Ormai ha gettato la maschera in modo definitivo. Ormai entra in modo sempre più esasperato nel dibattito tra i partiti, attaccando apertamente il Movimento 5 Stelle e offendendo i suoi elettori -«Certe campagne, che si vorrebbero moralizzatrici, in realtà si rivelano nel loro fanatismo negatrici e distruttive della politica»- proprio nel momento in cui il Movimento chiede l’inizio dei lavori del Parlamento e di votare in Senato per l’ineleggibilità di Berlusconi. Ormai si fa beffe della Costituzione, che ha calpestato avendo trasformato in questi anni l’Italia in una repubblica presidenziale. Ormai indica che cosa il Parlamento deve decidere, facendo pressione per l’alleanza tra il PD e Berlusconi, da lui paragonata addirittura al compromesso storico degli anni Settanta, quando invece la vuota formula delle «larghe intese» indica soltanto la volontà di sottrarre Berlusconi alla giustizia. Ormai difende dunque a spada tratta e in ogni occasione l’entità immonda.
Per fortuna tra qualche settimana non sarà più il presidente della repubblica (il minuscolo è voluto). Ma rimarrà il peggiore tra tutti. Neppure Berlusconi, infatti, potrebbe essere peggio. La ragione sta nel fatto che Napolitano ha goduto per sette anni del sostegno di tutta la stampa e di tutte le forze politiche, mentre Berlusconi o un suo prestanome (che sia del PDL o del PD poco importa) non potrebbe ottenere altrettanto servilismo e venerazione.
In Giorgio Napolitano si esprime e si sintetizza dunque il fallimento di un sistema politico gestito da una pletora di personaggi incompetenti, corrotti e antidemocratici.
41 commenti
agbiuso
Antipolitica
Re Giorgio di Savoia bacchetta tutti, o quasi
di Adriano Todaro, Girodivite mercoledì 24 dicembre 2014
Ebbene, sì! Lo confesso. Sono un tipo “patologicamente eversivo” da tenere a distanza perché sono senza speranze. Quando Re Giorgio di Savoia ha tuonato contro i giovani senza “retroterra” ma soprattutto contro gli “eversivi”, ho sentito un fremito nelle vene. Che alludesse a me? Mia moglie continuava a guardarmi con sufficienza e, questo, non era di buon auspicio. Anche l’edicolante e il panettiere, quando sono uscito per i rituali acquisti mattutini, sembrava mi guardassero in uno strano modo.
In realtà Re Giorgio di Savoia qualche ragione ce l’ha. Va tutto male e in momenti come questi è necessario stringersi e coorte, stringersi a lui che, in 61 anni di attività, non ha mai fatto antipolitica ma solo carriera politica e sempre dalla parte del più forte. Era per i carri armati sovietici in Ungheria, era per unificarsi allo statista Craxi, era un migliorista, contro la sinistra del Pci ed anche contro Berlinguer e la sua questione morale. Altri tempi. Oggi, invece, lancia strali e saette contro tutti, un po’ anche contro Renzi, ma solo un po’ quasi fosse il gioco delle parti.
Non fa sconti, invece, a quelli che si mettono di traverso alle grandi riforme promesse dal Democristiano con i Nei. Ad esempio all’unica forza d’opposizione presente in Parlamento, i 5 Stelle, perché in Parlamento utilizzano, dice il Re, “metodi e atti concreti di intimidazione fisica, di minaccia, di rifiuto di ogni regola e autorità, e in sostanza tentativi sistematici ed esercizi continui di stravolgimento e impedimento dell’attività politica e legislativa di ambedue le Camere”.
E ce n’è anche per la stampa. Certo il Re non legge girodivite ma sottolinea che la critica alla politica e ai partiti degenera in antipolitica: “Di ciò si sono fatti partecipi infiniti canali di comunicazione, a cominciare da giornali tradizionalmente paludati (non siamo noi-Ndr), opinion maker lanciatisi senza scrupoli a cavalcare l’onda, per impetuosa e fangosa che si stesse facendo”.
Insomma, datevi una calmata cari giornalisti. Quando apprendete qualche ruberia dei nostri amati politici non cavalcate l’onda, abbiate scrupoli, anche se la notizia è fangosa. In pratica “non parlate al manovratore”. Un bel democratico questo Re Giorgio di Savoia. E ai sindacati, non dice nulla? Certo che sì. Dopo lo sciopero generale, per Napolitano è necessario “la via di una discussione pacata”. Ma sì facciamo un bel minuetto, pacato però. Io, padrone, ti licenzio, anzi grazie allo Jobs Act ne assumo un altro e pure ci guadagno. Tu, però, non scendere in piazza, non fare casino, riuniamoci e facciamo “una discussione pacata”. Ti offro anche un caffè basta che te ne vai e non rompi le balle.
Insomma, Re Giorgio, l’uomo che ha firmato tutte le porcherie che il “Delinquente Abituale” gli sottoponeva non ci dice assolutamente che cosa causa l’antipolitica. Noi, come è risaputo, non siamo grandi intenditori di cose politiche, anzi spesso facciamo confusione. Gli sottoponiamo solo qualche esempio che forse – ma proprio in modo dubitativo – può generare l’antipolitica.
Giovedì 4 dicembre, mentre il Presidente del Consiglio non Eletto annunciava vita dura per i corrotti, il suo partito al Senato votava assieme a Fi, Ncd e Lega per respingere la richiesta dei giudici di usare le intercettazioni nei confronti degli inquisiti Antonio Azzolini (Ncd) e Antonino Papania (Pd). Senza contare i quattro sottosegretari indagati. Essere contro queste cose è antipolitica?
Le Regioni ne fanno di tutti i colori, con i nostri soldi comprano tutto, anche i vibratori e quasi tutti i consiglieri regionali sono inquisiti, molti dietro le sbarre. Ma il Friuli della famosa rottamatrice Debora Serracchiani batte tutti per estrosità. Aveva promesso il dimezzamento degli stipendi (massimo 5 mila euro) ma oggi ne beccano 7 e 500 euro al mese. E non è finita. Se sei malato e non vai in Consiglio, il rimborso arriva lo stesso. Grazie ad un emendamento del Pdl, subito votato dal Pd, le spese di mandato vengono rimborsate anche quando il consigliere è a casa malato (o in qualche altro posto) e, quindi, per trasporti e ristoranti non spende nulla. Se qualche consigliere del MS5 denuncia ciò, è forse uno che rifiuta ogni “regola e autorità”? E’ questa l’antipolitica?
C’è un gentiluomo che è presidente della commissione Cultura a Montecitorio, Giancarlo Galan (Fi). Contemporaneamente è agli arresti domiciliari. Ha patteggiato la pena a 2 anni e 10 mesi per l’inchiesta sul Mose, accusato di corruzione dai Pm. Secondo l’accusa, riceveva uno “stipendio” di un milione di euro l’anno. Eppure nessuno dice niente. In Commissione Cultura c’è addirittura il presidente del Pd Matteo Orfini, quello che dovrebbe fare pulizia a Roma. Ma se non riesce a farla neppure nella sua commissione! Se un giornale denuncia questo, cosa fa antipolitica?
Tav, Mose, Expo, ogni grande opera è un grande affare per mafiosi e tangentisti. Ora si lanciano i Giochi del 2024. I mafiosi respirano di soddisfazione, non resteranno disoccupati. A Milano sono 46 le imprese bloccate in odore di mafia ma siccome a Milano, è risaputo, la mafia non c’è (è come la nebbia, diceva Totò, c’è ma non si vede), si va avanti alla grande. Secondo la Bocconi avrebbero dovuto esserci 308 mila nuovi posti di lavoro, per la Camera di commercio, 190 mila, secondo i dirigenti Expo, 70 mila. Saranno, se va bene, solo 4 mila. In compenso il compagno Oscar inteso Farinetti si è aggiudicato due padiglioni da 4 mila metri quadrati ciascuno per dare da mangiare. Aggiudicati sì, ma senza gara pubblica. Coloro che protestano per questa ingiustizia, fanno antipolitica?
Ed è forse antipolitica prendersela con chi doveva controllare e non l’ha fatto con il risultato di aver pagato 7,6 milioni di euro di gasolio per una nave affondata nel 2013?
Dopo tutto questo fango, consoliamoci con qualcosa di più leggero. C’è grande attesa per il successore di Re Giorgio di Savoia e ogni giorno si sentono nomi di papabili. Dopo il musicista, due personaggi di grande levatura: il ministro Padoan e l’ex ministra e avvocata Severino. Il primo potrebbe andare bene anche all’Omino Pregiudicato, la seconda anche, visto che ha difeso sempre i poteri forti ed è ammanigliata anche con il Vaticano.
Qua però io voglio spezzare una lancia a favore di un altro personaggio, mi sembra ingiustamente non considerato. Si tratta di Maurizio Gasparri che sul Colle farebbe la sua bella figura. Guarderebbe, contemporaneamente, alla destra e alla sinistra e magari riuscirebbe a studiare, con più calma, come sistemare il decoder. In fondo, perché Paola sì e Maurizio no!
agbiuso
25 candidati per la fogna del Quirinale.
agbiuso
Televideo:
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Grillo: Napolitano attento o denunciamo
10/12/2014 19:16
19.16 “Napolitano deve stare molto attento. Rischia che lo denunciamo per vilipendio del Movimento”. Lo ha detto Beppe Grillo, commentando le parole del Capo dello Stato. Napolitano, in un discorso dall’Accademia dei Lincei, ha parlato della degenerazione della politica in “antipolitica,cioè patologia eversiva”.
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Ottimo, Grillo. Così bisogna rispondere a questo soggetto che da 60 anni (!!) imperversa nella politica italiana.
agbiuso
Giorgio Napolitano testimonia in una sala senza finestre, la “sala oscura”. A tutti i presenti saranno sequestrati cellulari e tablet.
Canetti e Debord hanno ragione: il cuore del potere è indicibile, oscuro.
agbiuso
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I #Napolitano bond
Napolitano non si sa più se ci è o se ci fa. Oggi si scaglia contro i vecchi assetti del potere, lui che è incollato alla poltrona parlamentare, europarlamentare, governativa dal 1953. Roba da far invidia ad Andropov o Cernienko. Dia l’esempio e si dimetta.
Giorgio Napolitano contro i “vecchi assetti di potere” dice: “Si sta diffondendo un senso di insofferenza, di fastidio per il trascinarsi di vecchi assetti strutturali e di potere”. Per questo “non bisogna fermarsi per strada ma proseguire con le riforme”.
Per uscire dalla crisi Napolitano andrebbe quotato come “Napolitano bond”, rendimento assicurato e pluridecennale. Una sicurezza.
agbiuso
Le forzature pericolose di Napolitano
Alberto Burgio, 26.7.2014
Accettando a malincuore il sacrificio del secondo mandato che aveva sin lì sdegnosamente escluso ma che considerava un fardello imposto dall’amor di patria, Giorgio Napolitano disse: resto al Colle per le riforme, me ne andrò non appena si saranno varate. Il suo con le «riforme» è un legame indistruttibile, tanto che si potrebbe parlare di una presidenza a progetto. Ma questa endiadi sta producendo mostri, e spingendo il presidente sempre più lontano dal ruolo super partes, di organo di garanzia, assegnato dalla Costituzione al capo dello Stato.
L’escalation di questi giorni è impressionante e non può non destare allarme. Solo una ventina di giorni fa, pur sollecitando il Senato a cominciare finalmente l’esame di una «riforma» definita «sempre più urgente» e «matura» e chissà perché «vitale», Napolitano aveva assicurato di non volere «entrare nel merito» del confronto sul superamento del bicameralismo perfetto. Le ultime prese di posizione sono di tutt’altro segno. Riscontrata la determinazione a resistere dei critici del disegno «riformatore» e delle fronde interne agli stessi partiti che dovrebbero garantirne la rapida approvazione, il presidente non si è più tenuto. Prima ha bollato come «spettri» quelli agitati da quanti scorgono il rischio di derive autoritarie (non siamo alle «allucinazioni» della cortese ministra, ma poco ci manca). Poi si è rifiutato di ricevere i senatori che bussavano alle porte del Quirinale per denunciare lo sconcio di un contingentamento imposto a dispetto di quella Costituzione che, pure, egli ha il compito di custodire. Il fatto è che, proprio come il governo, il presidente giura sulla bontà del progetto renziano e berlusconiano di un Senato non elettivo ma con funzioni costituzionali, iper-maggioritario (i 95 senatori saranno scelti a maggioranza da assemblee regionali a loro volta elette col maggioritario) e nel quale il suo successore disporrà di un suo personale gruppo parlamentare (potendo nominare cinque senatori per la durata del proprio settennato).
C’è di che trasecolare, anche solo considerando il contenuto di questa «riforma» costituzionale dettata dal governo, e il suo più perverso effetto indiretto.
Anche grazie al generoso premio previsto dall’Italicum, l’abbassamento della soglia richiesta per l’elezione del capo dello Stato permetterà al partito di maggioranza relativa – quindi al governo – di eleggersi il suo presidente, quindi di controllare Consulta e Csm. Con uno scopo evidente, che è poi lo stesso che ispira la legge elettorale ideata da Renzi e Berlusconi e la nuova disciplina del referendum popolare: porre il sistema costituzionale alla mercé del governo, tacitando le minoranze (anzi escludendole del tutto dalla rappresentanza) e impedendo alla cittadinanza di intervenire (di interferire) nella formazione delle decisioni. Ovviamente questa scelta di campo sconcerta e preoccupa. Non di «spettri» si tratta, ma della concreta minaccia di una mutazione genetica della forma parlamentare di governo, che viene assumendo marcati tratti autoritari e populistici. Ma il problema non è soltanto né principalmente questo. Le cose non sarebbero meno gravi se le «riforme» in discussione fossero accettabili e persino ottime.
La questione cruciale è di ordine costituzionale. Può un presidente far pesare le proprie personali valutazioni di merito? Può egli entrare nell’ambito dell’attività e funzione statuale che attiene all’indirizzo politico, quindi alle prerogative proprie di parlamento e governo? La domanda è retorica: naturalmente non può. E siccome non è la prima volta che Napolitano compie questa scelta eccedendo i limiti della propria funzione, è venuto il momento di riflettere e di chiedersi – fuori da ogni tabù – perché lo fa, e anche che cosa rischia di discenderne.
Forse i precedenti ci aiutano a capire. Fummo in molti, in occasione delle dimissioni del governo Berlusconi nell’autunno 2011, a scorgere una forzatura nell’insediamento di Monti alla guida di quello che insospettabili esponenti di parte «democratica» vollero chiamare «governo del presidente». Si poteva discutere. Ma di certo una forzatura grave ebbe luogo pochi mesi dopo (marzo 2012), quando Napolitano entrò a gamba tesa nel dibattito sulla «riforma» dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori perpetrata dalla ministra Fornero. Per sostenerla energicamente contro il fronte sindacale, e in sostanza cancellare la garanzia del reintegro del licenziato senza giusta causa, simbolo dei diritti e delle tutele della sicurezza e della dignità dei lavoratori.
Un altro episodio per dir così increscioso, che ha rischiato di innescare un duro scontro istituzionale, si è verificato lo scorso marzo, quando, in qualità di presidente del Consiglio supremo di difesa, Napolitano ha cercato di estromettere il parlamento dalle decisioni relative alla maxi-commessa degli F-35, nonostante una legge del 2012 (da lui controfirmata) affidi alle Camere il controllo sulla spesa militare. In questi due casi emblematici (ma gli esempi potrebbero moltiplicarsi) non si tratta di «riforme» costituzionali o elettorali come quelle ora propugnate dal governo Renzi e sostenute a spada tratta dal presidente. Ma alla base degli interventi esorbitanti di quest’ultimo vige una coerenza essenziale, e squisitamente politica.
È difficile non rilevare che Napolitano interviene quando sente minacciata la trasformazione del paese in chiave «europea», il che oggi significa americana o, più precisamente, americanista, poiché gli Stati Uniti sono in questo discorso un modello definito ad hoc.
Un modello che si incentra su pochi assi cardinali: il primato dell’impresa e del «libero mercato»; la governabilità (cioè l’adozione di un sistema bipolare o bipartitico basato sulla connessione diretta elezione-governo); il «rigore» nella gestione della finanza pubblica (che si traduce nella secca e crescente riduzione della spesa pubblica e nella compressione dei diritti sociali); e, naturalmente, la lealtà assoluta, «senza se e senza ma», alla Nato e ai suoi piani militari. È difficile non vedere tutto questo, come è impossibile non cogliere una continuità di lungo periodo che salda le azioni del Napolitano presidente alle sue battaglie di lungo periodo, combattute già nel Pci, contro l’anomalia italiana – la presenza di una radicata forza e cultura comunista, di un forte movimento sindacale di classe, di una consolidata pratica della partecipazione democratica di massa – nel consesso delle potenze atlantiche.
Ma quelle battaglie, legittime dalle file di un partito, il presidente non può e non dovrebbe più permettersele. Che lo faccia è gravissimo, non soltanto per le conseguenze immediate dei suoi atti, ma anche per la degenerazione del ruolo che ricopre. Sul punto la Costituzione è stata fortemente sollecitata negli ultimi decenni. Ha influito persino una figura carismatica come quella di Pertini. A stravolgere le regole provò Cossiga, che venne tuttavia fermato. Anche il protagonismo di Scalfaro fu una novità, solo in parte giustificata dai grandi mutamenti seguiti alla cesura storica del 1989–91. Oggi la maggiore responsabilità di Napolitano sta nell’avere esasperato la tendenza alla politicizzazione del proprio ruolo, oltre che nell’assecondare la corruzione della forma parlamentare di governo verso la finzione dell’elezione diretta dell’esecutivo. Nel quadro di un ordinamento che ciò non prevede e che ne risulta quindi scompensato e gravemente squilibrato.
C’è, a questo punto, da sperare che gli eccessi degli ultimi giorni aprano finalmente gli occhi a molti, un po’ come sta accadendo con le «riforme» renziane che Napolitano caldeggia ma di cui viene emergendo sempre più chiaramente la ratio antidemocratica. Perché questo avvenga bisogna che un sussulto scuota anche il corpo largo dei partiti maggiori, non soltanto le minoranze dissidenti, alle quali va comunque il plauso per la battaglia che stanno conducendo. Che ciò accada oggi è difficile, a ragion veduta quasi impossibile; ma non si sa mai. Le strade della virtù civile non sono infinite come quelle della provvidenza, ma nemmeno si può escludere che alla fine responsabilità e dignità prevalgano.
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Fonte: il manifesto, 26.7.2014
agbiuso
Giorgio Napolitano è il principale regista e responsabile di questo scempio.
Basta.
“Il M5S non terrà d’ora in poi alcun contatto con un uomo che ha abdicato al suo ruolo di garante della Costituzione”
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Un Parlamento votato con una legge incostituzionale, un presidente della Repubblica che nomina come e peggio di un monarca tre presidenti del Consiglio senza passare dalle elezioni, un patto per cambiare la Costituzione di cui nessuno sa un beneamato cazzo fatto con un pregiudicato. Ora si vuole eliminare il Senato elettivo inserendovi i gerarchetti locali dei partiti e una Camera di nominati. Questo si chiama colpo di Stato. Mussolini ebbe più pudore. non lo chiamò “riforme”.
Il regista di questo scempio è Napolitano che dovrebbe almeno per pudore istituzionale dimettersi subito e con il quale le forze democratiche non dovrebbero avere più alcun rapporto. Il M5S non terrà d’ora in poi alcun contatto con un uomo che ha abdicato al suo ruolo di garante della Costituzione. Si spera che anche altre forze politiche si associno e lo isolino prima che sia troppo tardi, prima del buio a mezzogiorno. La via d’uscita da questa situazione è rappresentata da nuove elezioni, la legge c’è. E’ quella emendata dalla corte costituzionale, con le preferenze e senza un abnorme premio di maggioranza. Il M5S non ha paura di tornare alle urne per rilegittimare il parlamento, anche domani se necessario. La minaccia di Renzie di nuove elezioni è una pistola scarica e lui lo sa.
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Fonte: Aridatece er puzzone
agbiuso
Napolitano sempre in salute per ricevere pregiudicati e delinquenti; per ricevere l’opposizione parlamentare, invece, «è indisposto».
Costui è il vertice della malapolitica.
Biuso
Televideo
Di Matteo attacca Colle: condiziona Csm
19/07/2014 21:50
21.50 “Non si può assistere in silenzio al tentativo di trasformare il pm in un burocrate sottoposto alla volontà del proprio capo, di quei dirigenti nominati da un Csm che rischia di essere condizionato dalle pretese correntizie e da indicazioni del suo Presidente”.
Così il pm Nino Di Matteo intervenendo alla commemorazione della strage di via D’Amelio.”Oggi un esponente politico definitivamente condannato per gravi reati discute con il premier di riformare la Costituzione alla quale Borsellino aveva giurato fedeltà”.
agbiuso
Sono anni che da questo piccolo spazio personale di riflessione sostengo la natura antidemocratica dell’operato di Giorgio Napolitano. Oggi finalmente un movimento politico presente in Parlamento ha presentato la:
DENUNCIA PER LA MESSA IN STATO D’ACCUSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, CONCERNENTE IL REATO DI ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA
Il documento è naturalmente articolato ma non è troppo lungo; ne consiglio la lettura, divisa in sei punti:
1. Espropriazione della funzione legislativa del Parlamento e abuso della decretazione d’urgenza
2. Riforma della Costituzione e del sistema elettorale
3. Mancato esercizio del potere di rinvio presidenziale
4. Seconda elezione del Presidente della Repubblica
5. Improprio esercizio del potere di grazia
6. Rapporto con la magistratura: Processo Stato – mafia
La denuncia si conclude con le seguenti parole:
≪Il Presidente della Repubblica in carica non sta svolgendo, dunque, il suo mandato, in armonia con i compiti e le funzioni assegnatigli dalla Costituzione e rinvenibili nei suoi supremi principi. Gli atti e i fatti summenzionati svelano la commissione di comportamenti sanzionabili, di natura dolosa, attraverso cui il Capo dello Stato ha non solo abusato dei suoi poteri e violato i suoi doveri ma, nei fatti, ha radicalmente alterato il sistema costituzionale repubblicano.
Pertanto, ai sensi della Legge 5 giugno 1989, n. 219, è quanto mai opportuna la presente denuncia, volta alla messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica per il reato di attentato alla Costituzione≫.
MoVimento 5 Stelle, Camera e Senato
agbiuso
Televideo 26/12/2013 11:41
Cicchitto: Grillo ha volontà eversiva
11.41 Cicchitto del Ncd esprime “piena solidarietà a Napolitano di fronte agli attacchi scomposti di Grillo” e sottolinea che “in essi c’è una logica che non va sottovalutata” perchè “Grillo ha una lucida volontà eversiva nei confronti del sistema in quanto tale”. Atteggiamento, che secondo Cicchitto, Grillo avrebbe anche “nei confronti di Pd e Fi”. Pur riconoscendo “i tanti errori commessi in questi ultimi 2 anni da Pd e Pdl”, Cicchitto loda Napolitano che “nonostante gli attacchi” si è prodigato “nella tenuta delle istituzioni”
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Che la tessera n. 2232 della Loggia massonica eversiva Propaganda due difenda Napolitano, che lo faccia il sodale di Berlusconi, che lo ripeta chi ha difeso e continua a difendere a spada tratta un pregiudicato e il sistema di informazione antidemocratico da costui edificato, direi che tutto questo è più che logico, è necessario.
Un ottimo, e corente, alleato del Partito Democratico.
agbiuso
La favola del re-presidente
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Oggi è Natale, tempo di favole.
C’era una volta…. un re, direte voi. No, c’era un presidente della Repubblica. In quel Paese la monarchia non esisteva da tempo. Questo presidente era un uomo molto anziano, con le fattezze di un re scomparso. Il suo portamento, nonostante l’incedere dell’età, era regale, altero. Pur non essendo un re, regnava come un re. Viveva in una reggia che superava per sfarzo i palazzi dei reali d’Europa. Come un regnante nominava i suoi primi ministri, sempre però con il massimo rispetto delle istituzioni repubblicane, da lui perfettamente incarnate.
La vita del presidente si era svolta da sempre nei palazzi del regno, pardon della Repubblica, sin dalla sua giovinezza. La sua presenza in quei luoghi datava ad anni lontani quando la maggior parte dei suoi sudditi, pardon cittadini, non erano ancora nati e regnava su tutte le Russie un tiranno di nome Stalin che, per alcuni, era un sincero democratico. Il vecchio signore era una presenza intramontabile. Rassicurante. La parola del presidente era sacra, inviolabile, non poteva essere udita dai magistrati. Quando ciò accadeva e una sua conversazione con un indagato veniva registrata, il presidente faceva cancellare i nastri. Il suo nome, come quello di Dio, non poteva essere nominato invano neppure nelle assise parlamentari. Il presidente non aveva data di scadenza, pur prevista nella Costituzione, e si faceva rieleggere, per il bene del Paese.
Alla sua seconda rielezione contribuì un signore pluri indagato, pluri processato, che venne condannato in via definitiva e poi allontanato dal Senato. Ma il vecchio presidente come poteva saperlo? Era quasi immortale, da lui però non si poteva pretendere anche l’onniscienza. Che sapesse ciò che tutti sapevano. Il presidente si credeva indispensabile, unico baluardo prima dello sfascio della nazione, argine insostituibile. Si circondava, come un vero re, di corti di saggi scelti con estrema oculatezza che avrebbero dovuto riscrivere le regole. Dettava le condizioni del suo permanere ai primi ministri, ridotti alla stregua di gran ciambellani.
Più invecchiava, più capiva che lui, solo lui, poteva invertire un percorso che si annunciava autodistruttivo. Non capiva perciò la contrarietà e perfino l’astio che molti dei cittadini gli rivolgevano. E’ vero che non si era opposto energicamente ad alcune leggi vergogna, come il lodo Alfano che persino un bimbo avrebbe bocciato come incostituzionale e che si era preso libertà che sconfinavano dal suo ruolo, ma era per il bene supremo del Paese.
Ogni anno a Capodanno, da tempo immemore, il presidente faceva un discorso al popolo. Questa tradizione si ripete forse l’ultima volta. A gennaio lo aspetta una richiesta di impeachment per la sua decadenza. Un atto spiacevole verso chi ha dedicato la sua intera esistenza alla patria. Un atto da parte di una forza politica a lui forse ignota, della cui presenza non si era accorto, il presidente non sentiva infatti i boom. L’impeachment è un atto d’amore per consentirgli di godere un meritato riposo con la sua famiglia e di trascorrere serene giornate sulle panchine del Pincio con dei vecchi amici. Chissà se ringrazierà. Merry Christmas, mister President.
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Fonte: Merry Christmas, mister President
agbiuso
Aldo Giannuli formula un’analisi molto articolata dell’ “imbarazzante caso Napolitano“, iniziando in questo modo:
“Che Napolitano sia stato il peggiore degli 11 Presidenti della Repubblica è cosa che abbiamo già scritto, ma ora si tratta di andare un po’ oltre e giudicare i suoi comportamenti sotto un profilo strettamente giuridico dato che il M5s si appresta a chiederne la messa in stato d’accusa. Dunque, entriamo nel merito”.
Ricordando poi che “fu precisamente sulla base di queste considerazioni che l’allora Pds chiese la messa in stato d’accusa dell’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che, per la verità, si era spinto assai meno su questa strada di quanto non abbia fatto il suo attuale successore. Ma si sa che il Pd non eccede in coerenza. Una volta si sarebbe detto ‘opportunisti senza principi’.
E chiudendo con la questione della probabile messa in stato di accusa.
Consiglio la lettura integrale del testo su MicroMega
agbiuso
Il Papa di Napoli
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Habemus papam. Il pastore quirinalizio Giorgio Napolitano ha acquisito motu proprio l’infallibilità papale in materia elettorale e costituzionale. Se Napoleone fu incoronato re d’Italia nel Duomo di Milano, Napolitano è stato incoronato due volte dal porcellum cum gaudio. Con il grande corso condivide il motto “La corona è mia e guai a chi me la tocca”. Dal Quirinale non lo smuove nessuno. Il fatto che la Consulta abbia dichiarato incostituzionale il Porcellum e lui sia stato eletto due volte con il Porcellum e quindi sia un presidente incostituzionale al quadrato non lo turba. Anzi, lo incoraggia a pontificare “La Corte Costituzionale non ha delegittimato l’attuale Parlamento”, infatti la Corte ha solo bocciato il premio di maggioranza e la mancanza di preferenze su cui si regge questo Parlamento ignobile e mercificato, come nel Medioevo avvenne per la vendita delle indulgenze.
Solo Napolitano può dire ciò che è o ciò che non è legittimo. “Il Parlamento attuale può ben approvare in qualsiasi momento la legge elettorale”. Un parlamento illegittimo con schiere di nominati e un premio di maggioranza abnorme che consente a un Governo illegittimo presieduto da un ectoplasma come Letta può fare una nuova legge elettorale? Degli abusivi della democrazia possono riformare il Paese? L’unico atto degno che gli rimane è tornare alla legge precedente (basta un voto in aula), il Mattarellum, sciogliere le Camere e non farsi più vedere in giro. Napolitano insiste “La stessa Corte non mette in dubbio che ci sia una continuità nella legittimazione del Parlamento”. Napolitano è un dogma. Propongo per legittimare la sua posizione, per ora auto conferita solo da lui stesso medesimo, una proposta di legge:
“Noi pertanto dogma da dio rivelato, annunciamo che Napolitano Pontifex Maximus, quando parla ex Cathedra, per la sua suprema autorità definisce una dottrina sulle leggi, debba godere di infallibilità e pertanto tali leggi essere per se stesse e non pel consenso dei cittadini, irreformabili. Se alcuno poi, tolgalo Iddio, osasse contraddire a questa nostra definizione, sia anatema, monito, altolà dal Colle.”
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Fonte: L’infallibilità di Napolitano, 8 dicembre 2013
agbiuso
Governo Letta: le macerie sotto il Colle
di Paolo Flores d’Arcais
A cosa è servita la catafratta pervicacia di Giorgio Napolitano nell’imporre all’Italia in macerie le larghe intese? A nulla. Ad avere un governicchio che al Senato si regge sullo sputo di qualche voto, un monocolore Pd più pochi spiccioli diversamente berlusconiani, sulla cui qualità stendere un pietoso velo (Fabrizio “P2” Cicchitto, l’indagato per mafia Schifani, la setta Cl con Formigoni in testa …), monocolore al quale il prossimo segretario del Pd riserva ogni giorno il suo disgusto, mentre ingiustizia e diseguaglianza vanno al diapason, l’efficienza sotto i tombini, corruzione e familismo amorale banchettano più sontuosamente di Trimalcione.
Pur di arrivare a questo esaltante risultato Napolitano ha ignorato il verdetto elettorale, che chiedeva a squarciagola la fine del berlusconismo mettendo per sovrammercato all’ordine del giorno la rottamazione della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza. Pur di precipitare l’Italia in questa morta gora Napolitano ha spacciato la leggenda di un Berlusconi partner del gioco democratico, quando anche i sassi sanno (e Fedele Confalonieri dixit, già un ventennio fa) che la sua “discesa” in politica era un modo per aggirare la galera e conservarsi l’indebito bottino massmediatico monopolistico accumulato grazie alle mene contra legem del suo sodale Craxi.
Berlusconi non poteva essere il Chirac italiano, poiché è sempre stato il Le Pen di Arcore o l’aspirante Putin della Brianza, un odiatore strutturale della democrazia liberale con la sua “balance of power” e soprattutto l’autonomia del potere giudiziario, tanto più nella versione italiana con la sua Costituzione “giustizia e libertà”.
Il governicchio Lettalfano, di cui Napolitano è l’onnipotente Lord protettore, non farà altro, perciò, che ammassare altre macerie, materiali e morali, su quelle cui vent’anni di Berlusconi e di dalemiano inciucio hanno ridotto l’Italia. Mentre l’unica via per rinascere consiste in una monumentale redistribuzione delle ricchezze, che per il rilancio dell’economia applichi la ricetta del nuovo sindaco di New York, togliere ai ricchi per dare ai poveri, coniugata con un’autentica rivoluzione della legalità, che restituisca ai cittadini un barlume di speranza nella eguale dignità di ciascuno e nella liberazione dai Mackie Messer grandi e piccoli che a legioni spolpano e avviliscono il paese.
Continueranno invece ad applicare la ricetta del sindaco di Londra, che predica “avidità e diseguaglianza” esaltando Gordon Gekko.
il Fatto Quotidiano, 1 Dicembre 2013
agbiuso
Condivido pienamente. Ogni giorno che passa è un affondare nel vuoto creato da questi personaggi senza senso.
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Il legittimo sospetto che i partiti si stiano spaccando per fornire deputati e soprattutto senatori a sostegno di Capitan Findus Letta è più che legittimo.
Alfano non è uno che il coraggio se lo può dare senza che qualcuno lo protegga. La scissione del pdl con un gruppo di residuati tossici è stata ispirata con tutta probabilità dal Colle a protezione del cocco di mamma Letta. Il nuovo che avanza ha l’odore dei cibi avariati. Solo pronunciare i loro nomi fa una certa impressione: Formigoni, Schifani, Lupi, Quagliarello, Giovanardi. La squadra vincente del Quirinale che fa il governo più compatto e più bello.
A dar man forte ci sono anche i diversamente Montiani ispirati da Cicciobello Casini e i fuoriusciti, in realtà mai entrati, del M5S che, secondo voci di corridoio, potrebbero aumentare sempre in nome e gloria di Napolitano e Letta. I voti al Senato sono infatti come l’oro di Napoli, sono utili a chi li chiede, ma soprattutto a chi li dà. E come dimenticare i senatori a vita eletti da Napolitano, quattro voti sicuri per il Nipote? Questo governo spudorato che non caccia la Cancellieri in nome della stabilità, la stabilità dei morti e dei decrepiti, deve durare a qualunque costo, con qualunque mezzo. Lo ha deciso Napolitano. Vuolsi colà dove si puote. Letta è solo un pupazzo, come Alfano e le mosche cocchiere che formano una maggioranza che sembra un collage psichedelico in salsa europea. Questo governo non ha la legittimità popolare per governare. Il pdl e Scelta civica, che si sono presentati alle elezioni, si sono sciolti, le coalizioni che hanno avuto i voti per governare, e senza le quali Lega e Sel non sarebbero in Parlamento, si sono dissolte immediatamente dopo il voto, pdl e pdmenoelle hanno fatto una campagna elettorale un contro l’altro armati per poi fottere gli elettori e governare insieme.
Alfano e la Cancellieri in qualunque altro governo occidentale si sarebbero eclissati il giorno dopo il rapimento della Shalabayeva e delle telefonate di famiglia ai Ligresti. Napolitano è il collante di questa situazione. Lui è responsabile dell’aborto delle Larghe Intese che oggi sono un colabrodo, lui è responsabile della sua rielezione che avrebbe dovuto rifiutare per dar spazio a un rinnovamento come poteva essere Rodotà. Spaccanapoli. Simm a Napule paisà.
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Fonte: SpaccaNapolitano
agbiuso
Il legame profondo e inquietante tra Berlusconi e Napolitano.
I protocolli dei savi di Silvio
di Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano, 24 ottobre 2013
Alberto G. Biuso » Fallocefali
[…] Se un qualunque altro politico o personaggio pubblico -non parliamo poi di Grillo- avesse pronunciato pubblicamente un frammento delle parole assolutamente «eversive dell’ordine democratico» delle quali riferiscono i giornali (il videodelirio non l’ho visto, mi disgusta), si sarebbero certamente alzati gli altissimi lai di Giorgio Napolitano. Invece niente. Se a dire che la magistratura è «il braccio armato dei suoi nemici politici (peraltro alleati)»; se a incitare «i propri sostenitori alla rivolta di piazza contro gli organi giudiziari (“reagite, protestate, fatevi sentire”)» (A. Padellaro, Videomessaggio Berlusconi, qualcuno risponda al ricatto); se a pretendere di porsi sopra e contro la legge e le istituzioni repubblicane è un delinquente accertato come il fallocefalo di Arcore, allora il presidente della repubblica sta zitto, muto, coperto. Forte con i deboli e debole con i forti. Davvero è il peggiore. […]
agbiuso
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Era inevitabile che il meccanismo democratico si inceppasse in Italia sotto i lasciti del ventennio berlusconiano. La squallida vicenda sulla ineleggibilità di Berlusconi è solo l’esempio più recente dello stato confusionario della nostra democrazia. Ma sono soprattutto le scelte di governo del presidente Napolitano che hanno manifestato un deficit di democrazia inaccettabile, spesso prendendo a pretesto i mercati finanziari per giustificare forzature anti democratiche.
Sia che si voti, sia che non si vada a votare è infatti ormai il solo Presidente Napolitano a fare e disfare i governi in Italia mirando a placare i mercati finanziari a garanzia di tutti. Ma di tutti chi? E di quali mercati stiamo parlando? In nome di quale conoscenza dei mercati finanziari un ottuagenario che ha passato la vita in parlamento decide cosa sia meglio per il suo Paese?
Nel novembre del 2011 i mercati avevano fatto finalmente il loro lavoro. Supportando la BCE nelle pressioni sullo spread i mercati arrivarono dove la politica italiana mai sarebbe stata capace di arrivare: le dimissioni del governo Berlusconi, ormai in balia di scandali personali e incapacità di azione di governo. Dove non potè il PD, potè il mercato. A quel punto caro presidente Napolitano si doveva andare a votare. I mercati avrebbero non solo capito e aspettato ma anche apprezzato. Lo si era già visto qualche mese prima con le elezioni spagnole. Il 28 luglio 2011 il governo Zapatero va in crisi e annuncia nuove elezioni nel bel mezzo della calda estate dello spread. I mercati attesero pazientemente l’esito delle elezioni del 20 novembre 2011 premiando quella scelta con uno spread sotto controllo. In Italia le cose andarono diversamente. Qualcuno convinse il nostro presidente che le elezioni sarebbero state un male che il mercato non avrebbe gradito ed il risultato sarebbe stato una pressione al rialzo sullo spread.
Così, lei, caro Presidente, ci ha appioppato il governo Monti, ossia il Governo Merkel in Italia. Solo due anni dopo il PD capirà come la sua Caporetto politica sia iniziata proprio nel novembre 2011 quando anziché pretendere legittime elezioni sicuramente vincenti ha preferito fare melina col governo Monti delle larghe intese trovandosi (come sempre) impreparato alle elezioni e giustificando tale suicidio politico in nome dei “mercati non capirebbero” e della urgenza delle riforme.
Il governo Monti fallirà. Di riforme strutturali neanche l’ombra, solo tasse e austerità. Ciò nonostante lo spread tiene grazie allo scudo anti spread annunciato da Draghi nell’agosto 2011, non certo per via di quelle riforme strutturali urgenti che giustificarono il governo Monti ma che non hanno mai avuto luce. E’ Berlusconi a decidere quando si debba andare a votare e così stacca la spina al governo Monti a dicembre del 2012. Si va finalmente a votare. Le elezioni di febbraio ci danno un Paese ingovernabile e lei che fa caro presidente? Di nuovo in nome dei mercati che non capirebbero ci impone un governo di larghe intese tra “tutti i vecchi (PD+PDL) meno i nuovi (5 stelle)”. Il suo secondo governo caro presidente si avvia al termine senza averci consegnato neanche una delle riforme promesse. Certo lo spread tiene ancora ma è sempre grazie a Draghi non certo a Letta se siamo ancora in gioco. E allora la vogliamo smettere di sventolare lo spauracchio dello spread e dei mercati solo quando fa comodo ai politicanti romani?
La smetta signor Presidente di provare a convincere gli italiani che il governo Letta sia l’unico possibile perché i mercati non capirebbero. Ci mandi a votare caro Presidente. Si fidi degli italiani per una volta e non dei Violante di turno. Ci mandi a votare e vedremo se l’Italia non saprà dare ai mercati un governo forte e duraturo. Basta forzare il sano meccanismo democratico in nome “dei mercati non capirebbero” caro presidente. I mercati capiscono benissimo e la prova è il titolo Mediaset che ha raddoppiato in borsa da febbraio sulla scia di speculazioni di ogni tipo chiaramente considerate dal mercato favorevoli per Berlusconi, non certo per gli italiani.
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Fonte: Errare è umano, perseverare è Napolitano
agbiuso
Davvero “la farsa di un presidente della Repubblica eletto da Berlusconi” (vale a dire da uno la cui delinquenza è ormai ufficialmente sentenziata) non è più sostenibile.
“Il M5S è stato l’unico a votare in Parlamento perché il Porcellum decadesse. Le 350.000 firme di Parlamento Pulito per introdurre la preferenza sono state lasciate marcire dal 2007 da tutti i partiti, nessuno escluso, e dalle Istituzioni. Mai sentita una parola in proposito da Napolitano”.
Questo soggetto ha fatto il suo tempo. Sembra un Titone abbandonato da Aurora. Che Zeus lo renda libero di fare la cicala senza ulteriori danni per l’Italia.
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Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. I tempi che ci attendono non sono fatti per portaborse, comparse, cortigiani, inciucisti, voltagabbana, politichini costruiti in laboratorio come Letta e Lupi, ectoplasmi che sono persino riusciti a evitare la leva militare. E’ finito il tempo delle mele.
Il Sistema protegge sé stesso come una belva feroce. Non cede su nulla. Nessun taglio ai privilegi, dalle pensioni d’oro, ai finanziamenti elettorali. L’indifferenza più completa verso la volontà popolare. Gli italiani trattati come servi. Questi vanno cacciati a calci nel culo. Ogni voto, un calcio in culo. Il MoVimento 5 Stelle è il primo partito italiano ed ha ottenuto soltanto una presidenza di commissione, quella della Vigilanza RAI. Le altre, che ci spettavano, tra cui il Copasir, se le sono spartite i partiti. Prima coalizzati per il voto, poi dissociati per le poltrone e per l’occupazione militare delle istituzioni.
Roberto Fico ha chiesto ufficialmente chi sono le società che si incamerano un miliardo all’anno dalla RAI, le cosiddette “happy five”, alla Tarantola e al consiglio di amministrazione. Questi spudorati, all’unanimità, hanno risposto che non possono fornirgli i dati. Tarantola, la avverto insieme ai consiglieri, la partita per la trasparenza della RAI è appena iniziata. Non crediate di cavarvela con un comunicato. La RAI è occupata dai partiti e dai loro manutengoli. Ci vuole una grande pulizia.
Spesso mi chiedo cosa ci stiamo a fare in Parlamento, nessuna nostra proposta è stata accettata. Nessuna legge parlamentare è stata approvata. La farsa di un presidente della Repubblica eletto da Berlusconi (ricordate i suoi applausi alla nomina e il sorrisone da cumenda da guancia a guancia?) che disegna da anni strategie fallimentari come investito da un’autorità suprema, prima Rigor Montis, poi Capitan Findus Letta, sta andando avanti come se niente fosse successo. Di economia nessuno parla più mentre il Paese viene strangolato. E’ necessario tornare immediatamente alle elezioni e poi, se governerà il M5S, cambiare in senso democratico la legge elettorale, farla approvare da un referendum e incardinarla in Costituzione. C’è forse qualche anima bella che crede di poterla cambiare con chi non ha mosso un dito in otto anni e che vorrebbe una Repubblica presidenziale con il Parlamento ridotto a uno stuoino? Il M5S è stato l’unico a votare in Parlamento perché il Porcellum decadesse. Le 350.000 firme di Parlamento Pulito per introdurre la preferenza sono state lasciate marcire dal 2007 da tutti i partiti, nessuno escluso, e dalle Istituzioni. Mai sentita una parola in proposito da Napolitano. Qualche grande firma si informi prima di sparare cazzate. Questi non cederanno niente, neppure un’unghia incarnita. Adesso non c’è più tempo. O vanno a casa loro, o va a casa il Paese. In mezzo non c’è nulla. Prepariamoci alle elezioni per vincerle.
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Fonte: Il tempo delle mele è finito
agbiuso
Napolitano rappresenta così bene le istituzioni repubblicane che, invece di difendere un giudice di Cassazione dall’attacco personale, concentrico e infame delle televisioni e della stampa di proprietà del pregiudicato Berlusconi Silvio, dichiara:
“In questo momento è legittimo che si manifestino riserve e dissensi rispetto alle conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione nella scia delle valutazioni già prevalse nei due precedenti gradi di giudizio”
(Dichiarazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, 13 agosto 2013).
Il pregiudicato ha in costui il migliore dei complici. Anche per questo continua a delinquere.
agbiuso
” […]
Questo signore che altrove sarebbe in fuga da tempo verso Paesi senza l’estradizione è stato “invitato a colloquio e ricevuto” dal presidente della Repubblica Napolitano. Dal Quirinale sottolineano che è stato Napolitano a prendere l’iniziativa dell’incontro e che Berlusconi ha assicurato “il netto orientamento di confermare il sostegno suo e del Pdl al governo e all’azione che è impegnato a svolgere”. E’ come se Herbert Hoover, presidente degli Stati Uniti negli anni ’30, avesse invitato Al Capone per discutere del mercato degli alcoolici. Anche Miccoli, al Quirinale, a palleggiare tra due corrazzieri! Perché Berlusconi sì e lui no?”
Fonte: Miccoli al Quirinale
Direi che Grillo ha copiato da me 🙂
La verità è che basta guardare per vedere. Solo che bisogna avere occhi per farlo. Occhi che si chiamano decenza e libertà.
agbiuso
Napolitano ha ricevuto con tutti gli onori un delinquente condannato a sette anni di carcere e interdetto a vita dai pubblici uffici. Complimenti.
Da Televideo
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Napolitano ha ricevuto Berlusconi
26/06/2013 19:19
19.19 Il presidente della Repubblica Napolitano ha invitato a colloquio e ricevuto al Quirinale il presidente del PdL Berlusconi, “con il quale ha proceduto a un ampio scambio di opinioni sul momento politico e istituzionale”.
Lo ha riferito una nota del Quirinale. Fonti del Quirinale hanno fatto sapere che è stato confermato “il netto orientamento” di Berlusconi di “confermare il sostegno suo e del PdL al governo e all’azione che è impegnato a svolgere.
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agbiuso
Gravissime le parole di Napolitano contro l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, a favore di una “giustizia” che tratti con riguardo chi ha incarichi politici : “Occorre che ogni singolo magistrato sia pienamente consapevole della portata degli effetti, talora assai rilevanti, che un suo atto può produrre anche al di là delle parti processuali“.
Chi ha osato toccare quest’uomo la sta pagando cara. L’analisi che Travaglio ha dedicato al caso Messineo si conclude con queste parole:
“E allora, cari sepolcri imbiancati, abbiate almeno il coraggio di dire la verità: non è Messineo che è incompatibile con Palermo, è lo Stato che è incompatibile con la Giustizia “.
agbiuso
Sarà l’età avanzata o una crescente disonestà intellettuale e politica?
agbiuso
L’illusione di fermare il tempo e di rendere immortali i potenti è la Grande Paranoia che ha sempre portato alla rovina Duci Führer Padri e Presidenti. Ma soprattutto ha portato alla rovina, insieme a loro, i popoli bloccati in un eterno presente.
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Un Colle solo al comando
di Antonio Padellaro | 2 giugno 2013
Ieri, all’ora di pranzo, sui teleschermi degli italiani è apparso sua maestà Giorgio Napolitano. In occasione del 2 giugno, festa della Repubblica, con tono perentorio ha letto, anzi dettato, le disposizioni ai partiti. Sulla legge elettorale, sulle misure contro la crisi. E ha perfino impartito ordini sull’orizzonte temporale dell’attuale governo: entro il 2 giugno dell’anno prossimo l’Italia dovrà darsi “una nuova prospettiva politica”. E così sia (“Vigilerò”).
Sembrava perfino ringiovanito, molto diverso da quel Napolitano sofferente che camminando quasi si appoggiava ai suoi collaboratori. Ma questo avveniva prima della rielezione, che deve avere agito sulle giunture presidenziali come un unguento miracoloso. Spero di non rischiare il vilipendio se dico (con vera ammirazione) che ci ha messi nel sacco tutti quanti. A cominciare da chi scrive, convintissimo che ai reiterati e sdegnosi rifiuti di ricandidarsi egli avrebbe tenuto fede da uomo di parola, poffarbacco. Eravamo tutti così sicuri che la sua ultima ora al Quirinale fosse scoccata che, alla presentazione del libro L’ultimo comunista, con l’autore Pasquale Chessa e Filippo Ceccarelli, ci divertimmo a rivangare un episodio che già aveva provocato le fulminanti smentite del Colle: il Napolitano poeta, autore – con lo pseudonimo di Tommaso Pignatelli – di ispiratissime liriche in dialetto napoletano.
Non sapevamo che nel frattempo il partito della conservazione stava andando a dama attraverso una serie di mosse, ancora tutte da ricostruire. Infatti, due giorni dopo, i sorrisetti si spensero insieme alle speranze di Bersani, di Marini, di Prodi e dei tanti che avevano fatto i conti senza l’oste. Da allora nell’osteria non si sente più volare una mosca.
Letta a Palazzo Chigi lo ha imposto lui. Berlusconi non fiata, ossessionato com’è dalle sentenze. Il Pd sembra un collegio di orfanelli. Mentre la speranza sollevata da Grillo rischia d’impantanarsi nell’irrilevanza e nel risentimento. Tutti i giornali (meno uno) sono sull’attenti e non si muove foglia che lui non voglia, a cominciare dalla nomina del nuovo capo della Polizia. Nell’intervista a Silvia Truzzi, Andrea Camilleri parla di “Costituzione mandata in vacca” dopo il Napolitano bis. Ma c’è qualcosa di peggio: un Paese immobile, paralizzato dalla paura di cambiare, che cerca le poche certezze in un passato che non passa mai.
Fonte: Il Fatto Quotidiano, 2 giugno 2013
agbiuso
Da un articolo di Ugo Mattei pubblicato sul numero 30 (giugno 2013) di Alfabeta2
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Il protagonista di questo riuscitissimo «attentato alla Costituzione» è stato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in esecuzione di ordini perentori ricevuti dall’estero. Costui, approfittando della pavidità della dirigenza del Pd, in una prima fase ha «inventato» un profilo di statista per un mediocre economista della Bocconi da sempre al soldo dei poteri forti internazionali, designandolo prima senatore a vita (senza che ve ne fossero in alcun modo i presupposti costituzionali) e poi capo di un governo composto di altrettanto mediocri tecnici d’area. Successivamente, anche al fine di scongiurare un referendum sul lavoro per il quale erano state raccolte le firme, il presidente sovversivo ha indetto elezioni anticipate senza che il governo fosse sfiduciato dal Parlamento (come del resto mai sfiduciato era stato Berlusconi, anche grazie al tempo concessogli dallo stesso Napolitano per una vergognosa campagna acquisti).
Infine, quando l’esito delle elezioni si è collocato in piena sintonia con il referendum del 2011, premiando l’unica formazione politica non velleitaria autenticamente alternativa al bipolarismo seriale, ecco un nuovo «alto tradimento» del popolo italiano nell’interesse dei «mercati». Napolitano ha inventato così un inedito mandato condizionale a Bersani (la condizionalità il presidente l’ha probabilmente imparata dalla Banca mondiale!) e istituito subito dopo un «Gran Consiglio del riformismo», capace di garantire la prorogatio di Monti fino all’ottenimento della propria.
In questo passaggio la fobia per la democrazia, che fino a quel punto era stata limitata a quella diretta (riforma dell’articolo 81 della Costituzione con maggioranza bulgara per evitare la sicura sconfitta referendaria del pareggio di bilancio), si è estesa anche a quella rappresentativa. In effetti, appena cinque scrutini sono stati considerati sufficienti per far scattare la manfrina della discesa in campo del nostro come «salvatore della patria», quando nella storia della Repubblica tre presidenti sono stati eletti dopo oltre quindici votazioni e uno oltre venticinque. Il rischio era che, continuando a votare, il Parlamento, se libero di decidere, avrebbe infine eletto Stefano Rodotà, il miglior candidato possibile in un sistema democratico ma il peggiore possibile, in quanto uomo libero, in uno schema volto al servile servizio dei poteri internazionali e del debito in gran parte odioso con essi contratto negli scorsi decenni.
In Italia, attraverso il processo brevemente descritto, in meno di due anni da quando il popolo aveva indicato col referendum di voler «invertire la rotta», la sovranità è stata trasferita dal medesimo (che ne sarebbe titolare ex articolo 1 della Costituzione) al presidente della Repubblica (o meglio ai suoi mandanti internazionali). Trasferito così lo scontro politico sul piano costituente, si è potuta inaugurare la stagione (speriamo breve, anche se ne dubitiamo) del «bipolarismo sincronico», perché entrambi i poli sono stati messi, simultaneamente e non più consecutivamente, nelle inutili condizioni politiche di esecutori di un piano di riforme neoliberali identiche a quelle che negli scorsi decenni erano state imposte, sotto vincolo di condizionalità economica, ai paesi buoni allievi latino-americani e africani di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale.
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Fonte: Bipolarismo sincronico
Alberto G. Biuso » Come se
[…] questo evento si è steso anche il gravissimo e complice silenzio del Partito Democratico e dell’inquilino del Quirinale). Ma una manifestazione organizzata da massoni (P2) e fascisti allo scopo di difendere un pubblico […]
agbiuso
Il mistero buffo della rielezione
di Carlo Formenti
Come definire la rielezione di Giorgio Napolitano? Non parlerei di golpe perché, in questo coup de theatre, il dramma si mescola alla farsa, per cui preferirei definirlo (in omaggio a Fo) mistero buffo. Ma veniamo alle performance degli attori; a partire dai media,
i quali, invece di recitare il ruolo di cronisti sono stati fin dall’inizio parte in causa, incalzando la “casta” perché svolgesse diligentemente il compito di passiva esecutrice dell’interesse dei mercati.
Così Michele Ainis (sul Corriere del 21 aprile) ha salutato la rielezione di Napolitano come sbocco inevitabile del “tempo dell’eccezione” (citazione schmittiana?), e il giorno dopo il duo Alesina – Giavazzi ha indicato sulle stesse pagine la via obbligata tracciata dallo “stato di necessità”: ridurre le tasse e tagliare la spesa pubblica. Intanto nessun giornale, a parte Micromega, dedicava uno spazio adeguato alla notizia che i due massimi teorici dell’austerità, Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, avevano ammesso che i loro dati erano sbagliati (ennesimo scacco per la teoria secondo cui non si esce dalla crisi senza ridurre il debito pubblico).
Passiamo a Napolitano. Come è stato autorevolmente argomentato, non c’è stata violazione della Costituzione. Il vero punto è un altro: che senso ha parlare di stato di eccezione se non esiste un sovrano? O meglio, se sovrano non è lo stato nazione, che Napolitano dovrebbe incarnare, bensì i mercati? In effetti Napolitano è stato rimesso lì proprio per servire il vero sovrano, ruolo che aveva già assolto egregiamente chiamando Monti alla guida di un governo che ha fatto strame delle nostre condizioni di vita.
Chi ce lo ha rimesso? Tutte le componenti di un sistema democratico in stato di decomposizione avanzata (non a caso molti hanno evocato lo spetto di Weimar), ma il vero regista del mistero buffo è stato il Pd, o meglio la sua attuale, palese impotenza, approdo finale della lunga deriva iniziata con il compromesso storico, con il definitivo accantonamento della sua identità di classe e la conseguente trasformazione in uno dei tanti partiti che si dicono interpreti dell’interesse generale e del bene comune – pompose espressioni dietro le quali (come ben sapevano i vecchi militanti del Pci) si nasconde appunto l’interesse del mercato sovrano.
Ora Vendola (e Barca?) si candidano a rifondare una “vera” sinistra riformista, degna di sedere al fianco delle socialdemocrazie europee. Ma è un’operazione fuori tempo massimo, visto che anche quei partiti, sebbene con stili più dignitosi, accettano passivamente i diktat di istituzioni europee che agiscono come una cupola regionale del finanzcapitalismo globale. Perché il Pd non ha votato Rodotà, si sono chiesti i milioni di elettori di Sel, 5Stelle e dello stesso Pd.
Ebbene, il Pd non poteva votare Rodotà e non tanto perché, come si è detto, ciò avrebbe spaccato il partito (che probabilmente si spaccherà comunque), ma perché a proporre Rodotà è stato 5Stelle, un movimento che – sia pure rozzamente e senza un vero progetto politico – rappresenta quella rabbia popolare contro l’austerità che terrorizza un sistema di cui il Pd è parte integrante; e ancor più perché Rodotà incarna una cultura politica e giuridica che tenta di fare sintesi fra principi e valori della sinistra tradizionale e la domanda di nuovi diritti che sale dai movimenti (parla troppo di beni comuni e troppo poco di bene comune).
Tentativo senza dubbio problematico e in ogni caso troppo radicale per non risultare indigesto all’establishment. Infine due parole su Grillo. La sua reazione è stata significativa: ha gridato al golpe ma poi ha edulcorato il giudizio parlando di “golpettino furbetto”; ha evocato la piazza ma poi si è ben guardato dal mobilitarla.
Grillo “cavalca” la rabbia popolare ma al tempo stesso la teme, ha paura che gli sfugga di mano perché non è in grado di governarla politicamente. Per farlo ci vorrebbe una sinistra antagonista che oggi in Italia non esiste. Tocca dunque sperare che i tanti progetti paralleli di rimetterla in piedi la smettano di contemplarsi l’ombelico, e diano vita a un serio progetto di aggregazione a partire dall’obiettivo comune: rendere la vita difficile al sovrano.
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Fonte: Alfabeta2, 24 aprile 2013
agbiuso
Un bellissimo articolo di Marco Bascetta sul Manifesto di oggi (24.4.2013) –Il bunker della destra– spiega da dove viene e che cosa rappresenta Napolitano, spiega la coerenza assoluta sua e del Pci/Ds/Pd, spiega come “solo la dottrina della destra del Pci resta se stessa. E i suoi antichi schemi reggono, anche senza un Partito degno di questo nome mantengono clandestinamente in vita una specie di centralismo democratico, raccolgono il plauso di Berlusconi, e naturalmente quello europeo. Come la costituzione sovietica riducono al minimo la democrazia esaltandola oltre misura.
E’ la forma più garbata di connubio tra liberismo e autoritarismo ( nel senso di una indiscutibile autonomia dei manovratori, di una prevalenza sacrale dei governanti sui governati ) a tirare le fila della crisi politica nella figura di Giorgio Napolitano. Si può essere un po’ cinesi anche se al posto del partito unico ce ne sono parecchi e parecchio rissosi”.
Alberto G. Biuso » Mummificati
[…] sino alla mummificazione. Costretti ad affidare la presidenza della Repubblica a un soggetto -il Peggiore- che la dovrebbe tenere sino a 94 anni. Spaventati al solo pensiero che un uomo non ricattabile e […]
agbiuso
Anche Flores D’Arcais invita ad andare Tutti in piazza!:
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Contro la vergogna di un Presidente dell’Inciucio, e del Salvacondotto per il Caimano, la lotta ricomincia. Non lasciamo disperdere il potente soffio di indignazione che ha percorso il paese, e che si sta allargando, di fronte a un Pd che rifiuta di votare Stefano Rodotà, che avrebbe avuto una larghissima maggioranza, e preferisce accordarsi col putiniano di Arcore. Che pur di non votare Rodotà, che è stato presidente del Pds, da cui il Pd è nato, preferisce votare insieme a Gasparri e Brunetta, Santanchè e Scilipoti, oltraggiando e tradendo i propri elettori.
Scendiamo in piazza oggi, e diamo vita da domani a centinaia di “club AltraItalia”, di comitati “Realizzare la Costituzione”, di “circoli AltraPolitica”, di meet-up “Ora basta!”, di tutte le possibili forme auto-organizzate, che si sommino a quelle già esistenti e facciano sinergia, perché la rivolta contro questa vergogna non resti semplicemente morale, diventi un progetto politico inarrestabile, con Rodotà, con la Fiom, col M5S che ha dimostrato di non essere affatto il movimento della semplice negazione ma di una lucida e coerente capacità propositiva. La maggioranza degli italiani vuole voltare pagina, vuole mettere la parola fine al quasi ventennio del buio e delle macerie, dell’impoverimento e della corruzione ormai smisurata. Basterà non disperdere le forze, non rassegnarsi. La vera lotta comincia ora.
(20 aprile 2013)
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Biuso
Se Berlusconi dice che Marini “è superpartes”, è certo che lo sente dalla sua parte. Un accordo -questo tra il PD e il PDL- davvero triste.
E infatti su Repubblica leggo –ore 22.57 del 17.4– questi commenti, che copio e incollo nell’ordine in cui appaiono:
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Stefano Goretti57 minuti fa
Non so se piangere o ridere: in un momento delicatissimo e di possibile svolta storica il Grande Bersani ripropone l’inciucio con il PDL. Questa nomenclatura-burocrazia di partito ha stancato ed è ora che vadano tutti a casa. Sono solo dei perdenti che non sanno e non vogliono leggere il momento storico, contenti di rimanere incollati alle loro poltrone.
koan4058 minuti fa
Si rende conto Bersani di quello che sta facendo? L’hanno drogato durante l’incontro col nano? In questi giorni di “distanza” dal paese reale e dai propri elettori, per stare chiuso in oscure stanze di potere, ha perso il contatto con la realtà? Lo voteranno in blocco quelli di destra, si spera ardentemente che tra le fila del PD venga affossato dai franchi tiratori. Bersani in ogni caso ha perso. Non ci si può credere.
kanitty1 ora fa
Che pena, che delusione. Bersani spacca il partito e consegna l’Italia a Berlusconi.
rafael011 ora fa
Votate Prodi, Gabanelli o Rodotà altrimenti non vi voto io
aleud1 ora fa
Basta, ho sempre votato a sinistra ma ora voto Grillo
zanzibar831 ora fa
e per fortuna che sei cresciuto a pane e Berlinguer…ma vergonatevi, voi la politica non sapete nemmeno cosa sia…
siena1 ora fa
è l’eutanasia del PD; condoglianze.
Rispondi +18
raffaele051 ora fa
Bersani,hai partorito il nulla.Complimenti per la morte del partito.Votarti per avere Marini, che rinnovamento.
axlsoze1 ora fa
Bersani horror: più inquietante e allucinato di un film di Cronenberg. E il M5S giustamente sbanca. Pd, partito de-moralizzato.
teseo461 ora fa
Meglio un Rodotà che cento Marini. Attento a quel che fai Bersani, Stai decretando la fine del PD.
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agbiuso
Stefano Rodotà è il candidato ufficiale del Movimento 5 Stelle alla Presidenza della Repubblica (in maiuscolo).
agbiuso
In effetti, Napolitano merita ironia (oltre che disprezzo):
Tutti contro il M5S: lei è onesto, come si permette?
Moralismo fanatico
Napolitano pretende l’inciucio. No, grazie! – Lettera ai parlamentari Pd, M5S, Sel, di Paolo Flores d’Arcais e Barbara Spinelli
DD
A quanto detto da D. Generali, che sottoscrivo per ogni aspetto, aggiungerei solo che «il ruolo di Napolitano a partire dall’insturazione del Governo Monti» è stato identico a quello svolto prima dell’instaurazione…
agbiuso
Il suo intervento, cara Adriana, non è affatto OT; è, anzi, in pieno argomento.
Fra le “tragedie terribili” alle quali accenna Aurora, infatti, ci sono l’invasione dell’Ungheria e della Cecoslovacchia da parte dei sovietici, prontamente giustificate e sostenute da Giorgio Napolitano.
Fra tali tragedie c’è anche quella di Abu Omar, un cittadino rapito in territorio italiano da agenti statunitensi che poi lo hanno consegnato alle torture in Egitto, agenti condannati (in contumacia, naturalmente) dai tribunali della Repubblica ma a uno dei quali -Joseph Romano- il presidente ha concesso la grazia con motivazioni assolutamente contorte e grottesche, che la stampa asservita ha persino approvato, toccando in questo modo uno dei più bassi livelli dell’informazione in Italia:
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“La decisione è stata assunta dopo aver acquisito la documentazione relativa alla domanda avanzata dal difensore avvocato Cesare Graziano Bulgheroni, le osservazioni contrarie del Procuratore generale di Milano e il parere non ostativo del Ministro della Giustizia. A fondamento della concessione della grazia, il Capo dello Stato ha, in primo luogo, tenuto conto del fatto che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, subito dopo la sua elezione, ha posto fine a un approccio alle sfide della sicurezza nazionale, legato ad un preciso e tragico momento storico e concretatosi in pratiche ritenute dall’Italia e dalla Unione Europea non compatibili con i principi fondamentali di uno Stato di diritto.
D’altra parte, della peculiarità del momento storico dà conto la stessa sentenza della Cassazione che, pur escludendo che il Romano – come gli altri imputati americani – potesse beneficiare della causa di giustificazione dell’avere obbedito all’ordine delle Autorità statunitensi, ha però ricordato “il dramma dell’abbattimento delle torri gemelle a New York e il clima di paura e preoccupazione che rapidamente si diffuse in tutto il mondo”; e ha evidenziato “la consapevolezza che ben presto maturò di reagire energicamente a quanto accaduto e di individuare gli strumenti più idonei per debellare il terrorismo internazionale e quello di matrice islamica in particolare”, consapevolezza alla quale conseguì l’adozione da parte degli Stati Uniti di “drastici” provvedimenti”. “In secondo luogo – prosegue il comunicato del Quirinale -, il Capo dello Stato ha tenuto conto della mutata situazione normativa introdotta dal d.P.R. 11 marzo 2013, n. 27 che ha adeguato al codice di procedura penale del 1988 le modalità e i termini per l’esercizio da parte del Ministro della Giustizia della rinuncia alla giurisdizione italiana sui reati commessi da militari NATO, consentendo tale manifestazione di volontà in ogni stato e grado del giudizio. In particolare, il sopravvenire di tale nuova disciplina costituisce sicuramente un fatto nuovo e rilevante il quale avrebbe fatto emergere un contesto giuridico diverso, più favorevole – nel presupposto della tempestività della rinuncia – all’imputato”. “In definitiva – conclude la nota -, con il provvedimento di grazia, il Presidente della Repubblica nel rispetto delle pronunce della Autorità giudiziaria ha inteso dare soluzione a una vicenda considerata dagli Stati Uniti senza precedenti per l’aspetto della condanna di un militare statunitense della NATO per fatti commessi sul territorio italiano, ritenuti legittimi in base ai provvedimenti adottati dopo gli attentati alle Torri Gemelle di New York dall’allora Presidente e dal Congresso americani. L’esercizio del potere di clemenza ha così ovviato a una situazione di evidente delicatezza sotto il profilo delle relazioni bilaterali con un Paese amico, con il quale intercorrono rapporti di alleanza e dunque di stretta cooperazione in funzione dei comuni obiettivi di promozione della democrazia e di tutela della sicurezza”.
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Fonte: ANSA
Se, cara Aurora, “usufruiamo di questo dibattito in cui si può dire ciò che ci pesa nell’anima” la ragione principale è che le nostre parole non smuovono di un centimetro il potere. Quel potere che Napolitano incarna così bene e con tanto zelo.
Adriana Bolfo
Mai moralizzatrici, le campagne, come l’invasione dell’Ungheria e della Cecoslovacchia.
Non le ha fatte direttamente Napo, ma…
E se questo è OT, una reazione umorale ogni tanto ci sta.
Saluti!
aurora
Siamo fortunati perché usufruiamo di questo dibattito in cui si può dire ciò che ci pesa nell’anima (relativamente s’intense),Napolitano ha 87 anni è passato per tante tragedie terribili,è sopravissuto,forse perché conosce il segreto di barcamenarsi con un colpo al cerchio e un colpo alla botta.Il futuro non è dato di sapere neanche ai maghi del tipo Casaleggio,il quale incombe con il suo plagio sulle persone influenzabili.Nel tempo hanno destato stupore intellettuali come : Huxley, Herman Melville, Jules Verne e Orwell,e altri che non ricordo,da allora non è successo niente,siamo ancora qui a dibattere
chapeau
Dario Generali
Caro Alberto,
come sai, sono molto critico nei confronti del M5S e, in particolare, delle figure di Grillo e Casaleggio.
In questo caso, tuttavia, non posso che condividere il tuo radicale giudizio critico rispetto al ruolo esercitato da Napolitano a partire dall’instaurazione del Governo Monti.
Un caro saluto.
Dario
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