Nebraska
di Alexander Payne
USA, 2013
Con: Bruce Dern (Woody Grant), Will Forte (David Grant), June Squibb (Kate Grant), Stacy Keach (Ed Pegram), Bob Odenkirk (Ross Grant)
Trailer del film
Un vecchio alcolizzato, con una moglie terribile ma con dei figli che nonostante tutto lo amano, riceve un foglio pubblicitario che gli comunica la vincita di un milione di dollari. Comincia a camminare dal Montana verso Lincoln, capitale del Nebraska, dove deve riscuotere la fantomatica quota. La moglie vorrebbe metterlo in una casa di riposo. Il figlio David accompagna invece il padre. Lungo il tragitto lo porta dai fratelli, dai vecchi amici, nell’antica casa di famiglia abbandonata. A tutti Woody racconta della sua vincita e immediatamente i parenti e gli amici chiedono di restituire antichi e inesistenti debiti. L’avidità si legge sui loro volti sfatti e obesi, nei loro gesti pesanti e volgari. Cittadine senza «centro», senza cuore, dalle case sparse -isolate anche quando sono vicine- nella sconfinata pianura dell’America profonda, dei veri Stati Uniti. Quelli del denaro e della birra, del televisore sempre acceso e di una ignoranza irredimibile. Non sanno niente e nulla vogliono sapere. Soltanto il dollaro e il suo colore. E questi barbari sono i nostri padroni. Un bianco e nero triste ed elegante racconta la vita dei subumani che abitano gli States.
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5 commenti
agbiuso
La ringrazio, piuttosto.
Lei ha ben colto le mie intenzioni. Parlavo degli USA, certo. Ma quello che mi interessa davvero è l’Europa. Anche quella terra europea che, come il Veneto ma non soltanto, conferma pienamente che “questi barbari sono i nostri padroni”.
70 anni di occupazione militare e mediatica degli eserciti e della cultura statunitense hanno prodotto lo squallore antropologico che lei ben descrive.
I governi della Repubblica, tutti e ancor più quello attuale, sarebbero in realtà da sottoporre a processo per alto tradimento nei confronti degli interessi della nazione italiana, che hanno svenduto e continuano a svendere a una potenza straniera.
La questione del MUOS a Niscemi è soltanto l’ultima prova di tale sottomissione.
c#er
Dopo due anni in Veneto a fare il programmatore (anche a questo, per inciso, può portare una laurea in filosofia), non posso fare altro che constatare quanto lo scenario descritto in questa recensione ben si applichi al territorio del Veneziano (perlomeno quello di recente bonifica), con le sue cittadine senza «centro», senza cuore, dalle case sparse -isolate anche quando sono vicine- nella sconfinata pianura Padana. Quella del denaro e del vin, del televisore sempre acceso e di una ignoranza irredimibile. Non sanno niente e nulla vogliono sapere. Soltanto “i schei” e il loro colore. Forse la nostalgia distorce la mia percezione delle persone, ma non credo sia un caso che qui il culto degli U.S.A. e della capacità di crescita delle multinazionali raggiunga livelli imbarazzanti, così come imbarazzante è il livello di volgarità e maleducazione di adulti infantili, cervelli istupiditi, corpi volgari nello spazio, per i quali il dialogo si riduce a chiacchiera e sfoggio di pregiudizi (per lo più slogan televisivi) e i momenti più interessanti della giornata sono il pranzo e la cena. Un orizzonte distopico dell’idiota globale prossimo al compimento.
(Mi perdoni se mi sono permesso di parafrasarla e citarla qua e là, ma niente di più lapidario ed efficace è possibile dire sull’argomento)
Adriana Bolfo
Bella recensione e riflessione come sempre.
Quanto agli interessati solo al denaro, a prescindere dai personaggi del film non visto: dove il povero o il “poco capiente” è letteralmente un “bandito”, cioè un escluso da quanto ancora nella vecchia Europa consideriamo normale diritto – istruzione e sanità -, ma per forza si attacca al denaro, quello che ha e soprattutto quello che non ha.
Paradosso? Mica tanto: mai sentito tanto parlar di soldi, nelle classi di reddito medio-basso come nell’attuale persistente crisi, che punta ad estremizzare disoccupazione, precarizzazione e conseguente riduzione dei salari.
Nella bella e davvero SUPERIORE Europa della cultura e dei servizi sociali di base, e alcuni anche di punta, come l’istruzione con le sue eccellenze universitarie, la crisi sempre più galoppante e suicida dell’Eurozona ha come sbocco la distruzione del sistema sociale di base. Se la cosa non viene fermata, credo che ci si troverà in tanti al livello di poveracci non solo di spirito nel senso più alto, poiché le situazioni terribili non fanno solo fiorire solidarietà e altruismo tra con-sorti e con-terranei, ma anche tra popoli diversi. Non solo empatia, solidarietà, generosità, ma anche proprio tutto il contrario – come, mi par di capire, quei personaggi.Sempre non avendo visto il film: se costoro sono danarosi, somigliano forse al livello medio-basso di quelli che sulla miseria o sul denaro altrui guadagnano.
agbiuso
Sì, caro Diego, credo che il Bianco e Nero venga valorizzato dal digitale.
In generale, “i mezzi tecnici” sono “le poetiche”, le rendono possibili e le costituiscono. Perché le tecnologie sono intrinseche al corpomente umano, individuale e collettivo.
diego
comunque un bel film, direi
dato che ho appena visto «ida» di pawlikowski (non sono un mago, ho fatto copiaincolla per il difficile nome), vorrei sottoporre a te un quesito, caro alberto, visto che sei un cinefilo di pregio
il B&N sta rinascendo?
io ho amato moltissimo alcuni film in B&N, per esempio di kazan, e poi due film magnifici come «nel corso del tempo» e «lo stato delle cose» di wenders, senza dimenticare «effie briest» dell’indimenticato fassbinder
ora però ti chiedo se ho ragione su un’ipotesi: la proiezione digitale (oltre che la ripresa) mi pare comporti al B&N un nitore visivo molto fruttuoso (che per altro mi piace invece poco nella fotografia)
l’ultimo che ho visto, appunto «ida», mostra un B&N magnifico, perfettamente adatto anche alla resa del film ambientato nella polonia degli anni ’60
insomma, il digitale, dà una spinta al B&N secondo te?
la luminosità della proiezione aiuta parecchio
io sono sempre convinto che i mezzi tecnici influiscono sulle poetiche