Non soltanto terrorizzati. Ma ora anche mummificati. Terrorizzati sino alla mummificazione. Costretti ad affidare la presidenza della Repubblica a un soggetto –il Peggiore– che la dovrebbe tenere sino a 94 anni. Spaventati al solo pensiero che un uomo non ricattabile e giuridicamente preparato potesse accedere -diventando presidente- a documenti riservati. L’indicibile deve essere tenuto ben nascosto.
Questo timore contribuisce a spiegare le ragioni mai esplicitate che hanno indotto il Partito Democratico a rifiutare pervicacemente di risorgere -anche dopo la catastrofe successiva alla mancata elezione di Prodi- eleggendo Rodotà (un uomo appartenente alla storia dei quel partito) e formando un governo con il Movimento 5 Stelle, che glielo ha proposto più volte, in modo aperto e insistito. Hanno agito come se questa via d’uscita non esistesse. Le ragioni di tale testardo diniego devono dunque essere profonde, oscure, sostanzialmente criminali. Con la “stupidità” o con la “follia”, infatti, non si spiega nessun evento storico, neppure questo.
In ogni caso, l’elezione di Napolitano conferma molte cose. Tra queste:
– L’essere ormai i ceti dirigenti del tutto mummificati, oltre che spaventati da un reale cambiamento.
– La conventio ad excludendum posta sin dall’inizio -nonostante tutte le manfrine del Partito Democratico- nei confronti del Movimento 5 Stelle, come il tenace rifiuto di eleggere Rodotà ha dimostrato in modo evidentissimo.
– L’aver sin da subito dopo le elezioni il PD optato -su spinta incessante di Napolitano- per un governo con dentro tutti (tranne Sel e 5S) e quindi un governo di impunità per Berlusconi.
– Il chiarissimo tradimento che il Partito Democratico ha attuato nei confronti dei tanti suoi elettori che hanno creduto alla favola di un “governo del cambiamento”, mentre si ritroveranno ora alleati di Berlusconi in un governo che proseguirà la politica ultraliberista del governo Monti; un governo ancora più arroccato nei privilegi del ceto politico contro le indagini della magistratura; un governo nemico dei diritti e dell’eguaglianza; un governo che sarà protetto, coccolato, esaltato dalla televisione e da tutta la cosiddetta “grande stampa” (la Repubblica, il Corriere della sera, il Sole 24 ore), in realtà composta da “grandi servi”.
– L’aver costituito Napolitano -un ex fascista ed ex stalinista (“ex”?)- un baluardo a difesa di Berlusconi, che è entusiasta della sua rielezione.
– Lo spingersi sino a un golpe costituzionale; se i costituenti, infatti, non sentirono il bisogno di escludere formalmente un secondo mandato è perché l’Italia alla quale pensavano era una Repubblica parlamentare -come Ciampi ribadì rifiutando nel 2006 la proposta di una sua rielezione– che Napolitano ha invece trasformato di fatto in una Repubblica presidenziale. Non si era mai visto che un candidato alla presidenza ponesse delle condizioni al Parlamento per essere eletto, come ha fatto Napolitano.
Tutto questo è squallido e molto grave ma spero che non durerà. Anche perché -come scrive oggi Giso Amendola su Alfabeta2– il ceto politico che ha compiuto questo delitto contro il futuro e contro le istanze più dinamiche del corpo sociale, ha così deciso «di rompere definitivamente ogni ponte con intere generazioni, con i linguaggi e i desideri del presente, con la vita».
“Lascia che i morti seppelliscano i loro morti” (Lc, 9, 60).
30 commenti
Il nemico della Costituzione - agb
[…] Mummificati (21.4.2013) […]
agbiuso
“Non sanno come dirlo agli italiani, non sanno come ammettere che stavano facendo una legge non nell’interesse generale del paese, bensì nell’interesse di due forze politiche che sono corresponsabili della distruzione del paese”.
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Dopo la sentenza della Corte Costituzionale anche la Cassazione è intervenuta per dichiarare l’avvenuta violazione da parte del Porcellum dei diritti dei cittadini, dei singoli cittadini italiani, in materia di voto. Rispetto alla declaratoria di illegittimità della legge elettorale da parte della Consulta, la sentenza della Suprema Corte n. 8878 del 2014 ci consente, pero’, un passo avanti.
Non solo il Porcellum è incostituzionale, esso ha violato i diritti di ciascuno di noi. La Cassazione ha accertato, cioè, l’illegittimità non tanto della legge in se stessa (accertamento già svolto e spettante alla Consulta), quanto dei suoi effetti. In primo luogo, gli effetti sul diritto di voto dei singoli cittadini. Ma, appare evidente, anche sulla legittimità dei parlamentari eletti per effetto della legge elettorale.
La Corte, certamente, riprende la teoria del “fatto compiuto” con cui la Consulta aveva “salvato”di fatto i deputati e senatori eletti con il Porcellum, ma insiste al contempo sull’avvenuta violazione del principio di rappresentanza. Insomma, si ripropone il problema che lasciava aperta la sentenza della Corte Costituzionale: come si può sostenere la legittimità (politica) del Parlamento eletto con una legge che ha violato il principio della rappresentanza democratica, calpestando direttamente i singoli diritti individuali? È davvero sufficiente ricorrere a una posticcia teoria giuridica?
Certo è che la Cassazione ripropone la questione, la rimette nuovamente sul tavolo della politica. Come si può pretendere che i nostri parlamentari, i nostri attuali deputati e senatori, siano legittimati, oggi, ad approvare una nuova legge elettorale? Come giudicare l’Italicum? Non è esso stesso un “effetto” del Porcellum? Avremo alla fine una nuova legge elettorale approvata da un Parlamento illegittimo (ma “legale”)?
La sentenza offre una sponda politica all’affossamento definitivo dell Italicum, la legge elettorale promessa da Renzi entro febbraio e di cui ormai nessuno più parla. Si sa televisioni e giornali devono propagandare tutti i giorni una nuova riforma realizzata da Renzi per gettare fumo negli occhi degli elettori, quando al momento non ne ha realizzato neanche una. L’Italicum doveva essere la prima grande riforma. In realtà si trattava di una controriforma fatta per spartirsi tutto lo spazio politico tra PD e Forza Italia eliminando il M5S. Ma poiché ora ci si rende conto che la forza del Movimento è tale da poter arrivare al ballottaggio, ecco che l’Italicum deve essere abortito. Non sanno come dirlo agli italiani, non sanno come ammettere che stavano facendo una legge non nell’interesse generale del paese, bensì nell’interesse di due forze politiche che sono corresponsabili della distruzione del paese. E che ora sono ancora lì grazie alla rielezione di un Presidente che non garantisce l’unità della Repubblica, bensì gli interessi di due bande che vogliono continuare a spartirsi il bottino.
Ma ecco ora una sentenza della Cassazione che torna proprio a fagiolo e ribadisce quella della Consulta, insistendo al contempo proprio sul tema delle garanzie di rappresentanza che devono essere date ai cittadini.
Renzi e Berlusconi dopo aver perso le elezioni europee potranno sempre dire, accusandosi a vicenda, di averle perse perché il cammino delle riforme è stato bloccato e sosterranno dunque che non resta altro da fare che andare a elezioni anticipate. I due compagni di merenda opteranno allora per quel sistema proporzionale uscito dalla sentenza della Corte costituzionale sapendo che in questo modo potranno continuare a governare insieme, come di fatto ormai stanno già facendo da anni.
Potrà il popolo italiano continuare a sopportare ancora a lungo una tale situazione? Quando mai potrà aver fine quel “colpo di stato permanente”, quello stato d’eccezione che ormai nel nostro paese sembra essere diventato l’unica regola?”
Paolo Becchi
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Fonte: Parlamento illegittimo, Napolitano illegittimo
agbiuso
Giuliano Amato è stato nominato giudice della Corte Costituzionale dal soggetto che occupa il Quirinale.
Per fortuna Bettino Craxi è defunto da un pezzo. Altrimenti sarebbe di sicuro tornato ai vertici, con il sostegno dei tanti “compagni” che aveva in quello che oggi si chiama Partito Democratico, a cominciare da Giorgio Napolitano.
agbiuso
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“Non credo di aver offeso il professor Rodotà, le parole “ottuagenario miracolato dalla Rete” le ha dette lui stesso in una telefonata con me. Rodotà appartiene alla sinistra, è stato presidente del Pds, poi messo in un angolo come un ferrovecchio dall’attuale dirigenza pdmenoellina che, a presidenziali aperte, non ha ritenuto di fargli neppure una telefonata, ma anzi gli ha chiesto il ritiro della candidatura attraverso sua figlia. Rodotà non è il presidente del M5S, ha un’altra storia politica, che coerentemente, mantiene. La sua onestà non è in dubbio e neppure la sua intelligenza.
Non per questo posso assistere impassibile alla costruzione di un polo di sinistra che ha come obiettivo la divisione del M5S in cui lui si è posto, volente o nolente, informato o meno, come punto di riferimento. Il M5S non è nato per diventare il Soccorso Rosso di Vendola e Civati, di Delrio o di Crocetta. E’ una forza popolare che è del tutto indifferente alle sirene della sinistra e della destra che in realtà sono la faccia della stessa medaglia. Assistiamo all’assurdo di un governo che vuole combattere l’evasione fiscale sostenuto da Berlusconi, condannato in secondo grado per evasione fiscale.
C’è poi un piccolo aspetto umano, certo in politica non c’è riconoscenza, né me la aspetto. Ma se il professor Rodotà aveva delle critiche da farmi forse poteva alzare il telefono, lo avrei ascoltato. Invece ha scelto il Corriere della Sera per una critica a tutto campo a pagina intera subito dopo le elezioni amministrative”.
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Fonte: Ccà nisciuno è fesso
agbiuso
È vero: il governo Letta-Alfano ha qualcosa di demenziale e di trapassato.
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Governo Letta, la mente che cancella. Un classico dell’horror
di Alessandro Robecchi
La mente che cancella è un classico dei film dell’orrore. L’amnesia, l’incubo, il ripetersi immutabile degli stessi eventi. Di solito il protagonista è un uomo normale travolto dalle circostanze. Si alza e oggi è come ieri. Se va bene, come l’altro ieri. Se va molto, molto bene come trent’anni fa, quaranta, cinquanta. Accende la tivù e sente il discorso del nuovo presidente del Consiglio che chiede la fiducia. Pensa: “Bravo questo Tanassi”. O era Rumor?
Certo, si sa, spesso quando la storia si ripete lo fa in forma di farsa. Sarà per questo che quando la Dc si ripete lo fa in forma di Letta.
Funziona così: piccole particelle di memoria svaporano. Poi le aree di amnesia si allargano. Ruby? E chi era? Il falso in bilancio? Uh! Mesozoico! Barbatrucchi e prescrizioni giudiziarie? Uff, ancora con quella roba! Poi, lentamente, anche le aree della memoria recente vengono intaccate. Non il passato remoto, non il passato prossimo, ma un anno, un mese… puff, sparito. Angelino Alfano che marcia sul Palazzo di Giustizia di Milano giura come ministro dell’Interno davanti al presidente Napolitano, che di quel gesto inconsulto (la marcia, non il giuramento) aveva detto: “Tensione destabilizzante”. La mente che cancella, appunto.
Poi, siccome non si tratta di casi isolati ma di epidemia di massa, la memoria sparisce a tutti. Si plaude alla ritrovata concordia, al superamento delle contrapposizioni. Si osserva un compiaciuto Brunetta che stringe la mano a Letta, sorridendo, come si guarderebbe il pitbull da combattimento coccolare un gattino. E il discorso, poi. Un capolavoro di carpiato con avvitamento e salto mortale, dove invocando la larga intesa si smontano le costruzioni del governo precedente (Imu, lavoro, esodati), nato da una larga intesa con gli stessi protagonisti. Proprio gli stessi. E così oggi montiani, berlusconiani e Pd votano per superare certe riforme e certe decisioni per cui votarono sei mesi fa montiani, berlusconiani e Pd. L’altra volta perché la situazione era disperata e bisognava salvare il paese. Questa volta perché la situazione è disperata e bisogna salvare il paese. La mente che cancella.
Effetto collaterale: il possibilismo. Un’apertura, un beneficio del dubbio che si ripete identico ogni volta e che si può spiegare solo con una sorta di eterna, ricorrente amnesia. Con qualche differenza: là, ai tempi dei tecnici in loden, si parlava solo di come trovare i soldi e non di come spenderli. Qui, nel Tanassi redivivo (ma non più vivace) si pensa a come spenderli e non si dice come trovarli. Ma le analogie sono più numerose delle differenze. Una per tutte: là si parlava quasi solo di economia e di bilanci, ma poi si faceva ricorso in Europa contro la bocciatura della vergognosa legge 40. Qui, in un discorso che sfiora l’universo mondo, dalla conquista delle galassie alla fame nel mondo, nemmeno una riga su diritti civili, coppie omosessuali e argomenti correlati. Dal parlamento meno cattolico di sempre nasce uno dei governi più cattolici di sempre.
Naturalmente la mente che cancella non riuscirà a cancellare del tutto il principio di realtà. Appena si tratterà di trovare i soldi per tutte le belle cose dette, si porrà il problema di dove trovarli. Non con una patrimoniale (sacrilegio!), non dai superpatrimoni (come disse Monti: “Non sappiamo chi sono”), ma con i soliti noti, noi. Compreso l’uomo normale del film, quello con la mente che cancella. Che dirà: “Io ‘sta cosa l’ho già vista”. Ecco, appunto. Pessima trama.
Tiwtter: @AlRobecchi
il Fatto Quotidiano, 1 Maggio 2013
diegod56
Sicuramente l’esclusione del M5S, in quanto partito di opposizione, dalla presidenza delle commissioni di vigilanza che la prassi prevede, non è un atto democratico, qualunque sia il giudizio politico sul movimento stesso. C’è da osservare che, in questo modo, si puo’ anche intuire la profonda e radicale diversità del M5S rispetto all’insieme di tutte le altre forze parlamentari. Per il futuro, quale sarà, a tuo avviso, caro Alberto, la strategia politica del Movimento? Posto che personalmente avrei preferito un qualche compromesso con i «meno peggio», quale sarà l’evoluzione? Pensi che sarà solo l’attesa che il tentativo del governo Letta imploda nelle sue contraddizioni? Non c’è il pericolo di avere solo una funzione di testimonianza e, paradossalmente, di aiuto al cementarsi dell’alleanza PDL/PDmenoL? È vero che tu sei un Professore ed uno studioso apprezzato ma non un politico, ma se tu fossi Grillo, come procederesti?
agbiuso
Sono un cittadino italiano. Ho cercato di informarmi adeguatamente -come è mio dovere e mio diritto- prima di decidere se andare a votare per le elezioni politiche del 2013 e -in questo caso- a quale lista dare il mio voto.
Otto milioni di altri cittadini hanno espresso la stessa preferenza.
Ma la lista per la quale abbiamo votato ha proposto un programma che terrorizza gli altri partiti, le banche italiane e la finanza internazionale, le imprese legate alla mafia, gli interessi nascosti e quelli palesi; terrorizza i padroni del Monte dei Paschi di Siena (PD) e di Mediaset (PDL).
E quindi il Movimento 5 Stelle deve essere escluso non soltanto dal governo ma anche dagli organismi di controllo che spettano al più votato partito dell’opposizione.
E contro di esso nessuno strumento è illecito.
Sentirsi “un cane in chiesa” vuol dire questo. Ma io sono un cittadino. Non dimentico né mi rassegno.
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Più di otto milioni di italiani che hanno dato il loro voto al MoVimento 5 Stelle sono considerati intrusi, cani in chiesa, terzi incomodi, disprezzati come dei poveri coglioni di passaggio. Né più e né meno dei 350.000 che firmarono per la legge popolare Parlamento Pulito che non è mai stata discussa in Parlamento dal 2007 e dopo due legislature è decaduta. Il M5S non può governare, ma neppure avere i diritti minimi di chi fa opposizione.
L’offerta di un governo condiviso con il pdmenoelle con l’elezione di Rodotà, un presidente della Repubblica indipendente e incorruttibile, non è stata minimamente valutata. Eppure sarebbe stato l’inizio di un nuovo giorno, del rinnovamento del Paese.
E ora, dopo l’osceno colloquio notturno a tre, in cui due persone, Berlusconi e Bersani, hanno deciso tutto, governo, presidenze della Repubblica, programma, al cospetto dell’insigne presenza di Napolitano, il M5S non vedrà rispettati i suoi diritti di presiedere le commissioni del Copasir e della Vigilanza RAI. Andranno all’opposizione farlocca della Lega e di Sel, alleati elettorali di pdl e pdmenoelle. Un quarto degli elettori è di fatto una forza extra parlamentare.
Lo scorso sabato la folla ruggiva, aveva circondato il Parlamento sui quattro lati, stava per sfondare. Si era radunata spontaneamente. Erano cittadini che si sentivano impotenti, esclusi da qualsiasi rappresentanza, da ogni decisione. Persone che vivono sulla loro pelle e su quella dei loro familiari una crisi economica senza precedenti nella storia repubblicana. I responsabili di quella crisi ora si pongono a salvatori della Patria senza alcun senso del pudore. Ci ridono in faccia e mostrano il dito medio in segno di disprezzo, come Gasparri, al riparo delle loro scorte. “Noi siamo noi e voi non siete un cazzo”. Quanto pensate che potrà tenere il ghetto in cui avete rinchiuso la volontà popolare? Sei mesi? Un anno?
Il M5S subisce attacchi vergognosi ogni giorno da giornalisti prezzolati, attacchi furibondi che si sono intensificati dopo le elezioni. Chiunque faccia parte del M5S, o anche si avvicini, è colpito sul piano personale e nessuno si indigna. Per il Palazzo è normale che questi parvenu della democrazia siano sbeffeggiati, insultati, derisi. Le mail private di molti parlamentari del M5S sono state trafugate, foto, filmati, corrispondenze. In un altro Paese sarebbe il primo titolo per giorni. Se fosse successo al Pdl, a Cicchitto, Ghedini, Brunetta i giornali e i telegiornali e i telegiornali avrebbero gridato all’attentato alla sicurezza nazionale. Per il M5S solo scherno o silenzio. Anche il silenzio del presidente della Repubblica del quale sono stati distrutti nei giorni scorsi i nastri delle conversazioni con Mancino.
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Fonte: La notte della Repubblica
agbiuso
Tra le ragioni che hanno reso impossibile qualunque apertura del Partito Democratico al Movimento 5 Stelle e l’elezione di Stefano Rodotà alla Presidenza della Repubblica, ce n’è una della quale si parla pochissimo sul mainstream mediatico (et pour cause): quella che riguarda le presidenze delle commissioni parlamentari che controllano la RAI e soprattutto i servizi segreti (COPASIR). Nella precedente legislatura il presidente di quest’ultima era, per intenderci, Massimo D’Alema.
È la conferma non soltanto del golpe (non sono necessari carri armati per attuarne uno) ma anche di quanto immenso sia ciò che hanno da nascondere.
Ne parla Angela Mauro in questo chiaro articolo:
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Consultazioni. Nel Palazzo la paura che il Copasir vada al M5s. Si tratta con la Lega, possibile presidenza a Giorgetti
Più che i ministeri, nella trattativa per la nascita del governo di larghe intese contano le commissioni parlamentari, quelle bicamerali che di regola spettano all’opposizione. Nello specifico: la commissione di vigilanza Rai e il Copasir. Soprattutto la seconda, quella sui servizi segreti: mica bazzecole. Lo spettro che si è ormai palesato nei palazzi, mentre proseguono le consultazioni del premier incaricato Enrico Letta con i partiti, è che la presidenza del Copasir possa finire al Movimento 5 stelle. E’ uno dei punti centrali sui quali si sarebbe inceppata la trattativa per il governo. Possibile via d’uscita: la Lega, che infatti da oggi sembrerebbe avviata verso l’opposizione. Ed è al Carroccio che andrebbe il Copasir, secondo i calcoli di chi sta tessendo la tela per l’esecutivo di larghe intese. Nello specifico al leghista Giancarlo Giorgetti, uno dei saggi indicati da Giorgio Napolitano a fine marzo per trovare una mediazione tra i poli.
Non è un caso che dopo l’incontro con Letta alla sala del Cavaliere della Camera, Roberto Maroni dichiari: “Non entreremo nel governo, non siamo interessati a farlo, abbiamo dato a Letta la nostra agenda, che è l’agenda del Nord: attendiamo di sapere se questi punti saranno quelli del programma di governo, in caso contrario staremo all’opposizione”. Se la Lega votasse no alla fiducia al governo Letta, si collocherebbe all’opposizione insieme al M5s e Sel e come tale potrebbe ambire a una delle due commissioni permanenti. Non sfugge che oggi il presidente della Camera Laura Boldrini, eletta con Sel, si dichiari a favore della “abolizione del segreto di stato sulle stragi che hanno insanguinato l’Italia dal 1969 ad oggi”. Però i vendoliani sono più interessati a ottenere la presidenza della vigilanza Rai che il Copasir. Mentre i grillini, virano sulla commissione sui servizi segreti e spetterebbe a loro dire la prima parola, in quanto forza politica con il maggior numero di eletti (163) rispetto al Carroccio (36) e a Sinistra e libertà (44).
Ci sono già stati contatti tra Sel e i cinque stelle sulla faccenda delle commissioni, anche se ormai tra queste due formazioni politiche i contatti sono più che frequenti. Ad ogni modo, Beppe Grillo non ha ancora sciolto la riserva, ma l’apertura degli archivi del Copasir è sempre stato un suo cavallo di battaglia, difficile pensare che proprio questa volta molli la presa sui servizi segreti. E’ questa la paura che cova dietro le consultazioni di Letta, i contatti con il Quirinale, gli incontri più o meno ufficiali. Paura. Anche perché il calcolo di dare il Copasir a Giorgetti non fa i conti sulla forza parlamentare dei cinque stelle. Ragiona un vendoliano: “A noi andrebbe bene la vigilanza, ma se il M5s punta al Copasir sarà difficile negarglielo per darlo al Carroccio, che ha meno parlamentari rispetto ai cinque stelle e anche rispetto a noi”. Dice il senatore del Movimento Cinque Stelle Michele Giarrusso: “La Lega e Fratelli d’Italia faranno finta di stare all’opposizione per prendere le presidenze delle commissione Rai e Copasir che dovrebbero spettare al M5S. E questo è un vero golpe!”. Sembra solo l’inizio di un’altra guerra.
La partita Copasir che fa il gioco della Lega. Dentro il Carroccio infatti c’è una parte convinta che l’opposizione sia la scelta migliore, per avere più forza contrattuale sulle richieste programmatica sulla macroregione del nord. Roberto Calderoli per esempio è uno di quelli che la pensano così. Ora si trovano nella posizione di poter scegliere di stare all’opposizione senza strappi con il nascituro governo Pd-Pdl. E in più avrebbero il Copasir. Un sogno padano.
Fonte: L’Huffington post, 25.4.2013
agbiuso
Mi sembra una buona fotografia di quanto sta accadendo, delle sue radici, dei suoi obiettivi.
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La mescolanza
Il governo che sta nascendo è un’ammucchiata degna del miglior bunga bunga. Tutti passivi tranne uno che di bunga bunga se ne intende. Una mescolanza che sconfina nell’incesto, lettiana, che ha in sé il profumo di famiglia, da Mulino Bianco dell’Inciucio. Zio e Nipote Letta si sono alternati come sottosegretari alla presidenza del Consiglio negli ultimi vent’anni. Cambiava il presidente, ma la famiglia Letta era sempre presente. A garanzia di chi? E’ una coincidenza singolare questa successione monarchica. Una famiglia di predestinati.
L’esultanza dei giornali e delle televisioni per l’ammucchiata di regime è propria dei servi che hanno conservato il posto di lavoro. I partiti hanno evitato una Caporetto e si sono rinchiusi in un bunker, tutti assieme appassionatamente, ormai è amore. Coloro che si insultavano in campagna elettorale “Comunisti!”, “Mai con Berlusconi!” si sono infilati insieme sotto le coperte pur di non dover rendere conto alla Nazione del loro fallimento. Il governo minestrone avrà i peggiori odori e sapori della Seconda Repubblica e qualche resto avariato della Prima, come Amato, il tesoriere di Craxi. Pietanze che solo le televisioni riescono a far digerire. Televisioni strafallite dal punto di vista economico.
Nel 2012 perdite per 235 milioni di euro per Mediaset e di circa 200 milioni per la RAI, La 7 ha accumulato quasi mezzo miliardo di perdite in cinque anni. Chi paga questo profondo rosso? Mediaset si è retta grazie a una concessione governativa dell’uno per cento dei ricavi concessa da D’Alema, il miglior uomo del pdl, quando era presidente del Consiglio. La RAI grazie alla nostre tasse che ripianano i debiti di un’armata colossale di 13.000 dipendenti, ventriloqui dei politici. La 7 per merito delle bollette telefoniche, i suoi debiti sono stati sempre ripianati da Telecom. Tasse, concessioni incredibili e cresta sulle bollette, di questo hanno vissuto e vivono i megafoni del Potere che ogni giorno attaccano il MoVimento 5 Stelle come causa di tutti i mali. Opinionisti che vivono di carità pubblica mentre chiude un’azienda al minuto.
Cosa verrà dopo il bunker? Berlusconi presidente della Repubblica incoronato dai comunisti Napolitano e capitan findus Letta, lo stoccafisso scongelato? Berlusconi ha detto “Poco importa chi guiderà questo governo, importante che ci siano un governo e un Parlamento per approvare provvedimenti urgenti”. I suoi!
Biuso
L’IMBALSAMAZIONE E L’ITALIA MODELLO PAPEROPOLI
di Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano – 25.4.2013
In ossequio alle nuove disposizioni impartite dal Minculnap alla stampa nazionale affinché cooperi con il nuovo governo evitando notizie e atteggiamenti disfattisti per il bene supremo della Patria, e a parziale rettifica di quanto affermato in questa sede, teniamo a precisare che, nonostante le apparenze, l’Italia non s’è trasformata in una monarchia assoluta. Nelle monarchie assolute, infatti, la corona e il trono si tramandano di padre in figlio, mentre in Italia si procede per imbalsamazione (presidenza della Repubblica) o per una particolare forma di partenogenesi modello Paperopoli, da zio a nipote (presidenza del Consiglio). Entrambe le discendenze denotano comunque una ristrettissima varietà di cognomi (da Napolitano a Napolitano, da Letta a Letta), onde evitare il disorientamento delle masse e assicurare la dentizione e nutrizione dei branchi (il cosiddetto “familismo molare”). Per il resto, il quadro è chiarissimo.
In ossequio ai principi della più squisita democrazia parlamentare e della più rigorosa separazione dei poteri, il Presidente della Repubblica si presenta alle Camere genuflesse per chiedere la fiducia sotto la minaccia di sganciare l’arma letale: le sue dimissioni. E così confessa di aver accettato il secondo mandato a una precisa condizione: che il Parlamento gli consenta di fare il governo che vuole lui, altrimenti se ne va. I vecchi partiti obbediscono per acclamazione, ben lieti di prendersi qualche finta scudisciata in cambio del salvataggio delle rispettive poltrone e prebende. Sistemato il potere legislativo, il Presidente risale sull’ermo Colle e si occupa dell’esecutivo: finge di consultare i partiti per mezza giornata (il tempo di una genuflessione per uno), poi finge di pensarci su un’intera notte, infine incarica un suo clone, che appena nato era già vecchio, ma giusto perché non può fare tutto lui ed è bene che, almeno formalmente, le cariche di presidente della Repubblica e del Consiglio siano affidate a due persone diverse. Però tiene a precisare che Lettino l’ha scelto lui, mica il Parlamento.
Tanto il Nipote, a parte rimangiarsi quel che ha detto per anni su B., non ha molto da fare: il programma gliel’ha già scritto Napolitano, tramite gli appositi saggi, saggiamente nominati quando ancora si pensava che avrebbe lasciato il Quirinale. Idem per la lista dei ministri, una pura formalità: il capo dello Stato la passa al premier che l’indomani, cioè oggi, gliela riporta su al Colle, dove lui fingerà sommo stupore come se non fosse sua e poi la firmerà; seguiranno giuramento, brindisi e molte autocongratulazioni. Così sistemati il legislativo e l’esecutivo, cosa resta? Ah sì, i poteri di controllo. Ma anche lì il più è fatto. La Corte costituzionale, che ha nelle mani il processo Mediaset per un conflitto di attribuzioni, doveva sbloccarlo ieri con una sentenza: ma ha fatto sapere che non è il momento, se ne occuperà un’altra volta, ci farà sapere, non c’è fretta.
Il tutto per bocca del relatore Sabino Cassese, giurista insigne, già consigliere del Colle e candidato del Colle al Colle, nonché accompagnatore e tutor della brillante carriera universitaria di Giulio Napolitano (da non confondersi con Giorgio: è il figlio). Viene così rinviata sine die, e forse avviata a prescrizione, sentenza che potrebbe trasformare un padre della Patria in un pregiudicato per frode fiscale, altrimenti poi la gente si ricorda i processi (peraltro tutti sospesi da giudici servizievoli fino a data da destinarsi) e torna in piazza. Resta qualcosa? Ah, già, la libera stampa: il Presidente assume su due piedi la guida dell’Ordine dei Giornalisti e della Federazione della stampa e lancia il monito più superfluo della storia dei moniti, quello a “favorire, cooperare e non rinfocolare”. I cooperanti annuiscono quasi all’unisono, solo un po’ offesi dal sospetto di voler rinfocolare: ma quando mai, Sire. Com’è umano lei.
Biuso
La Resistenza è tradita da chi si sta alleando con la Destra televisiva, che è il vero fascismo mediatico, oggi.
Rispetto e silenzio per i partigiani, che sono morti per liberarci da un buffone criminale, non per sostituirlo con un altro criminale buffone.
Nessuna pietà per i traditori.
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Il 25 aprile è morto
Nella nomina a presidente del Consiglio di un membro del Bilderberg il 25 aprile è morto,
nella grassa risata del piduista Berlusconi in Parlamento il 25 aprile è morto,
nella distruzione dei nastri delle conversazioni tra Mancino e Napolitano il 25 aprile è morto,
nella dittatura dei partiti il 25 aprile è morto,
nell’informazione corrotta il 25 aprile è morto,
nel tradimento della Costituzione il 25 aprile è morto,
nell’inciucio tra il pdl e il pdmenoelle il 25 aprile è morto,
nella rielezione di Napolitano e il passaggio di fatto a una Repubblica presidenziale il 25 aprile è morto,
nell’abbraccio tra Bersani e Alfano il 25 aprile è morto,
nella mancata elezione di Rodotà il 25 aprile è morto,
nella resurrezione di Amato, il tesoriere di Bottino Craxi, il 25 aprile è morto,
nei disoccupati, nelle fabbriche che chiudono, nei tagli alla Scuola e alla Sanità il 25 aprile è morto,
nei riti ruffiani e falsi che oggi si celebrano in suo nome il 25 aprile è morto,
nel grande saccheggio impunito del Monte dei Paschi di Siena il 25 aprile è morto,
nel debito pubblico colossale dovuto agli sprechi e ai privilegi dei politici il 25 aprile è morto,
nei piduisti che infestano il Parlamento e la nazione il 25 aprile è morto,
nelle ingerenze straniere il 25 aprile è morto,
nella perdita della nostra sovranità monetaria, politica, territoriale il 25 aprile è morto,
nella Repubblica nelle mani di Berlusconi, 77 anni, e Napolitano, 88 anni, il 25 aprile è morto,
nei processi mai celebrati allo “statista” Berlusconi il 25 aprile è morto,
nella trattativa Stato – mafia i cui responsabili non sono stati giudicati dopo vent’anni il 25 aprile è morto,
nel milione e mezzo di giovani emigrati in questi anni per mancanza di lavoro il 25 aprile è morto,
nell’indifferenza di troppi italiani che avranno presto un brusco risveglio il 25 aprile è morto.
Oggi evitiamo di parlarne, di celebrarlo, restiamo in silenzio con il rispetto dovuto ai defunti.
Se i partigiani tornassero tra noi si metterebbero a piangere.
agbiuso
Caro Fino, la sua analisi mi sembra rimanga tutta dentro gli schemi di una politica che non esiste più. E non esiste anche perché Napolitano ha trasformato la Repubblica dei costituenti in una parodia della monarchia.
Inoltre, sono convinto che il PD non avrebbe mai e poi mai formato un governo con il M5S per le stesse ragioni che lo hanno condotto a far fuori prima Marini e poi addirittura uno dei suoi fondatori: perché non è più un partito ma un’accozzaglia di correnti o -come dicono autorevolissimi esponenti di quel partito- di “feudi e potentati”.
Perché mai un Movimento che è nato per mutare paradigma e sottrarsi al potere antidemocratico della troika finanziaria dovrebbe entrare nella guerriglia di un partito senza identità, inaffidabile e allo sbando? Per suicidarsi insieme a esso?
Credo che debbano essere altri i criteri per comprendere il nostro dramma.
Criteri ben presenti in questo lucido articolo di Ida Dominijanni.
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L’eclissi dell’ordine del padre è la cornice simbolica in cui in tanti ci siamo spiegati il regime del godimento di Silvio Berlusconi. Mi chiedo a quale cornice simbolica corrisponda la mossa del più giovane e più femminilizzato parlamento della storia italiana che si consegna mani e piedi a un padre raddoppiato, nell’età e nell’incarico, come Giorgio Napolitano, non prima però del duplice parricidio consumato dal gruppo parlamentare del Pd, anch’esso giovane e femminilizzato, impallinando due padri fondatori in ventiquattr’ore.
Il disordine simbolico comincia a essere troppo grande per darsene conto in qualche modo. Salvo che quel raddoppio, che ha tutte le caratteristiche di un rappezzo, non stia lì a confermare che il posto del padre è davvero vuoto, e per questo va riempito, appunto, con la supplica a un padre raddoppiato, come se un eccesso potesse davvero saturare una mancanza. Nell’ordine costituzionale, invece, le cose sono più semplici e più chiare.
Una ridicola schiera di colonnelli pdini dell’ordine ricostituito si è speso davanti alle telecamere, nelle ore successive al voto che aveva reincoronato Re Giorgio, per avocare al loro partito suicidatosi il giorno prima il merito di essere risorto il giorno dopo e di aver pure “ricomposto una difficile e pericolosa crisi istituzionale”. Un’altra schiera di costituzionalisti si affanna adesso a dire che tutto è regolare, assolutamente regolare, e che l’irregolarità sta casomai nelle parlamentarie e nelle candidature alla presidenza della Repubblica fatte via web.
Ma tutti noi sappiamo, e tutti loro non possono non sapere, che ciò che chiamiamo la nostra democrazia vive da diciotto mesi in qualcosa di molto simile a uno stato d’eccezione permanente, cominciato con la nomina di Mario Monti a presidente del consiglio nel novembre 2011, confermato col mancato rinvio alle camere di Mario Monti dimissionario dalla presidenza del consiglio nel dicembre 2012 e riconfermato con la sospensione della formazione del governo e con la nomina suppletiva dei dieci saggi poche settimane fa.
Sappiamo anche, e loro non possono non sapere, che due governi del presidente consecutivi e l’inedito assoluto del raddoppio del settennato di Napolitano configurano di fatto un presidenzialismo privo dei contrappesi del sistema americano e di quello francese, che assomiglia parecchio, se non fosse ridicolo dirlo, a una monarchia. Lo sanno tanto bene, loro, che già si affannano a stilare la madre di tutte le riforme che il prossimo governo dovrà fare: non la riforma elettorale, che tanto può aspettare, ma la riforma presidenzialista, in modo che almeno il nome corrisponda alla cosa.
L’ordine politico però sta a metà e pencola fra (dis)ordine simbolico e (dis)ordine costituzionale, e si vede dallo stato in cui versa. Una terza schiera si scalda già ai bordi del campo, per puntualizzare che la consegna a re Giorgio II non implica nessuna pacificazione: Bindi contro Letta, Marini contro Renzi e contro tutti, altri pdini illusi (in mala fede) che l’incoronamento non porti di per sé al governissimo, il corteo dei berlusconiani, diventati improvvisamente uomini di stato armati contro il populismo eversivo di Grillo e dimentichi del populismo eversivo del Cavaliere, che scommettono sulla restituzione dell’Imu, le misere guarnigioni del Professor Monti, improvvisamente ringalluzzite, che ritirano fuori dall’armamentario della campagna elettorale l’unione dei riformisti perbene contro l’intrusione permale di Vendola.
Come se niente fosse successo: potenza della coazione a ripetere. La stessa coazione che muove i passi sicuri del re. Che tramite i suoi quirinalisti di fiducia fa sapere che ora non si scherza: niente elezioni all’orizzonte, e “un governo non precario, pienamente politico, forte e vero, di salvezza nazionale, per il quale vuole carta bianca”. Quando era ancora Giorgio I, pochi giorni fa, commemorando il suo amico Gerardo Chiaromonte il re aveva già detto chiaro e tondo che per risolvere la crisi di oggi altra strada non c’era che questa: salvezza nazionale, unità nazionale, larghe intese. La sua coazione a ripetere sta in questa giaculatoria.
Noi che abbiamo la fortuna di ricordare come andò nel biennio ’76-’78 sappiamo che significa una cosa sola, questa. Quando di fronte a una crisi sociale che non vuole vedere e all’irruzione di linguaggi alieni che non vuole capire un sistema politico si irrigidisce e si arrocca su se stesso, fino ad espungere perfino un uomo come Stefano Rodotà reo di dialogo con quei linguaggi alieni, quel sistema politico è destinato a spezzarsi. C’è da sperare, stavolta, senza le tragedie e le vittime sacrificali che chiusero quella stagione allora.
Questo articolo è già comparso su http://idadominijanni.wordpress.com/
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Fonte: Il raddoppio, Alfabeta2, 25.4.2013
Fabio Fino
Professore,
non sono completamente d’accordo con la Sua analisi.
Cominciamo dalla fine (del Suo scritto). All’indomani delle elezioni, il risultato delle urne avrebbe permesso solo le seguenti possibilità:
a) monocolore pd di minoranza;
b) governo pd + m5s organico;
c) governo pd + m5s in appoggio esterno;
d) governo pdl + m5s organico;
e) governo pdl + m5s in appoggio esterno;
f) governo pd + pdl;
g) governo m5s con appoggio esterno pd;
h) elezioni anticipate.
Tuttavia M5S si è sempre tirato fuori da qualsiasi accordo, negando la possibilità di dare la fiducia o di collaborare con qualsiasi governo. Il pd, partito che non stimo e non voto, li ha corteggiati a lungo sentendosi dire sempre no (“voteremo la fiducia solo ad un governo 5 stelle”, dichiarazioni di Lombardi e Crimi all’uscita delle consultazioni dal Quirinale; “Bersani è uno stalker politico”, dichiarazione di Beppe Grillo). Dicendo di no anche alla “società civile” che ha richiesto con vari appelli al M5S di fare un governo con il pd. Inoltre, oltre l’ m5s non avrebbe mai accettato la collaborazione (organica al governo o esterna) con il pdl (altro partito che non stimo e che non voto). Dobbiamo perciò eliminare le possibilità b) c) d) e).
La possibilità a) va esclusa in quanto, pur avendo il pd la maggioranza della Camera dei deputati (340 seggi, in coalizione, su 617: http://elezioni.interno.it/camera/scrutini/20130224/C000000000.htm), non ottiene la maggioranza anche al Senato (113 seggi, in coalizione, su 311; è il secondo partito – il primo è il pdl: http://elezioni.interno.it/senato/scrutini/20130224/S000000000.htm). Per ottenere un governo stabile avrebbe dovuto ottenere circa ottanta voti al Senato: ecco perchè inseguiva l’accordo con Grillo e con Monti. L’alternativa è un governo che contrattasse di volta in volta (ma è un martirio: alla finanziaria ti voglio) su ogni singolo atto, rendendo quasi impossibile l’attività di Governo. Ma Grillo, come si è visto, ha detto di no. Pertanto, calcoli alla mano, anche la possibilità a) va eliminata. Oddio, nella storia della Repubblica c’è stato il monocolore di minoranza dc di De Gasperi VIII (luglio/agosto 1953), ma non avendo avuto la fiducia si è dovuto dimettere. Idem l’Andreotti I (febbraio 1972). I precedenti non erano incoraggianti.
Abbiamo eliminato le possibilità a) b) c) d) e). Ci sarebbe stata la possibilità (remota) di un passo indietro del pd, tale da suggerire al Presidente della Repubblica di conferire l’incarico ad un esponente del M5S che verificasse la possibilità di fare o meno un governo? Dubito. Ma ammettiamo per assurdo che il pd avesse fatto un passo indietro e detto: “Noi non riusciamo a fare un governo; vediamo se qualcun altro di qualche altro partito ce la fa” e sperando nella calma dei mercati (Le ricordo che in quei giorni lo spread aveva oltrepassato i 300 punti di differenziale) ci fosse stata la possibilità di dare l’incarico ad uno del m5s ed il pd, non potendo entrar organicamente al governo (perchè m5s non vuole allearsi ad alcun soggetto politico), desse la fiducia. Avrebbero avuto il boccino in mano e la possibilità di far cadere il governo m5s in qualsiasi momento. Con il pdl completamente fuori gioco. I problemi sarebbero stati due: a) la durata del governo; b) il fatto che m5s avrebbe avuto invece necessità di andare ad elezioni anticipate per capitalizzare altro consenso ed acquisire la maggioranza e al senato e alla camera. Pertanto, escluderei anche questa possibilità. Penso che un esponente m5s incaricato di verificare di poter fare il governo avrebbe chiesto elezioni anticipate. Rimangono le ipotesi f) ed h).
Cominciamo dall’ultima. Subito dopo lo scioglimento anticipato delle Camere, è iniziato il “semestre bianco” del Presidente della Repubblica: poteva limitarsi a dare l’incarico, far giurare, ma non poteva intervenire perchè non era nella pienezza dei poteri (art. 88 della Costituzione). Non poteva perciò sciogliere le Camere o una delle stesse (ivi). L’impasse politica non poteva essere risolta se non dal successivo Capo dello Stato. La scelta del pd di cercare una intesa con il pdl risponde a mio avviso a due logiche: a) mettere da parte m5s, dando una risposta ai suoi no (non sto citando “Dove.. ..quando.. (parte I)”) e b) iniziare una fase di rilassamento nei rapporti tra pd e pdl, per iniziare a superare lo spoil system che viene realizzato ad ogni cambio di governo.
Alla luce dei no di m5s, perchè il pd avrebbe dovuto votare Rodotà, persona peraltro degnissima e che sarebbe un Presidente della Repubblica sicuramente ottimo? La scelta di votare Napolitano (con un mandato apparentemente pieno, ma non supererà i due anni: il tempo di far fare qualche riformicchia e poi si vota di nuovo, dopo aver fatto perdere un pò di consenso a Grillo e consentito – involontariamente – a Berlusconi di tornare al governo) credo fosse una scelta obbligata. Napolitano, nonostante l’alto onore della rielezione (evento mai avvenuto prima), credo sia abbastanza stufo di dover fare il tutore.
Non escluderei che il Presidente della Repubblica possa – qualora vi fossero gli estremi – prendere decisioni drastiche: non tanto le sue dimissioni, quanto h) le elezioni anticipate.
Cordiali saluti,
f
agbiuso
Anzitutto, complimenti a tuo padre!
“Stupefatti”, sì. Ma è ancora un eufemismo. Fossi iscritto al PD (o anche l’avessi soltanto votato), sarei inferocito e penserei a ciò che ha detto Gherardo Colombo: “Vorrei avere la tessera del Partito Democratico per poterla stracciare”.
Già nel 2012 Enrico Letta affermava: “Meglio votare per il PdL che per il M5S”. Infatti ora metterà insieme Pd e PdL. Auguri!
diegob
Naturalmente, caro Alberto, il Partito Democratico è per me quello dei suoi iscritti di base che, in questo momento, sono per lo più come minimo stupefatti. Mio padre è un iscritto (classe 1928, sicchè mi ha detto che Napolitano non è poi così anziano, ma penso fosse un’opinione interessata…) e stamattina a pranzo mi ha ricordato che per lui Napolitano era comunque uno della «destra» del partito. Secondo me finirà con una scissione, anzi è quello che auspico.
agbiuso
@euno
Grazie per l’interessante analisi sulle debolezze del blocco berlusconiano, nonostante oggi esso sembri vincente più per gli enormi errori del PD che per i propri meriti.
@ Caro Diego, uno degli elementi che differenziano le nostre analisi consiste nel fatto che tu ritieni che il PD volesse collaborare con il M5S, io invece penso che il PD sia stato sin dall’inizio in mala fede (per quello che può significare una simile espressione nell’ambito politico) e che chiedesse soltanto i voti del Movimento, non il suo contributo programmatico. Se il M5S avesse accettato, sarebbe caduto in una trappola rovinosa che non riguarda per nulla i programmi o -come tu scrivi- il “progetto politico”, bensì le feroci lotte intestine del PD, un partito che -come si è visto- è del tutto inaffidabile.
Con il rifiuto di eleggere Rodotà -rifiuto che mi sembra tu sottovaluti- tale trappola si è resa evidente. Basta ricordare che eletto Rodotà (un uomo del PD!), il governo PD-5S sarebbe nato subito.
Ma il PD non voleva questo governo; non lo voleva Napolitano; non lo volevano i poteri mediatici e massonici; non lo volevano tutti coloro -e sono legione- che con un simile governo avrebbero perduto privilegi, prebende, potere.
Tutto molto semplice e molto chiaro.
Sulle modalità e sul significato del golpe-resa del parlamento italiano, invito a leggere questa analisi di Marco Revelli, uno studioso che è molto più vicino al “simpatico oratore pugliese” che a Grillo. Analisi pubblicata sul Manifesto e su Sinistrainrete
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Da oggi l’Italia non è più una democrazia parlamentare. Non c’è altro modo di leggere il voto di ieri se non come una resa. Una clamorosa, esplicita e trasversale abdicazione del parlamento. Per la seconda volta in poco più di un anno una composizione parlamentare maggioritaria si è messa attivamente in disparte. Ha dichiarato la propria impotenza, incompetenza e irrilevanza, offrendo il capo e il collo a un potere altro, chiamato a svolgere un ruolo di supplenza e, in prospettiva, di comando. E se la prima volta poteva apparire ancora “umana”, la seconda volta – con un nuovo parlamento, dopo un voto popolare dal significato inconfutabile nella sua domanda di discontinuità – è senz’altro diabolica, per lo meno nei suoi effetti. C’è, in quella triste processione di capi partito col cappello in mano, in fila al Quirinale per implorare un capo dello stato ormai scaduto di rimediare alla loro congiunta e collegiale incapacità di decisione, il segno di una malattia mortale della nostra democrazia. La conferma che la crisi di sistema è giunta a erodere lo stesso assetto costituzionale fino a renderlo irriconoscibile. Forse non è, in senso tecnico, un colpo di stato. Possiamo chiamarlo come vogliamo: un mutamento della costituzione materiale. Una cronicizzazione dello stato d’eccezione. Una sospensione della forma di governo… Certo è che questo presidenzialismo di fatto, affidato a un presidente fuori corso per un mandato tendenzialmente fulmineo, stravolge tutti gli equilibri di potere. Produce una lesione gravissima al principio di rappresentanza. Soprattutto fa scomparire la tradizionale forma di mediazione tra istituzioni e società che era incarnata dal parlamento, tanto più se questo venisse occupato e bloccato da una maggioranza ibrida e bipartisan, contro-natura e contrapposta al volere della stragrande maggioranza degli elettori. D’ora in poi – e in un momento socialmente drammatico – Governo e Piazza verranno a confrontarsi direttamente e frontalmente, senza diaframmi in mezzo, senza corpi intermedi per la banale ragione che il principale strumento di mediazione, il partito politico, si è estinto in diretta, travolto dalla propria incapacità di mediare non più, ormai, gli interessi e le domande di una società abbandonata da tempo ma le proprie stesse tensioni interne, le contraddizioni tra le sue disarticolate componenti. Di questo è morto il partito democratico: della sua incapacità a contenere la spinta centrifuga dei propri interiori furori, degli odii covati per anni, delle idiosincrasie personali (rispetto a cui, diciamolo sinceramente, un voto per Rodotà avrebbe costituito uno straordinario antidoto e il segno di una possibilità di cura). Né si può dire che il Pdl sia mai esistito come partito, incentrato com’è sulla esclusiva figura del suo leader e sulla difesa dai suoi guai giudiziari. Dopo questa ostentazione pubblica di dissennatezza e incapacità non basterà nessun accanimento terapeutico, nessun appuntamento tardivo o attesa di una figura salvifica per rimediare al rogo simbolico della residua capacità operativa del Pd e in generale del centro-sinistra. Così come non sarà sufficiente un’estemporanea cooptazione nei giochi di potere del Pdl con relativi cespugli per assicurargli una qualche capacità di «controllo sociale». Anzi, lo vedremo sempre più spesso soffiare sul fuoco. Il rischio che la crisi italiana, contenuta finora entro le sponde imprevedibilmente solide della dialettica elettorale, entri in una fase esplosiva è terribilmente alto. E non si riduce proclamando coprifuoco tardivi. Né maldestri tentativi di abbassare la pressione con betabloccanti predicatori, ma con un surplus di partecipazione. Favorendo, con tutti i mezzi legali disponibili, una collettiva presa di parola capace di surrogare in basso il vuoto di senso generatosi in alto.
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Fonte: Non è un golpe, è una resa, 21.4.2013
diegod56
Caro Alberto, espongo la mia opinione, divergente, al fine di arricchire la dialettica di queste tue importanti pagine.
Ritengo che un accordo, chiamiamolo anche compromesso se vogliamo, fra il PD di Bersani e il M5S di Grillo e Casaleggio, per l’avvio di un governo, sarebbe stato assolutamente preferibile a quanto è accaduto. Oggi il cavaliere (con la macchia ma mi pare senza paura, in effetti) è saldamente in sella, grazie a come si sono incardinati gli eventi. Certo, l’offerta politica di Bersani era parziale e in qualche modo, coerentemente col progetto politico che i deputati del M5S incarnano, è stato quasi inevitabile respingerla. Cionondimeno, questo penso io, di fronte al pericolo di un cavaliere che ritorna in sella e un PD nel quale prevale la forte corrente di destra, sarebbe stato molto meglio scendere ad un compromesso e avviare un governo Bersani. Poi, possiamo esercitarci sull’orrore/errore di non aver appoggiato Rodotà, ma la frittata era ormai fatta. Sostanzialmente la penso come esposto più volte dal simpatico oratore pugliese, al quale continuerò ad offrire il mio voto. Ovviamente, caro Alberto, non credo di avere una verità assoluta per le mani, ma un’opinione comunque comprensibile.
euno
quanto alla nostra vita pubblica, o meglio al talk show cicaleggiante che ci ostiniamo a chiamare così, lo squallore regna sovrano. un provincialismo deprimente.
nell’impostazione generale di opposizione radicale (di differenza assoluta, per citare il povero gramsci che, senza essere un santo, non meritava però di finire impagliato nel pantheon dei piddini, citato invariabilmente a sproposito, snaturato) sono in accordo con lei. sull’analisi particolare mi sembra che lei sopravvaluti la forza del blocco berlusconiano (lo so che sembra un paradosso). cioè, quell’assetto di potere ha un peso enorme in italia e lo si è visto e si continua a vedere (chiunque altro sarebbe caduto di fronte all’attacco portatogli nel 2011-12, come craxi al tempo suo), ma mi sembra ormai cacciato in una posizione di difesa. come se la palla fosse nelle mani di altri, in particolare in quelle di poteri europei e dei loro emissari locali. non voglio dire che sia un potere incapace di ulteriori scosse, ma che sarebbero le scosse di chi non si rassegna a morire. ma è moribondo, non controlla il futuro. in sostanza credo che le cricche italiche che a quel vertice fanno capo stiano lottando per cavarsela al meglio nel momento della sconfitta. anche se ammetto che questa mia visione trova un punto di scarsa tenuta nell’impareggiabile inabilità dei referenti italici di quei poteri europei di cui parlavo. il Partito Disperati, di cui infatti quegli stessi poteri non riescono mai a fidarsi, considerandolo a sua volta troppo con le mani in pasta nei loschi e provinciali affari italici. di qui continui commissariamenti: amato, ciampi, prodi, monti e napolitano.
agbiuso
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Inciucio. Diciamo no e non saremo soli
di Antonio Padellaro
Nel film Sogni d’oro, Nanni Moretti dice a una platea di spettatori: “siete un pubblico di merda”, al che tutta la sala si alza in piedi gridando entusiasticamente: “pubblico di merda, pubblico di merda”. Una scena che ne ricorda un’altra, quella vista ieri a Montecitorio con Napolitano bis che mazzolava a tutto spiano parlamento e partiti con accuse di inettitudine e corruzione mentre dall’emiciclo si levavano (con la sola eccezione di M5S) festosi e prolungati applausi. Tutto come previsto. Giù in basso, adorante e con lunga coda di paglia la peggiore classe politica del globo, incapace perfino di eleggere un nuovo capo dello Stato. Lassù (dopo aver detto no infinite volte alla rielezione), l’anziano capo dello Stato che sfodera il suo diktat, così riassumibile: o si fa il governo delle grandi intese con Berlusconi o si va a nuove elezioni, ma in questo caso io mi dimetto subito e vi lascio in un mare di guai.
Napolitano ha avuto anche parole di apprezzamento per la scelta che ha portato il movimento di Grillo nelle istituzioni parlamentari. Ma il successivo monito sul ricorso alla piazza non è piaciuto affatto ai 5Stelle che ora parlano di un presidente “non più arbitro”. Non sorprende invece l’euforia di Berlusconiche si vede servire su un piatto d’oro un governo su misura, con ministri di sua proprietà e un programma già incardinato dai famosi saggi intorno alla riforma della giustizia modello Arcore, a cominciare ovviamente dal bavaglio sulle intercettazioni. Ben al coperto dietro Napolitano, il Caimano potrà contare sulla assoluta benevolenza di quasi tutta l’informazione che difficilmente oserà criticare gli atti del nuovo governo che il monarca del Colle ha già solennemente battezzato di “salvezza nazionale”, come se fossimo in guerra.
In questo un po’ sconcio coro di alleluja noi, inutile dirlo, non ci saremo. Troviamo indecente che i dirigenti Pd abbiano accettato al Quirinale il presidente dell’inciucio con la destra piuttosto che far convergere i voti su Rodotà, la personalità giusta per aprire la strada a una maggioranza del vero cambiamento che M5S non avrebbe potuto rifiutare. Troviamo insopportabile che sempre grazie a Napolitano venga steso un tappeto rosso ai piedi dell’uomo del bunga bunga che ha sputtanato l’Italia nel mondo portandola quasi al fallimento. No, non ci sentiamo soli perché contro la restaurazione della politica più marcia c’è una ripulsa che si allarga a macchia d’olio e che già mobilita la base del Partito democratico e dei sindacati non gialli.
Pensiamo che oggi più soli e più isolati dal mondo reale dovrebbero sentirsi piuttosto i pretoriani dell’informazione, sentinelle dell’eterna casta. Affidandosi con i loro padroni a un signore di 88 anni a cui tremava la voce per l’enorme responsabilità che si è preso.
Il Fatto Quotidiano, 23 aprile 2013
agbiuso
Televideo Rai
Berlusconi: “Napolitano ineccepibile”
22/04/2013 18:19
18.19
“Il discorso più ineccepibile e straordinario che io abbia mai sentito in 20 anni“. Parole convinte dal presidente del PdL, Berlusconi, a commento del discorso di insediamento di Napolitano.
[…]
Infine, un giudizio severo sul M5S: “Burattinai al servizio di uno squilibrato”.
agbiuso
In un suo editoriale di ieri Marco Travaglio parla di mummie, di Hindenburg, di necrofilia politica.
Temi che anche in questo sito sono stati evidenziati a proposito del ceto politico e soprattutto di Napolitano.
Si tratta di evidenze talmente chiare che basta riflettere un poco per arrivare alle logiche conclusioni, anche negli stessi termini.
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Napolitano bis, Funeral Party
di Marco Travaglio
La scena supera la più allucinata fantasia dei maestri dell’horror, roba da far impallidire Stephen King e Dario Argento. Il cadavere putrefatto e maleodorante di un sistema marcio e schiacciato dal peso di cricche e mafie, tangenti e ricatti, si barrica nel sarcofago inchiodando il coperchio dall’interno per non far uscire la puzza e i vermi. Tenta la mission impossible di ricomporre la decomposizione. E sceglie un becchino a sua immagine e somiglianza: un presidente coetaneo di Mugabe, voltagabbana (fino all’altroieri giurava che mai si sarebbe ricandidato) e potenzialmente ricattabile (le telefonate con Mancino, anche quando verranno distrutte, saranno comunque note a poliziotti, magistrati, tecnici e soprattutto a Mancino), che da sempre lavora per l’inciucio (prima con Craxi, poi con B.) e finalmente l’ha ottenuto.
E con una votazione dal sapore vagamente mafioso (ogni scheda rigorosamente segnata e firmata, nella miglior tradizione corleonese). Pur di non mandare al Quirinale un uomo onesto, progressista, libero, non ricattabile e non controllabile, il Pd che giurava agli elettori “mai al governo con B.” va al governo con B., ufficializzando l’inciucio che dura sottobanco da vent’anni. Per non darla vinta ai 5Stelle, s’infila nelle fauci del Caimano e si condanna all’estinzione, regalando proprio a Grillo l’esclusiva del cambiamento e la bandiera di quel che resta della sinistra (con tanti saluti ai “rottamatori” più decrepiti di chi volevano rottamare). La cosa potrebbe non essere un dramma, se non fosse che trasforma la Repubblica italiana in una monarchia assoluta e la consegna a un governo di mummie, con i dieci saggi promossi ministri e il loro programma Ancien Régime a completare la Restaurazione. Viene in mente il ritorno dei codini nel 1815, dopo il Congresso di Vienna, con la differenza che qui non c’è stata rivoluzione né s’è visto un Napoleone.
Ma il richiamo storico più appropriato è Weimar, con i vecchi partiti di centrosinistra che nel 1932 riconfermano il vecchio e rincoglionito generale von Hindenburg, 85 anni, spianando la strada a Hitler. Qui per fortuna non c’è alcun Hitler all’orizzonte. Però c’è B., che fino all’altroieri tremava dinanzi al Parlamento più antiberlusconiano del ventennio e ora si prepara a stravincere le prossime elezioni e salire al Colle appena Re Giorgio abdicherà.
A meno che non resti abbarbicato al trono fino a 95 anni, imbalsamato e impagliato come certi autocrati, dagli iberici Salazar e Franco ai sovietici Andropov e Cernenko, tenuti in vita artificialmente con raffinate tecniche di ibernazione e ostesi in pubblico con marchingegni alle braccia per simulare un qualche stato motorio. Ieri, dall’unione dei necrofili di sinistra e del pedofilo di destra, è nato un regime ancor più plumbeo di quello berlusconiano e più blindato di quello montiano, perché è l’ultima trincea della banda larga che comanda e saccheggia l’Italia da decenni, prima della Caporetto finale. Prepariamoci al pensiero unico di stampa e tv, alla canzone mononota a reti ed edicole unificate. Ne abbiamo avuto i primi assaggi nelle dirette tv, con la staffetta dei signorini grandi firme che magnificavano l’estremo sacrificio dell’Uomo della Provvidenza e del Salvatore della Patria, con lavoretti di bocca e di lingua sulle prostate inerti e gli scroti inanimati delle solite cariatidi. Le famose pompe funebri.
Ps. Da oggi Grillo ha una responsabilità infinitamente superiore a quella di ieri. Non è più solo il leader del suo movimento, ma il punto di riferimento di quei milioni di cittadini (di centrosinistra, ma non solo) che non si rassegnano al ritorno dei morti morenti e rappresentano un quarto del Parlamento. A costo di far violenza a se stesso, dovrà parlare a tutti con un linguaggio nuovo. Senza rinunciare a chiamare le cose col loro nome. Ma senza prestare il fianco alle provocazioni di un regime fondato sulla disperazione, quindi capace di tutto.
Il Fatto Quotidiano, 21 Aprile 2013
Biuso
Stefano Rodotà ha tenuto nei giorni scorsi un comportamento “non spettacolare”. Circostanza che testimonia anch’essa del valore di questa persona.
Ora risponde ai volgari attacchi di Eugenio Scalfari con una lettera che dimostra -al di là della condivisione o meno delle idee e delle posizioni di Rodotà- come il dramma della società italiana consista anche nel non meritarsi questo tipo di persone.
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Sono e resto un uomo di sinistra
di STEFANO RODOTA’
CARO direttore, non è mia abitudine replicare a chi critica le mie scelte o quel che scrivo. Ma l’articolo di ieri di Eugenio Scalfari esige alcune precisazioni, per ristabilire la verità dei fatti. E, soprattutto, per cogliere il senso di quel che è accaduto negli ultimi giorni. Si irride alla mia sottolineatura del fatto che nessuno del Pd mi abbia cercato in occasione della candidatura alla presidenza della Repubblica (non ho parlato di amici che, insieme a tanti altri, mi stanno sommergendo con migliaia di messaggi). E allora: perché avrebbe dovuto chiamarmi Bersani? Per la stessa ragione per cui, con grande sensibilità, mi ha chiamato dal Mali Romano Prodi, al quale voglio qui confermare tutta la mia stima. Quando si determinano conflitti personali o politici all’interno del suo mondo, un vero dirigente politico non scappa, non dice “non c’è problema “, non gira la testa dall’altra parte. Affronta il problema, altrimenti è lui a venir travolto dalla sua inconsapevolezza o pavidità. E sappiamo com’è andata concretamente a finire.
La mia candidatura era inaccettabile perché proposta da Grillo? E allora bisogna parlare seriamente di molte cose, che qui posso solo accennare. È infantile, in primo luogo, adottare questo criterio, che denota in un partito l’esistenza di un soggetto fragile, insicuro, timoroso di perdere una identità peraltro mai conquistata. Nella drammatica giornata seguita all’assassinio di Giovanni Falcone, l’esigenza di una risposta istituzionale rapida chiedeva l’immediata elezione del presidente della Repubblica, che si trascinava da una quindicina di votazioni. Di fronte alla candidatura di Oscar Luigi Scalfaro, più d’uno nel Pds osservava che non si poteva votare il candidato “imposto da Pannella”. Mi adoperai con successo, insieme ad altri, per mostrare l’infantilismo politico di quella reazione, sì che poi il Pds votò compatto e senza esitazioni, contribuendo a legittimare sé e il Parlamento di fronte al Paese.
Incostituzionale il Movimento 5Stelle? Ma, se vogliamo fare l’esame del sangue di costituzionalità, dobbiamo partire dai partiti che saranno nell’imminente governo o maggioranza. Che dire della Lega, con le minacce di secessione, di valligiani armati, di usi impropri della bandiera, con il rifiuto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con le sue concrete politiche razziste e omofobe? È folklore o agire in sé incostituzionale? E tutto quello che ha documentato Repubblica
nel corso di tanti anni sull’intrinseca e istituzionale incostituzionalità dell’agire dei diversi partiti berlusconiani? Di chi è la responsabilità del nostro andare a votare con una legge elettorale viziata di incostituziona-lità, come ci ha appena ricordato lo stesso presidente della Corte costituzionale? Le dichiarazioni di appartenenti al Movimento 5Stelle non si sono mai tradotte in atti che possano essere ritenuti incostituzionali, e il loro essere nel luogo costituzionale per eccellenza, il Parlamento, e il confronto e la dialettica che ciò comporta, dovrebbero essere da tutti considerati con serietà nella ardua fase di transizione politica e istituzionale che stiamo vivendo.
Peraltro, una analisi seria del modo in cui si è arrivati alla mia candidatura, che poteva essere anche quella di Gustavo Zagrebelsky o di Gian Carlo Caselli o di Emma Bonino o di Romano Prodi, smentisce la tesi di una candidatura studiata a tavolino e usata strumentalmente da Grillo, se appena si ha nozione dell’iter che l’ha preceduta e del fatto che da mesi, e non soltanto in rete, vi erano appelli per una mia candidatura. Piuttosto ci si dovrebbe chiedere come mai persone storicamente appartenenti all’area della sinistra italiana siano state snobbate dall’ultima sua incarnazione e abbiano, invece, sollecitato l’attenzione del Movimento 5Stelle. L’analisi politica dovrebbe essere sempre questa, lontana da malumori o anatemi.
Aggiungo che proprio questa vicenda ha smentito l’immagine di un Movimento tutto autoreferenziale, arroccato. Ha pubblicamente e ripetutamente dichiarato che non ero il candidato del Movimento, ma una personalità (bontà loro) nella quale si riconoscevano per la sua vita e la sua storia, mostrando così di voler aprire un dialogo con una società più larga. La prova è nel fatto che, con sempre maggiore chiarezza, i responsabili parlamentari e lo stesso Grillo hanno esplicitamente detto che la mia elezione li avrebbe resi pienamente disponibili per un via libera a un governo. Questo fatto politico, nuovo rispetto alle posizioni di qualche settimana fa, è stato ignorato, perché disturbava la strategia rovinosa, per sé e per la democrazia italiana, scelta dal Pd. E ora, libero della mia ingombrante presenza, forse il Pd dovrebbe seriamente interrogarsi su che cosa sia successo in questi giorni nella società italiana, senza giustificare la sua distrazione con l’alibi del Movimento 5Stelle e con il fantasma della Rete.
Non contesto il diritto di Scalfari di dire che mai avrebbe pensato a me di fronte a Napolitano. Forse poteva dirlo in modo meno sprezzante. E può darsi che, scrivendo di non trovare alcun altro nome al posto di Napolitano, non abbia considerato che, così facendo, poneva una pietra tombale sull’intero Pd, ritenuto incapace di esprimere qualsiasi nome per la presidenza della Repubblica.
Per conto mio, rimango quello che sono stato, sono e cercherò di rimanere: un uomo della sinistra italiana, che ha sempre voluto lavorare per essa, convinto che la cultura politica della sinistra debba essere proiettata verso il futuro. E alla politica continuerò a guardare come allo strumento che deve tramutare le traversie in opportunità.
(22 aprile 2013)
agbiuso
Una ricostruzione amara e implacabile.
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Napolitano, era tutto studiato
di Antonio Padellaro
C’è un filo rosso che porta allo sconcertante bis di Giorgio Napolitano, parte da lontano e si chiama governo delle larghe intese con Berlusconi. È una lampante verità che sul Colle delle bugie e dei nastri cancellati nessuno può negare, scolpita sui moniti che d’ora in poi saranno legge. Quel filo del Quirinale, nel dicembre 2011 dopo la disastrosa caduta del governo B., impedisce le elezioni anticipate. Come mai? Forse era chiaro che, con il crollo annunciato della destra, il Pd vincitore avrebbe potuto imporre senza problemi il proprio capo dello Stato?
E perché quando, nel dicembre scorso, Monti si dimette, non viene rispedito alle Camere per verificare la fiducia? Forse perché il timing, perfetto, consentiva alla presidenza di gestire non solo le elezioni,ma anche il dopo? Il pareggio auspicato e raggiunto, il mezzo incarico a Bersani, lo stop a M5S che chiede un premier fuori dai partiti, la melina dei “saggi”. Tutto per arrivare paralizzati all’elezione del Presidente e quindi all’inevitabile rielezione?
Forse il piano non era così diabolico, forse l’encefalogramma piatto dei partiti ha permesso a Napolitano di orchestrare la crisi come meglio voleva. Ma è difficile credere che, dopo aver respinto fino alla noia ogni offerta per restare, il navigato politico abbia ceduto in un paio d’ore alle suppliche di alcuni presunti leader alla canna del gas. Si è fatto rieleggere,vogliamo credere, non per sete di potere (a 88 anni!), ma per governare l’inciucio che nella sua testa è l’unico strumento per controllare un Paese allo sfascio. E per tenere lontano quell’eversore di Grillo che crede addirittura nella democrazia dei cittadini. Non s’illuda, però: davanti ai problemi giganteschi degli italiani (e alle piazze in fermento), questa monarchia decrepita e grottesca è solo uno scudo di paglia. D’ora in poi questi politici inetti e disperati il conto lo faranno pagare a lui.
Il Fatto Quotidiano, 21 aprile 2013
agbiuso
Vero, Gioacchino.
Tanto più che il diretto interessato così parlò lo scorso 7 marzo e poi il 14 aprile, vale a dire sino a una settimana fa.
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“Alla vigilia della conclusione del mio mandato voglio sottolineare come la conclusione corrisponda pienamente alla concezione che i padri costituenti ebbero della figura del presidente della Repubblica. Il già lungo settennato al Quirinale corrisponde bene alla continuità delle nostre Istituzioni ed anche alla legge del succedersi delle generazioni” (7 marzo 2013).
“La mia rielezione sarebbe una non soluzione perché ora ci vuole il coraggio di fare delle scelte, di guardare avanti, sarebbe sbagliato fare marcia indietro, sarebbe ai limiti del ridicolo. Tutto quello che avevo da dare ho dato. Niente soluzioni pasticciate e all’italiana”. (14 aprile 2013)
Giorgio Napolitano
Gioacchino Cosenza
.a co.e è
Ma come si può pensare che un uomo di 87 anni, che dovrebbe restare in carica fino a 94 anni (biologia permettendo), quando ad 80 anni non può più essere rinnovata
la patente di guida?
È gfxzxc.
agbiuso
Cara Amelia, hai certamente ragione nell’affermare che milioni di persone sono state clamorosamente tradite dal Partito Democratico, per il quale avevano votato nella speranza di contribuire in questo modo a liberarsi di Berlusconi e della macelleria sociale di Monti.
Tale evidenza non mi sembra in contraddizione con il “disprezzo” manifestato da Giusy. Si può infatti e giustamente disprezzare chi è talmente cieco da non accorgersi che lo si sta tradendo da anni, da decenni.
È quanto afferma Stefano D’Andrea in un interessante testo tratto dal sito Appello al Popolo: Chi deve rendere conto? I dirigenti del PD o gli elettori?
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Cari elettori del PD, adesso DOVETE RENDERE CONTO. VOI DOVETE RENDERE CONTO. NON I DIRIGENTI DEL PD.
Che il PD fosse più liberista del PDL era stato dimostrato dalle privatizzazioni, dalla confessione di D’Alema: “siamo più liberisti di voi” e dal sostegno convinto a Monti.
Che il PD fosse meno laico della DC era stato dimostrato, sotto il governo D’Alema (Berlinguer Ministro dell’istruzione), quando per la prima volta furono dati soldi alle scuole private (la DC non lo aveva mai fatto).
Che il PD fosse più filo-atlantico del PDL era stato dimostrato da D’Alema che andò ad Aviano a veder partire gli aerei USA che bombardavano la Serbia; e dalla politica energetica contro gli interessi italiani ma (senza ragione) anti Putin e Gheddafi, per non dispacere agli USA e anzi per realizzare gli interessi di questi ultimi.
Che Bersani, D’Alema e Veltroni assieme non facessero un buon politico della prima repubblica (non pensiamo nemmeno a uno statista), lo dimostrano le loro sconfitte, le depressioni, le dimissione immotivate e, plasticamente, l’esito comico dell’attività svolta da Bersani negli ultimi mesi.
Ora la posizione del PD su Rodota’ VI SCONVOLGE.
SONO SCONVOLTO CHE VI SCONVOLGA: A me non ha sconvolto e fin dal primo momento ho dichiarato ad amici e parenti: “il PD non ha nulla a che vedere con Rodotà”.
Sono veramente sconvolto: IN CHE MONDO SIETE VISSUTI?
Non è il PD che deve rendere conto a voi delle sue scelte.
Siete VOI che DOVETE RENDERE CONTO. DOVETE SPIEGARE, PRIMA DI TUTTO A VOI STESSI: COME MAI ERAVATE DEL TUTTO INCAPACI DI CAPIRE IL MONDO IN CUI VIVEVATE E CHE AVETE SOSTENUTO?
SD’A
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Segnalo anche un breve intervento di Fabrizio Tringali sul sito Mainstream, nel quale Napolitano è appunto definito il peggiore.
Il peggior presidente della repubblica.. altri 7 anni
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La rielezione di Napolitano può essere letta in due modi: come il sigillo di un accordo fra i ceti dominanti italiani ed europei che intende sancire la fine di ogni spazio democratico in questo Paese, e come l’estremo tentativo di salvarsi messo in opera da un ceto politico che non sa davvero più dove sbattere la testa.
Non possiamo che augurarci che esplodano ancora più fragorosamente le contraddizioni evidenziate da questa vicenda, che ha portato il PD a un passo dalla dissoluzione, e che questo assurdo incarico “bis” al peggior presidente che la Repubblica abbia mai avuto, finisca col diventare il canto del cigno di una casta che davvero non può più essere tollerata.
Amelia
Segnalo questo interessante articolo di Ida Magli.
Da
http://www.italianiliberi.it/Edito13/nessuna-rappresentanza-nessun-presidente-della-repubblica.html
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NESSUNA RAPPRESENTANZA, NESSUN PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
di Ida Magli
ItalianiLiberi | 16.04.2013
I politici, gli uomini dei partiti non sono ancora riusciti a prendere atto che il concetto di “rappresentanza” si è esaurito, non esiste più. La “rappresentanza”, infatti, è nata con il cristianesimo, laddove San Paolo (e in seguito i teologi) ha elaborato l’idea che nella morte del Figlio di Dio tutti i cristiani erano “rappresentati”, e perciò tutti “salvati” da Lui. Siamo dunque nell’ambito del Sacro, della metafisica del Sacro, che permette pensieri simbolici e potenze che vanno di là dalla realtà. Il concetto di rappresentanza si è poi a poco a poco trasferito, in maniera più debole e soltanto per analogia concessa dalle autorità del Sacro, ai Re, agli Imperatori, unti dal Papa, consacrati nella regalità dal Papa. Per questo un uomo della rivoluzione francese, la rivoluzione laica per eccellenza, ha voluto ricevere la corona dal Papa: Napoleone sentiva di non essere pienamente Imperatore, nella potenza di autorità e di governo che l’investitura sacra concede, senza l’intervento del Papa. Ma si trattava già di una rappresentanza di seconda categoria che si è andata sempre più sbiadendo e impoverendo fino quasi a scomparire con lo Stato laico moderno. L’uguaglianza di tutti i cittadini le ha inferto il colpo di grazia. La rappresentanza dei parlamentari e dei presidenti degli Stati, nelle varie deboli forme in cui si è configurata in Occidente, ne era un ultimo brandello e oggi è semplicemente una sopravvivenza culturale.
La sacralità della rappresentanza dunque, adesso non esiste più tanto che i Grillini hanno affermato, entrando in Parlamento, di essere, non i rappresentanti, ma i portavoce dei cittadini. Bella idea! Ma se l’hanno pensato è perché la rappresentanza era già morta da molto tempo. (Poveri Grillini, si sono subito persi nel conformismo all’alta finanza mondialista, ma il principio rimane valido). Buona parte dello “stallo” in cui si trovano i partiti è dovuto, non a quello che pensano Napolitano, Berlusconi e Bersani, ossia che manca una maggioranza, ma al fatto che il concetto di maggioranza e minoranza è a sua volta privo di contenuto perché in un contesto del tutto laico, senza la potenza trascendente, non si vince con la forza dei numeri ma con la forza della ragione e del buon senso. Se una proposta di legge è ragionevole e utile, riceverà il consenso in base a queste qualità e non perché è stata pensata e proposta nell’ambito della sacralità delle ideologie dell’uno o dell’altro partito. Insomma il Parlamento sta per essere anch’esso superato, ma fino a quando non giungeranno a questa consapevolezza, bisogna almeno che gli attuali protagonisti si rendano conto che l’idea della politica come campo di battaglia appartiene ancora all’ambito della “potenza” dei rappresentanti, della loro forza intrinseca, insomma al Sacro.
È evidente, dunque, che non c’è più posto in uno Stato laico per un rappresentante addirittura più “rappresentante” degli altri: il Presidente della Repubblica, il quale dovrebbe “rappresentare” tutti gli italiani, l’unità d’Italia. È un’idea, un’immagine goffa, grottesca, che fa perfino ridere, adesso che ne è svanita la sacralità, quella che uno dei miseri, piccoli uomini o donne di cui si è fatto il nome, sia chiamato a “rappresentare” un popolo. Neanche il singolo individuo oggi rappresenta se stesso, perché è se stesso, e giustamente vuole essere e agire in prima persona e non essere “rappresentato” da nessuno. È anche per questo che non sopporta più e sente come offensivo nei confronti del suo voto, il vuoto legislativo che si prolunga dal giorno delle elezioni. Si dirà che la Costituzione prescrive l’esistenza di un Presidente della Repubblica ma è proprio a questo che servono le Camere: a legiferare. Si riuniscano in seduta comune e invece di nominare un presidente, abroghino il relativo articolo. Cercavamo da tanto tempo di diventare un paese normale? Senza il sacro, e senza gli immensi abusi di potere che ne sono derivati, finalmente l’Italia sarà un paese normale.
Ida Magli
Roma, 14 Aprile 2013
(In caso di riproduzione si prega di citare la fonte e di aggiungere il link a questa pagina)
Amelia
Cara Giusy , quali gli italiani da disprezzare ?
In realtà, gli italiani, tanti, tantissimi italiani sono stati TRADITI !
Ieri sera, nonostante abbia in orrore la folla, non ho potuto fare a meno di raggiungere piazza Montecitorio per far sentire anche la mia voce. La piazza e le stradine adiacenti erano stracolme di giovani e di anziani che gridavano la vergogna di quanto è stato perpetrato alle loro spalle. Mi hanno disturbato solamente le quattro rosse bandiere di Rifondazione Comunista. Se le sarebbero potute risparmiare…
Quello che mi colpisce di più in questa storia è la frattura tra le sorde orecchie degli inciucioni e le grida di disperazione e di rabbia degli italiani.
Hanno fatto tutto come se i risultati delle ultime elezioni non li avessero minimamente scalfiti. Hanno già fatto finta di essersele dimenticate…
agbiuso
Ringrazio te, cara Giusy, per la dolorosa passione che profondi nel capire e nel comunicare.
E grazie anche per aver ribadito ancora una volta i fatti, il lungo elenco delle nefaste decisioni assunte dai governi anche con il sostegno decisivo di quel partito che sta morendo. Il dramma è che il costo di questo funerale lo paghiamo e lo pagheremo tutti.
Per quanto riguarda “la lucidità e la serenità”, non sono mai bastanti se è vero che il nostro compito è stato ben riassunto da Spinoza: «Nec ridere, neque lugere, neque detestari, sed intelligere» (Ethica, Parte terza, Prefazione). Da questo atteggiamento rimaniamo sempre inevitabilmente lontani ma dobbiamo fare di tutto per avvicinarci.
Giusy Randazzo
Caro Alberto,
stamane mi sono svegliata sicura di essermi sbagliata. Nei giorni addietro avevo scritto infatti che gli elettori del pd avrebbero dimenticato presto le nefandezze compiute dal loro partito, soprattutto i fedelissimi che votano per appartenenza e non per opinione. Travaglio aveva ipotizzato tre mesi -la memoria di un pesce rosso- per resettarsi. Oggi mi sono convinta che soffrano di disturbi alla memoria anterograda, come il personaggio di Memento, Leonard Shelby, non riescono a fissare i ricordi per più di qualche minuto.
E ho provato rabbia.
Poi ho pensato agli altri elettori del pd, quelli che oggi si sono svegliati con la convinzione di essere stati traditi, quelli che sono veramente di sinistra e che piangono le scelte di un partito che non sentono più loro o da cui non si sentono più rappresentati, quelli che in questi giorni sono scesi in piazza a bruciare le tessere o hanno scritto e urlato la loro indignazione. Ne conosco tanti. Penso che loro siano più provati di me stamattina.
Sugli altri che già dopo qualche minuto dall’elezione di Napolitano avevano trovato il modo per dimenticare e giustificare il loro appoggio a un partito che rimarrà la vergogna storica della sinistra; su questi altri che preferiscono far finta di non sapere che quest’ultima nefandezza si aggiunge pesantemente alle altre (da te più volte elencate e ricordate) compiute da questa novella democrazia cristiana (leggasi pd) -modifica dell’articolo 18, approvazione riforma previdenziale, scandalo Monte dei Paschi, acquisto cacciabombardieri F35, non attuazione dell’ineleggibilità di sb, mantenimento dei privilegi dei parlamentari, pareggio di Bilancio introdotto nella Costituzione e conseguente IMU da elargire poi al MdP, appoggio incondizionato al governo Monti, guerre imperialistiche camuffate di pace, realizzazione TAV, permanenza del conflitto di interesse, inciucio con PDL-; sugli altri che oggi si sono svegliati pensando che dopotutto Napolitano è il male minore, pur sapendo che è il peggiore pdr che abbiamo mai avuto; su questi altri, Alberto, non spendo una parola. Ma a te confido quanto segue: sono gli italiani che disprezzo. Così come disprezzo il voto di scambio, altrettanto disprezzo il voto di appartenenza. Le peggiori dittature di destra e di sinistra sono andate avanti così nella storia, col voto di appartenenza. Un voto, questo, che non ti fa più valutare il meglio, il bene, il democratico, il giusto, ma ti indirizza verso il meglio, il bene, il democratico, il giusto che i dirigenti del partito scelgono per te.
Grazie per la tua lucidità e la serenità con cui affronti argomenti tanto scottanti.
Un abbraccio,
Giusy