Parlamentari Pd, RIBELLATEVI!
di Paolo Flores d’Arcais
«Bersani ha fatto scegliere a Berlusconi il nome del Presidente della Repubblica. Bersani ha così tradito il voto degli elettori del Pd. Parlamentari democratici che avete ancora un minimo di dignità, ribellatevi! Non limitatevi a NON votare Marini, votate Rodotà. Una personalità che come tutti voi sapete (e Bersani per primo) ha esattamente le caratteristiche oggi irrinunciabili per essere un intransigente Custode della Costituzione e dei suoi valori di giustizia e libertà.
Rifiutare la candidatura di Rodotà (che è stato anche presidente del Pds, da cui è nato il Pd) solo perché avanzata dal M5S, dopo aver rimproverato Grillo perché non aveva il coraggio di proporre un nome, è un incomprensibile harakiri che rende plausibile ogni sospetto di ricattabilità del gruppo dirigente Pd, visto che sotto ogni profilo logico, etico e politico appoggiare Rodotà anziché far scegliere il Presidente a Berlusconi dovrebbe per il Pd andare da sé.
Mi aspetto che le tante personalità che avevano firmato appelli per il voto al Pd non si iscrivano silenziosamente al partito di Ponzio Pilato, e levino una voce alta e chiara per dire il loro NO all’alleanza col Caimano e SÌ alla candidatura di Rodotà, uomo della legalità, dei diritti del lavoro, della cultura» .
(18 aprile 2103)
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Condivido per intero il testo di Flores d’Arcais.
Segnalo anche questo appello -sempre su Micromega– di Barbara Spinelli, Michele Serra e altri.
Temo che comunque sarà inutile, visto che il PD è -appunto- ricattabile.
È un’intera classe dirigente “di sinistra”, guidata da Massimo D’Alema, a celebrare in modo insieme grottesco e tragico il proprio fallimento; a mostrare sino in fondo la propria complicità con Berlusconi -con la sua persona e il suo Geist-; a tenere l’Italia in una condizione di fallimento economico e ricattabilità morale.
Cari amici che chiedevate al Movimento 5 Stelle di allearsi con il Partito Democratico, capite ora la trappola?
O non vi è ancora chiara?
Il PD è inaffidabile, totalmente inaffidabile.
9 commenti
Dario Generali
Caro Alberto,
hai certamente ragione nel dire che le gerarchie del PD avrebbero cercato in ogni modo di impedire la realizzazione di un programma che contenesse i punti qualificanti di quello del M5S. Tuttavia, come è successo con il tentativo di eleggere Marini come presidente della Repubblica, un loro rifiuto a consentire un’azione di moralizzazione della vita politica avrebbe provocato la reazione della base. Secondo me il M5S avrebbe dovuto costringere il PD a scoprirsi e a mostrare le carte. Far cadere un governo per il rifiuto di tagliare gli stipendi ai parlamentari e tutto quello che ho detto avrebbe recato al PD un danno d’immagine enorme e probabilmente le sue forze interne desiderose di cambiamento avrebbero potuto emergere e far cadere gli attuali dirigenti. Provare non sarebbe costato nulla, mentre un successo avrebbe potuto essere davvero il modo per costringere la sinistra a rinnovarsi e a diventare finalmente strumento di rinnovamento dell’intero paese.
D’Alema sarebbe una iattura peggio di Marini e spero davvero anch’io che possa passare la candidatura di Prodi, anche se l’ipotesi Rodotà sarebbe ancora più limpida.
Se non ho colto male, le ultime notizie danno il M5S disponibile a sostenere un governo Bersani nel caso in cui questi e il PD votassero Rodotà. Se così davvero fosse, il M5S avrebbe fatto un passo politico ottimo, perché avrebbe costretto il PD a giocare allo scoperto e un suo rifiuto a far convergere i voti su Rodotà sarebbe a questo punto il segnale di un’evidente mancanza di concreta disponibilità alla collaborazione.
Un caro saluto.
Dario
agbiuso
Caro Dario, ti ringrazio per questa ampia e lucida analisi.
Diversamente da te, credo che il PD non praticherebbe mai un’azione politico-parlamentare volta a “ridurre drasticamente le indennità dei parlamentari, eliminare i rimborsi elettorali, i doppi incarichi, i finanziamenti ai giornali e a tutto il sottobosco politico, ecc. Si sarebbe dichiarato Berlusconi ineleggibile, si sarebbe fatta subito la legge sul conflitto di interessi”.
Se avessi questa fiducia, giudicherei anch’io errato il comportamento politico del M5S ma invece ritengo che abbia fatto benissimo e non cadere nelle lusinghe di Bersani, le cui richieste e promesse erano -come si è visto- il bluff di un giocatore di poker. Un bluff determinato anche dal fatto che la dirigenza del PD è sotto ricatto di Berlusconi. La questione del Monte dei Paschi è il segnale (la punta dell’iceberg) di tale ricatto.
Adesso il PD ha dichiarato di votare per Prodi, che secondo me sarebbe un’ottima soluzione come garanzia di resistenza alle pretese di Berlusconi. Lo conferma la reazione violentissima e furibonda dell’entità immonda, dei suoi servi in parlamento, dei suoi giornali, che definiscono pari pari il cattolico e mite Prodi “il diavolo”. E, in effetti, Prodi non soltanto è stato l’unico a sconfiggere per due volte B. alle elezioni ma difficilmente incoraggerebbe alleanze tra il PD e la banda di criminali che ruota intorno a B. Significativo che anche Casini, Monti e simile gentaglia vedano molto male Prodi e non lo votino.
La questione delicatissima è dunque: il PD voterà davvero Prodi? Riuscirà a eleggerlo? Temo che sarà bruciato e a quel punto emergerà D’Alema, il vero candidato di Berlusconi e del PD/PDL.
Spero davvero di sbagliarmi. Lo sapremo nelle prossime ore.
Dario Generali
Caro Alberto,
condivido senz’altro la presa di posizione a favore della candidatura di Rodotà, che non è neppure lontanamente paragonabile a quella cialtronesca di Marini, che è stata rifiutata anche da Sel, che è poi il partito che ho finito per votare giusto per non dare la mia adesione al PD e, nello stesso tempo, sostenere la coalizione di centro sinistra. Se mai Bersani e Berlusconi riuscissero ad eleggere Marini (che, però, ormai mi pare superata come ipotesi) o un personaggio come lui a fronte della candidatura di Rodotà favorirebbero un’ulteriore ascesa del M5S, nonostante la prova di incapacità politica che quest’ultimo, a mio parere, sta dando.
Non si sarebbe infatti trattato di fare un governo con il PD, perché hai ragione nel dire che è un partito marcio, almeno in buona parte della sua classe dirigente, come è marcio tutto il paese. Assumersi direttamente delle responsabilità in un esecutivo a maggioranza tenuto dalla nomenclatura del PD sarebbe cosa assai rischiosa, perché un conto è votare il meno peggio (come preferire prendersi un pugno piuttosto che una coltellata) e un altro collaborare con un soggetto che si sa pronto a qualsiasi scorrettezza e dal quale doversi continuamente guardare. Molto diverso sarebbe invece stato dare un sostegno esterno a un governo di matrice PD a fronte di un programma preventivamente concordato. In questo modo tale governo sarebbe stato sotto costante ricatto del M5S e in breve si sarebbe ottenuto di ridurre drasticamente le indennità dei parlamentari, eliminare i rimborsi elettorali, i doppi incarichi, i finanziamenti ai giornali e a tutto il sottobosco politico, ecc. Si sarebbe dichiarato Berlusconi ineleggibile, si sarebbe fatta subito la legge sul conflitto di interessi, si sarebbe visto Berlusconi o scappare all’estero come Craxi o in galera, ecc. Si sarebbe fatta la legge elettorale e, in sintesi, si sarebbe ridata a questo paese una decenza istituzionale. A quel punto, una volta ottenuti questi fondamentali risultati, si sarebbe potuto togliere il sostegno al governo in qualsiasi momento, se non avesse continuato a muoversi nella direzione desiderata dal M5S. Si sarebbe dovuto però cogliere questa straordinaria occasione, non lasciare che Bersani diventasse ostaggio di Berlusconi.
Probabilmente una simile alleanza non riuscirà a realizzarsi per la resistenza di molte componenti del PD, ma se per nostra sfortunata calamità questo accadesse puoi immaginare cosa subiremmo nei prossimi cinque anni?
Hai scritto pagine determinanti sull’irrazionalità delle utopie e sulle loro esiziali conseguenze pratiche. Rifiutare qualsiasi logica politica è utopico, mentre mi parrebbe segno di matura razionalità sfruttare a fondo la debolezza attuale del PD e l’ansia di ruoli e poltrone della sua nomenclatura per trasformare nei fatti le cose, in modo da porre le premesse per un concreto risanamento morale e civile del paese.
Un caro saluto.
Dario
diegob
comunque, dentro al PD, si è suscitato un dibattito molto, molto aspro, che potrebbe portare ad evoluzioni interessanti; a mio avviso è chiaro che l’abbraccio con il cavaliere trova grandi resistenze fra gli elettori ma anche fra un buon numero di eletti del partito stesso; quindi, aspettiamo quel che accadrà, perchè la speranza che venga eletto un PdR non gradito a s.b. non è infondata
mario
Bene. Abbiamo un altro gradino prima di specchiarci nell’abisso, come dice Saviano (citando Nietzsche).
Resta aperto il dilemma, che né Grillo, né Travaglio né altri fonti notoriamente ‘ardite’ hanno dissipato: evidente a tutti cosa motivi le azioni del Caimano, satireggiata da ogni parte l’acquiescenza pelosa del “Pd-Elle”, che consiste nel dargliela vinta (così perdendo faccia ed elettori ad ogni giro)… uno si chiede chi glielo fa fare d’impiccarsi da soli piano piano? Perché da scelte così non si torna più indietro, l’avran capito pure loro, no?
Quindi di due una: o lui sta offrendo loro un eldorado che saremmo tutti curiosi di sbirciare almeno una volta per coprirsi la faccia di palta da soli, o tiene le redini di uno scandalo talmente colossale (e abbiamo il Monte alle spalle) che loro ballano ad ogni toccar di corde.
In ambo i casi, questo mistero si fa vieppiù peso: è stata persino attaccata l’acquiescenza di Napolitano nei confronti delle porcherie di B., ma nessuno ci ha ancora svelato che lama questi cela dietro il ventaglio.
agbiuso
Ringrazio Alessandra e Mario per aver posto con tanta efficacia la questione del bluff di Bersani e dell’inquietante potenza ricattatoria che l’immondo Berlusconi possiede.
Marini comunque sembra ormai saltato. E, vista anche la sua storia riassunta qui sotto, questo è un bene.
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Presidente della Repubblica: Marini, l’ex sindacalista che ama dar ragione a tutti
di Giorgio Meletti
La sua ultima vittoria all’attacco fu alle Politiche del ‘92, quando a Roma prese più voti dello “squalo” andreottiano Vittorio Sbardella. Da allora si è chiuso in difesa. Ha difeso Marcello Dell’Utri in nome dei tre gradi di giudizio, Clemente Mastella e Francesco Rutelli che andarono al Gran premio di Monza con il volo di Stato (“non vedo lo scandalo”). Quando i senatori berlusconiani festeggiarono la caduta di Romano Prodi mangiando mortadella in aula, si limitò a un paterno “non siamo all’osteria”. E quando gli stessi berluscones insultavano i senatori a vita, lui la metteva giù dura: “Comportamenti che fanno riflettere”. Franco Marini ha compiuto la settimana scorsa 80 anni e si prepara all’ultimo tentativo di coronare una carriera tutta nel nome della prudenza, dell’equidistanza, del buon vicinato, sempre in nome di una saggezza popolare della quale si ritiene magistrale profeta.
Abruzzese, laureato in Giurisprudenza, allievo e protetto del fondatore della Cisl Giulio Pastore, arriva al vertice del sindacato cattolico nel 1985, chiudendo la parentesi “operaista” di Pierre Carniti. Il suo quindicennio definisce in modo indelebile la natura della Cisl di sindacato radicato più che altro nel pubblico impiego, la categoria dove è cresciuto e nella quale cresce il suo delfino Sergio D’Antoni. È tanto vicino al mondo del lavoro che nel 1991 diventa ministro del Lavoro nel governo Andreotti detto del Caf (Craxi-Andreotti-Forlani). È l’estrema formula politica della Prima Repubblica, che sarà travolta dall’inchiesta Mani pulite. Marini è uno dei pochi di quella stagione a restare a galla. Ha ereditato da Carlo Donat Cattin la corrente Forze Nuove, ha dalla sua i numeri e la forza organizzativa della Cisl. Alle Politiche del ‘92 sfida a Roma Sbardella e lo sbaraglia con oltre 300 mila preferenze personali. Gli andreottiani lo accusano di aver militarizzato il voto cislino (a Roma come è noto il pubblico impiego non manca), ma i suoi uomini fanno spallucce: “La verità è che molti andreottiani in libera uscita hanno votato per noi”. Arriva l’onesto Mino Martinazzoli a rianimare la Dc morente, e lui è lì, segretario organizzativo.
Nel ‘97 è segretario del partito, che nel frattempo ha cambiato nome. Quando cade il governo dell’Ulivo di Romano Prodi, autunno 1998, è pronto a fare l’accordo con Massimo D’Alema per fare il nuovo governo con le truppe cossighiane. In cambio ottiene la promessa del Quirinale. Ma sei mesi dopo Walter Veltroni inventa la candidatura di Carlo Azeglio Ciampi, e lo fa secco. Vuoi mettere il sindacalista dc forte alle Poste con il banchiere antifascista rispettato in tutto il mondo? Marini la prende malissimo. “So che è ancora arrabbiato”, ammetterà D’Alema due anni dopo.
Ma Marini non è uomo che si arrende, la sua rivendicata natura di abruzzese tosto prevale sempre. Ostacola l’ulivismo di Romano Prodi, ma sempre dietro le quinte, perché rivendica di essere un padre del bipolarismo. Quando nasce la Margherita si piazza nuovamente alla segretaria organizzativa, la sua passione. Nel 2006 agguanta la presidenza del Senato, è una delle legislature più brevi della storia repubblicana, quella con il governo Prodi sempre in bilico perché non ha abbastanza voti proprio a Palazzo Madama. Serafico, Marini lascia che il Pdl, guidato in aula da Renato Schifani, trasformi il Senato in un bivacco.
Adesso il suo nome torna a galla perché, se serve al Quirinale un uomo che non disturbi le larghe intese con Berlusconi, la sua biografia certifica che è lui la persona giusta. Che non disturba e non chiede, a parte aver preteso e ottenuto la deroga per ricandidarsi dopo 21 anni in Parlamento. In Abruzzo con la sua popolarità e il radicamento in quel fiero popolo ha guidato il Pd alla sconfitta, ed è rimasto trombato. Ma anche questo lo rende adatto al momento politico, al contrario di quanto sostenuto da Matteo Renzi e altri innovatori giovani e ignari.
Twitter: @giorgiomeletti
Fonte: il Fatto Quotidiano, 18 Aprile 2013
mario
Alessandra riassume quel che ci si dice in questi giorni, lo zeitgeist di questo “tempo devastato e vile”.
Quel che rimane aperto è il busillis di quale gancio al titanio abbia Mephisto/B. x tenerci così strettamente le palle della c.d. ‘sinistra’, tal ché se lui dà un tirone questi partono tutti a starnazzare in coro colle voci in falsetto.
Questo è l’Ultimo Grande Mistero: il Monte dei Paschi è forse solo la punta dell’iceberg? Mephisto può far scoppiare altre mine sotto i loro devastati deretani? E cosa, quali, si sa?
Qualche anima pia è in grado d’illuminarci su che altro mena quest’indegna totentanz sul ciglio del nostro abisso di Weimar?
Da ignorante della politica gliene sarò grato.
alessandra
Sottoscrivo in toto l’appello di D’arcais e quello di MicroMega, nonchè il commento di Biuso.
A che gioco ha giocato Bersani per un mese e mezzo, fingendo di inseguire Grillo, quando al momento cruciale scopre finalmente le carte con un bluff da pokerista navigato e cinico,purtroppo perdente, fregandosene delle migliaia di voci che arrivano dalla base che invocano Rodotà e aborrono il jolly estratto dal cilindro di B.
Quali legami oscuri e di che portata lo inducono ad agire contro ogni logica politica che sia in linea col partito che rappresenta, in linea col bene del Paese…
Un brivido freddo mi corre nella schiena e ammutolisco di fronte all’evidenza di un potere oscuro capace di tanto…
Solo uno scatto di coscienza di coloro che ancora non sono invischiati in questo “Male Oscuro” può ribaltare un risultato che non lascierebbe intravvedere nulla di buono per il futuro di questo Paese.
Ma in caso di vittoria di Rodotà, cosa succederà a quel che resta di un PD senza più identità e dignità e faccia?
L’onestà del PD+C | Agorà di filosofia
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