
L’Expo rimarrà una grande incompiuta, con tutti i danni di immagine che ne deriveranno per l’Italia e per Milano. Legalità contro efficienza. Come tante volte è accaduto in questo paese, come sempre più sistematicamente è accaduto a botte di commissari straordinari, emergenze e urgenze internazionali. Si è arrivati perfino a sostenere, con argomenti giuridici surreali, che per l’allestimento dei padiglioni stranieri non debbano valere i protocolli, mica si può imporre la nostra legge agli stranieri. Ci si è perfino avventurati a teorizzare che questi padiglioni, in quanto rappresentanza di specifici Stati esteri, debbano essere equiparati alle ambasciate. Un gigantesco extra legem. Quel che è accaduto in un clima di accondiscendenza intellettuale ha avuto evidenza pubblica. Tanto che chi aveva il compito di offrire suggerimenti proprio in tema di rischio mafioso era stato facile profeta: dopo avere perso due anni solo per nominare l’amministratore delegato di Expo, ci sarebbe stata la corsa finale per trasformare in nemico della patria chi avesse sollevato qualunque problema di legalità.
Così è potuto succedere che tornassero nel grande motore economico della capitale lombarda i Greganti e i Frigerio. Perché, un decennio dopo l’altro, c’è sempre una ragione per vivere le leggi dello Stato come impacci allo sviluppo. Stavolta è stato il mito dell’immagine della città. A nessuno (o quasi) viene in mente che c’è un tema dell’Expo – come nutrire il pianeta – che dovrebbe qualificarlo e mobilitare sin da ora scienziati, ricercatori, università, associazioni, amministrazioni, imprese del made in Italy e non solo. Nessuno (o quasi) pensa che l’immagine dell’Expo non sarà data tanto dalla quantità dei padiglioni (anche quelli, si intende) ma sarà data soprattutto del livello di proposte, ricerche, riflessioni, dalla biologia alla filosofia, capaci di porre al mondo in modo nuovo l’argomento che dovrebbe stare al centro dell’appuntamento . Per ora dettano legge sbancamenti, costruzioni, grandi opere e fatturati. Ed è in questa rete di affari che cercano vantaggi i profittatori di ogni risma. Le imprese calabresi o i professionisti e i manager che promettono qualunque appalto in cambio di carriere, secondo la formula testualmente intercettata dai magistrati. Ancora le tangenti, dunque.
Stavolta però è diverso. Non si chiedono soldi, che hanno l’inconveniente di essere tracciabili. Si chiedono vantaggi “di rete”, perché le carriere possono garantirle solo reti di amministratori, politici e manager spregiudicati impegnati in un gioco di squadra. Un pagamento lo può fare una persona sola. La carriera la può garantire “un sistema”. Appunto il sistema messo plasticamente a nudo dall’inchiesta brianzola che ha portato alla condanna dell’ex assessore Massimo Ponzoni, potente esponente del mondo ciellino ma anche definito da un magistrato, per iscritto, “capitale sociale” della ‘ndrangheta.
La reputazione di Milano e gli investimenti internazionali. Ecco, se c’è qualcuno che sta rovinando la prima e pregiudicando i secondi è proprio la corruzione. Che sfregia il volto della città, lo sporca, lo consegna come inaffidabile alla comunità internazionale, la quale notoriamente preferisce andare là dove c’è un diritto certo e impersonale, non un diritto preda delle clientele. Meglio allora un Expo con un po’ di cemento in meno, ma con la faccia pulita e un dibattito scientifico e politico di avanguardia, che un Expo sfarzoso, con la faccia rossa di vergogna e un progetto culturale raffazzonato; che spiega al mondo che in Italia, quando si ha di fronte la ‘ndrangheta, invece di selezionare i manager con rigorosi criteri di moralità, si mettono nei posti di vertice quelli che gli appalti li danno in cambio di carriere.
La ‘ndrangheta, quando fa le sue selezioni interne, è più esigente. Ed è questo che fa la differenza.
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Fonte: Il Fatto Quotidiano, 11 Maggio 2014
marina
Condivido assolutamente la precisazione sul Movimento No TAV. La protesta della valle di Susa non ha nulla a che fare con le linee ad alta velocità per passeggeri, utilissime, anche se, tipicamente, gestite a scapito (o meglio, a totale detrimento) di quelle secondarie.
Ringrazio invece il Prof. Generali per le sue amare, ma sacrosante considerazioni. Da tempo mi vedo guardare in modo strano dai miei interlocutori quando (sintetizzando) affermo che più che un piccolo Berlusconi io vedo in Renzi un piccolo Mussolini. Berlusconi è entrato in politica soprattutto per difendere i propri interessi personali, mentre quello di Renzi & C. è un progetto politico di ampio respiro per stravolgere l’intero impianto istituzionale. Le “riforme” che, secondo lui e i suoi sicofanti, il “paese” reclamerebbe altro non sono che le tappe di un fascismo strisciante, che se non è (ancora) passato al manganello e olio di ricino è per mancanza di un’opposizione degna di questo nome. Credo che nel Movimento 5 stelle si trovino alcuni giovani meritevoli di migliore sorte (e quindi, pot4enzialmente a rischio), ma, paradossalmente, per ora sono protetti da violenze fisiche dal vuoto assoluto delle grottesche vociferazioni di Grillo, che li priva di qualunque vera visione politica e, quindi, di ogni concreta pericolosità per il regime “in progress”. Ma la situazione, purtroppo, evolve rapidamente, e per ora abbiamo visto solo l’inizio.