Poche cose sono emblematiche della servitù di un individuo e di un popolo come il prendere posizione per l’uno o per l’altro di due padroni, le cui differenze sono per quell’individuo e per quel popolo irrilevanti. Il coro dell’atto III dell’Adelchi è assai efficace nel descrivere tale situazione.
Che dunque a vincere le imminenti elezioni che designeranno il rappresentante legale del sistema finanziario e militare statunitense sia il guerrafondaio premio nobel per la pace Barack Obama o il plurimiliardario cristiano-mormone e ultraliberista Mitt Romney, la politica statunitense verso il resto del mondo rimarrà quella ben esemplificata da Hiroshima, dal Vietnam, dalla distruzione dell’Iraq, dell’Afghanistan e della Libia, dal terrorismo che sta colpendo la Siria.
Ed Husain, analista del Council on Foreignis Relations -uno degli istituti di ricerca che elaborano la strategia statunitense verso gli altri Paesi- scrive che «i ribelli siriani oggi sarebbero incommensurabilmente più deboli senza Al Qaeda. I battaglioni dell’esercito libero siriano (Fsa) sono stanchi, divisi, confusi e inefficaci. Si sentono abbandonati dall’Occidente e sempre più demoralizzati mentre affrontano la potenza di fuoco superiore e l’esercito professionista del regime di Assad. L’arrivo di jihadisti di Al Qaeda porta disiciplina, fervore religioso, esperienza bellica dalle battaglie in Iraq, finanziamenti dai simpatizzanti nel Golfo e soprattutto risultati letali. […] In breve, l’Fsa ha bisogno di Al Qaeda ora» (Fonte: www.cfr.org/syria/al-qaedas-specter-syria/p28782 ).
Questo significa, commenta Francesco Labonia su Indipendenza, (anno XVI, n. 32, pp. 30-35) che «Washington e i suoi alleati/subalterni NATO sostengono (con finanziamenti e forniture di armi) quella che per anni è stata dipinta come una Spectre planetaria, cioè al Qaeda», con la quale invece gli USA si sono adesso alleati allo scopo di annientare «l’ultimo Stato arabo laico caratterizzato da un pluralismo multiculturale, integrato con il riconoscimento degli stessi diritti alle varie religioni che si intrecciano nella complessità dei vincoli tribali-familiari», come vari esponenti cristiani che vivono in Siria confermano.
Nel flusso di menzogne che i media filoamericani diffondono «straordinario è il ruolo dell’influente Al Jazeera, di proprietà della famiglia regnante del Qatar. Ora, il Qatar è il regno di un piccolo satrapo di stampo feudale e teocratico. […] Il Qatar brilla per il fatto che non esiste alcun Parlamento, non vige alcuna Costituzione, non è ammessa l’esistenza di alcun partito e ovviamente non sono mai state indette, anche solo pro forma, consultazioni elettorali. La parola “diritti”, di qualsiasi natura, è semplicemente sconosciuta. La sua importanza le viene soprattutto dall’essere sede di una gigantesca base militare statunitense, considerata la più grande esistente fuori dagli Stati Uniti. […] Da questo emirato Al Jazeera lancia le sue crociate suppostamente democratiche d’interventismo militare in casa d’altri. Anche al prezzo di mistificazioni e falsificazioni colossali. […] Di democrazia è fantasioso parlare anche per altri Stati dell’area come gli Emirati Arabi Uniti l’Oman o la monarchia hashemita della Giordania o nello stesso Yemen. Per Al Jazeera (e non solo), però, è la Siria laica, multiconfessionale, non sottomessa e sovrana a dover essere democratizzata, cioè, come da relativa accezione linguistica euroatlantica, dominata».
Tutto questo è non soltanto grottesco ma anche esemplare di una società -la società dello spettacolo- nella quale il dominio appartiene a chi controlla la comunicazione e l’informazione. Ancora una volta Orwell e Debord ci hanno insegnato l’essenziale.
Ma nonostante questa imponente propaganda della quale naturalmente tutti i media italiani, escluso in parte il manifesto, sono strumento e voce «quel che principalmente conta –e non è assolutamente cosa da poco– è che gran parte della società siriana sinora non si è piegata ed ha scelto la strada della resistenza, nelle diverse forme in cui la sta esprimendo. La migliore risposta che si possa dare all’oscurantismo di matrice salafita-alqaedico e alla sudditanza atlantica».
Tacito fa dire al generale caledone Calgaco «Auferre, trucidare rapere falsis nominibus imperium, atque ubi solitudinem faciunt, pacem appellant» (Agricola, 30, 7). Rubare, massacrare, rapinare. Questo, con falso nome, chiamano impero. Creano il deserto, e lo chiamano pace. E democrazia.
115 commenti
agbiuso
Un’analisi del tutto condivisibile di Didier Maïsto (su X/Twitter)
Pour comprendre les deux conflits majeurs en cours, il faut avoir à l’esprit qu’au Moyen-Orient, c’est une guerre Israël-Etats-Unis vs Iran et qu’en Europe c’est une guerre États-Unis-Europe vs Russie.
C’est fondamental à intégrer pour analyser correctement ce qui est actuellement en jeu et pour réfléchir à ce que signifie l’expression « nouvel ordre mondial », souvent balancée à tort et à travers dans le débat public.
Le tout sur fond de déséquilibre démographique, d’émergence des BRICS -mais aussi des pays, notamment africains, attirés par ce nouveau pôle- sans oublier le début d’un processus de dédolarisation de l’économie mondiale.
Pour ce qui est du conflit au Moyen-Orient, j’entends dans les analyses de « spécialistes » médiatiques que, par charité, je ne nommerai pas, beaucoup d’inepties. Il n’y a pas, ainsi, de « monde arabe » uniforme, ni même de « musulmans qui se liguent contre le judéo-christianisme ». Il y a un Iran chiite qui tente toujours d’étendre son influence et des pays majoritairement sunnites qui ne voient pas d’un mauvais oeil ce que sont en train de faire Israël et les États-Unis.
L’expansionnisme n’est pas toujours celui qu’on croit ! Aujourd’hui, il y en a trois dans ces conflits : un expansionnisme iranien, qui a réussi la prouesse d’étendre ses propres frontières à d’autres pays, un expansionnisme états-unien, qui considère être partout chez lui sur la planète et qui l’a même conceptualisé avec l’extraterritorialité de son droit, la militarisation des océans comme de nombreux pays, y compris en Europe (Ukraine par exemple) et enfin un expansionnisme israélien dont on a pu voir la projection matérialisée il y a quelques jours lors de l’allocution de Netanyahu, avec la présentation d’une carte intégrant la Cisjordanie comme faisant partie d’Israël.
Le monde est en train de se recomposer sous nos yeux et ce sont des empires protectionnistes (pas seulement au niveau économique) qui s’affrontent, parfois militairement par pays tiers. La Chine bien sûr (je reviendrai un jour en détail sur ce qui se joue à Taïwan), l’Inde, la Russie, les Etats-Unis, avec des sphères d’influence qui évoluent, tant en Afrique qu’en Asie.
L’Europe est en train de sortir de l’Histoire, parce qu’elle n’est plus qu’une colonie américaine. Cela ne signifie pas que les pays qui la composent aujourd’hui sortiront, eux, de l’Histoire, même si le temps presse.
Le Royaume-Uni est un cas à part, qui n’a jamais été que le pont avancé des USA pour détruire l’Europe. Il reste les cas de l’Allemagne, qui n’a plus vraiment d’intérêt à rester dans l’UE et qui est en train de s’autonomiser (l’affaire Nord Stream, les flux migratoires, sa faible démographie, la destruction de son industrie, la progression de l’extrême-droite la font réfléchir)… mais aussi de la France, qui doit à tout prix sortir de la catastrophe macroniste et a fortiori de l’UE de façon préparée (de toute façon, ça se fera).
Pour nous, c’est plus que jamais : le non-alignement ou la disparition. C’est pourquoi le jeu politicien actuel, auquel tous les partis participent, nous fait perdre un temps précieux.
Ce qui est en train de se produire n’est rien de moins que le début d’une déglobalisation, quand les sociales-démocraties occidentales ont fait le choix inverse, raison pour laquelle elles ne parviennent plus nulle part à obtenir de majorité. Ce mouvement de fond, les peuples l’ont parfaitement ressenti, ils le nourrissent sans forcément l’objectiver ou le conceptualiser.
agbiuso
Il collasso americano
il Simplicissimus, 29.9.2023
L’America cerca disperatamente qualcosa che le permetta di non uscire perdente da una guerra che ha perso e per questo non lesina sulle vite degli altri, come del resto ha sempre fatto. Ma anche se per caso riuscisse in questo intento, quanto meno nei confronti delle masse ipnotizzate in occidente, sta già perdendo e disastrosamente la sua guerra interna che ormai infuria su diversi fronti. Dalla dissoluzione dell”Unione Sovietica gli Stati Uniti hanno governato il pianeta senza alcuna “opposizione” e così gli ultimi 40 anni potrebbero essere considerati il culmine del loro potere, ma dietro le quinte lavoravano le forze della storia e ora l’impero sta implodendo a una velocità inaspettata, sommerso da problemi sistemici, prima nascosti e tamponanti dalla necessità della competizione con l’Urss, dalla necessità che il mondo non capitalista fosse come la piccola fiammiferaia di Andersen che guarda incantata la vetrina. Ma una volta ottenuto lo scopo tutti gli occidentali si sono via via trasformati in fiammiferai che desiderano cose che vi via non possono più permetterei.
Ponti, dighe, ferrovie, autostrade, metropolitane: gran parte delle infrastrutture critiche degli Stati Uniti sono vecchie di decenni e fatiscenti. Centinaia di città un tempo fiorenti si sono trasformate in deprimenti città fantasma. Niente lavoro, niente persone, niente ospedali, niente scuole e talvolta nemmeno un negozio di alimentari: questa è la realtà dell”interno degli Usa. La metà degli americani, più di 150 milioni di persone, sono intrappolati in posti di lavoro a basso e bassissimo salario e dunque nella povertà. . Nessuno di loro ha più di 1.000 dollari di risparmi. Le conseguenze dell’attuale inflazione perciò sono drammatiche: il numero dei senzatetto ha raggiunto un livello record nel 2023 e solo a Los Angeles se ne contano più di 46 mila mentre il numero dei tossicodipendenti è in aumento da due decenni. Anche i decessi per droga sono in continuo aumento, il tasso è aumentato principalmente con la politica Covid e da allora non si è più ripreso, ogni anno oltre 100.000 americani muoiono di overdose, mentre i sociologi hanno già coniato un termine per descrivere l’alto tasso di suicidi e decessi per droga: morte per disperazione.
Le reti sociali tradizionali e fondamentali come il matrimonio, la famiglia e perfino le chiese e i club sono stati smantellati e ora si è arrivati persino alla grottesca manipolazione dei bambini da parte dell’attivismo queer che tuttavia è solo un assaggio di una miserabile condizione delle generazioni future. Si sta sviluppando una società assolutamente sradicata, disorientata e solitaria. Si potrebbe anche dire che lo scatenamento da parte delle elite della loro ingegneria sociale ha reso l’intera America un Paese malato di mente e non a caso gli Stati Uniti sono di gran lunga la nazione con il più alto consumo di antidepressivi e psicofarmaci con più del dieci per cento della popolazione che ne fa un uso intenso. E’ una situazione infernale e basti pensare che per ogni americano in età lavorativa che è disoccupato e in cerca di lavoro, ci sono 4 americani in età lavorativa che sono disoccupati ma non cercano lavoro. Il disagio profondo lo si avverte pensando che il 75% della popolazione ha seri problemi di peso con il 43% di obesi e 32% sovrappeso. Nel 1o per cento dei casi si tratta di obesità patologica.
Naturalmente anche la violenza sta esplodendo: non ci sono solo sparatorie, ma risse, scontri e pestaggi dovunque spesso in luoghi che dovrebbero essere sicuri come scuole, università, centri commerciali, ristoranti, treni e persino aeroporti.
E poi c’è il debito che cresce fuori controllo, ma anche la stampante dei biglietti verdi comincia ad incepparsi perché la dedollarizzazione sebbene solo agli inizi. comincia a pesare. Stretti fra tutte queste contraddizioni e problemi il sistema politico essenzialmente formato dai burattini del sistema economico finanziario, reagisce sfornando in continuazione bugie, ma anche atteggiamenti completamente contradditori. Fino a dieci giorni fa – è solo un esempio- la Cina era sull’orlo della bancarotta e adesso invece si urla che sta conquistando il mondo. Non esiste più pensiero critico, non ci sono idee filosofiche o politiche e men che meno sociali, un entità che nella cultura anglosassone nemmeno esiste, ma solo rozza propaganda, guerrafondaia e rivolta all’odio verso qualsiasi forma di normalità considerata offensiva di per sé.
Tutto questo ha ovviamente un cotè palpabile e visibile che testimonia del drammatico avvitamento dell’impero . Vi propongo una serie di servizi e inchieste che forse possono dare un’idea della situazione.
agbiuso
Da
La Straordinaria Vittoria dei Talebani nell’Eradicare l’Oppio in Afghanistan: I Pericolosi Risvolti di un Drastico Declino nell’Offerta di Eroina
News Academy, 26.9.2023
“Imperialismo e droghe illegali quindi spesso vanno di pari passo. Tuttavia, con l’eradicazione dell’oppio da parte dei Talebani ben avviata, è possibile che gli Stati Uniti soffriranno per gli anni a venire del fenomeno tipicamente americano della dipendenza da oppioidi. È probabile che l’epidemia mortale del fentanil peggiori, mietendo inutilmente centinaia di migliaia di vite americane in più. Anche se l’Afghanistan cerca di liberarsi dal suo mortale problema della droga, le sue azioni potrebbero innescare un’epidemia che ucciderà più americani di qualsiasi precedente tentativo imperiale di Washington”
agbiuso
agbiuso
50 anni fa, l’11 settembre 1973, il terrorismo degli USA eliminava Allende, le libertà e innumerevoli vite nel Cile tramite Pinochet. Ora massacra l’Ucraina tramite Zelensky e immiserisce l’Europa. Gli Stati Uniti d’America sono una delle potenze più distruttive della storia.
agbiuso
La NATO, la Germania, l’Europa, la CIA.
agbiuso
Ovunque arrivino, ovunque parlino, ovunque impongano i loro “valori”, gli Stati Uniti d’America regalano distruzione, guerra, morte.
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Perché la guerra in Sudan nasce dalla follia neocon
l’AntiDiplomatico, 26.4.2023
Secondo Mk Bhadrakumar, che ne scrive su Indianpunchline, è semplicistico ridurre il conflitto in Sudan a uno scontro tra Abdel Fattah al-Burhan, alla guida dell’esercito regolare, e Mohamed Dagalo, detto Hamedti, a capo delle forze di reazione rapita (RSF).
I semi del conflitto
Per capire la crisi sudanese, che inizia con la caduta di Omar al Bashir nel 2019 e l’insediamento di un governo civile caduto, lo scorso anno, a seguito del golpe dei due generali oggi in competizione, va tenuto presente il processo distensivo che sta attraversando il Medio oriente e che sta portando i Paesi del Golfo, la Turchia e l’Iran a ricalibrare le proprie ambizioni in un quadro di rapporti meno conflittuali tra di essi e a ri-orientarsi verso Cina e Russia.
Così se in precedenza, Stati Uniti e Gran Bretagna avevano potuto usare dei Paesi del Golfo- cioè delle loro “reti” e delle loro finanze – per rafforzare la loro influenza in Sudan anche in chiave anti-cinese e anti-russa, a seguito della distensione e del ri-orientamento mediorientale sono rimasti privi di tali leve essenziali.
Da cui un ingaggio diretto dell’Occidente “con i generali di Khartoum, affidato ai propri sforzi e alle proprie risorse”. Tale impegno ha prodotto, tra l’altro, “l’accordo faustiano” che ha portato il Sudan ad aderire agli Accordi di Abramo, asse portante della politica neocon nei riguardi del Medio oriente e del Corno d’Africa, regioni per le quali il Sudan riveste un’importanza strategica, anche perché affaccia sul Mar Rosso.
“Gli accordi politici immaturi e irrealistici promossi dalle democrazie liberali occidentali [in questi anni] – prosegue Indianpunchline – hanno alimentato in modo significativo le lotte intestine tra i militari”.
Non solo. “L’accordo anglo-americano era in gran parte limitato al Consiglio militare di transizione e alle Forze per la libertà e il cambiamento, una coalizione rudimentale di gruppi sudanesi civili e ribelli selezionati (reg., Sudanese Professional Association, No to Oppression Against Women Initiative, ecc. ) che non rappresentavano affatto le forze nazionali del Sudan. Non sorprende che questi tentativi neocon di imporre strutture del tutto aliene a questa antica civiltà fossero destinati a fallire”.
Il “fiammifero” dell’ONU
Altro tragico errore, forse decisivo nel far precipitare la situazione, il fatto che l’Onu abbia affidato a Volker Perth, uomo dell’establishment tedesco “infiammato dall’ideologia neocon”, la gestione della criticità sudanese.
Purtroppo a oggi non c’è nessun compromesso all’orizzonte, secondo Bhadrakumar, come accade usualmente per i conflitti nati dalla follia neocon. E per uscire da questa crisi serve un compromesso, comprensivo delle esigenze di un popolo composito, formato da “400-500 tribù”, e che dia un ruolo, “anche politico”, al generale Hamedti, che il suo rivale, su pressione dei neocon, voleva eliminare dalla scena politica sciogliendo le sue forze di reazione rapida nell’esercito regolare.
Infine, sull’importanza del Sudan per Washington, un’annotazione molto significativa: “L’ambasciata statunitense a Khartoum disponeva di un numero eccessivo di personale – alla pari della missione diplomatica a Kiev – non giustificato dalla portata e dal volume dei legami bilaterali USA-Sudan, portando a ipotizzare che fosse un avamposto chiave dell’intelligence”.
Così, il ritiro precipitoso e massivo del personale e dei cittadini americani dal Paese al quale stiamo assistendo in questi giorni, dà la misura del rovescio che sta subendo Washington.
agbiuso
“Le Nazioni Unite devono indagare sui crimini di Washington contro l’umanità, in particolare l’invasione dell’Iraq guidata dagli Stati Uniti nel 2003″
“Mezzo milione di civili sono innocenti vittime dell’invasione dell’Iraq da parte di Washington, hanno giustiziato il presidente e il paese semplicemente non esisteva più, l’intera politica degli Stati Uniti e dell’Occidente collettivo si basa su bugie”
Volodin – presidente del parlamento russo (5.2 2023)
agbiuso
Non è morto nessuno
Avanti!, 10.12.2022
Mentre venivano erette le cattedrali del pallone nel deserto del Qatar e gli schiavi morivano a frotte per ultimare i lavori “a tempo di record”, l’Occidente si girava dall’altra parte. Dopo essersi comprati il mondiale, gli emiri si sono comprati il silenzio delle “istituzioni” europee sullo scempio che s’andava compiendo attraverso una rete di “pubbliche relazioni” con lobbisti ed euroburocrati sconosciuti al “grande pubblico” ma molto noti nei corridoi del potere europoide. Questo è ciò che emerge dall’inchiesta della procura di Bruxelles che ha portato all’arresto di Pierantonio Panzeri, ex sindacalista della CGIL ed ex europarlamentare piddino divenuto lobbista di rango con la ONG Fight for impunity (pare vi siano di mezzo pure la Bonino e la Mogherini) e con l’Associazione degli ex membri del Parlamento europeo. Panzeri si era speso per ripulire l’immagine degli emiri in Occidente in fatto di rispetto dei diritti umani e far passare nelle varie commissioni e sottocommissioni gli emendamenti giusti. Nella sua dimora belga gli hanno trovato più di mezzo milione di euro in contanti e sono state arrestate anche sua moglie e sua figlia in Italia: gli inquirenti considerano Panzeri il punto di riferimento di un articolato giro di corruzione. Alla stessa area politica appartengono anche gli altri indagati, dalla vicepresidente del Parlamento europeo, la greca Eva Kaili, fino a tale Luca Visentini che, pur essendo sconosciuto ai più, sarebbe addirittura il capo della International Trade Union Confederation, la più grande federazione di sindacati su scala globale, e guiderebbe qualcosa come duecento milioni di lavoratori. La UIL, il suo sindacato di provenienza, ne aveva celebrato l’elezione poche settimane fa. Questo “supersindacalista”, arrestato a sua volta, si era speso nel sostegno alle “riforme del lavoro” portate avanti dagli emiri, mettendo il timbro del Grande Sindacato Mondiale sulla loro affidabilità. Coinvolti nell’inchiesta sono anche diversi assistenti e sottolobbisti, italiani e non. Si tratta della proverbiale punta dell’iceberg. I mondiali ormai li han fatti, queste cose le sapevano tutti. Gli arresti degli eurolobbisti rappresentano solo un regolamento di conti di cui possiamo appena scorgere i contorni. Il vizio oscuro dell’Occidente è proprio questa roba qua.
GR
agbiuso
Genèse de l’impérialisme américain
di Guillaume Travers
Éléments, 25.11.2022
Champs communs, le laboratoire d’idées de la reterritorialisation de Guillaume Travers, se penche aujourd’hui sur la tentation impériale américaine inscrite dans la « destinée manifeste » à partir de L’Amérique empire, le dernier livre de Nikola Mirković.
agbiuso
“Il modus operandi imperiale contro i concorrenti geopolitici e geoeconomici rimane lo stesso: valanga di sanzioni, embarghi, blocchi economici, misure protezionistiche, annullamento della cultura, intensificazione militare nei Paesi vicini e minacce assortite. Ma soprattutto la retorica guerrafondaia – attualmente elevata a livello febbrile.
L’Egemone può essere “trasparente” almeno in questo ambito, perché controlla ancora una massiccia rete internazionale di istituzioni, organismi finanziari, politici, amministratori delegati, agenzie di propaganda e industria della cultura pop. Da qui questa presunta invulnerabilità che genera insolenza. […]
Questo è in realtà quanto di più sinistro possa esistere, perché Svezia, Danimarca e Germania, e l’intera UE, sanno che se si affronta davvero l’Impero, in pubblico, l’Impero risponderà con una guerra sul suolo europeo. Si tratta di paura – e non di paura della Russia. […]
In questo processo di sirianizzazione dell’Europa, le basi militari statunitensi possono diventare centri ideali per irreggimentare e/o “addestrare” squadre di emigrati dell’Europa dell’Est, la cui unica opportunità di lavoro, a parte il business della droga e il traffico di organi, sarà quella di – che altro – mercenari imperiali, che combattono qualsiasi focolaio di disobbedienza civile emerga in un’UE impoverita.
Va da sé che questo Nuovo Modello di Esercito sarà pienamente approvato dall’EUrocrazia di Bruxelles – che è solo il braccio di pubbliche relazioni della NATO. […]
L’Impero “perderà” il suo progettino preferito, l’Ucraina. Ma non accetterà mai di perdere il “giardino” europeo”
Da La “guerra del terrore” potrebbe essere in procinto di colpire l’Europa
di Pepe Escobar, 25.10.2022
agbiuso
Una colonia degli Stati Uniti d’America, apertis verbis, chiaro e tondo.
Una grande pena.
agbiuso
Infantilismi.
agbiuso
Segnalo il miglior articolo che abbia letto sinora sul conflitto in Ucraina, il suo significato, le modalità, la funzione.
Lo spettacolo della guerra
di Giovanna Cracco, paginauno, n. 77, aprile-maggio 2022.
agbiuso
Un intellettuale russo che ha dato lustro alla cultura italiana e fatto conoscere la nostra letteratura nel suo Paese, Evegenij Solonovich, è stato escluso dal comitato del Premio Strega su ordine del Ministro Luigi Di Maio.
Con il governo Draghi il livello della politica e della cultura italiane sta diventando infimo, servile, dissennato.
agbiuso
Questi i numeri di coloro che liberarono l’Europa e il mondo dal nazifascismo.
Non gli Stati Uniti d’America.
agbiuso
Già il 12 aprile 2021 Lucio Caracciolo, uno dei massimi esperti italiani di geopolitica e geostrategie, prefigurava ciò che sarebbe puntualmente accaduto un anno dopo. L’articolo si può leggere anche qui: LIQUIDARE LA RUSSIA E ISOLARE LA CINA
agbiuso
Moni Ovadia, 4.5.2022
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Durante l’evento “Pace Proibita”, organizzato da Michele Santoro al teatro Ghione di Roma, Moni Ovadia ha parlato del Battaglione Azov, dei neonazisti in Ucraina e dell’indifferenza dell’occidente che si autodefinisce democratico, di fronte al pericolo derivante dalla rinascista e lo sdoganamento di questa criminale ideologia.
«Trafficando nella rete ho scoperto questo. E’ di una giornalista statunitense, si chiama Lara Logan. Giornalista da 35 anni, Anche inviata di guerra, celeberrima per una trasmissione dal titolo 60 Minutes. Lei ha fatto interviste e dichiarazioni che sono state definite bombe di verità cadute sulla Casa Bianca. Io ho scelto un pezzettino che parla del Battaglione Azov e dice:
‘Vedi la disonestà quando si tratta del battaglione Azov, che è finanziato dagli Stati Uniti e dalla NATO. Puoi trovare le loro foto online con in mano la bandiera della NATO e la svastica, E questo allo stesso tempo, indossano un emblema che contiene il sole nero dell’occulto, che era un emblema delle SS naziste. E contiene anche simboli come il lampo delle SS. Questo è presente in tutto l’esercito ucraino. Puoi vedere quel sole nero dell’occulto sui loro giubbotti antiproiettile, perfino sulle soldatesse fatte sfilare davanti al mondo come esempio dell’indipendenza, dello spirito e della nobiltà ucraina. La Casa Bianca vuole che tu creda che questo non ha importanza, che è solo un piccolo numero di soldati. Non è vero. Il battaglione Azov si è fatto strada uccidendo nell’Ucraina orientale. Non vogliamo ammetterlo. Questo è il motivo per cui la Crimea ha votato per l’indipendenza. Questo è il motivo per cui ha voluto stare con la Russia. Perché noi dei media e in Occidente non riconosciamo la realtà di ciò che sta succedendo’.
Sotto il profilo storico, spiega Lara Logan, ‘L’Ucraina occidentale ha sostenuto i nazisti. Era un quartier generale delle SS. La CIA e Allen Foster Dulles, Segretario di Stato a quel tempo, hanno dato l’immunità ai nazisti ucraini ai processi di Norimberga. Quindi c’è una lunga storia degli Stati Uniti e delle nostre agenzie di Intelligence che finanziano e armano i nazisti in Ucraina’.
Cioè non sono un gruppo di ragazzi valorosi che leggono Kant. Sono i discendenti degli ukronazisti che collaborarono con le SS. Erano 250mila. Sono stati responsabili delle atrocità che immagino tutti conoscete, ma il punto su cui volevo chiamare la vostra attenzione e l’operazione di perversione simbolica di cui è complice il nostro mainstream. Dice che la svastica l’hanno scelta questi ragazzi che leggono Kant o ascoltano Kant perché è un simbolo runico.
Dire questa cosa è secondo me un’operazione criminale. Dire che in Europa, in Ucraina dove sono stati assassinati centinaia centinaia di migliaia di ebrei, comunisti, rom, anarchici, e via dicendo sotto la svastica loro l’hanno scelta perché un simbolo runico.
Non solo questa è una spaventosa presa per il culo, ma potrebbe avere conseguenze devastanti sulla rinascita in Europa di forze naziste.
Questa non è una giornalista della Pravda, la signora Lara Logan ha lavorato per CBS, CNN e da ultimo per Fox News. Solo che questo è un esempio di quello che è il giornalismo anglosassone, mentre il nostro, con le dovute eccezioni, non è più giornalismo. Sono semplicemente velinari su ordine del governo degli Stati Uniti. Da ultimo vi voglio dire questa cosa: di questi fatti, svastiche esibite, simboli delle SS, le autorità delle comunità ebraiche internazionali non hanno detto niente.
Però quando io difendo i diritti dei palestinesi, mi dicono che sono un ebreo antisemita. Capite che livello di perversione abbiamo raggiunto?
Non so se Hitler fosse di origine ebraica, ma un ebreo è prima di tutto un uomo. Ci può anche essere un ebreo, faccio un nome a caso Zelensky, che pur sapendo queste cose fa finta di niente perché evidentemente gli conviene altro. E adesso vi dico una cosa, c’è un libro che racconta gli ebrei che hanno combattuto nella Wehrmacht. C’erano ebrei negli alti ranghi nazisti. Per esempio il vice di Göring e persino era sospettato di avere un nonno ebreo Reinhard Heydrich, quello che si è inventato la soluzione finale. Per cui basta retorica, basta bugie sanguinose e basta prenderci per dei deficienti.
L’Occidente pianifica i propri interessi con un cinismo senza limiti. Oggi ero in una trasmissione e ho fatto notare una piccola cosa, che da decenni un membro della Nato, la Turchia macella il popolo curdo. Sapete cosa ha detto una giornalista molto sussiegosa di Repubblica?
Ha detto ma concentriamoci sul presente!
Allora io dico, come ebreo, dico allora: perché spacchiamo il cazzo al mondo con i morti della Shoah?».
agbiuso
Gli Stati Uniti d’America e i loro alleati non hanno il diritto di parlare di pace, semplicemente.
agbiuso
Isteria, fanatismo, moralismo balordo, distillato di stupidità.
Una civiltà davvero allo sbando.
agbiuso
Poche, chiare, del tutto condivisibili parole del collega Vincenzo Costa.
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Oggi i partigiani sono morti una seconda volta.
Mi dicono che questa è Milano oggi
Ho un sentimento di odio, totale e assoluto, verso Letta e tutto ciò che rappresenta.
Non dimenticheremo e non perdoneremo.
Se va fermata la destra allora sia chiaro che niente è più destra del pd. Il nemico assoluto
agbiuso
Sintesi.
agbiuso
Uno dei problemi maggiori dell’Unione Europea è di essere in mano a un ceto dirigente formato da dementi, proprio da dementi. Non c’è altro modo di definirli.
agbiuso
Pronazi.
agbiuso
Così Biden irrita Mosca e danneggia anche l’Europa
Gianandrea Gaiani, 29.3.2022
Sono troppe le affermazioni fuori luogo di Biden su Putin per considerarle semplici cadute di stile: sembrano avere l’obiettivo di irrigidire Mosca allontanando l’avvio dei negoziati col rischio di determinare un’accelerazione di un conflitto che minaccia di travolgere l’Europa. Emerge ancora una volta la divergenza di interessi che separa ormai da tempo gli USA dall’Europa e la pochezza di una Ue che preferisce lasciarsi “commissariare”.
A minare l’unità di intenti tra USA ed Europa circa la guerra in Ucraina e l’atteggiamento da assumere con la Russia emersa nei giorni scorsi nei vertici di NATO e il Consiglio Europeo a Bruxelles hanno provveduto le ormai periodiche gaffes, o presunte tali, del presidente statunitense Joe Biden. «Per l’amor di Dio, quest’uomo non può rimanere al potere», ha detto Biden in Polonia, poche ore dopo aver accusato il dato presidente russo di essere “un macellaio”.
Possibile si sia ispirato a qualche ministro europeo che aveva definito Putin “l’animale più atroce” ma, fatte le debite proporzioni, le frasi di Biden hanno avuto un’eco molto ampio costringendo molti, sui due lati dell’Atlantico, a rettificare o prendere le distanze dalla Casa Bianca. Un portavoce ha specificato che il presidente non si riferiva al potere di Putin in Russia ma al potere che il presidente russo vuole esercitare sui paesi vicini e il segretario di Stato Anthony Blinken ha precisato che Washington non ha un piano per il cambio di regime a Mosca. Rettifiche poco efficaci che non riescono a nascondere l’inadeguatezza di in presidente degli Stati Uniti che parla del suo omologo russo cime si trattasse di Saddam Hussein, Muhammar Gheddafi o Bashar Assad da togliere di mezzo.
Citando ex funzionari e analisti, il Washington Post ha sottolineato come le parole di Biden pongano gravi implicazioni sulla capacità degli USA di contribuire a mettere fine alla guerra o di impedirne l’ampliamento. Samuel Charap, esperto di Russia presso la Rand Corporation ritiene che le dichiarazioni di Biden esasperino in Russia «la percezione delle minacce esistenti relativamente alle intenzioni americane. I russi potrebbero essere molto più inclini a compiere gesti ostili come risposta, anche più di quanto già non siano».
Del resto sono forse troppe le affermazioni fuori luogo di Biden nei confronti di Putin (definito nelle scorse settimane anche “un assassino” e “un criminale di guerra”) per considerarle semplici e frequenti cadute di stile, inopportune ma non intenzionali. Impossibile non notare che tali dichiarazioni sembrano avere l’obiettivo di irrigidire Mosca allontanando l’avvio di negoziati concreti e rischiando di determinare un’accelerazione o un ampliamento di un conflitto che minaccia di travolgere l’Europa.
Del resto una guerra prolungata è negli interessi di Washington che vedrebbe indebolirsi rapidamente l’Europa, eterno rivale economico e commerciale degli Stati Uniti e a oggi l’angolo più ricco del mondo.
C’è chi parla ormai apertamente di un duello in atto nell’Amministrazione che vedrebbe da una parte Casa Bianca e Dipartimento di Stato puntare a rafforzare la sfida militare a Mosca e dall’altro il Pentagono impegnato a smorzare i toni bellicosi, impedendo ad esempio che alle armi antiaeree e anticarro fornite alle truppe di Kiev si aggiungano aerei da combattimento, carri armati e artiglierie.
E’ il caso di sottolineare che se la guerra in Ucraina ha fatto precipitare ancora più in basso la popolarità di Biden, che vede oggi appena del 40% degli americani approvare il suo operato contro il 55% che lo disapprova. Un sondaggio pubblicato da NBC News registra come sette americani su 10 abbiano poca fiducia nella capacità del presidente di gestire il conflitto. Ed un numero ancora maggiore, otto su dieci, temono che la guerra provochi l’aumento dei prezzi energetici ed addirittura possa portare ad un coinvolgimento delle armi nucleari. E il sondaggio è stato condotto tra il 18 ed il 22 marzo, quindi prima del viaggio di Biden in Europa e delle ultime dichiarazioni che tante polemiche hanno suscitato.
In Europa ha alzato la voce per primo, affermando di non ritenere Putin un macellaio, il presidente rancese Emmanuel Macron, sempre più a disagio di fronte alle dichiarazioni aggressive che Washington dispensa pubblicamente ogni volta che sembra aprirsi la possibilità di negoziati concreti tra i belligeranti. «Non è il momento di alimentare un’escalation né di parole né di azioni», ha ammonito Macron che punta a un nuovo incontro con Putin per riannodare il filo della trattativa. «Non stiamo cercando un cambio di regime, spetta ai cittadini russi decidere se lo vogliano o meno», ha dichiarato l’Alto rappresentante per la politica estera della Ue, Josep Borrell: «Quello che vogliamo è impedire che l’aggressione continui e fermare la guerra di Putin contro l’Ucraina».
Persino l’alleato NATO più fedele, la Gran Bretagna, ha preso le distanze da Biden con il ministro dell’Istruzione Nadhim Zahawi mentre il loquace Boris Johnson non ha speso una sola parola sulle affermazioni sopra le righe del presidente americano. E pure il governo turco del battagliero Recep Tayyp Erdogan ha turato le orecchie a Washington. «Se tutti bruciano i ponti con la Russia, chi parlerà con loro alla fine?» recita un comunicato del ministero degli Esteri di Ankara.
La vicenda sottolinea ancora una volta la divergenza di interessi che separa ormai da tempo gli USA dall’Europa e la pochezza di una Ue che invece di assumere iniziative (già negli anni scorsi) per risolvere la guerra in Ucraina cominciata otto anni or sono, non un mese fa, ha preferito lasciarsi “commissariare” dagli USA per la tutela dei suoi interessi strategici.
La presenza di Biden al Consiglio d’Europa non è apparsa come la cortesia che una grande potenza accorda a un ospite di riguardo ma un omaggio a chi è venuto da oltre oceano per dettare termini e condizioni del nostro vassallaggio. E i risultati, sul piano politico, strategico, economico e energetico, sono sotto gli occhi di tutti.
agbiuso
Un articolo dedicato ai “soliti noti iscritti all’albo dei giornalisti e, sovente anche al libro paga della Cia”.
Caccia a “Ottobre Rosso”
di Franco Novembrini, girodivite.it, 30.3.2022
agbiuso
Sviluppi mediatici della guerra (e un avviso per i potenziali soccorritori italiani dell’Ucraina)
agbiuso
Zelensky non è disposto ad accogliere le richieste di “denazificazione” dell’Ucraina. Stavolta è sincero.
agbiuso
Odiatori, assassini, irresponsabili (e anche un poco ignorantelli sulle tematiche geopolitiche)
agbiuso
Effettivamente, da vicepresidente USA, Biden si vantò di aver proposto e ottenuto i bombardamenti su Belgrado e la morte di molti cittadini serbi.
agbiuso
Come i media lavorano a farvi “rassegnare” al conflitto
di Andrea Zhok, 26.3.2022
“Sbattere fuori con ignominia ogni cenno alla Russia e alla cultura russa da ogni contesto possibile, letterario, musicale, sportivo, accademico e poi rivendicare di parlare a nome dei valori di tolleranza dell’Occidente.
[…]
E si potrebbe continuare a lungo, e sarebbe anche divertente, se non fosse che la direzione in cui tutto questo conduce non è divertente, ma tragica. Questo lavoro ai fianchi da parte del Ministero della Verità non è semplicemente ignobile e disgustoso per chiunque abbia ancora un briciolo di onestà intellettuale; questo sarebbe il meno; il problema è che esso prepara sempre il terreno a decisioni radicali che devono apparire necessarie, fatali, richieste dalle circostanze.
Così in Italia è già passato, dopo anni di stand-by, un finanziamento militare straordinario (60 miliardi nei prossimi 15 anni); così in Germania è ripartito in grande stile il riarmo bellico dopo il ’45; e così, giorno dopo giorno, la menzione americana di possibili “incidenti” che potrebbero portare “come ultima risorsa” all’utilizzo dell’arma nucleare prende piede.
Ecco, rammentate che nelle guerre frontali (non in quelle “per procura”) succede sempre così: prima si lavora alla demonizzazione del nemico (creazione del mostro), poi si alza il livello del rischio percepito nella popolazione (paura del mostro) e infine “ci si rassegna” al conflitto, presentato come esito lungamente posposto, ma oramai inevitabile col mostro”,
agbiuso
Oltre il grottesco.
La propaganda antirussa precipita nella pura, inemendabile stupidità.
agbiuso
Biden parla esplicitamente di “costi per l’Europa”:
La Russia afferma di aver “teso una mano, ma qualcuno l’ha morsa”:
Questo qualcuno sono i nati morti 5 Stelle e coloro che ormai sono i loro padroni: gli oligarchi del Partito Democratico.
agbiuso
L’Europa Ponzio Pilato e la spettacolarità del sangue
di Vincenzo Costa, L’AntiDiplomatico, 23.3.2022
Ponzio Pilato e la spettacolarità del sangue.
Tutta l’Europa dei valori, tutta l’Europa democratica, che cosa vuole? Poiché i pensieri complessi devono essere messi al bando, diciamolo in maniera chiara, binaria, semplice, che anche un Severgnini può capirlo:
vogliono infliggere lutti ai russi, rendere sanguinosa questa guerra, danneggiare la Russia, sperando magari in un improbabile regime change.
E per farlo non importa se portaranno al macello il popolo ucraiano.
Stiamo facendo la guerra alla Russia sulla pelle degli Ucraini, e se Putin è un aggressore, noi siamo altrettanto responsabili di quei morti, come ne è responsabile Zelensky, che sta facendo un film sulla pelle del suo popolo.
Non vogliamo intervenire, ma mandiamo a morire gli ucraini sapendo che senza un intervento NATO, che ovviamente sarebbe follia, questa guerra puo solo essere una carneficina.
Siamo con voi, vi mandiamo le armi, resistete, ah Dio, come vi ammiriamo, come vi amiamo, come ci duole il cuore a vedervi morire. Ma soprattutto come ci piace mostrare che morite, perché le vostre morti sono necessarie per costruire la figura del mostro, che ci serve tanto, che è necessaria, per perseguire i nobili scopi della storia, che non vi dimenticherà.
E vi inviamo le armi, che faranno tanto male ai Russi, che si arrabbieranno, e vi massacreranno, e noi trasmetteremo tutto ciò in mondo visione, e il mondo odierà ancora di più il mostro, e amerà le stelle e le striscie. Non vi arrendete, non negoziate.
Non vorrete mica deluderci vero?
Il progresso e la democrazia globale hanno bisogno del vostro sangue. E lo spettacolo è così bello, ci ha tolto di dosso quella noia che si respirava, diamine, un po di brio, di adrelina, ma al calduccio, si intende.
agbiuso
La travolgente simpatia del parlamento italiano verso il neonazismo.
agbiuso
Questo articolo è uscito sul numero 1452 di Internazionale, a pagina 5.
Guerre, di Giovanni De Mauro
Quante sono le guerre in corso nel mondo adesso? “Conflitto aperto e dichiarato fra due o più stati, o in genere fra gruppi organizzati, etnici, sociali, religiosi condotto con l’impiego di mezzi militari”, questa è la definizione della parola “guerra”.
Quindi è una guerra quella che il Messico combatte dal 2006 contro i cartelli della droga (e che i cartelli combattono tra loro) e in cui dall’inizio dell’anno sono morte 1.367 persone. O quella che si svolge in Nigeria dal 2009 e in cui nel 2022 sono morte 1.363 persone. Ovviamente sono guerre quella in Siria (1.037 morti nel 2022), in Iraq (267 morti), nello Yemen (5.099 morti), nella regione del Tigrai, in Etiopia (410 morti).
Si può definire guerra quella che devasta la Birmania, dove dall’inizio dell’anno ci sono state 3.846 vittime. L’Afghanistan è in guerra dagli anni settanta, con milioni di vittime, e negli ultimi mesi ha visto crescere il numero di rifugiati (sarebbero decine di migliaia) mentre la carestia minaccia cinque milioni di bambini.
Ci sono le guerre “a bassa intensità”, come il conflitto tra Pakistan e India per la regione del Kashmir (575 vittime nel 2021 e 25 dall’inizio dell’anno) o quello in Sudan (1.364 morti nel 2021, 97 nel 2022). E ancora: Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Mozambico, Israele e Palestina.
I bilanci delle vittime sono inevitabilmente approssimativi e spesso contestati dalle parti. Una delle organizzazioni indipendenti che li aggiorna con più regolarità è l’Armed conflict location & event data project, secondo cui sono almeno dieci le guerre o le crisi in corso che rischiano di precipitare quest’anno, tra cui quelle nel Sahel, in Libano, ad Haiti e in Colombia.
E poi ovviamente c’è la guerra in Ucraina, cominciata il 24 febbraio con l’invasione russa. Per rispondere alla domanda iniziale: sono 59 le guerre in corso nel mondo in questo momento. ◆
agbiuso
La Russia è stata sempre amica dell’Italia.
L’ingratitudine spinta sino a fornire armi ai suoi nemici è una responsabilità inaudita del governo Draghi e dei partiti che lo sostengono.
agbiuso
Alcuni fatti. Dimenticare i quali è segno di miseria politica ed esistenziale.
agbiuso
Invito a seguire il discorso rivolto da Putin il 24.2.2022 al popolo russo e non solo.
Al di là della condivisione o meno dei molti argomenti che affronta, mi è sembrato una lezione di storia contemporanea e di geopolitica, sideralmente lontana dalle enunciazioni di esponenti delle classi dirigenti della NATO quali Biden, Di Maio, von der Leyen.
Il video dura 28 minuti ma li merita, anche perché fa comprendere meglio il contesto nel quale è iniziata la guerra in corso tra Ucraina e Russia, di fatto tra la Nato e la Russia.
agbiuso
Un amico mi scrive oggi questo:
Leggo oggi sul Corriere della Sera, a firma dell’inviato Lorenzo Cremonesi: Cani e gatti in salvo con noi»: gli ucraini in fuga dalla guerra con i loro animali. Ogni famiglia li porta con sé nei bivacchi improvvisati.
Non potrebbe esserci notizia migliore per me, che amo profondamente gli animali (mentre sul genere umano sono molto più selettivo). Peccato però che, avendo viaggiato per due anni consecutivi (2012 e 2013), un mese ogni volta, in Ucraina, abbia constatato di persona la condizione dei cani in quel paese (ben nota agli animalisti): ovunque branchi foltissimi di randagi, e sulle strade una strage continua: ogni viaggio da una città all’altra, se ne contavano a decine schiacciati. Mai visto niente di peggiore. Neppure in altri paesi dove la condizione è simile (vedi Romania).
La propaganda sceglie davvero ogni terreno praticabile. Non risparmia niente. Almeno di questo, rendiamoci conto.
agbiuso
Industria della paura in azione: come i media hanno sostituito il Covid con Putin
di Pino Arlacchi, il Fatto Quotidiano, 11.3.2022
Il delirio bellicista e antirusso dei media europei deve certo preoccupare, ma non oltre un certo punto. State certi che gli stereotipi apocalittici del tipo “Il mondo non sarà più quello di prima”, “La più grande crisi dopo il 1945”, “Sull’ orlo della terza guerra mondiale” non dureranno a lungo. Verranno dismessi non appena si profilerà un nuovo Grande Nemico al posto di Putin e della Russia.
Non è questione di geopolitica. O di valori e di passioni. Ma di interessi. Gli interessi dell’industria della paura che semina panico e rancore allo scopo di vendere copie ed alzare ascolti. Un’industria subdola, alleata di quella militare, soprattutto americana, che va in giro per il mondo in cerca di nemici mortali da combattere.
Parliamo di una macchina mediatica che si nutre di calamità reali da gonfiare fino all’ inverosimile, vedi Covid, per poi sgonfiarle e passare ad altro. Parliamo di un vento mercenario che trasforma crisi limitate in disastri soffiando sul fuoco della guerra e delle armi, vedi Russia-NATO-Ucraina. Parliamo di un esercizio di cinismo informativo che monta e smonta allarmi epocali senza dare spiegazioni, vedi terrorismo islamico e conflitti mediorientali.
E’ da qui, dal recente declino delle guerre in Medioriente, e dal parallelo calo degli attentati terroristici, che bisogna partire per capire le ragioni più nascoste della guerra in corso.
Il partito della paura ha due forze motrici: l’industria mediatica e quella della sicurezza. Entrambe hanno ridotto in schiavitù la politica organizzata. Dopo l’11 settembre 2001 i temi dominanti della fabbrica del panico sono stati la guerra al terrorismo ed ai regimi mediorientali nemici delle cosiddette democrazie liberali. Gli Stati Uniti e gli europei tramite la NATO hanno condotto una serie di guerre tanto sanguinose quanto disastrose negli esiti: in Iraq si è sterminato quasi un milione di persone per installare un governo…filo-iraniano; in Afghanistan si è stati sconfitti da un’armata di straccioni, e in Siria, dopo aver promosso una guerra civile da mezzo milione di morti, è rimasto al potere Assad.
Il tutto con l’entusiastico sostegno dei mezzi di comunicazione e dei produttori di armamenti schierati a difesa della democrazia e della libertà.
Nel 2016 Trump ha preso atto del fiasco ed ha iniziato un ritiro delle truppe occidentali concluso da Biden con la fuga dall’ Afghanistan. I profeti di sventura preconizzavano un’impennata della violenza, del caos e dei conflitti. Si è verificato l’esatto opposto. Venuta meno la causa scatenante, che era l’intervento occidentale, vittime e attentati terroristici si sono ridotti di oltre la metà, e continuano a ridursi in Medioriente e nel resto del mondo. Tra Siria ed Irak, la riduzione delle vittime supera il 90%, e il principale problema dell’Afghanistan oggi è la fame e non più la guerra.
Gli sventurologi erano in ansia. Il mondo rischiava di diventare più sicuro, e il loro business poteva soffrirne malamente. Declinato il grande scontro di civiltà, dove trovare il nuovo Satana da sconfiggere per salvare appalti, lettori e ascoltatori?
La lotta all’ immigrato ha funzionato poco, perchè è andata a beneficio del solo complesso mediatico e dei partiti populisti, lasciando a secco la componente militare ed i partiti di governo. La lotta alla criminalità aveva una sua potenzialità, ma è stata ostacolata dall’ improvvido declino, soprattutto in Europa, della violenza criminale.
L’ arrivo inaspettato del Coronavirus è stata la classica manna, ma è durato solo un paio di anni.
Finchè non è arrivato Putin con la sua guerra sciagurata contro l’Ucraina che sembra fatta su misura dell’industria della paura, e della paga dei soldati à la Riotta. I politici scadenti dell’UE ora non sanno come affrontare una crisi molto meno grave di quella dei missili a Cuba che nel 1962 ci ha portati davvero a un soffio dalla guerra nucleare. Ma allora c’erano in scena statisti come Kennedy e Krusciov, e l’industria della paura non era così potente.
agbiuso
La guerra contemporanea è anche, e in modo determinante, guerra di propaganda.
In questa modalità della guerra il governo e l’informazione italiani sono interamente arruolati non a difesa dell’Italia ma tra le fila della NATO, dei suoi interessi di ogni natura, e del governo ucraino sostenuto da forze neonaziste.
agbiuso
Il movimento pacifista in Italia per fortuna è ancora vivo.
agbiuso
Magnifico e assai lucido intervento del collega Vincenzo Costa
Quali gli obiettivi di Zelensky? Sulla figura dell'”anti-complottista”
L’Anti-Diplomatico, 5.3.2022
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Siamo troppo occupati a chiederci che cosa abbia in mente Putin, e non ci stiamo facendo quella che è una domanda almeno altrettanto importante: che cosa ha in mente l’Occidente? Dove vuole arrivare?
L’opinione pubblica ha oramai del tutto perso il ben dell’intelletto. La gente davvero crede che Putin voglia arrivare a Berlino e magari, perché no?, a Roma. Lo dice quello che è l’eroe mondiale del momento, Zelensky.
Crediamo davvero che i Russi vogliano far saltare le centrali nucleari. Perché bisogna proprio avere la farina nel cervello per pensarlo, ma qui ci sono anche intellettuali che lo scrivono. Perché ovviamente dobbiamo credere che i russi vogliono fare esplodere il più grande reattore nucleare al mondo proprio vicino a casa loro.
La capacità di farsi due domande è completamente svanita. E il motivo è semplice: se ti fai una domanda significa che dai ragione e quelli che dicono “non ce lo dicono”. E ovviamente, chi è intelligente non dice così, non è un complottista. E così l’anticomplottista da cabaret che cosa fa per non essere complottista? Crede al Corriere della sera, perché un intellettuale serio legge quelle cose li. E diventa come quei cretini che credevano che lo sbarco in Normandia fosse fallito.
L’anticomplottista non si chiederà mai: ma perché i russi puntano su Chernobyl e sulle centrali nucleari? Non è che magari vogliono impedire che Zelensky e amici stiano combinando qualcosa di losco e vogliono impedire che facciano casini? Crederà che Putin sia pazzo e voglia far saltare il mondo e casa sua. Questa è un’interpretazione più intelligente per l’anticomplottista.
L’anticomplottista è questa mente geniale, che quando Zelensky chiede che la NATO dichiari lo spazio aereo no Fly zone non si chiede: ma questo è pazzo? Ma che cosa vuole Zelensky. Perché è chiaro che se chiede la no Fly zone vuole la catastrofe nucleare.
L’anticomplottista è questa figura innamorata della propria intelligenza, che non si vuole contaminare con i poracci, e quindi non si chiede: Ma chi è Zelensky?
Gia Zelensky, attore, comico, che diventa presidente sull’onda della popolarità raggiunta impersonando come attore la parte di un presidente puro e duro (sotto un’immagine del film con Zelensky in azione).
Baudrillard sarebbe rimasto impressionato, qui si tocca con la mano la precessione dei modelli (l’anticomplottista di maniera non sa che cosa siala precessione dei modelli, e io non ho voglia di spiegarglielo, e lo lascio nella sua idea di essere colto): la realtà non precede la copia, ma è la copia della copia. Un presidente per finta diventa un presidente per davvero, ma la gente ama proprio l’immagine televisiva, elegge il personaggio del film. DI questa democrazia stiamo parlando.
Zelensky diventa presidente dopo una strage, fatta da gente che fa stragi e brucia vivi donne e vecchi. L’anticomplottista non si è accorto di questa cosa, il suo metro di giudizio è: ma putin ha attaccato l’Ucraina? Tolta questa espressione è il silenzio. La sua mente anticomplottista non reggerebbe la complessità. Lui ha bisogno di bianco e nero.
Zelensky fa diventare le unità naziste, e sono parecchie, parte dell’esercito regolare, e queste fanno stragi. Zelensky silenzio, l’Europa silenzio. Vengono chiusi i giornali di opposizione, è sostenuto dagli oligarchi (ma questi so buoni, e l’anticomplottista non crede che Zelensky sia stato sostenuto da questi oligarchi, e che era una maschera, nulla di più).
Zelensky è un attore, e per recitare questa parte, per fare commuovere durante qusta guerra, chi poteva farlo meglio di un attore? No, non si può dire? E perché? Di Maio è quello che è. Ma qualcuno crede che Zelensky sia competente? Anticomplottista, che dici?
Sappiamo che le armi che stiamo mandando non servono a niente, che produrranno loro morti inutili, che gli Ucraini moriranno e perderanno la guerra. Ma l’anticomplottista non si chiede: ma perché mandare armi che produrranno solo più morti e intensificheranno il conflitto?
Perché Zelensky e gli usa vogliono questi morti? Perchè Zelensky sta mandando al macello i suoi cittadini? Qual è il scopo se anche un moccioso sa che gli ucraini non possono vincere la guerra?
L’anticomplottista non si chiede mai: a che cosa mira l’Occidente? A che cosa mira Zelensky?
L’anticomplottista è l’abbandono della ragione. L’anticomplottistimo è diventato il divieto di farsi domande.
A queste domande risponderà la realtà, e sarà troppo tardi.
agbiuso
Un esempio di giustizia (sommaria) nel’Ucraina per la quale i democratici, i buoni e i giusti si impegnano in questi giorni.
agbiuso
Gli Stati Uniti d’America baluardo della pace nel mondo.
agbiuso
Gli Stati Uniti d’America e la libertà dei popoli.
agbiuso
L’Associazione Altroconsumo partecipa all’isteria antirussa.
Hanno perso un socio, per questo e per le posizioni totalmente acritiche assunte sulla discriminazione vaccinale.
agbiuso
Segnalo un altro breve intervento di Vincenzo Costa.
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Il totalitarismo di casa nostra
Al maestro Valery Gergiev è stato intimato dal sindaco Sala (PD) di condannare pubblicamente la politica di Putin. Adesso è stato estromesso dal concerto del 5 marzo.
Il giornalista Rai Marc Innaro – reo di avere pronunciato la frase “basta guardare la cartina geografica per rendersi conto che chi si è allargato negli ultimi trent’anni non è stata la Russia, è stata la Nato“ – ha fatto indignare il segretario del PD Letta, che ha chiesto la convocazione della commissione di vigilanza.
Lo stesso per Sara Reginella, rea di avere detto che dal 2014 la popolazione russa del Donbass è stata duramente repressa.
Questi giornalisti rischiano il posto di lavoro.
Ma non è questo il punto: il punto è che tutti stiamo accettando il fatto che siamo sotto osservazione, che se si devia dal pensiero liberal-progressista si è a rischio, si è criminalizzati, esclusi.
Abbiamo accettato la criminalizzazione del dissenso: dissentire è diventato immorale.
Non viene punito con il carcere: semplicemente il potere agisce attraverso la moralizzazione del discorso
Abbiamo accettato il totalitarismo come fosse normalità.
E’ cambiata l’idea di sovranità. Sovrano non è neanche chi decide nello stato d’emergenza: Sovrano è chi decide che cosa è reale e definisce le condizioni del discorso.
agbiuso
Il collega Vincenzo Costa -professore di Filosofia teoretica nell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano- è stato qualche anno fa ospite della Scuola Superiore di Catania nell’ambito di un corso da me organizzato.
Ieri ha scritto un articolo sulla guerra russo-ucraina i cui contenuti mi sembrano del tutto condivisibili.
Salvare la pace
1. Siamo in guerra.
Siamo ufficialmente in guerra: “L’unione europea finanzierà l’acquisto e la consegna di armi per un paese sotto attacco” (Ursula von der Leyen). Borrell addirittuta pare abbia chiarito che la UE fornirà JEt da combattimento all’Ucraina. Chi lo ha deciso? Quale parlamento lo ha deciso? Quale fonte democraticamente legittimata ha deciso, per noi, di entrare in guerra? E non si dica che non è guerra: quando si annuncia pubblicamente di acquistare armi e inviarle a un paese in guerra contro un altro paese si entra in guerra con quest’ultimo. È un gesto di ostilità, un gesto di guerra. Certamente, non aiuta la pace.
Questo accade, peraltro, proprio nel momento in cui un flebile filo di speranza si è aperto con l’avvio delle trattative tra Russia ed Ucraina. Trattative che hanno visto protagoniste, per promuoverle, Stati da cui non ci saremmo aspettati che si muovessero in questa direzione, mentre la UE sembra giocare alla guerra e le sue mosse mirano, oggettivamente, a sabotare quei negoziati. Questa UE vuole la pace o la guerra? Che senso hanno queste dichiarazioni bellicose, senza saggezza, spropositate?
2. Il febbraio radioso
Che si entrasse in guerra era inevitabile, lo si capiva. E non ci si può opporre. Le masse sono state mobilitate, convinte, la propaganda di guerra è in azione in maniera massiccia da settimane. La corrente dell’opinione pubblica è tutta per la guerra oramai. Come sempre accade è stato costruito il nemico, è stato creato il sentimento favorevole, l’odio verso chi uccide i bambini, verso il pazzo assetato di sangue. Chi esprime dubbi diventa un collaborazionista. Viene chiesto di maledire Putin se si vuole dirigere un concerto alla Scala, e qualcuno già propone di bloccare i conti correnti bancari e di licenziare chi non si allinea con la difesa della libertà e dei valori occidentali.
Chi non si allinea con l’atlantismo più sfrenato è pro-putin è uno che ama le dittature, i despoti, è uno che vorrebbe imporre la tirannia russa anche in Occidente, e va isolato e punito. Magari ucciso, come accadde a Jean Jaures il 31 luglio del 1914.
3. Abbiamo bisogno di un movimento pacifista
E’ stato hackerato il movimento pacifista. Per la prima volta nella storia abbiamo avuto pezzi (dico pezzi, perché ci sono tante persone che vogliono la pace) di movimento pacifista che hanno chiesto di inviare armi, o addirittura di intervenire. Un cantante famoso chiude un concerto per la pace chiedendo di intervenire in Ucraina, cioè SI CONCLUDE UNA MANIFESTAZIONE PER LA PACE CON UN INVITO ALLA GUERRA. Il segretario di un partito di governo chiede che si inviino armi in ucraina, mentre gli americani, persino loro, si mostrano più prudenti, più defilati, dichiarano che non sono stati usati i loro droni. Il Bundestag tedesco aumenta le spese militare con cifre da capogiro e in maniera continuata, che proseguiranno per i prossimi anni. Contro chi? Che cosa ci aspettiamo? Che la Russia si senta tranquilla con gesti come questi?
Abbiamo bisogno di un movimento pacifista, che miri alla pace e non ad acuire il conflitto e a farlo deflagrare, e PER AVERE LA PACE DOBBIAMO CHIEDERE UN NUOVO PATTO DI SICUREZZA PER TUTTI, non un movimento che chieda di inviare armi agli ucraini.
4. La guerra non è ancora iniziata
La guerra non è ancora iniziata. Sinora i russi hanno impiegato armamenti rudimentali, avanzano lentamente, e non per la resistenza che trovano, ma perché non vogliono fare vittime né civili né militari. Per adesso mirano solo a negoziati, a negoziare un nuovo sistema di sicurezza europeo. Se falliscono i negoziati inizia la guerra vera, e non sarà come quella che stiamo vedendo, con due botti al giorno a Kiev, con scaramucce. Sarà la guerra, quella vera, quella devastante.
E’ questa guerra che possiamo ancora evitare e che dobbiamo evitare, e se vogliamo evitarla dobbiamo fare pressione perché le parti trovino un accordo, chiedere alla UE e al nostro paese gesti che spingano tutti le parti a trovare un accordo giusto per tutti. E la soluzione può essere una sola: la neutralità dell’Ucraina.
Anche in questo caso, le dichiarazioni della von der Leyein, che allude all’ingresso dell’Ucraina nella UE suona come un sabotaggio della pace, perché l’ingresso dell’Ucraina avverrebbe in funzione antirussa.
Dobbiamo chiedere la costruzione di una grande Europa, di cui la Russia sia parte integrante, perché la tradizione russa fa parte dell’Europa. Solo questo, che non può avvenire in due giorni, può essere un obbiettivo di pace. E c’è da pensare che qualcuno, acutizzando questo conflitto, abbia proprio mirato a rendere per sempre impossibile la crescita di un’Europa che comprenda la Russia.
La pace va costruita, con gesti, con politiche, con diplomazia, con la sicurezza, non inviando armi a un paese in guerra.
5. I valori e la democrazia
Invece di sbrogliare la matassa diplomatica, con senso della misura, tenendo conto degli interessi legittimi di tutte le parti (la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina da un lato e la sicurezza della Russia), invece di trovare un punto di mediazione tra queste due esigenze, la UE ha esasperato il conflitto, facendolo diventare un conflitto tra la libertà e la tirannia, tra il bene e il male. Un conflitto tra valori, oscurando il problema reale: che la pace ha delle condizioni, e che va costruita costruendo un sistema di sicurezza.
6. A che cosa si mira?
Ma questa esasperazione può non essere semplicemente il segno di pochezza politica del ceto politico europeo. È chiaro oramai a che cosa si mira: si mira a creare una situazione che porti alla perdita del potere da parte di Putin, a destabilizzare la Russia. La speranza è che sanzioni, propaganda, pressioni sugli oligarchi russi portino alla caduta di Putin. Si è personalizzato il problema.
Tutti oramai credono che il problema non sia la Russia, le sue esigenze di sicurezza, la sua storia, la sua identità, ma Adolf Putin, il pazzo. Tutti oramai credono che non esista un problema politico, relativo a un nuovo assetto di sicurezza globale, ma solo un problema psicopatologico, di un pazzo che va fatto cadere, possibilmente con un complotto di palazzo.
7. Verso la destabilizzazione globale
Ovviamente, su Putin si può pensare quello che si vuole, che è un tiranno, che è un autocrate, che ha un carattere pessimo. E Putin non è certo un modello politico a cui guardare, e nessuno guarda a lui tra coloro che cercano di capire quello che sta accadendo. Ma puntare sulla sua destituzione è un azzardo, per diverse ragioni:
a) Può non riuscire (come non riuscì in Turchia il tentativo di spodestare Erdogan), e questo produrrebbe un moto di repressione durissimo, una riduzione delle libertà in Russia, una resa dei conti, che poi potremmo condannare, ma che di fatto avremmo causato proprio noi con la nostra insipienza.
b) Può riuscire, ma dalla caduta di Putin difficilmente risulterebbe una situazione più tranquilla, certamente non sorgerebbe una Russia democratica. Non vi sono le condizioni strutturali. La Russia, come l’Ucraina, è dominata da grandi oligarchi, vi è anche li un deep state che rappresenta l’ossatura. Ne risulterebbe una situazione caotica, e avere una potenza nucleare destabilizzata è da irresponsabili. La cultura liberale non impara dall’esperienza, non riesce a capire che l’idea di esportare la democrazia in contesti in cui non vi sono le condizioni produce il caos. Lo abbiamo visto in Libia, in Afghanistan, dopo le primavere arabe.
c) La Cina non starà a guardare, e pensare a un colpo di mano antiputin in Russia, senza un accordo con la Cina, potrebbe avere effetti devastanti. La Cina confina largamente con la Russia, ha bisogno di stabilità. Ci mancherebbe una Russia filo atlantica al confine cinese. Alcuni sognano cose che diventerebbero incubi. Eppure, l’Occidente sta mirando alla destabilizzazione globale.
8. Il rischio di una guerra nucleare
Alcuni pensano che il passaggio all’allerta nucleare ordinato da Putin sia uno scherzo o un bluff. Non lo è. Voglio ricordare che gli USA usarono l’arma atomica per due ragioni. A) mettere fine a un conflitto che costava troppe vite di soldati americani e b) mettere in chiaro la forza che avevano ai fini della divisione del mondo dopo la seconda guerra mondiale. Ora, se gli USA la usarono per quegli scopi, crediamo davvero che uno stato minacciato nella sua esistenza esiterebbe a usarla? Vale la pena mettere la Russia con le spalle al muro sperando che preferisca perire senza usare la sua ultima risorsa? È saggio?
Vincenzo Costa
Vincenzo Costa è professore ordinario alla Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele, dove insegna Fenomenologia (triennale) e Fenomenologia dell’esperienza (biennio magistrale). Ha scritto molti saggi in italiano, inglese, tedesco, francese e spagnolo, apparsi in numerose riviste e libri collettanei. Ha pubblicato 20 volumi, editato e co-editato molte traduzioni e volumi collettivi. Il suo ultimo lavoro è Psicologia fenomenologica (Els, Brescia 2018).
agbiuso
Un’ondata inaudita di fanatismo antirusso.
Lo sport, l’arte, la musica, ridotte a strumento di guerra da parte della potenza più distruttiva apparsa nella storia recente dell’umanità: gli USA e le loro colonie europee.
A quando il bando dello studio della lingua russa nelle Università anche italiane?
agbiuso
GLI USA, DOPO IL FRONTE SUD, BLOCCANO IL FRONTE EST DELLA VIA DELLA SETA
di Pasquale Cicalese, Piano contro Mercato, 27.2.2022
Non mi addentro nelle tematiche della guerra, voglio fare un’altra considerazione. Nei siti cinesi durante l’ultimo anno e mezzo si dava conto dell’esplosione dei transiti ferroviari, anche a seguito del boom dei prezzi dei noli marittimi, tra la Cina e l’Europa. Il mercato era arrivato a valere il 14% dell’intero interscambio Cina Europa. Il transito passava per la Russia, la Bielorussia e l’Ucraina, per poi arrivare a Duisburg, Germania, dove c’è uno snodo merci fondamentale per l’intera Europa. La stessa Italia era arrivata a programmare transiti ferroviari con la Cina, attraverso lo snodo di Melzo, in Lombardia. Il transito ferroviario suggellava l’asse Germania ,Russia Cina, un asse commerciale ma che aveva ricadute politiche visto che era criticato dagli Stati Uniti. Non solo gli Usa, inglobando l’Ue nella guerra con la Russia, hanno bloccato North Stream, non solo ci saranno sanzioni che colpiranno la Russia e come un boomerang l’Ue, ma lo stesso interscambio ferroviario con la Cina si bloccherà con conseguenze gravi per gli esportatori europei. Certo, c’è il mare, ma il costo dei noli marittimi è esplosivo da due anni e molti piccoli operatori non se li possono permettere. Viene dunque bloccato il fronte Est. Gli Usa avevano già bloccato il Fronte Sud (Italia) con i repentini cambi di politica governativa ed estera nel nostro Paese, che nel giro di tre anni passava dall’accordo sulla Via della Seta e ostracismi diplomatici fomentati dagli americani. Ai cinesi rimane il Pireo, ma non ha linee autostradali e ferroviarie. La Cina dunque perde una parte dei commerci con l’Ue. Gli Usa a questo punto si rivolgeranno al Mar cinese meridionale per bloccare i traffici marittimi cinesi e fomenteranno rivolte in Egitto per bloccare il canale di Suez. Alla Cina rimane l’Asia e l’asse Cina, Russia, Pakistan e Iran, un blocco unico capace di compensare le perdite europee. Di fondamentale importanza il “Corridoio Pakistano” che la Cina ha ultimato e che arriva al porto di Gwdar. Se questo blocco regge e si sviluppa, assieme al Rcep, la storia dei commerci internazionali potrebbe dopo secoli cambiare, con perdita di centralità europea. Tre di questi paesi sono potenze atomiche, la Cina da anni contribuisce alla loro industrializzazione in cambio di sbocchi al mare e/o materie prime. Non ho idea di come finirà in Ucraina, il fronte est commerciale è perduto. Si tratta di vedere quali altri verranno aperti. Di certo, l’Europa ci perderà. Aver rinunciato ad una propria autonomia strategica e aver seguito gli americani, che altro non volevano che la rottura dell’asse Germania Russia Cina sarà nei prossimi decenni fatale.
agbiuso
La democrazia esportata dagli Stati Uniti d’America, dal 1950 a oggi.
agbiuso
[Un articolo assai lucido, di natura geopolitica e non moralistica]
La questione Ucraina non è un capitolo dell’eterno conflitto tra libertà e oppressione. Questa rappresentazione ideologica e moralistica esclude la questione centrale che è di natura geopolitica con i suoi corollari storici, economici e sociali. Il problema è che l’Ucraina non è Occidente, per natura, cultura, storia e religione ma lo è solo rispetto alla Russia. Anche se il mercato globale e le oligarchie locali spingono verso ovest. Ma la Russia non può essere assediata dall’Occidente, ha bisogno di zone franche.
Collochiamo la storia dell’Ucraina nel suo destino geopolitico: essendo una terra di frontiera, border line, come dice il suo stesso nome, l’Ucraina ha vissuto sulla linea di confine tra oriente e occidente, esposta all’impero ottomano, ai mongoli, alla Polonia, e alla grande Russia. L’Ucraina è stata nazione diversa dalla Russia ma unita alla Russia, non solo dal legame religioso ortodosso. Del resto Rus si chiamava anche la nazione di Kiev già mille anni fa, all’ombra della chiesa di Costantinopoli-Bisanzio. Per secoli l’impero russo dominò sull’Ucraina, e nel suo periodo estremo gli zar cercarono di russificarla. I russi furono e sono una corposa minoranza nel Paese, anche se l’Urss impose come lingua ufficiale il russo anzichè l’ucraino. Poi dopo le turbolenze seguite alla Rivoluzione bolscevica, cent’anni fa, Lenin impose la repubblica socialista sovietica ucraina. E dopo alcuni decenni Kruscev impose di donare all’Ucraina la Crimea che mal sopportava l’annessione sentendosi pienamente russa. E’ per questo che alcuni anni fa la Crimea riuscì a liberarsi della Ucraina e tornò russa. Nel ’90 l’Ucraina si affrancò dall’Urss in caduta, dopo aver vissuto la tragedia di Cernobyl del 1986. I fatti recenti sono noti.
Cambiamo scenario. La Russia non è più come ai tempi dell’Unione sovietica un impero mondiale alla pari degli Stati Uniti, ma non è nemmeno solo una potenza regionale, periferica o una potenza in disfacimento come prima di Putin; si dovrebbe riconoscere un’area circostante di rispetto in cui evitare di stringere la Russia in assedio da tutte le parti. E invece, oltre a prefigurare l’entrata dell’Ucraina nell’Unione europea, importante per loro dal punto di vista economico-commerciale, significa già entrare come altri paesi ex sovietici, sotto l’influenza dell’Alleanza Atlantica; ma ora si stavano bruciando le tappe per collocare la basi militari della Nato in Ucraina.
Vi ricordate che successe a parti invertite quando a Cuba l’Unione Sovietica stava puntando i suoi missili contro gli Stati Uniti? Come sempre fu il “pacifista”, umanitario e democratico Kennedy che usò la forza e sfiorando il conflitto mondiale evitò quella minaccia contrapponendone un’altra. E vi ricordate gli interventi militari in Kosovo, le bombe umanitarie di Clinton, la Libia, l’Iraq, la Siria? Perché non dovrebbe fare la stessa cosa Putin? Certo, Putin non è un simpatico liberal-democratico, la sua è un’autocrazia con tratti illiberali, inquieta il suo curriculum, il suo modo di comportarsi, la guerra.
La soluzione ideale sarebbe stata: la Nato rinuncia alle basi in Ucraina, il processo d’integrazione europea non può prevedere una rapida integrazione ucraina. E la Russia rinuncia a invadere l’Ucraina e sottometterla al diktat russo, limitandosi a chiedere rispetto mondiale per una potenza di area così importante e garanzie per la minoranza filorussa e il Donbass. Le diplomazie sono complesse ma si può trovare un punto d’equilibrio se c’è questa volontà. Ma se si parte dalla pretesa che il mio allargamento è nel nome della Libertà e del Progresso e il tuo è solo aggressivo e regressivo, non si raggiunge nessun accordo. Che direbbero gli Usa se il Messico schierasse davanti a loro basi russe?
La follia di questa situazione è che le sanzioni colpiscono poco la Russia e molto l’Europa; e l’Unione europea, per fedeltà all’alleanza atlantica, dovrebbe accettare di perdere una sponda fondamentale ad oriente, perdere affari, energie, gas, solo per assecondare lo spirito pio dei democratici e del loro malfermo fantoccio, Joe Biden.
Il danno aggiuntivo è quello di spingere la Russia nelle braccia della Cina, comunista e colonialista, un nuovo impero in espansione che ormai dilaga dappertutto, in Europa come in Africa e in Asia. E la Cina mostra di ritenere (giustamente) inefficaci le sanzioni pur ritenendo deplorevole la minaccia di Putin e guarda come va la situazione perché freme dalla voglia di occupare Taiwan. Mai le sanzioni, a mia memoria, hanno migliorato le situazioni; hanno inacidito i rapporti, inasprito le relazioni, legato i popoli ai regimi sanzionati. E hanno prodotto alla fine ciò che dicevano di evitare: guerre, invasioni, attacchi terroristici, bombardamenti anche sulle popolazioni civili come l’infame embargo ai medicinali in Iraq e in Medio Oriente.
So che in Italia tutti hanno paura di non dire in premessa che sono zelanti e proni all’Alleanza Atlantica, capeggiati dal più zelante e guerrafondaio Pd; ma si tratta di avere il coraggio, almeno accennato da francesi e tedeschi, di non mettersi contro se stessi, contro la realtà geopolitica per far piacere agli Stati Uniti, dando pure vantaggi insperati alla Cina. Draghi è sempre angloamericano, allineato, gli altri sono al seguito, Mattarella non si è ancora ripreso dalla rielezione, il ministro degli esteri Di Maio gioca ai soldatini e i tutori non vogliono che vada in Russia. Si dovrebbe andare in altra direzione, ridiscutere la Nato come delega agli Usa della sovranità mondiale, far valere sul serio le sovranità, i patti e le unioni europee. E invece andiamo alla chiamata alle armi americane tirando il freno e sorridendo alla Russia, per cercare di salvare il salvabile. Ma ora è troppo tardi, è già tempo di guerra.
Marcello Veneziani, La Verità , 25.2.2022
agbiuso
Da Essere per la pace in Ucraina significa neutralità e denazificazione del paese
di Laura RU, L’AntiDiplomatico, 26.2.2022
Essere per la pace oggi significa chiedere la neutralita’ dell’Ucraina e l’avvio di un processo di smilitarizzazione e de-nazificazione del paese. L’Occidente a trazione USA ha dimostrato di non volere nulla di cio’ e anzi continua ad usare la popolazione dell’Ucraina in funzione anti-russa. Con una guerra per procura mette due popoli fratelli uno contro l’altro sperando in questo modo di isolare e indebolire la Russia. L’obiettivo degli USA e’ un’Europa asservita ai suoi interessi geostrategici.
agbiuso
Pino Arlacchi: “È la Nato che sta alla base della crisi ucraina, e della sua soluzione”
L’AntiDiplomatico, 25.2.2022
È l’Europa che ha in mano le chiavi per far cessare l’attacco militare della Russia all’Ucraina, solo che voglia decidersi ad agire invece di barcamenarsi tra Washington e il Cremlino come ha fatto fino adesso. I leader europei hanno dichiarato, in accordo con Biden, che non invieranno forze militari in Ucraina. Ciò equivale a dire che la NATO non ammetterà l’Ucraina fino a che la Russia considererà questo fatto un casus belli.
E la Russia ha appena dimostrato precisamente ciò, segnalando che l’epoca dei giochi è terminata, e che vanno messe sul tavolo precise garanzie di sicurezza. Con l’attacco all’Ucraina la Russia ha chiuso d’un colpo lo spazio di gioco diplomatico e politico entro cui si sono mossi, con un bel po’ di disinvoltura, Macron e Scholtz.
Durante i colloqui con Putin delle scorse settimane i due avevano ribadito sottovoce, per non irritare gli americani, di non aver intenzione di aprire la NATO all’Ucraina. Ma per abbassare il prezzo della scelta avevano invitato Zelensky a fare il primo passo, dichiarando di avere rinunciato a chiedere di entrare nell’Alleanza Atlantica. Kiev aveva in un primo momento acconsentito, e si era spinta fino al punto da far dire al suo ambasciatore a Londra che si poteva addirittura mettere in campo l’idea della neutralità dell’Ucraina.
Ma quando la Russia ha preteso di ufficializzare e mettere per iscritto tutto il discorso, ecco la marcia indietro di chi sperava di poter proseguire con una logora manfrina. Sia gli europei sia Biden hanno detto ni, pensando di poter protrarre la presa in giro di una potenza nucleare del calibro della Russia iniziata trenta anni addietro, con Boris Yeltsin, e continuata fino a tre giorni fa.
C’è chi sostiene che la vera questione per Putin non sia l’espansione della NATO ma la ricostituzione pura e semplice dell’impero russo. Peccato che non ci sia alcuna prova a sostegno di questo vaneggio.
Caduta l’URSS e disciolto il Patto di Varsavia (la NATO dell’altro lato), le potenze occidentali offrirono ampie assicurazioni ai leader russi che la NATO non si sarebbe espansa verso Est dopo l’unificazione tedesca.
Ma non fu messo nulla per iscritto. Non si fece alcun trattato, perché le due parti non lo ritennero necessario, visti i rapporti di cooperazione e di amicizia stabilitisi tra i due ex-nemici. E per un paio di anni dopo il 1989 la NATO stessa sembrò avere i giorni contati.
I russi avevano temuto da lungo tempo le invasioni dall’Ovest, che fosse Napoleone, Hitler o la NATO. I maggiori esperti americani di Russia, dal mitico George Kennan all’ambasciatore a Mosca Jack Matlock, al segretario alla difesa di Clinton, William Perry, furono unanimi nel ritenere che i timori russi erano fondati e che la loro richiesta di garanzie di sicurezza era legittima. L’allargamento della NATO verso est, quindi, era per loro un’idea unnecessary, reckless and provocative.
La musica cambiò con l’inizio di questo secolo. Finita la Bell’Epoque clintoniana, arrivato George Bush e soci, si iniziarono ad usare subdoli argomenti per sostenere che gli accordi sulla NATO c’erano stati, ma non erano vincolanti. E si continuarono ad ammettere nell’Alleanza, uno dopo l’altro, tutti i Paesi ad est della Germania. Fino ad arrivare, con le repubbliche baltiche, ai confini stessi della Russia.
La Russia si è sentita minacciata, e quando ha ritenuto che forze straniere intendessero trasformare una delle tre nazioni fondanti dell’identità culturale-religiosa e politica del popolo russo – l’altra è la Bielorussia – in una entità anti-russa militante, è intervenuta con la forza.
La soluzione?
Visto che nessuno ha intenzione di correre in soccorso militare dell’Ucraina, e visto che Putin finora non intende occupare il Paese, l’unica strada percorribile è un accordo che fornisca alla Russia le garanzie di sicurezza che richiede senza successo da trent’anni, in cambio della cessazione dell’attacco e di un impegno a lungo termine per il rispetto della sovranità dell’Ucraina.
Ciò può avvenire per iniziativa europea, può includere la ripresa degli accordi di Minsk, ed anche la creazione di uno status di neutralità dell’Ucraina. Non è più tempo di manfrine.
L’Ucraina ha diritto alla sua sovranità. La Russia non deve più sentirsi in pericolo. E l’Europa dovrebbe smetterla di scherzare con il fuoco solo per compiacere il suo padrone d’oltreatlantico.
agbiuso
La Grande Onda post caduta del muro di Berlino si è fermata
di Giuseppe Masala, L’AntiDiplomatico, 24.2.2022
La Nato e l’Occidente dopo aver inglobato nelle proprie fila i paesi del Patto di Varsavia (Polonia, Cekoslovacchia, Ungheria, Bulgaria e Romania), i tre paesi baltici ex sovietici (Lettonia, Estonia e Lituania) e tre paesi jugoslavi (Slovenia, Croazia e Macedonia) subisce quella che è una vera e propria umiliazione in Ucraina. Dopo otto anni di copiosi finanziamenti (ben 17 miliardi dati dalla sola UE, a detta di Borrell) e forniture di armi e di addestramento, in meno di dodici ore l’esercito del paese è stato demolito da quello russo. Ma non solo, meno di un anno fa la Bielorussia è riuscita a respingere l’assalto occidentale sotto forma di rivoluzione colorata e infine, meno di un mese fa il tentativo di rivoluzione colorata in Kazakistan è stato neutralizzato chirurgicamente in meno di una settimana dall’esercito russo. Infine, anche in Medio Oriente il tentativo di provocare un regime change in Siria si è infranto sotto i colpi di maglio di un intervento russo che si è dimostrato vincente.
Insomma, ce n’è abbastanza per dire che la grande onda post caduta del Muro di Berlino si è arrestata. E anzi, si è venuta a formare una grande alleanza euroasiatica tra la Cina e la Russia che si integra perfettamente: forza militare e energia russa che si abbina perfettamente a forza tecnologica e finanziaria cinese. Ce n’è abbastanza per dire che mai come oggi l’egemonia occidentale è messa in discussione, se non è direttamente sovrastata dal nuovo attore emergente.
Quello che era l’incubo geopolitico di Kissinger si è realizzato. E per di più l’occidente si trova in una fase di debolezza acuta. Prima di tutto ha una classe dirigente sclerotizzata, non più in grado di avere una strategia d’attacco (ormai il giochino delle rivoluzione colorate l’hanno capito tutti) e neanche una di contenimento. Non ha una supremazia ideale e morale. Basti pensare al discorso di Draghi oggi che ad un certo punto ha detto “Quanto succede in Ucraina riguarda tutti noi, il nostro vivere da liberi”. Il nostro vivere da liberi? Ma questo è o no il paese del super green pass per lavorare e per svolgere qualunque attività? Parole vuote, ripetute con riflesso pavoloviano ma prive di un qualsiasi significato concreto che non sia quello di far scoppiare un moto di amara ilarità nell’ascoltatore.
E poi c’è il fatto che l’Occidente (o almeno l’Europa, gli USA sono altro discorso) si trova finanziariamente al collasso. E rischia di spegnersi a causa delle eventuali rappresaglie energetiche del tanto disprezzato Putin.
Questa è la situazione. Un epoca si è conclusa. Bisogna evitare che le nostre élites si producano in irresponsabili fughe in avanti per nascondere il proprio fallimento e poi bisogna convincerle (dolcemente, bonariamente, amabilmente) a levare il disturbo. Prima che sia troppo tardi.
agbiuso
Fermiamo la guerra. Fuori la NATO dall’Europa
di Giorgio Cremaschi, L’AntiDiplomatico 23.2.2022
Fino a che la NATO, gli Stati Uniti ed i loro alleati occidentali penseranno di avere il diritto di giudicare e sanzionare il mondo, di armarsi e armare, di fare guerre umanitarie e per la democrazia, finche ci sarà la NATO la pace non ci sarà.
A me il discorso di Putin che dava la colpa a Lenin di aver creato l’Ucraina non è piaciuto per nulla, mi ha confermato che, contrariamente a quanto pensa ancora qualche compagno, il presidente russo è un anticomunista nazionalista. Ma anticomunisti e nazionalisti sono quasi tutti i governi dei paesi che circondano la Russia e che si riempiono di missili e bombe NATO. Nazionalista ed anticomunista, con un bel po’ di milizie fasciste, è il governo di Kiev che ha pensato di approfittare della crisi internazionale per regolare i conti con le repubbliche del Donbass, che solo per le ridicole veline della CIA potevano essere l’aggressore.
Quando i civili hanno cominciato a fuggire in Russia, strano modo di comportarsi verso quello che dovrebbe essere l’invasore, ho temuto un bagno di sangue guidato dai nazisti del battaglione Azov. Perciò ho fatto mio il sospiro di sollievo delle popolazioni locali quando le truppe russe sono entrate a Donetsk e Luhansk. Immagino che là abbiano festeggiato, perché quando ci ero stato avevo raccolto molte critiche alla Russia: perché non difendeva a sufficienza il Donbass. Del resto è stato il Parlamento, su mozione delle sinistre e dei comunisti che sono contro Putin in politica interna, a chiedere il riconoscimento delle repubbliche.
I guerrafondai nostrani, tra i quali il peggiore è il PD che sembra uno dei partitelli di destra della prima repubblica, strepitano perché la Russia ha fatto più o meno quello che la NATO nel 1999 fece per il Kosovo. Con una differenza. Allora la NATO arrivò a bombardare Belgrado, prima capitale europea colpita dagli aerei dal 1945. A perenne vergogna di Clinton, D’Alema e compagnia. Nessuno che difenda quella scelta di allora, può essere considerato onesto oggi quando strepita contro la Russia.
Ora la UE, che ha tutto l’interesse a buone relazioni con Russia e Cina, viene trascinata allo scontro dalla folle fedeltà euroatlantica, che fa solo gli interessi degli USA. Le sanzioni, che sono una politica di guerra in gran parte contraria al diritto internazionale e ai diritti umani, saranno un boomerang. Saranno sanzioni contro la ripresa economica dell’Europa, dell’Europa contro se stessa. E il nostro governo mostra tutta la sua pochezza, con Draghi che nemmeno va in Parlamento, il più sopravvalutato degli italiani.
Putin ha affermato, come se fosse un male, che è stata l’URSS a creare l’Ucraina. È vero il primo stato socialista cercava di mettere assieme popoli diversi senza la supremazia di nessuno. Era un buona cosa e anche per questo dopo la fine dell’Unione Sovietica il nazionalismo, il fascismo, il razzismo sono risorti in Europa.
Ora il primo compito è fermare la guerra, ci vuole un immediato cessate il fuoco, bisogna bloccare l’isteria bellicista che sta montando alimentata dai mass media. E bisogna fermare le sanzioni che sono atti di guerra anch’esse.
Poi ci vuole un accordo per l’Ucraina che riconosca entro i suoi confini l’autonomia e la pari dignità di tutti i popoli. Questo è il meglio, ma se non fosse possibile la sola soluzione sarebbe il riconoscimento di diversi stati indipendenti, come purtroppo è già avvenuto nella ex Jugoslavia, proprio con il sostegno e l’intervento della NATO.
Infine è chiaro che la pace ci sarà solo con un vero accordo di sicurezza europeo, Russia compresa naturalmente perché la Russia è Europa.
Bisogna togliere dal campo missili, bombardieri, carri armati e le armi nucleari, che la??? NATO sta installando anche in casa nostra.
Se vuoi la pace fai la pace e comincia dalla riduzione delle spese militari e dal disarmo.
Come ha affermato il governo cinese, il futuro del mondo è multipolare, senza blocchi militari che minaccino gli altri. E i confini, tutti i confini, e i popoli, tutti i popoli, debbono essere rispettati.
La NATO avrebbe dovuto essere superata nel 1992, dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia. Invece è durata altri trent’anni e ora siamo sull’orlo di una guerra più grave di quelle che l’hanno preceduta. Noi non siamo arruolati con Putin, come dicono quelli che da trent’anni fanno guerre nel mondo. Noi siamo contro la guerra e per questo siamo contro la NATO. Se si vuole la pace bisogna aggiornare un vecchio slogan : fuori la NATO dall’Europa, fuori l’Europa dalla NATO.
agbiuso
Donbass. Media italiani, la vergogna embedded
Giorgio Cremaschi, L’AntiDiplomatico, 21.2.2022
È stata con la seconda guerra USA in Iraq che si è diffuso il termine “embedded“, letteralmente “inserito”. Embedded erano quei corrispondenti di guerra inseriti nei mezzi di trasporto delle truppe americane, che viaggiavano con loro e diffondevano solo le notizie autorizzate dal comando.
Nella sostanza erano addetti stampa delle forze armate USA. Oggi su Ucraina e Russia tutta la grande stampa e tutte le reti tv sono embedded, ricevono e diffondono le veline della CIA e del dipartimento di Stato e censurano ogni altra notizia.
Da quelle su cosa succede davvero nella sola guerra in atto, quella del governo ucraino contro il Donbass, alle manifestazioni contro di essa in Italia.
Bugie e censure, un concentrato di falsi costruiti e fatti negati. Sono arrivati ad intervistare i miliziani nazisti ucraini presentandoli come patrioti e quando intervistano i profughi che fuggono dal Donbass in Russia dicono che fuggono dalle bombe, ma chi le getta le bombe, non lo dicono, fanno credere che siano bombe russe i mascalzoni. La stampa italiana opera con tutti i suoi padroni per la guerra, è già in guerra. Che schifo.
agbiuso
La NATO (OTAN), la guerra, l’informazione asservita.
agbiuso
Questa immagine dell’Europa spiega più di tante parole che cosa sia accaduto negli ultimi decenni.
È come se la Russia schierasse le sue armi al confine tra il Messico e gli USA, tra il Canada e gli USA.
agbiuso
Tutti sanno tutto dell'”invasione russa” tranne il presidente ucraino Zelensky
L’AntiDiplomatico, 12.2.2022
Continua l’isteria occidentale sull’imminente attacco russo all’Ucraina. Praticamente tutti i paesi, sulla scorta di quanto fatto dagli Stati Uniti, hanno invitato il personale diplomatico e i cittadini presenti in Ucraina a far rientro in patria.
Anche la Farnesina ha deciso di richiamare i nostri connazionali. “In considerazione dell’attuale situazione, in via precauzionale, si invitano i connazionali a lasciare temporaneamente l’Ucraina con i mezzi commerciali disponibili”. Segnala l’Unità di crisi della Farnesina.
Nel corso della riunione di coordinamento sulla situazione è stato inoltre deciso “di far rientrare il personale non essenziale della nostra sede diplomatica a Kiev, che resterà in ogni caso pienamente operativa”.
Anche Berlino si adegua. La Germania ha invitato i suoi connazionali a lasciare l’Ucraina. I cittadini tedeschi la cui presenza non è “imperativa” devono “a breve termine” lasciare l’Ucraina, dove “non si può escludere un conflitto militare”, ha raccomandato il ministero degli Esteri tedesco.
Curioso notare invece che lo stesso presidente ucraino Zelensky, dice di non essere a conoscenza di questa imminente invasione russa e quindi invita il presidente statunitense Biden ha condividere informazioni a tal proposito che siano in suo possesso.
“Penso che oggi ci siano molte informazioni nello spazio informativo su una guerra su larga scala da parte della Federazione Russa, anche le date rilevanti sono già state rivelate. Capiamo tutti i rischi, capiamo che questi rischi esistono. Se informazioni su un’invasione al 100% dell’Ucraina da parte della Federazione Russa a partire dal 16, per favore dateci queste informazioni”, ha affermato il leader ucraino.
In Europa sono davvero poche le prese di posizione da parte di esponenti politici miranti alla distensione e che denotano lucidità. Tra queste sicuramente abbiamo il leader di ‘France Insoumise’, Mélenchon, il quale ha mostrato sostegno alle esigenze di sicurezza della Russia nella crisi ucraina e ha definito la NATO un aggressore.
Gli Stati Uniti hanno perso la loro posizione dominante sulla scena mondiale e ora stanno cercando di sfruttare la situazione ucraina a proprio vantaggio. Jean-Luc Mélenchon, leader del partito ‘France Insoumise’, ha espresso la sua lucida opinione sul canale TV France 2, secondo quanto riferisce Ria Novosti.
“Nell’attuale situazione di crisi, gli Stati Uniti non sanno chi considerare come principale avversario: Cina o Russia. E alla fine cosa faranno? Vogliono che l’Ucraina sia accettata nella NATO”.
Alla domanda di un giornalista su chi considera l’aggressore, Nato o Russia, Mélenchon ha risposto senza alcun tentennamento: “La Nato, senza dubbio”.
Mélenchon ha inoltre evidenziato che sta spostando truppe all’interno del suo territorio, mentre la NATO sta cercando di impedirlo, contrariamente all’ordine legale internazionale.
Il fatto che l’alleanza abbia schierato missili e sistemi di difesa missilistica in Polonia fa sentire la Russia in pericolo e percepirla come un’aggressione, ha spiegato il deputato francese che correrà per la presidenza alle prossime elezioni.
In caso di vittoria alle imminenti elezioni presidenziali, Mélenchon ha promesso che la Francia uscirà dalla NATO.
agbiuso
Condivido.
agbiuso
Gli Stati Uniti non sono soltanto distruttivi e violenti, sono anche coglioni.
E l’Europa, come argomenta ancora una volta Luciano Canfora, si è posta al servizio di questi barbari.
agbiuso
“La scomoda verità che in queste ore non emerge è una delle spiegazioni dietro il ritorno dei talebani.
Il presidente del Tribunale di appello della Corte penale internazionale, nel marzo dell’anno scorso, aveva dato mandato di indagare sui crimini di guerra e contro l’umanità in Afghanistan. Ma il Dipartimento di Stato USA l’aveva definita “un’azione scioccante” opponendosi a ogni indagine.
Come mai i cosiddetti “talebani” stanno riconquistando l’Afghanistan senza neppure combattere?
C’è una scomoda verità che in queste ore non emerge. Ed è questa: le truppe che dovevano portare la libertà e la democrazia in Afghanistan in questi venti anni si sono fatte odiare. Non solo erano percepite come truppe d’occupazione, ma hanno agito con la tipica insensibilità e brutalità delle truppe di occupazione. Tanto che sono in corso le indagini della Corte Penale Internazionale.
Qualcosa non ci hanno raccontato, altrimenti non comprenderemmo la fine ingloriosa di venti anni di missione militare e la rovinosa attuale fuga degli americani che assomiglia a quella dal Vietnam del 1975”.
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Il resto dell’articolo si trova qui:
Il ritorno dei talebani: c’è un Afghanistan che non ci hanno raccontato
di Alessandro Marescotti per PeaceLink.
agbiuso
Dall’Afghanistan una lezione per gli ascari di ogni latitudine
associazioneindipendenza, 17.8.2021
Giacomo Burresi
Militari americani che sparano sui loro stessi collaborazionisti mentre li implorano di portarli in salvo. Afgani che provano ad aggrapparsi ai carrelli dei cargo occidentali e vengono buttati giù durante il decollo… Un presidente fantoccio che fugge con quattro valige piene di dollari su un’auto diplomatica americana, dopo aver raccontato ai suoi stessi ministri che sarebbe tornato dopo una trattativa coi Talebani…..Io spero che le immagini provenienti da Kabul in queste ore facciano riflettere i vari Zelenski, e collabo’ prezzolati che affidano la propria avventura politica alla protezione del padrone americano (compresa la quasi totalità dei politici italiani)….che riflettano e si rendano conto di quanto saranno tenuti in considerazione dal loro Padrone, nel momento in cui non gli faranno più comodo.
agbiuso
Un’interessante analisi della rivista Indipendenza (12.8.2021)
Dopo la disfatta militare USA in Afghanistan. Quali scenari?
L’Afghanistan di queste ore ricorda il Vietnam. Si risolve in un nulla di fatto l’intervento militare più lungo degli USA all’estero, sostenuto anche dagli alleati/subalterni della NATO, Italia inclusa. Beninteso, come al solito, in questo caso dopo vent’anni di guerra, c’è un Paese -l’Afghanistan- devastato sotto tanti punti di vista e tante, tantissime morti di resistenti e civili. Argomenti, questi, che non hanno mai interessato le “democrazie” occidentali esportatrici, a suon di bombe, di libertà e civiltà.
Il risibile pretesto di Washington per l’occupazione fu, vent’anni fa, la lotta al terrorismo dopo l’attentato, su cui si dovrà ben ricostruire, alle Torri Gemelle e al Pentagono. Una giustificazione di facciata, quella della lotta al terrorismo, evaporata nel tempo, palesando l’obiettivo di Washington di insediarsi nel sud-ovest dell’Asia, in un Paese strategico per la sua posizione geografica.
In chiave militare, nello scenario di un nuovo conflitto da sempre minacciato dai diversi tenutari della Casa Bianca, si sarebbe potuto chiudere a tenaglia l’Iran, tra l’Iraq occupato ad ovest e l’Afghanistan ad est.
Soprattutto, ‘normalizzato’ il Paese, si sarebbe potuto ‘lavorare’ per creare più che dei fastidi a Mosca, mettendo in fibrillazione la cerchia di Paesi a sud dei suoi confini, e soprattutto a Pechino, grazie anche a quella sottilissima striscia di terra che vede Afghanistan e Cina confinanti, e che arriva a ridosso dello Xinjiang a prevalenza uigure, area su cui le amministrazioni USA lavorano da tempo per creare un focolaio di guerra.
Probabilmente ai piani alti del Pentagono e della Casa Bianca è questo l’investimento per il futuro, l’unica carta rimasta dopo la disfatta militare: rovesciare su Mosca e soprattutto su Pechino l’onere di gestire una situazione potenzialmente esplosiva in Afghanistan, con i Taliban di nuovo al potere e possibili inneschi di guerra civile che gli USA, sulla base delle differenze regionali e interne al variegato fronte della resistenza afghana, potrebbero alimentare per infiammare la regione.
Non è scontato che riescano ma, se questo avvenisse, quell’area si trasformerebbe in una polveriera, probabilmente coinvolgendo una potenza nucleare come il Pakistan. Può non essere estraneo a questi scenari il lavorìo dell’amministrazione Biden per legare gli interessi USA con quelli dell’India in funzione anti-cinese. Non casualmente al confine, ma c’è chi sostiene anche oltre confine, in territorio afgano, la presenza militare cinese, con relativi pattugliamenti, è di molto aumentata. Ma Pechino, non da oggi, sta soprattutto investendo su progetti infrastrutturali con i capi Taliban ed è chiaro l’intendimento di coinvolgere le nuove autorità politiche prospettando la condivisione dei benefici derivanti dalla Via della Seta.
Intanto la cronaca di questi giorni, dopo il precipitoso ritiro militare degli Stati Uniti, sta accorciando sempre più rapidamente le previsioni d’oltre Atlantico sul ritorno al potere dei Taliban. L’amministrazione Biden, scriveva ieri il Washington Post, stimava che dovesse essere anticipata la previsione della caduta di Kabul rispetto ai 6-12 mesi previsti in precedenza, alla luce del ritiro delle truppe statunitensi dal Paese. Oggi, dopo la caduta di Ghazni (150 chilometri da Kabul), il decimo capoluogo di provincia a cadere nelle mani dei Taliban in una settimana, l’arrivo a Kabul è paventato entro un mese. Forse anche meno.
12 agosto 2021
agbiuso
Davvero gli dèi accecano i tracotanti.
Les talibans, prochains maîtres de l’Afghanistan: encore une défaite américaine…
éléments, 13.8.2021
agbiuso
“Rivendicare i valori della democrazia in paesi dove metà della popolazione non va più a votare, dove l’indifferente omogeneità della scelta politica non permette di immaginare nessuna alternativa, e dove l’influenza diretta del capitale privato sulla politica è sfacciata, suona imbarazzante”.
La difesa dei nostri valori
Di Andrea Zokh, L’Antidiplomatico, 15.6.2021
agbiuso
Siamo da decenni una colonia degli Stati Uniti d’America, anche per le ragioni indicate dal militare USA.
E questo rende la politica italiana una finzione dagli effetti -anche educativi e civili- devastanti.
Italia semicolonia statunitense. Parola di un ufficiale Usa in congedo
l’Antidiplomatico, 12.6.2021
agbiuso
A proposito delle minacce degli Stati Uniti di Biden alla Russia e al mondo intero:
“Non è una nuova guerra fredda. È molto peggio e bisognerà inventare una definizione per l’epoca orribile che ci si apre davanti. È peggio anche perché questi nuovi sistemi ipersonici sono inarrestabili (come bene spiega Manlio Dinucci qui). Decide l’intelligenza artificiale che ha già programmato a quanto pare la distruzione del pianeta e della sua umanità disperata quanto disattenta”
Vaccini? No, missili nucleari USA
di Tommaso Di Francesco
il manifesto, 23.3.2021
agbiuso
I volgari insulti del presidente USA Biden a quello russo Putin si spiegano anche e soprattutto come un avvertimento all’Europa. Ben lo chiarisce un articolo del manifesto, 20.3.2021.
agbiuso
Che la sinistra non esista più è confermato anche dall’esultanza che molti suoi presunti esponenti hanno manifestato quandoBiden è diventato presidente degli USA.
Un pericoloso guerrafondaio, un imperialista senza incertezze.
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Biden: atlantismo e ‘America first’
associazioneindipendenza, 18.3.2021
«Putin è un killer!». Così, con disinvoltura, si è espresso poche ore fa Joe Biden, nuovo tenutario della Casa Bianca, all’emittente televisiva statunitense Abc, intervistato da George Stephanopoulos. Quindi, senza precisarne i termini, ha minacciato il presidente russo («pagherà un prezzo») per aver tentato di influenzare le elezioni presidenziali USA del 2020.
Circa un mese fa, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, Biden aveva ripetuto che «l’America è tornata, l’Alleanza Atlantica è tornata», «da Roma a Riga», per affrontare le sfide economiche e politiche globali: da un lato prepararsi «a una dura competizione strategica con la Cina», dall’altro fronteggiare la Russia di Putin che «mira a sabotare il progetto europeo, indebolire la NATO e attaccare le nostre democrazie». Con gli “alleati” i toni erano stati perentori: per la “difesa” collettiva (ha citato l’articolo 5 del Patto Atlantico) bisogna investire di più e assumere più responsabilità nei teatri operativi NATO.
Un paio di giorni prima (17 febbraio) Mario Draghi, nel suo discorso al Senato con il quale anticipava il programma e chiedeva la fiducia come presidente del Consiglio, si era sentito in dovere di indicare nell’atlantismo («ancoraggio storico dell’Italia») uno dei pilastri fondamentali del suo governo. Un richiamo insolito, perché da decenni dato –e praticato– come scontato e per questo non così perentoriamente al centro di discorsi di ‘investitura’. Evidente la volontà di assicurare i suoi ‘tradizionali’ referenti d’oltre Oceano –tanto più in questa fase, nei nuovi scenari internazionali che si stanno prefigurando– sull’essere l’Italia in scia dell’avventurismo bellicista –per ora solo verbale– di Biden. Fortuna che la NATO e l’atlantismo erano un ‘orpello decaduto’ della Guerra Fredda, un ‘fatto estetico’ senza più alcuna valenza…
agbiuso
Noam Chomsky e il ”leader terrorista a stelle e strisce”
di Francesco Ciotti
Antimafia Duemila, 2.2.2021
Noam Chomsky, celebre linguista, filosofo, storico e scienziato cognitivista americano, parlando all’emittente televisiva Russia Today, intervistato da Chris Hedges, ha descritto in modo lapidario come la percezione del popolo americano rispetto alla politica statunitense vaghi in un mondo completamente fantasioso e drammaticamente lontano dalla cruda realtà dei fatti.
America, leader terrorista
Che si parli di incalliti sostenitori di Trump o dell’ennesima amministrazione democratica, secondo Chomsky, “proprio come non è possibile convincere la folla repubblicana ad ammettere che le elezioni sono state perse, non è possibile far riconoscere agli intellettuali americani liberali che gli Stati Uniti sono uno stato terrorista di primo piano“.
Le forze atlantiste, ha proseguito Chomsky, “per quasi tutta la loro storia hanno intrapreso una guerra di aggressione contro qualcuno. La cosiddetta “guerra al terrorismo”, che Ronald Reagan ha messo al centro della sua politica estera, non era altro che vedere Washington come “resistenza al terrorismo statunitense in America centrale e anche in Sud Africa”.
Una verità che si annida tra i rovi di una storia mai raccontata e sempre travisata dai media internazionali. L’America paladina della guerra al terrorismo ha sempre alimentato lo stesso come strumento di dominio e casus belli per l’avvio di un conflitto preventivo permanente.
Già un’inchiesta olandese avviata da Ceed Wiebes nel 2002, aveva dimostrato come gli Stati Uniti avessero armato direttamente gli estremisti islamici durante il conflitto in Bosnia negli anni ’92-’95. Gli stessi fondamentalisti islamici che avrebbero poi partecipato agli attentati dell’11 settembre.
La Bosnia, secondo i dati riportati in uno studio dell’International Centre for the Study of Radicalisation and Political Violence (ICSR) tra il 2012 e il 2015, il periodo di massima espansione dello Stato Islamico, avrebbe registrato la presenza di 350 foreign fighters partiti dal paese.
Quell’Isis che, stando alle email scambiate da Hilary Clinton e John Podesta e pubblicate da Wikileaks, veniva finanziato dall’Arabia Saudita e Qatar, gli alleati degli Stati Uniti nella lotta contro lo stato Islamico.
La curiosa contraddizione della potenza a stelle e strisce che a parole combatteva il gruppo terroristico finanziato per rovesciare il presidente siriano Bashar al Assad, già da tempo inviso agli americani.
Una guerra terroristica che ha quasi annientato il pianeta
Nel proseguo dell’intervista Chomsky ha elencato alcuni conflitti storici che potrebbero essere definite vere e proprie azioni terroristiche da parte della più “grande democrazia del mondo”.
“La guerra clandestina degli Stati Uniti al Nicaragua è stata dichiarata dalla Corte internazionale di giustizia una violazione del diritto internazionale… Un’altra vittima degli Stati Uniti è Cuba, che ha sopportato un blocco decennale e una prolungata campagna statunitense per minare il suo governo e provocare una rivolta. Negli Stati Uniti, quelle azioni sono percepite come la CIA che organizza stupidi complotti per tagliare la barba a Fidel Castro. “Non è stato quello, è stata una seria guerra terroristica che ha quasi portato alla distruzione del mondo” con la crisi dei missili cubani.
Uno scenario di crisi internazionale che potrebbe ripetersi in maniera ancora più drammatica, ad esempio con le gravi provocazioni in atto nel mar Cinese Meridionale, nelle isole contese o nella regione di Taiwan, dove gli Stati Uniti hanno scelto di appoggiare a livello diplomatico e militare, il governo di Tsai Ing-wen; ostile a quel principio di “un’unica Cina“ che aveva stabilizzato i rapporti col dragone per decenni.
Persino Putin al Word Economic Forum di Davos ha ammonito circa il pericolo di una guerra nucleare che potrebbe coinvolgere le grandi potenze e dunque mettere a rischio l’intero genere umano. È in arrivo una grave provocazione di cui la Russia è a conoscenza?
Non possiamo saperlo con certezza. Quello che è evidente è che tali dichiarazioni allarmanti non hanno avuto la risonanza mediatica che meriterebbero e dimostrano il fallimento degli intellettuali americani e “non solo”.
Un fallimento che secondo Chomsky “sta facendo un vero danno a milioni di americani” e determina ad esempio il fatto che “le idee di Bernie Sanders, (quello che chiede assistenza sanitaria universale, istruzione superiore gratuita) un politico che sarebbe facilmente considerato di centro destra in un paese come la Germania, sono state dipinte come troppo radicali per gli Stati Uniti durante la campagna presidenziale” ha affermato Chomsky.
agbiuso
Subito. Biden il buono segue le orme di sempre, gli itinerari dell’imperialismo USA.
Oggi la Siria, ieri e domani altri. L’importante è la guerra.
agbiuso
Rete Solidarietà Rivoluzione Bolivariana
21.11.2020
Fonte: https://www.facebook.com/1034770026536818/posts/5232354243445021/·
Anche il Guatemala si ribella alle politiche liberiste del governo filostatunitense.
Sono brutte giornate per il presidente italo guatemalteco Giammattei (con doppia cittadinanza) che solo pochi giorni fa aveva deciso di interrompere le relazioni col Venezuela di Maduro e di accettare l’inviato di Guaidó come rappresentante ufficiale.
Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza per chiedere le sue dimissioni dopo l’approvazione del bilancio per il 2021 e durante le proteste hanno dato fuoco al Palazzo Legislativo.
I manifestanti hanno sfondato la porta d’ingresso del Parlamento e anche le finestre lanciando torce all’interno dell’edificio privo della presenza dei deputati.
Il presidente ha dichiarato che i responsabili saranno puniti ma un duro colpo gli arriva dal suo vicepresidente Guillermo Castillo, il quale lo ha invitato a dare le dimissioni: “Di fronte a diverse decisioni del governo che incidono sugli interessi della popolazione, ho chiesto al presidente Giammattei di presentare le nostre irrevocabili dimissioni e che sia una istanza di personalità illustri a proporre al Congresso le prossime decisioni.
Non è sostenibile continuare in queste condizioni”, ha scritto Castillo su Twitter
Il vicepresidente ha anche chiesto a Giammattei di porre il veto al preventivo di bilancio 2021 perché presenta delle carenze e, a suo avviso, sono questioni che il Congresso dovrebbe rivedere e modificare.
Allo stesso modo, ha proposto di riutilizzare quello del 2020, oltre a riadattarlo a gennaio del prossimo anno nelle aree dell’efficienza, della trasparenza e dell’austerità per evitare l’indebitamento.
Le dichiarazioni di Castillo, che confermano l’allontanamento da Giammattei e le divergenze interne all’Amministrazione, al potere da meno di un anno, non hanno ottenuto, per il momento, risposta dal presidente.
Interessante notare come per i grandi media queste notizie non siano mai interessanti.
Ipotizziamo che queste immagini arrivassero da un paese con un governo socialista o non allineato con Washington; riempirebbero immediatamente i nostri schermi in tutte le edizioni dei tg con interviste ai manifestanti e ai loro parenti all’estero.
agbiuso
Ennesimo attacco degli Stati Uniti contro l’Iran. L’arma è consolidata: danneggiare un possibile interlocutore dell’Iran -in questo caso il Giappone- e attribuirne la responsabilità agli iraniani. L’informazione ‘liberale’ completa l’opera.
Golfo di Oman: attacco a petroliere. USA: “Obiettivo Iran”.
agbiuso
Giorgio Cremaschi, di Potere al Popolo, ha scritto questo:
STRANAMORE TRUMP CI AVVICINA ALLA GUERRA NUCLEARE, CHE HA DA DIRE IL VERGOGNOSO PARLAMENTO EUROPEO? FUORI DALLA NATO
Trump ha disdettato l’accordo di equilibrio nucleare con la Russia , sottoscritto negli anni 80 da Ronald Reagan, un presidente di destra radicale. Trump va oltre il suo pur reazionario predecessore e dà il via ad un folle riarmo nucleare. E lo fa nelle stesse ore in cui minaccia l’invasione del Venezuela a sostegno del suo golpe, che non sta riuscendo come voleva.
Se il mondo fosse governato dal diritto, oggi gli Stati Uniti sarebbero sottoposti alle più dure sanzioni globali. Invece gli USA impongono le sanzioni all’Iran che no ha armi atomiche e ovviamente mantengono quelle verso la Corea del Nord, che pure sta smantellando le sue poche bombe artigianali, che valgono un miliardesimo della potenza distruttiva dell’arsenale USA.
E la sempre più vergognosa Unione Europea balbetta, dopo essersi vilmente accodata con il suo parlamento alla guerra venezuelana di Trump. E l’Italia installa a Ghedi e ad Aviano micidiali bome atomiche di nuova generazione.
Se il mondo fosse governato dal diritto e dai principi di cui blaterano tutti i servi di Trump, oggi gli USA sarebbero considerati e trattati come uno stato canaglia.
Ma nel mondo comandano i soldi e le armi, quelle nucleari prima delle altre, quindi Stranamore Trump può impunemente portarci sulla soglia dell’olocausto atomico.
Solo fermando e distruggendo l’impero americano si può salvare l’umanità. Fuori le bombe atomiche e la NATO dall’Italia, fuori l’Italia dalla NATO.
agbiuso
All’imperialismo, alla CIA, ai presidenti USA non è più necessario utilizzare aerei e carri armati come in Cile nel 1973. Per i colpi di stato è ora sufficiente che un loro funzionario -tale Juan Guaidó- si autoproclami presidente del Venezuela. E l’intero mondo “democratico”, in testa l’Unione Europea, approva le decisioni di Trump. In Italia, poi, per distrarre dalle questioni che contano basta dare in pasto le divise di Salvini e i migranti da salvare. E chi davvero comanda sorride.
agbiuso
L’atlantismo golpista di Della Vedova (+Europa) contro il Venezuela bolivariano
associazioneindipendenza, 29.1.2019
Nella prima conferenza stampa da primo segretario di +Europa divenuto partito, Benedetto Della Vedova critica la posizione del governo italiano (“contraddittoria, ondivaga e connivente con Maduro”) che avrebbe costretto l’Unione Europea (UE) a prendere una posizione meno netta di quella poi assunta. Un ultimatum –lo ricordiamo– in classico stile coloniale/imperialista (per conto di Washington…) che intima a Maduro la convocazione delle elezioni entro 8 giorni (scadenza sabato, ndr); la UE, altrimenti, riconoscerà presidente Juan Guaidò auto-proclamatosi tale su un palco, in una piazza di Caracas, l’11 gennaio scorso, davanti ad alcune migliaia di persone e ad una folta rappresentanza di giornalisti internazionali. Bene ha replicato il legittimo presidente venezuelano Nicolas Maduro, in un’intervista alla Cnn Turk ripresa dai media internazionali, che ha respinto l’”arroganza” delle “élite europee” che “non riflettono l’opinione dei popoli europei”. È infatti improponibile paragonare la democrazia venezuelana con la gabbia dell’Unione Europea, i suoi organismi diretti, come la Commissione, o collegati, come la Banca Centrale Europa, o i suoi stessi Trattati sui quali mai è stata indetta alcuna consultazione, relegando l’esercizio formale del voto all’elezione dei componenti del solo “Parlamento europeo” privo peraltro della pienezza di facoltà appannaggio dei parlamenti nazionali sul continente europeo prima dell’imposizione dall’alto della UE (a scanso di equivoci sia chiaro che la nostra ostilità all’Unione Europea non origina dalla sua assenza di democrazia). Ad essere precisi, certo, si votò all’inizio in Francia, Olanda, Irlanda sulla Costituzione Europea, ma dopo che questa fu respinta dalle rispettive popolazioni si pensò bene di evitare il ricorso alle consultazioni popolari.
Ovviamente, pontificando di democrazia e di legittimità del voto in Venezuela, Della Vedova sorvola su questo ed altro. Come massimo esponente di un partito atlantista (+Europa, appunto) si è preoccupato di ribadire subito l’allineamento alle posizioni degli Stati Uniti, cui UE ed altri Paesi subalterni agli USA si sono accodati, che bollano come illegittima l’elezione di Maduro per la mancata partecipazione di tutti i partiti alle presidenziali del maggio 2018 (quattro, in totale, i candidati). Se una parte dell’opposizione decise di parteciparvi, altri infatti ritennero di boicottarle. Gli Stati Uniti attesero l’esito per poi pronunciarsi. Non è una forzatura ritenere che, se uno degli oppositori avesse vinto, le elezioni sarebbero state considerate legittime. Avendo però prevalso Maduro non sono state considerate tali e, con un atto di raffinata coerenza, Washington ha invece ritenuto legittima l’auto-proclamazione a presidente del primo illustre sconosciuto di turno, nella fattispecie Juan Guaidò, da un palco occasionale di una piazza di Caracas. Ieri il Corriere della Sera ha dato ulteriori dettagli su questa operazione: “La svolta degli Stati Uniti è maturata nelle ultime settimane, quando, grazie anche alle pressioni del senatore della Florida Marco Rubio, il segretario di Stato Mike Pompeo si è persuaso che si poteva puntare sul leader dell’Assemblea legislativa Juan Guaidò. Il vice presidente Mike Pence ha telefonato a Guaidò martedì 22 gennaio, assicurando l’appoggio USA. Il giorno dopo il giovane politico si è auto proclamato «presidente a interim» del Venezuela”.
Dai resoconti di stampa leggiamo che Benedetto Della Vedova è stato eletto alla segreteria di +Europa con il 55,7% dei voti (1278). Ha avuto la meglio sugli altri due candidati, Marco Cappato (30,2% per 693 voti) e Alessandro Fusacchia (14,1% per 324 voti). A votare sono stati 2.316 iscritti su oltre 5 mila. Cioè meno della metà. Ora, solo poco più della metà del meno della metà dei votanti ha scelto Della Vedova. Tale responso di scarsa rappresentatività (poco più di 1/5) avrebbe dovuto lasciare basito Della Vedova ed indurlo alle immediate dimissioni. Ha preferito invece salire in cattedra e con sprezzo del ridicolo, in nome di un’ostentazione di atlantismo, sostenere il golpista-pupazzo Guaidò. Le cronache non riferiscono di alcuno tra gli europeisti atlantici di +Europa, indignato per la scarsissima rappresentatività di Della Vedova, che sia salito sul palco e si sia auto-proclamato segretario. Of course.
ass.indipendenza.info@gmail.com – info@rivistaindipendenza.org
agbiuso
Gli stolti definivano Trump ‘nazista’, definivano così un sionista che sta rafforzando sino al fanatismo l’asse Washington-Riad-Tel Aviv.
La versione integrale dell’articolo si trova qui:
Con Trump il commercio mondiale è in pericolo e vi spiego perché
di Alberto Negri, 7.12.2018
L’arresto in Canada su richiesta Usa della vicepresidente di Huawei Wanzhou Meng per presunte violazione delle sanzioni all’Iran è un avvertimento mafioso alla Cina ma anche a tutti Paesi e all’Europa che continuano a rispettare l’accordo sul nucleare del 2015 con l’Iran sancito anche da una risoluzione Onu. In poche parole, oltre alle sanzioni sulle imprese che commerciano con Teheran, gli Usa emetteranno dei mandati di arresto chiedendo ai loro alleati di obbedire. Una sorta di Far West dove chiunque può finire con un “Wanted” stampato in fronte.
agbiuso
George Bush: dinastia, affari con i nazisti, petrolio, droga, CIA, guerra, crimini. Un vero americano.
I veri Bush, di Pino Cabras, Antimafia Duemila, 1.12.2018
agbiuso
Il più pericoloso stato terrorista del mondo, gli Stati Uniti d’America, hanno bombardato la capitale della Siria, uno stato sovrano a migliaia di chilometri dalle loro coste. A collaborare all’attacco sono state le colonie Regno Unito e Francia. Aerei sono partiti anche dalla base catanese di Sigonella. In spregio dell’articolo 11 della Costituzione repubblicana: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Voi che vi siete bevuti le menzogne sulle armi di distruzione di massa dell’Iraq, sulla Libia, sull’Afghanistan, non siete ancora abbastanza ubriachi? Un poco di razionalità non guasterebbe.
agbiuso
I neonazisti cerchiamoli non tra i grotteschi nostalgici del Duce ma dentro la Nato, che arma e sostiene i massacri della Turchia in Siria contro la Russia e gli anarchici di Rojava.
agbiuso
L’immensa ipocrisia degli USA, della NATO e dell’Europa sulla Siria. Accusano continuamente la Russia ma collaborano ai massacri della Turchia.
In fuga dal Sultano, il manifesto, 18.3.2018
agbiuso
Su A Rivista anarchica di dicembre 2017 / gennaio 2018 un articolo di Santo Barezini da leggere per comprendere che cosa sia davvero la giustizia statunitense, al di là di film e telefilm di propaganda: L’isola invisibile
agbiuso
Una puntuale analisi della politica statunitense, delle sue scelte terroristiche.
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Ma quante opere di bene dai cinque ex presidenti!
di Massimo Fini
Fonte: Il Fatto Quotidiano / Massimo Fini.it, 27 ottobre 2017
I cinque presidenti americani che hanno preceduto Trump si sono riuniti per raccogliere fondi per le vittime degli ultimi uragani. Queste ‘Dame di San Vincenzo’ made in Usa avrebbero fatto meglio a contare le vittime civili che hanno provocato durante la loro presidenza e a ripensare ai disastri politici che hanno combinato. Non tutti per la verità. Il democratico Jimmy Carter fu un presidente pacifico e pacifista. Invece l’altrettanto democratico Bill Clinton aggredì la Serbia contro la volontà dell’Onu e senza alcuna seria ragione. La Serbia era alle prese con un conflitto interno: gli albanesi del Kosovo, divenuti maggioranza, avevano creato un movimento indipendentista armato (armato dagli Usa) che come avviene in ogni lotta di liberazione faceva uso del terrorismo, la Serbia difendeva l’integrità dei propri confini. C’erano due ragioni a confronto che avrebbero dovuto essere risolte dai contendenti senza alcun peloso intervento esterno. Invece intervennero gli Usa da diecimila chilometri di distanza e che dopo il tentativo di accordo di Rambouillet, che la Serbia non poteva accettare perché avrebbe significato la sua fine come Stato sovrano, decisero che le colpe stavano solo dalla parte dei serbi, e bombardarono per due mesi quel Paese. Risultati. 5.500 morti civili di cui 500 erano albanesi cioè proprio coloro che si pretendeva difendere. Oggi il Kosovo è ‘libero’, ma al prezzo della più grande pulizia etnica dei Balcani: dei 360 mila serbi che vivevano in Kosovo ne sono rimasti solo 60 mila. E’ vero che oggi in Kosovo gli americani hanno la loro più grande base militare al mondo, ma in questo modo hanno favorito, contro la Serbia ortodossa di Milosevic che faceva da ‘gendarme’ dei Balcani, la componente musulmana dove oggi sono ben incistate cellule Isis, mentre la criminalità comune (droga, traffico di armi e di esseri umani) è aumentata in modo esponenziale. Inoltre dopo il precedente del Kosovo, che dagli Stati Uniti è lontanissimo, riesce un po’ difficile contestare alla Russia di essersi annessa i territori russofoni ai suoi confini.
Qualche attenuante ha invece Bush senior, repubblicano: Saddam Hussein aveva aggredito il Kuwait, Stato sovrano rappresentato all’Onu (anche se, per la verità, il Kuwait è uno Stato fantoccio creato dagli Stati Uniti nel 1960 per i loro interessi petroliferi). Le perplessità, per chiamarle così, vengono dal modo in cui gli americani condussero quella guerra. Invece di affrontare fin da subito, sul terreno, l’imbelle esercito iracheno che era stato battuto persino dai curdi e per salvare il rais di Bagdad dovette intervenire la Turchia (e quanto imbelle sia questo esercito lo si è visto anche di recente a Mosul e a Raqqa) bombardarono per tre mesi Bagdad e Bassora facendo 157.971 vittime civili di cui 32.195 bambini.
E’ stato poi il figlio George W. Bush, repubblicano, a inventarsi la teoria totalitaria che gli Sati democratici avevano non solo il diritto ma anche il dovere di esportare, a suon di bombe, la democrazia in quelli che democratici non erano. La guerra all’Afghanistan talebano è stata, e continua a essere, una guerra puramente ideologica. C’era stato, è vero, nel frattempo l’11 settembre. Ma i fatti hanno poi dimostrato in modo inequivocabile che i Talebani con l’abbattimento delle Torri Gemelle non avevano niente a che fare. La teoria Bush si è poi estesa all’Iraq (2003) e col democratico Obama alla Libia (2011). In Iraq le conseguenze, umane e politiche, sono state devastanti. I morti causati, direttamente o indirettamente, dall’intervento americano vanno dai 650 ai 750 mila. Inoltre gli americani, che avevano sempre combattuto gli iraniani e che nella guerra Iraq-Iran erano intervenuti per impedire agli uomini di Khomeini la vittoria che si erano conquistati sul campo, con la guerra all’Iraq hanno consegnato agli iraniani, che non hanno dovuto sparare nemmeno un colpo, tre quarti dell’Iraq. La tragedia libica, Obama presidente, è sotto gli occhi di tutti.
In Siria c’era una rivolta contro Assad. Anche qui, come in Serbia, era una questione interna a quel Paese. Sono intervenuti gli americani, con i soliti bombardieri e droni, il che ha permesso ai russi di inserirsi nel conflitto. I morti di questa tragedia li conteremo alla fine se avrà una fine.
L’avventurismo americano è stato seguito con fedeltà canina dagli europei (con qualche eccezione: Angela Merkel) e si è rovesciato puntualmente sul Vecchio Continente. L’aggressività americana nei confronti del mondo musulmano ha partorito l’Isis che nonostante le sconfitte a Mosul e a Raqqa non è affatto finito, è anzi più pericoloso che mai per noi europei perché i foreign fighters stanno rientrando. Inoltre è sulle coste del Vecchio Continente, in particolare quelle italiane, che si riversa parte dei migranti che fuggono dalle guerre innescate dagli Stati Uniti. Se i presidenti americani che si sono riuniti per fare le ‘anime belle’ siano più cinici o più cretini non sapremmo dire. Quel che è certo è che noi europei siamo stati solo cretini.
agbiuso
Nessuna potenza politica può, ancora, opporsi a quella degli Stati Uniti d’America.
Ma per fortuna la potenza della Terra trascende ogni umana istituzione. E colpisce.
agbiuso
In relazione al terrorismo islamista che continua a compiere stragi in Europa, mi sembra molto sensato questo breve testo di Federico Pieraccini, pubblicato sull’AntiDiplomatico:
Basta seguire la politica estera criminale degli Usa. L’Europa o cambia o muore.
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McCain e i neo-conservatori in america inveiscono contro cittadini americani definiti “estremisti di destra”, ma armano banderisti-neonazisti in Ucraina per avanzare i propri interessi geopolitici contro la Federazione Russa.
Obama e i neo-liberal in america piangono per gli attentati terroristici di stampo islamista, ma armano fanatici takfiri e wahabiti in Medio Oriente per avanzare i propri interessi geopolitici contro l’Iran e i suoi alleati nella regione. In entrambi i casi, chi ne subisce le conseguenze, oltre alle popolazioni locali, siamo noi Europei che per decenni abbiamo seguito le politiche Americane con un profondo senso di autolesionismo.
Ora si inizia a pagarne il contro. Intanto gli USA, con 6000km di oceano a separarli dai disastri che combinano nel mondo, hanno tempo di abbattere statue e occuparsi di gender equality.
L’Europa o cambia o muore.
agbiuso
Ho cambiato soltanto un nome. Anche Adolf Hitler era stato “democraticamente eletto” nel 1933.
Televideo, 19/07/2016 20:36
Obama a Hitler: “Rispetti democrazia”
20.36 Il Presidente Obama ha telefonato al premier tedesco Hitler ribadendo il “forte impegno” di Washington nei confronti del governo eletto democraticamente a Berlino. Il presidente Usa ha offerto aiuto per le indagini avviate successivamente all’incendio del Reichstag. Obama ha sottolineato come gli Usa e la Ue siano preoccupati dagli arresti di massa in corso nel Paese teutonico e auspica che “la Germania conduca indagini che riflettano valori democratici e un giusto processo”.
agbiuso
Si cerca sempre il nuovo Hitler. Eccolo. Si tratta di Erdogan, dittatore turco amico dell’Occidente, alleato prezioso della Nato contro la Siria, complice dei tagliagole islamisti dell’Isis.
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Il Sultano scatenato
di Tommaso Di Francesco, il manifesto, 19.7.2016
Centinaia di corpi seminudi ammucchiati per terra, in quello che sembra un hangar o un caravanserraglio, mani legate dietro la schiena, lo sguardo perso senza luce di chi, sconfitto, chiede pietà ma non s’aspetta altro che violenza. Giovanissimi e inermi i soldati che si sono arresi, che hanno rifiutato di sparare sulla folla, che hanno ceduto alle promesse di fraternità dei manifestanti pro-Erdogan nella lunga notte del golpe tentato e fallito, e che ora invece vengono bastonati, diventano la colonna infame della vendetta del Sultano.
In queste ore il presidente turco trionfante aggiunge alla lista di proscrizione tutti i nemici, o quelli che considera tali o a malapena orientati verso la predicazione dell’autoesiliato Gülen, l’ex sodale e potente islamista ora diventato capro espiatorio di ogni malefatta. Da ieri agli arresti, oltre a 650 civili e a più di 6 mila soldati, ci sono anche 8mila agenti di polizia a quanto pare non sufficientemente fedeli, nonostante che la polizia sia stata la guardia pretoriana del regime contro i soldati golpisti. Ai quali si aggiungono 130 generali dello stato maggiore turco finiti in galera insieme a 800 magistrati (di cui due di Corte costituzionale). Più che un repulisti, una vera decimazione e deportazione.
Si riempiono le galere, è il tempo delle sparizioni, della tortura, delle confessioni estorte. E il popolo aizzato e in trionfo chiede il ripristino della pena di morte, che il governo di Ankara aveva eliminato come richiesto dall’Ue per l’ingresso del paese nell’Unione.
Un ingresso sempre rimandato – un tempo perfino sostenuto dal carcere dal leader kurdo Ocalan imprigionato dal 1999, ma come prospettiva di soluzione “europea” della questione kurda – e alla fine abbandonato da Bruxelles. Mentre Stati uniti, Paesi europei e Nato hanno preferito delegare al «nostro» Sultano atlantico il lavoro sporco di destabilizzare la Siria – in rovine – così diventando il santuario dei ribelli anche jihadisti.
È il buio della specie. Queste immagini di deportazione evocano inevitabilmente l’universo concentrazionario e di sterminio che l’Occidente raffinato ha allargato soltanto 70 anni fa nel cuore d’Europa, i fili spinati dell’ultima guerra fratricida balcanica. Così come la declinazione ordinaria di ogni colpo di stato – nonché occidentale – che si rispetti, dalla Grecia, al Cile, all’Argentina.
Fermiamo la mano del boia, delle deportazioni, delle sparizioni e delle torture. Delle esecuzioni a sangue freddo come quella del vice-sindaco di un municipio di Istanbul. Siamo al disprezzo dell’umanità. Ogni civiltà invece si misura sul rispetto del vinto. I governi europee, l’Ue, gli Stati uniti e la Nato sono stati tutti a guardare nella notte del tentato golpe, aspettando partecipi la sua riuscita. Perché non c’è F-16 che si levi in volo da Incirlik senza che i comandi centrali della Nato lo sappiano. Abbiamo assistito come spettatori interessati, per prendere le distanze solo dopo il fallimento del golpe. Il rischio è che staremo a guardare anche adesso lo spettacolo dei campi di concentramento che apre un nuovo sipario di dolore nel sud ferito del nostro Continente. Fermiamo il Sultano.
pasquale d'ascola
@diego Attento Diegus
Auscultata al super brico-ok di calolziocorte (Lecco), radio qualcosa in azione per annunciare che la serata finale, magari fosse l’ultima di tutte, di sanremo ha prodotto 12.000.000 ( leggasi dodici milioni) di… che cosa… auscultatori. Nuovi scemi o scemi di sempre. E rapid share e spread sprint speed. Percent percent. Tra galline che ballano. Piripì.
diegod56
meraviglioso, pasquà
del resto fra una bianca gallina livornese e un bipede homo statunitensis, è ben evidente una certa disparità intellettiva
pasquale d'ascola
Segnalo per un amenesame la notizia qui di seguito linkata
Kinder Sorpresa banditi in Usa. Ora i bambini sono al sicuro
Inoltre invio a tutti i lettori tardivi e augusti questo scherzo scritto un po’ celia, e un po’ per non morire dalla malinconia che questo mondo di pericolosi idioti suscita, là dove è l’asino che dovrebbe kafkare e invece. Non oso dire buona ma lettura di cuore.
La notizia che non farà ‘stasera il giro del pianeta perché il signor Obama, che può arrossire alfine tanto sta dilavandosi al colore timido fino a sembrare acqua di pit o farina da bread, la farà archiviare, katrank classified, la notizia è che dopo il fortunato arresto della coppia di importatori di sorprese traumatiche ecco che allo stesso accorto custode dello stato federale gli si presenta lì alla sua borderline una gallina, gallus sinae, una leghorn candida, lei, dai bei bargigli rossi e solitaria; è una sera sospettabile di connivenze e il traffico è assai rado, una gallina saffica dunque fantasticherebbe l’accorto cittadino milite, ma no ecco che la bella gli depone un uovo, non un uovo di colombo, una sfera irregolare che trimpella tra confine e confine e infine rotola giù lungo se stessa e s’arresta ai piedi del guardiano. Questi al vederlo arresta d’un subito invece la gallina per avere tenuto in qualche suo utero nascosto un regalo così incerto nella forma e di evidente pericolosità; egli il meschino, come molti tra i suoi compatrioti sa bene che cosa sia un uovo ma pensa che sia prodotto esso dalla maturità dei kelvinator, alibi frigidìferi, begli ordinati globulosi dischi arancioni dentro un allusivo albume dentro una bella confezione trasparente di plastica ché il frigidifero, è evidente, riproduce la propria esteriorità all’interno del suo ovario frigido e notturno. Del guscio, della sua sconcertante forma, della sua calcifica e rigida materia all’ingestione o ingoio, l’agente non ne sa, ma percepisce subito di tanto artefatto l’insita alla legge non conformità, capisce bene che così com’è assunta quell’enorme particola di gallina non solo può celare il rischio pel bimbo medio americano ma persino per l’adulto di fantasie sfrenate autore e ben di più per certe adulte impertinenti, oltre che per la chiesa presbite e luterana. Inoltre intravede l’uomo dello stato la possibilità di una promozione per tanti arresti in un giorno solo, conciossiacosaché egli proceda d’ufficio. Il signor Obama grato per tanta sensibilità medita se dopo la russia sia o non sia il caso di sferrare il colpo che cauteli il bimbo americano al cànada, così sfrontato e lieto lì al confine tra briscola e canasta. Stasera esausto ma felice l’agente mangerà gallina in brodo.
D’ascola che pascola
agbiuso
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“1) Innanzitutto occorre mettere in discussione, una volta per tutte, la leadership nordamericana. Gli USA non ne hanno azzeccata una in Medio Oriente. Hanno portato morte, instabilità e povertà.
Hanno dichiarato guerra al terrorismo e il risultato che hanno ottenuto è stato il moltiplicarsi del fenomeno stesso. A Roma, nel 2003, manifestammo contro l’intervento militare italiano in Iraq. Uno degli slogan era “se uccidi un terrorista ne nascono altri 100”. Siamo stati profeti anche se non ci voleva un genio per capirlo. Pensare di fermare la guerra in atto in Iraq armando i curdi è una follia che non credo che una persona intelligente come il Ministro Mogherini possa davvero pensare. Evidentemente le pressioni che ha subito in queste settimane e il desiderio che ha di occupare la poltrona di Ministro degli esteri della Commissione europea, l’hanno spinta ad avallare le posizioni di Obama e degli USA ormai autoproclamatisi, in barba al diritto internazionale, poliziotti del mondo. Loro, proprio loro, che hanno sostenuto colpi di stato in tutto il pianeta, venduto armi a dozzine di dittatori, loro che hanno impoverito mezzo mondo, loro che, da soli, utilizzano oltre il 50% delle risorse mondiali.
Loro che hanno invaso Iraq e Afghanistan con il pretesto di distruggere le “cellule del terrore” ma che hanno soltanto progettato oleodotti, costruito a Baghdad la più grande ambasciata USA del mondo ed esportato, oltre alla loro democrazia, 25.000 contractors in Iraq, uomini e donne armati di 24ore che lavorano in tutti i campi, dalle armi al petrolio passando per la vendita di ambulanze. La guerra è davvero una meraviglia per le tasche di qualcuno.
2) L’Italia, ora che ne ha le possibilità, dovrebbe spingere affinché la UE promuova una conferenza di pace mondiale sul Medio Oriente alla quale partecipino i paesi dell’ALBA, della Lega araba, l’Iran, inserito stupidamente da Bush nell’asse del male e soprattutto la Russia un attore fondamentale che l’UE intende delegittimare andando contro i propri interessi per obbedire a Washington e sottoscrivere il TTIP il prima possibile. Essere alleati degli USA non significa essere sudditi, prima di applicare sanzioni economiche a Mosca, sanzioni che colpiscono più le imprese italiane che quelle russe, si dovrebbero pretendere le prove del coinvolgimento di Putin nell’abbattimento dell’aereo malese. Non dovrebbe bastare la parola di Washington, soprattuto alla luce delle menzogne dette sull’Iraq.
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E’ soltanto un passaggio dell’ampia analisi che Alessandro di Battista dedica alla situazione geopolitica contemporanea.
Analisi che chiede ciò che ormai è improrogabile: uscire dal Novecento e dalle sue guerre, a partire da quella del 1914-1918.
Ho fatto proprio bene a votare, alle ultime elezioni politiche italiane, per queste persone.
agbiuso
Conseguenze delle guerre umanitarie
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In Iraq l’America bombarda se stessa
di Tommaso Di Francesco, il manifesto, 13.8.2014
Sulla nuova crisi irachena sta avvenendo qualcosa che ci riguarda. È infatti in discussione l’ideologia occidentale della cosiddetta “guerra umanitaria”.
Inaspettatamente, proprio mentre i protagonisti della vicenda che si consuma sulla pelle di popolazioni pacifiche, cristiane e yazide, dovrebbero essere compatti e uniti contro il dilagare delle milizie dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Siria e non solo) ecco che invece si dividono frontalmente, al loro interno e fra loro. Così a Baghdad il duro sciita Al Maliki non vuole abbandonare il ruolo di premier, che gli deriva dalla costituzione fin qui approvata da Washington, e viene detronizzato con una manovra di palazzo sostenuta da Washington, con la quale si affida a un altro sciita l’incarico di un governo “più unitario” e rappresentativo delle varie fazioni; e allora Al Maliki, che resta capo dell’esercito, muove i carri armati verso un fronteggiamento destinato a pesare quanto a instabilità e a risposta alle milizie jihadiste che avanzano e incontrano, oltre alla fuga disperata delle minoranze, la massa dei sunniti che li accoglie a braccia aperte.
Dall’altra, sul versante americano, proprio quando il presidente statunitense Barack Obama decide e pratica l’intervento che più “umanitario” non si può, in soccorso ai fuggiaschi e in aiuti militari alle truppe kurde, ecco che l’ex segretario di stato Hillary Clinton, che gioca ormai apertamente le sue carte elettorali per la nuova presidenza americana, in una intervista a The Atlantic attacca Obama per incapacità e reticenza sul fronte siriano. Uno scompiglio più forte non era immaginabile, tanto da apparire come una prima vittoria dell’avanzata dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante, il nuovo nemico che per Hillary Clinton “ha preso il posto dell’Unione sovietica” .
La divisione del fronte iracheno era nota, quella della leadership americana, a questo livello di esplicitazione, invece no. Entrambe però nascono dalla deriva e dalle ceneri delle guerre “umanitarie” americane, non solo in Iraq. Baghdad è spaccata perché le tre guerre statunitensi (del 1991 di Bush padre, di Bill Clinton nel ’98 e di Bush figlio contro Saddam falsamente accusato di “sostenere Al Qaeda) hanno rotto in tutta l’area l’equilibrio tra le due confessioni fondamentali dell’Islam, sunniti e sciiti, cancellando insieme non tanto e non solo Saddam Hussein e il suo regime ma lo Stato, l’esercito e tutte le istituzioni.
Quando Obama un anno fa dichiarò che quello iracheno era il “miglior ritiro della storia americana”, con un occhio al disastro in Vietnam, non aveva ben compreso che il sostegno al nuovo potere sciita — in funzione di contenimento dell’Iran degli ayatollah — rappresentato da Al Maliki e la riduzione dei sunniti, la componente maggioritaria, a forza subalterna sarebbe stata una bomba a tempo ritardato, così come il silenzio sull’avvio di fatto dell’indipendenza del Kurdistan iracheno con i suoi ricchi giacimenti di petrolio mentre i leader kurdi hanno giocato il doppio ruolo di garanti dell’impossibile status quo del paese.
Ma se queste sono le basi della divisione a Baghdad, le lacerazioni interne alla Casa bianca sembrano perfino più esplosive. Il voltafaccia di Hillary Clinton, che pure ha partecipato con Obama delle “magnifiche sorti e progressive” presentate dall’Amministrazione Usa dopo l’uccisione di Osama bin Laden, è davvero impresentabile. Accusa Obama di negligenza per non essere intervenuto in Siria nell’appoggio ai ribelli anti-Saddam, ma dimentica almeno due verità. La prima è — e lo riconosce nell’intervista — che i jihadisti poi sono stati aiutati da altri e “noi non potevamo fare nulla”, vale a dire che l’ex Segretario di Stato Usa è stata protagonista della coalizione degli “Amici della Siria”, con Gran Bretagna, Francia, Italia, ma con l’Egitto di Morsi, la Turchia e soprattutto con l’Arabia saudita e il Qatar, avviata per sostenere la ribellione armata dell’opposizione siriana; una opposizione che si è subito divisa sul campo in formazioni “laiche”, quelle dell’Esercito libero siriano e quelle jihadiste, prima indefinite, poi sempre più apertamente legate ad Al Qaeda, come il fronte An Nusra. Fazioni che hanno ingaggiato non solo una guerra feroce con le truppe del regime di Assad, ma un conflitto forse ancor più sanguinoso fra loro.
Vale la pena ricordare che armi, munizioni, addestramento statunitense e occidentale sono arrivati quando l’opposizione era ancora indefinita e che quei rifornimenti sono finiti per gran parte nelle mani dei jihadisti gli Usa se ne sono accorta all’ultimo momento ma era troppo tardi -, così come i consiglieri militari Usa hanno addestrato sul campo e in Turchia, spesso direttamente, tutti i combattenti. Del resto come avevano fatto in Libia per abbattere, insieme ai raid della Nato, il regime di Gheddafi. Hillary Clinton gioca sporco: dovrebbe ricordare infatti come questa contaminazione necessaria coi jihadisti per abbattere Gheddafi portò un anno dopo al dramma di Bengasi dell’11 settembre 2012, quando le formazioni jihadiste uccisero Chris Stevens, l’ambasciatore Usa che durante la guerra contro Gheddafi era l’uomo dell’intelligence americana di coordinamento degli insorti libici e inviato proprio del Segretario di Stato in Libia. Il disastro libico è alla base del disastro in Siria — si ricorderà che Obama in un primo tempo era riottoso a seguire lo scalmanato e “umanitario” Sarkozy. In Libia si è voluto fare come in Kosovo, e in Siria come in Libia. Ma non ha funzionato, non ha mai funzionato.
La Libia, ora tutta quanta nel caos, è diventata il santuario e il deposito di armi dell’islamismo radicale in tutta la regione del Levante e dell’Iraq. E a Bengasi è stato proclamato un mese fa l’”emirato islamico”. Hillary Clinton a causa dei fatti di Bengasi uscì di scena con il generale Petraeus, allora capo della Cia. Fu una disfatta sulla quale almeno lei dovrebbe riflettere, e invece straparla senza vergogna.
Perché l’agenda di Hillary Clinton (degna erede dell’”umanitario” Bill Clinton e dei tanti proseliti della Nato) sembra indicare la strada della “nuova” America post-Obama: sostenere la necessità dell’occupazione, anche manu militari, degli spazi lasciati vuoti dopo l’89 con nuove guerre umanitarie, perfino con la riedizione della guerra fredda ad est e l’allargamento della Nato ai confini della Russia. Obama si mostra incerto. Ma non può uscire dal militarismo umanitario. Che però mostra la sua falsa coscienza. Perché ogni raid aereo che ordina sui jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante, è come se fosse un bombardamento dei risultati delle guerre americane, delle divisioni settarie prodotte dalla politica estera americana necessarie per comandare dividendo. L’intervento aereo sarà “mirato, non ci sarà quello di terra e non in Siria”: sono le tre regole del nuovo interventismo obamiano. Mentre vanno in onda i lamenti strazianti dei bambini cristiani e jihazidi quasi a farci dimenticare le centinaia di migliaia di vittime irachene della guerra americana. “Non in Siria” è quasi tragicomico: lì non può intervenire, aiuterebbe Assad, gli hezbollah e l’Iran e poi deve affrettarsi a ritirare i consiglieri militari americani della guerra coperta in corso in Siria: se bombardasse i jihadisti insorti in Siria rischierebbe di bombardare forze Usa. Vale a dire se stesso.
agbiuso
A piena conferma di quanto scrivevo lo scorso 10 agosto.
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Apprendisti stregoni
di Giuliana Sgrena, il manifesto 12.8.2014
Gli Stati uniti hanno iniziato l’invio di armi – senza specificare quali – ai peshmerga kurdi perché impediscano l’avanzata dei jihadisti dello Stato islamico in Iraq e nel Levante (Isil). Nel frattempo è stato evacuato il personale del consolato Usa a Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno. Forse è il segno che nemmeno Obama crede nella sua strategia.
Lo stato iracheno infatti si sta frantumando non tanto e non solo per l’arrivo dell’Isil o per il mancato rafforzamento militare dell’opposizione siriana – come rimprovera Hillary Clinton al presidente statunitense – ma come risultato finale dell’occupazione militare Usa dell’Iraq nel 2003. L’obiettivo perseguito fin dal 1991: la spartizione dell’Iraq in tre zone in base alle appartenenze etnico-religiose, si sta realizzando con gli effetti più devastanti.
Sebbene i combattenti kurdi siano stati gli unici a contrastare, in parte, l’avanzata dei fanatici jihadisti non basteranno gli «aiuti» statunitensi (i bombardamenti che continuano da parte Usa e l’invio di armi) a sconfiggere al Qaeda, non potranno infatti essere i kurdi a «liberare» l’Iraq. Sembra di assistere al remake dell’avventura afghana quando gli Usa puntarono tutte le loro carte sui tagiki dell’Alleanza del nord. Il fallimento afghano con il ritorno dei taleban evidentemente non è bastato.
I raid americani – il primo intervento in Iraq dopo il ritiro delle truppe nel 2011 – avrebbero colpito obiettivi dell’Isil, ma non è dato sapere quali. Del resto non è facile avere informazioni dalla zona dei combattimenti, soprattutto dopo che la giornalista kurda Deniz Firat, dell’agenzia Firat, è stata uccisa da una scheggia. Deniz si trovava nella zona di Makhmur la città che sarebbe stata riconquistata dai peshmerga insieme a Gwer. L’Isil avrebbe invece occupato Jalawla, più a est.
Nella provincia di Ninive si sta consumando la tragedia dei profughi delle minoranze: gli yazidi e i cristiani. Migliaia di yazidi sopravvissuti alle minacce, ai massacri e alla fame, dalla zona di Sanjir si sarebbero diretti prima in Siria e poi nel Kurdistan, dove si trovano anche gran parte dei cristiani.
Ma l’attenzione nel frattempo si è spostata a Baghdad dove è in corso il braccio di ferro tra il nuovo presidente Fuad Massum e l’ex premier Nuri al Maliki, che non vuole rinunciare al terzo mandato. Massum ha dato l’incarico per formare il nuovo governo a Haider al Abadi, ma al Maliki sembra deciso a sfidare il presidente.
Al Maliki, abbandonato anche dagli americani, è uno dei maggiori responsabili della situazione irachena. Dispotico, autoritario – nello scorso mandato aveva tenuto per sé il ministero della difesa, degli interni e il comando dell’intelligence – e ultrasettario: ha escluso da tutti i ruoli di potere, dall’amministrazione pubblica e dall’esercito, i sunniti. Tanto che l’avanzata dell’Isil nelle zone sunnite non ha trovato alcuna opposizione. Ma contro una nuova nomina di al Maliki, sebbene il suo partito – Stato di diritto – abbia vinto le ultime elezioni (senza ottenere la maggioranza), si è schierata anche gran parte dell’Alleanza nazionale sciita.
L’ex premier porterà la sua determinazione a restare al potere alle estreme conseguenze con un golpe, come lascerebbe intendere il dispiegamento nei luoghi strategici di Baghdad dell’esercito, delle forze di polizia e delle unità di élite che rispondono solo a lui?
Il presidente Massum, kurdo secondo la costituzione, forse in attesa degli americani, sta in qualche modo tentando di fermare il «nuovo dittatore» come viene chiamato al Maliki dall’opposizione.Ma comunque fornendo armi non si è mai posto fine alle guerre, la deriva in Libia lo dimostra.
agbiuso
L’Iraq era una società laica, multietnica e multireligiosa.
La guerra degli USA e dei loro servi -in nome della “democrazia” e dei “diritti dell’uomo”- lo ha consegnato agli islamisti più fanatici.
Eterogenesi dei fini.
agbiuso
Ricevo e diffondo queste riflessioni di Luigi Ambrosi a proposito dell’Ucraina e delle politiche statunitensi (l’Europa non esiste, è soltanto serva). Riflessioni che condivido interamente.
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TRACCIA PER UN ESAME DI MATURITA’ DEI GIOVANI ITALIANI
(Ovvero preparare i giovani all’attuale realtà storica)
Commenta e sviluppa riflessioni ed approfondimenti sul recente Comunicato del G7, evidenziandone le contraddizioni:
“Siamo uniti nel condannare la violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina da parte della Russia. L’annessione illegale della Crimea e le azioni di destabilizzazione dell’est dell’Ucraina sono inaccettabili e devono cessare” …”incoraggiamo le autorità di Kiev… nel proseguire le operazioni di restaurazione della legalità e dell’ordine nel sud-est dell’Ucraina”.
Commenti:
La Crimea e il sud-est dell’Ucraina hanno scelto l’autodeterminazione con i referendum; perchè il G7 non li riconosce e li considera illegali mentre ha riconosciuto l’autodeterminazione del Kossovo e del Sud Sudan? Forse perchè l’obiettivo per questi ultimi era di indebolire Stati considerati ostili (Sudan, Serbia), mentre per la Crimea l’autodeterminazione comporta il rafforzamento di uno Stato ostile e appartenente ai BRICS ? E perchè contemporaneamente il G7 considera illegittime le elezioni in Siria (con il 73 % di votanti) e legittime quelle in Ucraina di autorità andate al potere con un golpe il 22 febbraio?
Il G7 incoraggia le autorità di Kiev a ristabilire ordine e legalità (anche con bombardamenti dei civili) mentre solo pochi mesi fa diffidava dall’uso della forza sui dimostranti il precedente governo regolarmente eletto di Yanukovich. Perchè prima era illegittimo ristabilire l’ordine e la legalità su dimostranti spesso armati, numerosi di loro addestrati appositamente in Polonia e dichiaratamente neo-nazisti, ed ora è legittimo bombardare con aerei e mortai le città secessioniste? E’ proprio per i bombardamenti sui civili (notizia dimostratasi poi falsa) che il G7 spinse la NATO ad intervenire in Libia abbattendo Gheddafi e seminando distruzione tuttora imperante; ora invece i bombardamenti sono incoraggiati per restaurare la legalità?
Dietro al golpe e al nuovo governo Ucraino (con uomini scelti dagli USA) vi sono gli USA, che per loro ammissione hanno investito 5 miliardi di dollari pur di distaccarla dalla Russia e farla entrare nella Nato, e l’Unione Europea che nell’autunno scorso si era vista respingere la proposta di unione economica dal governo legittimo, che aveva invece optato per l’unione economica con la Russia. E’ una ulteriore dimostrazione che dietro alle guerre vi sono motivazioni economiche e politiche, e non umanitarie o legalistiche.
Una forza determinante tra i dimostranti ucraini che hanno effettuato il golpe è costituita da formazioni dichiaratamente naziste, rappresentate poi da due ministri nel governo provvisorio. Come mai Usa, Francia e G.B. che hanno sempre vantate meriti nella guerra contro i nazisti, ora ricorrono ad essi pur di conseguire i loro obiettivi geo-politici ? Alleanza “atipica” che si è riproposta anche in Libia e Siria con il sostegno e finanziamento delle formazioni integraliste islamiche associate ad Al Qaida (e spesso ammazza-cristiani): quale capolavoro di ipocrisia, quale contradditoria elaborazione culturale produce il G7 e la NATO pur di giustificare la sua supremazia e le guerre?
Riflessioni:
Perchè il G7 continua a definirsi “la comunità internazionale” quando rappresenta meno di un decimo della popolazione mondiale?
Perchè ancora una volta gli Stati del G7 pensano di uscire da una grave crisi economica attraverso la guerra?
Perchè il G7 persegue una politica fortemente ostile verso i grandi Paesi dei BRICS che stanno finalmente uscendo da una miseria secolare, e verso ogni Stato che vuol salvaguardare la propria sovranità nazionale?
Come la stampa dei Paesi del G7 opera la guerra di propaganda (o propaganda di guerra?) contro questi Paesi, o falsificando notizie o creando eventi fittizi (come nel caso di Libia e Siria) o sottacendo fatti gravi (come il massacro di Odessa e i bombardamenti di civili in Ucraina).
Perchè una buona parte del pacifismo e della sinistra occidentale, storicamente conto le guerre imperialiste, si ritrova ora allineata alle politiche di guerra della Nato?
Può il G7 far precipitare la situazione in Ucraina ed in Medio Oriente, completare l’accerchiamento della Cina, ricolonizzare l’Africa, perseguire nel logoramento dei Paesi dell’America Latina per arrivare infine ad una nuova guerra mondiale che ribalti un tavolo dove le economie in declino e super-indebitate del G7 sono perdenti in casa e fuori?
agbiuso
Les ailes et les serres du pygargue américain
di Gabriel Galice
Il est un truc de la manipulation, commun au prestidigitateur et au dirigeant politique peu soucieux de démocratie (Chomsky) : attirer le regard du spectateur dans une direction pour le détourner d’un spectacle édifiant.
On diabolise Poutine, Le Pen et Assad, fort bien. Les faits divers complètent le tableau. Le Mondial de foot coiffe le tout. Circulez, y a rien à voir ! En cuisine, on mijote des plats de résistance peu ragoutants.
Quelques initiés auront entendu parler du Partenariat Transatlantique pour le Commerce et l’Industrie, concocté entre milieux d’affaires des Etats-Unis et de l’Union européenne, avec la bénédiction de cercles politiques à leur disposition.
Le tableau n’est portant pas complet. Au même moment, les Etats-Unis négocient un traité semblable de l’autre côté de l’Eurasie : le Partenariat Transpacifique (en anglais Trans-Pacific Strategic Economic Partnership).
Ce n’est pas tout. Les ailes du commerce (Mercure) impliquent les serres pour saisir les proies (Mars). En dépit des assertions des idéologues, le marché ne marche pas tout seul. Le pygargue, emblème des Etats-Unis, est un aigle pêcheur. Or donc, dans la plus grande discrétion, se négocie un volet militaire entre Européens et Américain, l’ACSA, pour « Acquisition and Cross-Servicing Agreement ». http://www.bruxelles2.eu/psdc/gestion-de-crise/un-accord-militaire-avec-les-usa.html Idem sur le front Est, avec des accords Canada-Japon, Etats-Unis-Brunai
De mauvais esprits supputent que l’accord « administratif et technique » militaire entre les USA et l’EU affaiblit les capacités propres de l’Europe en matière de défense. Zbignew Brzezinski nous en avait avertit : « Pour le dire sans détour, l’Europe de l’Ouest reste dans une large mesure un protectorat américain et ses Etats rappellent ce qu’étaient jadis les vassaux et les tributaires des anciens empires.1 »
Nos cousins d’Amérique font souvent preuve d’une grande qualité : celle d’appeler un chat un chat. Qu’on se le dise : le pygargue a des ailes et des serres. Et les peuples d’Europe sont des pigeons ?
Gabriel Galice – Berne, le 12 juin 2014
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Fonte: La Sociale. Analyses et débats pour le renouveau d’une pensée de l’émancipation
agbiuso
Ucraina, Jugoslavia, Europa e Diritto internazionale.
«Non c’è pretore tra gli stati».
Crimea, il delitto internazionale di Tommaso Di Francesco,
il manifesto, 16.3.2014
agbiuso
DRONI – AGS, sette domande per saperne di più sulla nostra -della Sicilia in particolare- condizione di colonia militare degli Stati Uniti d’America.
agbiuso
Noam Chomsky e altri intellettuali statunitensi sostengono la lotta delle famiglie e dei cittadini siciliani contro la base militare satellitare americana di Niscemi (Caltanissetta): «Il progetto Muos e la militarizzazione della Sicilia non sono nell’interesse dei cittadini e delle cittadine americani. Condanniamo fermamente le violenze contro i manifestanti e chiediamo che il loro diritto di parola e di protesta venga rispettato. Esprimiamo la nostra piena solidarietà con la società civile siciliana in protesta contro il Muos».
agbiuso
Vorrei onorare la persona di un uomo che ha cercato di offrire istruzione e salute a milioni di indigenti e che anche per questo è stato e continua a essere calunniato.
Lo faccio con le parole dello scrittore uruguaiano Eduardo Galeano: La demonizzazione
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Hugo Chávez è un demonio. Perché? Perché ha alfabetizzato due milioni di venezuelani che non sapevano né leggere né scrivere pur vivendo in un paese che possiede la ricchezza naturale più importante del mondo che è il petrolio.
Io ho vissuto in quel paese per qualche anno e so molto bene come era. Lo chiamavano «Venezuela Saudita» a causa del petrolio. C’erano due milioni di bambini che non potevano andare a scuola perché non avevano i documenti. Poi è arrivato un governo, questo governo diabolico, demoniaco, che fa cose elementari come dire: «I bambini devono essere ammessi a scuola con o senza documenti». era la fine del mondo: ecco una prova del fatto che Chávez è un cattivo, un cattivissimo.
Visto che possiede questa ricchezza, e che grazie al fatto che a causa della guerra in Iraq il petrolio è carissimo, lui vuole approfittarne a fini di solidarietà. Vuole aiutare i paesi sudamericani, specialmente Cuba: Cuba gli manda i medici, lui paga con il petrolio. Ma anche quei medici sono stati una fonte di scandalo. Dicono che i medici venezuelani erano furiosi per la presenza di quegli intrusi che lavoravano nei quartieri poveri.
Al tempo in cui io vivevo là come corrispondente di «Prensa Latina», non ho mai visto un medico. Adesso invece i medici ci sono. la presenza dei medici cubani è un’altra prova del fatto che Chávez sta sulla Terra di passaggio, perché appartiene all’inferno. Per questo, quando si leggono le notizie bisogna tradurre tutto. Il demonismo ha quest’origine: per giustificare la macchina diabolica della morte.
Eduardo Galeano (tratto dal n.121 di «Latinoamerica», in libreria)
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Fonte: il manifesto, 7.3.2013
agbiuso
Ti ringrazio, caro Diego, per aver ulteriormente argomentato la tua opinione.
A proposito dell’imperialprogressismo, e su dove può condurre, ho trovato eccellente l’analisi che il collega e amico Marino Badiale ha pubblicato su Mainstream.
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Parliament addicted
Per capire “a che punto è la notte”, vale la pena di leggere questa intervista a Diliberto.
E’ notevole il passaggio nel quale Diliberto spiega che “solo una cosa c’è in ballo: se non torniamo in parlamento, altri cinque anni così, consegnano i comunisti all’inesistenza”. Per cui a qualunque costo e in qualsiasi modo, loro devono tornare in Parlamento. Non ne possono fare a meno. Senza una poltrona parlamentare vanno in crisi di astinenza. Comunisti parlamentodipendenti. Parliament addicted, si potrebbe dire in questi tempi di imperante anglofilia.
Lo ammetto, prendersela con i Comunisti Italiani può apparire manifestazione di scarsa pietas.
Per cui non voglio usare toni indignati od offensivi. Ormai comincio ad “avere un’età”, come si suol dire, e non ho riserve infinite di indignazione. Tutta quella che potevo impiegare nei confronti di Diliberto e soci l’ho consumata al tempo della guerra di aggressione alla Jugoslavia, quando, lo ammetto, ho perso un po’ del mio aplomb di fronte allo spettacolo surreale di un Partito Comunista che partecipa ad un’aggressione imperialistica dichiarandosi ovviamente ora e sempre antimperialista, di militanti che agitano bandiere rosse e pugni chiusi contro le guerre della NATO mentre i loro dirigenti partecipano ad un governo che fa la guerra della NATO, di politici e intellettuali che si producono in capriole dialettiche mentre le bombe esplodono su Belgrado.
Cerco quindi di esprimere nella maniera più fredda possibile un giudizio politico sulla scelta del PdCI di cercare un’alleanza col PD.
Siamo oggi di fronte, col governo Monti, al più massiccio attacco ai diritti e ai redditi del mondo del lavoro e dei ceti subalterni che sia mai stato tentato nella storia della Repubblica Italiana. Questo attacco ha come unico risultato possibile una spaventosa regressione civile, un immiserimento economico, culturale e umano, che si riassume nell’espressione coniata dall’economista francese Bernard Conte: “terzomondizzazione” (“Tiers-mondialisation”). Il PD di Bersani è parte integrante di questa azione nefasta, come è evidente dal fatto che esso sostiene il governo che la compie (mi scuso con i lettori di questo blog per dover dire simili ovvietà, ma qui, come ho ricordato, stiamo parlando di gente che mandava i cacciabombardieri su Belgrado dichiarandosi contraria all’imperialismo USA), per cui un qualsiasi progetto di alleanza col PD, specie se fatto da forze politiche di piccole dimensioni, non potrà che seguire il solco già tracciato dal governo Monti. I Comunisti Italiani si stanno quindi proponendo come coloro che agiteranno bandiere rosse e pugni chiusi e nello stesso tempo collaboreranno alla distruzione della civiltà e della democrazia di questo paese (allo stesso modo, appunto, nel quale tredici anni fa agitavano bandiere rosse e pugni chiusi mentre partecipavano all’aggressione imperialistica contro la Jugoslavia).
Questa è la sostanza dei fatti. A scanso di equivoci, preciso che ritengo ovvio e naturale che una forza politica anticapitalistica cerchi uno spazio in Parlamento, e delle alleanze per arrivarci. Ma non lo si può fare a qualsiasi prezzo e a prescindere da ogni analisi della realtà. Una tale analisi è alla portata di qualsiasi persona di normale intelligenza e media cultura, e porta alle conclusioni sopra indicate.
Ma come ho detto all’inizio, è inutile arrabbiarsi. Si tratta, in fondo, solo di un ristretto gruppo di militanti e politici di professione che ha deciso di vendere un patrimonio simbolico (bandiere rosse, falci e martelli, dotte citazioni di Marx e Lenin e Gramsci e quant’altro, serissime analisi marxistosociostoricoeconomicogeopolitiche e tutto il resto della chincaglieria di ogni partito comunista che si rispetti) in cambio di qualche posto remunerato dentro all’apparato della politica. Perché arrabbiarsi? E’ una onesta compravendita. Loro si vendono al PD, il PD fa i suoi calcoli se conviene comprare oppure no, se il baratto si conclude il PD raccatta un po’ di voti e l’apparato dei Comunisti Italiani ottiene i posti che gli garantiscano le “quattro paghe per il lesso” di carducciana memoria.
In fondo oggi un Diliberto che dichiara tranquillamente che l’alfa e l’omega della propria strategia politica è il ritorno in Parlamento, fa quasi simpatia. Si tratta della stessa squallida operazione di Vendola, ma almeno Diliberto è più sincero.
(M.B.)
diego b
La mia opinione, ovviamente senza la pretesa che sia la «verità» incontrovertibile, è che anche la politica interna degli USA abbia un riflesso importante sull’Europa e il pianeta tutto. La scellerata politica reaganiana che portò (non entro in dettagli tecnici per non tediare) alla fine della separazione fra banche d’affari e banche di raccolta sul territorio (insomma banche normali) è una delle cause della incredibile truffa dei subprime. Questo evento, con un effetto domino spaventoso, ci porta dritti anche alle crisi europee, fino alle banche italiane con i titoli «marci» nella pancia.
A mio sommesso avviso, poi, una demarcazione fra politica interna e politica esterna degli usa è artificiosa. Al congresso americano ci furono furibonde diatribe per tagliare la spesa pubblica sociale a favore della spesa pubblica militare. Difatti, poi, a risolvere il problema è arrivato l’11 settembre, ben orchestrato per far sì che le spese militari e la politica aggressiva non avessero più neppur timidi oppositori.
Veniamo all’italietta. Non è forse per motivi di sciocca grandeur che siamo andati a impelagarci in costosissime missioni in Afghanistan, lasciando sul campo vite giovani e un mare di soldi?
Quindi, a mio sommesso avviso, la cesura romaniana fra politica estera e politica interna è una forma astuta di polemica «interna», frutto di una penna tanto abile ed elegante quanto profondamente di destra.
agbiuso
Ringrazio Amelia per questa efficace citazione da Costanzo Preve.
Segnalo anche un punto di vista diverso ma sempre critico e interessante.
L’analisi di Gabriele Pastrello conferma per intero la pericolosità del sistema finanziario che l’ultracapitalismo statunitense ha imposto al mondo e l’irrazionalità della politica USA.
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Fiscal cliff, la vendetta
È difficile fare previsioni sulle conseguenze economiche della vittoria di Obama. Ma c’è un fatto che può favorire la ripresa economica. La sconfitta repubblicana è quella del Tea Party, il che indebolisce un potente ostacolo ideologico alle politiche di ripresa.
Quello che del Tea Party è stato forse poco percepito in Europa è che si è trattato di una reazione alla crollo economico del 2008. È vero che i suoi motivi ideologici sono profondamente radicati nella storia americana. Ma non si deve considerare il suo esordio nella primavera del 2009 come casuale. La conferenza stampa del Presidente Bush nel settembre 2008, subito dopo il fallimento Lehman Brothers, insieme al Presidente della Federal Reserve Bernanke e al Ministro del Tesoro Paulson, è stato un evento di cui non si ricordano precedenti. Difficile sottovalutare la drammaticità del messaggio: la catastrofe economica incombe. A confermarlo c’era la processione degli occupati nella finanza con i loro scatoloni, la cui vita finiva in un attimo col licenziamento.
Ma ancora più cruciale fu il crollo dei valori di Borsa, caduti dall’aprile 2008 al febbraio 2009 di più del cinquanta per cento, contro solo circa il dieci per cento dopo dieci mesi dall’ottobre del 1929; uno shock concentrato. Europei ed economisti pensano solo al 2009 come l’anno della recessione. Ma è tra la prima metà del 2008 e l’inizio del 2009 che si infrange il sogno del grande arricchimento continuo promesso dalla svolta antistatalista attuata nel nome di Reagan. La cui filosofia elementare era: lasciateci fare, meno lo Stato si impiccia, tutto andrà per il meglio. Svolta che l’amministrazione Clinton non aveva intaccato, ma di cui aveva anzi confermato la validità con l’azzeramento del deficit del bilancio dello Stato.
Pensiamo ora a quell’America profonda che, nel pieno della caduta dei valori mobiliari, e quindi dei Valori Americani, oltre all’indigeribilità del primo presidente nero, vede che la risposta federale alla crisi è l’aumento della spesa, del deficit e del debito pubblici. Tutto ciò che la Nuova Religione reaganiana aveva additato come il male assoluto. Cosa poteva pensare quell’America profonda? Che quelle misure erano un palliativo che non poteva che aggravare la crisi e allontanare la ripresa del sogno. Che quella sopravvivenza di Stato che era stata tollerata fin dai tempi di Reagan aveva portato a un frutto avvelenato: la crisi del 2008; e che il solo rimedio sarebbe stato la sua estirpazione.
Nel 1929 i nuovi ricchi americani erano più innocenti e si buttavano dai grattacieli, come racconta la retorica della Grande Depressione. Adesso sono incarogniti e vogliono la vendetta contro chi pensano gli abbia tolto il sogno, e i soldi: lo Stato. Questo, più che la lunga storia di quei valori americani profondi, spiega la virulenza del movimento. Che ha molto in comune con il maccartismo dei primi Cinquanta. Come allora, una folla di politicanti si è associata, a caccia di voti, aumentando il momento politico del movimento. La sua crescita impetuosa non poteva non suggerire il bersaglio grosso: la Presidenza. I movimenti, negli Usa, catturano il momento ideologico e emozionale emergente molto più rapidamente dei partiti europei, più strutturati. Ma, al tempo stesso, mancano della forza conservativa che quei partiti hanno, purtroppo, anche di fronte a dure smentite politiche. Una cosa pare emergere dalla sconfitta di Romney: che il Tea Party, potente aggregatore di consensi, è diventato anche un potente repulsore. La scommessa di capitalizzare sul Tea Party, senza perdere verso altri settori, è stata perdente nonostante le condizioni paressero ottimali. L’uscita dalla crisi era stata debole. La politica di Obama era stata frenata da tabù, come l’avversione a deficit e debito pubblici, condivisi anche nel suo entourage. Lui stesso pareva aver perso il tocco magico del discorso mobilitante.
Una disgregazione dello schieramento che ha fallito l’attacco finale è molto probabile, data anche la debole strutturazione dei partiti americani. Qui si apre un’opportunità di ridurre la presa ideologica del liberismo anarcoide estremo impersonato dal Tea Party. Negli stati industriali del Nord Mid-West è successo per esperienza diretta. Il difficile è farlo capire a settori più ampi. Solo la prova provata del consolidamento della ripresa può indebolirne la presa su elettori meno ideologizzati. Il presidente Obama deve assolutamente evitare il ‘precipizio fiscale’, cioè quella massa di tagli già contrattati con i repubblicani che taglierebbero inevitabilmente le gambe a una ripresa ancora debole. Se vuole farsi ricordare per aver portato gli Usa fuori dalla crisi è necessario che il presidente smetta di ascoltare le colombe clintoniane. Questa è l’ultima trappola repubblicana.
(Fonte: il Manifesto, 10.11.2012)
Amelia
Condivido pienamente quanto dice Alberto ed è il motivo per cui ho riportato quell’articolo. Ciò che mi interessa è il mio paese e l’Europa e non la politica interna degli USA, come evidenziato nell’ultima parte dell’articolo, anche se scritto da Sergio Romano.
A tale proposito riporto queste poche righe di Costanzo Preve:
L’obamamania è una sorta di wishful thinking, come direbbero gli inglesi, cioè una forma di subordinazione e di interiorizzazione della collocazione della sinistra nell’impero americano; per cui la sinistra vorrebbe un imperatore buono invece che cattivo, preferisce Traiano anziché Nerone. L’obamamania non è una riflessione sui rapporti fra l’Europa e l’impero americano, ma è semplicemente una forma di veltronismo, cioè di interiorizzazione della subalternità. Questa è una delle ragioni per cui non mi interessa più la sinistra.
agbiuso
Caro Diego, ti scusi per delle parole così belle ed elogiative?
Che spesso (e non soltanto “a volte”) mi freghino, non c’è dubbio. Spero soltanto che dipenda dalle ragioni da te indicate e non da mancanza di discernimento.
Nel caso specifico, comunque, condivido pienamente il tuo giudizio su Romano quale “penna maligna, corrosiva e velenosa”, giudizio che avevo almeno accennato nel mio commento al suo articolo.
Condivido anche quanto dici sulle differenze in politica interna tra Obama e il programma ultraliberista e bigotto di Romney. Il mio giudizio verte però sulla politica estera, ambito nel quale Barack Obama è stato un degno prosecutore dell’imperialismo, del militarismo e dell’interventismo di Bush.
Di più grave, rispetto all’idiota che lo ha preceduto, c’è il fatto che Obama ha tradito tutte le sue promesse, persino quella di chiudere il lager di Guantanamo.
Ha poi proseguito nella spoliazione e distruzione dell’Iraq e dell’Afghanistan; ha invaso la Libia senza alcuna ragione; sta cercando di disintegrare l’ultimo stato laico del Vicino Oriente: la Siria; ha autorizzato e autorizza l’assassinio personale di soggetti ritenuti pericolosi dagli Usa. Pochi sanno che ogni settimana questo presidente decide chi far uccidere nel mondo da parte dei servizi segreti USA.
E costui è stato insignito del premio Nobel per la pace! Un’autentica vergogna.
A me interessa poco della politica interna degli USA. Questo popolo inferiore, infatti, si merita di essere discriminato, impoverito, massacrato socialmente dai suoi stolti e corrotti governanti. Sì, ho scritto proprio “inferiore“; nei confronti degli statunitensi sono esplicitamente razzista. Come vedi, non sono poi così “profondamente buono” :-).
diegod56
Io, caro Alberto, non sono d’accordo con quanto scritto da Sergio Romano.
Ha assolutamente ragione quando ci ricorda che un presidente degli States persegue gli interessi strategici e imperialistici del suo paese, e nulla cambia se è un democratico o un repubblicano.
Ma Romano, ex diplomatico, dotato di ricchissima pensione che gli paghiamo noi contribuenti, è lontanissimo dalla vita interna degli USA.
Per i meno abbienti di quel grande e multiforme paese c’è differenza fra un propugnatore del darwinismo sociale, un “duro e puro” del pensiero che i poveri si devono arrangiare ed un uomo come Obama che, fra mille incertezze e contraddizioni, almeno ha tentato di proporre una sanità pubblica, almeno ha cercato, con scarso successo, di frenare lo strapotere delle iene della finanza.
Ti racconnto una cosa, caro Alberto. Una signora che conoscevo e viveva vicino a me, aveva la doppia cittadinanza, italiana e USA. Dal Texas, quando doveva operarsi di qualcosa, veniva alla scassatissima ASL ligure, perchè altrimenti doveva pagare tutto.
Le idee tardoreaganiane di Romney sono talmente brutte, violente, antisociali, da far apparire le timide e contraddittorie proposte di Obama qualcosa di molto meno repellente.
Romano, da penna maligna e corrosiva quale è, cerca di insinuare che non c’è differenza con l’intento di disprezzare ogni speranza, ogni anche ingenua voglia di giustizia. Non accetto lezioni da una penna velenosa come la sua.
Caro Alberto, tu sei uomo troppo onesto, profondamente buono e limpido, per questo a volte ti fregano. Perdonami la franchezza, lo sai quanto davvero ti voglio bene.
agbiuso
Grazie, cara Amelia.
Sergio Romano di solito non è per nulla condivisibile, schierato com’è con i poteri finanziari e atlantici, ma stavolta ha ragione a scrivere con chiarezza che gli interessi dell’Europa non sono quelli degli USA.
Lui dice che “non coincidono sempre e necessariamente”, io dico -invece- “quasi mai”.
Amelia
Nell’attuale clima di generale entusiasmo per la rielezione di Obama, mi sembra interessante e lucido questo articolo di Sergio Romano pubblicato sul Corriere della sera del 9 ottobre 2012
GLI EUROPEI E IL VOTO IN USA MEGLIO SPETTATORI CHE PARTIGIANI
di Sergio Romano*
Cari lettori, Vi sono articoli in cui l’autore esprime una opinione o una preferenza e cerca di spiegare perché una soluzione o una prospettiva gli sembrino meglio di altre. E vi sono articoli in cui l’autore cerca di misurare e pesare le forze in campo, i fattori che possono influire sulla vicenda di cui sta scrivendo e determinare l’esito finale di un conflitto, di uno scontro politico, di una crisi economica. L’articolo che avete letto appartiene alla seconda categoria. Ho tentato anzitutto di comprendere perché la maggioranza degli spettatori americani (più di 60 milioni) abbia preferito Mitt Romney a Barack Obama. Mi sono chiesto, in secondo luogo, quale sarebbe stato l’effetto del dibattito sul risultato delle elezioni presidenziali. Ho segnalato lo stile teatrale che la politica ha assunto grazie alla televisione, non soltanto in America, e mi sono chiesto infine se il giudizio dello spettatore corrisponda sempre alla scelta che l’elettore farà al momento del voto. Naturalmente la distinzione fra le due categorie non è mai netta. Anche quando vuole essere soltanto «analista », l’autore di un articolo lascia spesso intravedere i suoi desideri e i suoi pregiudizi. Ma nel caso delle elezioni americane mi sarebbe difficile esprimere preferenze. Ciascuno dei due candidati ha il suo profilo politico ed entrambi cercano di distinguersi offrendo agli elettori ricette diverse. Ma il vincitore sarà sempre e comunque il presidente degli americani. Quando sarà alla Casa Bianca, l’eletto farà la politica che gli sembrerà più conforme agli interessi del Paese e coltiverà quella parte della società americana da cui è stato scelto. Se deciderà di fare una guerra, cercherà di raccogliere intorno a sé il maggior numero possibile di alleati. Ma non chiederà il permesso all’Europa e non consulterà gli europei nel corso del conflitto. Se riterrà che una certa politica monetaria sia indispensabile per la prosperità degli Stati Uniti, non si chiederà, per esempio, se un dollaro debole possa nuocere all’economia dei Paesi dell’euro. Perché dovrei affannarmi a sperare nella vittoria di un contendente piuttosto che dell’altro?Molti europei sembrano immedesimarsi nella competizione elettorale americana e scelgono il candidato che maggiormente ricorda la famiglia politica a cui appartengono. Nel caso di queste elezioni, quindi, i progressisti sarebbero con Obama e i conservatori con Romney. A me sembra, francamente, tempo sprecato e per di più indice di una certa sudditanza culturale di fronte agli Stati Uniti. Chi parteggia per uno dei due candidati senza che questo gli garantisca la benché minima influenza sulla sua futura politica alla Casa Bianca, riconosce implicitamente all’America il diritto di guidare il mondo. A me sembra che il mondo, soprattutto in questo momento, abbia bisogno anche dell’Europa e che gli interessi dell’Europa non coincidano sempre e necessariamente con quelli degli Stati Uniti.
aurora
grazie per le interessanti informazioni
agbiuso
Mi è stato segnalato il testo che copio qui sotto.
Fonte: Comitato Italia-Siria
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Perché non vuoi il cambiamento in Siria?
di Ouday Ramadan
Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo: nella mia Siria non ho mai visto nessuno cibarsi dai cassonetti
della spazzatura.
Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo: nella mia Siria non ho mai visto un funerale del più illustre
sconosciuto che non avesse almeno 1000 persone dietro.
Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo: nella mia Siria ho visto il più umile dei lavoratori riuscire a
mandare 10 figli a scuola ed oggi sono il medico, l’ingegnere, l’ufficiale,
l’operaio, l’impiegato etc. etc.
Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo: nella mia Siria non ho mai visto sfrattare nessuno dalla propria
casa in affitto.
Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo: la mia Siria l’ho girata per lungo e per largo con i mezzi
pubblici con meno di 5 euro.
Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo: nella mia Siria nessuno studente, dalle scuole dell’infanzia fino
agli alti studi universitari, paga un centesimo per acquistare i libri di
testo.
Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo: nella mia Siria ogni siriano ha diritto a 1000 litri di gasolio
all’anno per riscaldarsi.
Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo: nella mia Siria non si paga un centesimo per curarsi ed il Governo
non ti trattiene il 50% della tua busta paga oppure del tuo reddito.
Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo: nella mia Siria un kg di pane ha il prezzo di 7 centesimi.
Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo: nella mia Siria il figlio dell’industriale e quello dell’operaio
si vestono uguale a scuola. In barba ai Calvin Klein, Benetton e cretinate
simili.
Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo: nella mia Siria è garantito il diritto di culto pure a Tex Willer.
Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo: nella mia Siria non vedrò mai un McDonald’s
Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo: nella mia Siria invece di pagare l’impresa funebre per trasportare
la salma di un defunto, chi viene a darti le condoglianze ti porta anche la
solidarietà in soldi.
Mi chiedono perché non vuoi il cambiamento in Siria?
Rispondo: nella mia Siria se ti dovesse capitare di avere la febbre a 38
gradi, troveresti 50 persone disposte a coprirti e procurarti i medicinali.
Ouday Ramadan, 03/11/2012
diego b
In effetti, caro Alberto, su quel che accade davvero in Siria, e sulle vere cause di ciò che accade, non c’è alcuna informazione obiettiva. In pratica le poche notizie io le ho recepite soltanto visitando le tue pagine.