Sacro GRA
di Gianfranco Rosi
Italia, 2013
Trailer del film
Gli spazi che abitano gli umani, i luoghi che essi attraversano e che li attraversano, diventano parte e somma della loro sostanza temporale. Lo spazio è infatti il fotogramma del presente che sembra fermarsi nell’istante. È anche per questo che i medesimi luoghi possono apparire assai diversi a diversi corpimente e che lo stesso luogo cambia profondamente se una distanza temporale ci separa a lungo da esso.
Roma, quindi. Che cos’è Roma? È lo spazio clamoroso e affascinante de La grande bellezza o è il luogo gorgogliante di silenzi di Sacro Gra? È la sede per eccellenza di un potere millenario che dalla ieratica ferocia degli imperatori è giunto alla volgarità degli onorevoli analfabeti? È l’epifania di un cattolicesimo immortale o è la malinconica tomba di Dio della quale parla “l’uomo folle” della Gaia Scienza? Roma è tutto questo. Ed è altro. Sempre.
È tale alterità che descrive il film di Rosi. Che non è una storia ma non è nemmeno un “documentario”. I suoi dialoghi non sono finti ma nemmeno sono veri. È teatro. Il teatro della miseria e della dignità, dei finti nobili che abitano dimore pacchiane e dei veri nobili ridotti e ricondotti alle case popolari. Il teatro del sesso per i soldi e della passione per le palme. Il teatro delle anguille e dei fotoromanzi. Il teatro del sangue, della demenza e dell’andare infinito lungo una strada, il Grande Raccordo Anulare, che è un cerchio. 64 chilometri che tornano sempre su se stessi a circondare «come anelli di Saturno» la capitale del cattolicesimo e dell’Italia.
Questo luogo e teatro della mente è raccontato da Gianfranco Rosi con la splendida fotografia che rende limpidi i nembi, surreale la neve, abbacinati i fedeli in visita al santuario del Divino Amore. E su tutto si dà il montaggio, in cui il cinema consiste e nel quale si risolve. Montaggio che trasforma le esistenze affaticate e vuote degli umani nella creazione sempre altra dell’occhio che li guarda.