La corporeità umana è un insieme inseparabile di natura, cultura e tecnica.
La dimensione naturale fa del corpo un organismo che si pone in continuità con la struttura atomica, molecolare, biologica della Terra, delle piante, degli altri animali. Come essi, il corpo è sottomesso alle leggi fisiche di gravitazione, impenetrabilità, unicità spaziale; è sottoposto alle leggi chimiche dello scambio energetico e termico, alla regola universale dell’entropia; è soggetto alle leggi biologiche del metabolismo, della crescita, maturazione e decadenza, è ostaggio sin dall’inizio della morte.
Come cultura, il corpo è segnato dai simboli cosmici e politici, dai tatuaggi che riproducono le forze degli altri animali e degli dèi, dagli abiti che lo coprono, difendono, modellano e immergono nei gusti estetici e nei modi di fare quotidiani di un’epoca, un popolo, una società. Come cultura, il corpo è desiderato in sembianze anche estetiche e non solo sessuali e riproduttive; diventa modello per le forme nello spazio, per i colori sulle tele, per le narrazioni letterarie. Come cultura, il corpo è esibito nelle piccole e grandi occasioni sociali e nelle forme rituali collettive (la hola degli stadi, il ballo nelle discoteche, il corpo dell’attore nei teatri). Come cultura, il corpo è agglutinato nelle masse che manifestano, scioperano, scandiscono slogan a una voce che sembra sola ma che in realtà è il frutto del convergere di esclamazioni innumerevoli. Come cultura, il corpo è sacralizzato nei totem, nei crocifissi, nei corpi paramentati a festa dei sacerdoti. Come cultura, il corpo inventa le forme che percepisce nello spazio e le loro regolarità; elabora i colori -veri e propri significati virtuali del nostro cervello- e in generale le immagini che danno spessore e profondità alla nostra percezione. Come cultura, il corpo è guardato –e non solo percepito-, è ammirato, compianto, commentato, imitato, segnato dai giudizi degli altri corpi. Come cultura, il corpo parla e il suo dire, il suono fisico capace di esprimere il processo immateriale del pensare, incide a fondo, produce eventi, sconvolge luoghi, trasforma le esistenze, plasma la storia. Come cultura, persino i prodotti organici del corpo –saliva, lacrime, sudore- sono irriducibili alla dimensione soltanto biologica e indicano, invece, un intero mondo di emozioni e di significati.
La corporeità è la nostra dimensione di enti finiti, la cui intelligenza consiste in gran parte nella comprensione del bastione temporale oltre il quale al corpo –e quindi a noi- è impossibile andare.
3 commenti
Filippo Scuderi
Il corpo,lo scandire del nostro tempo, mutamento continuo, verso una sola direzione, direttamente verso l’immancabile fine.
Filippo Scuderi
Antonella
Bellissima nota Alberto, penso, anche oltre al bel commento di Giusi, a quanto la nostra chimica pensante oltre a definirci, possa elaborare un diverso modo di pensare il corpo e in questo in stretta connessione con il tentativo di definirlo, di renderlo sempre più aperto alle diverse esperienze che la “vita” ci concede di fare.
Un abbraccio caro amico…
Antonella
Giusy Randazzo
Una splendida nota, Alberto. Leggendo del corpo come organismo “ostaggio sin dall’inizio della morte”, del corpo come cultura che “produce eventi, […] plasma la storia” e della corporeità che ci rende consapevoli dell’impossibilità di andare oltre il bastione temporale, ho pensato a Nietzsche: “Vi è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore saggezza”. Credo che tu e Nietzsche siate gli unici ad aver colto l’essenza del corpo che siamo e la sua verità. E non è poco, no? 🙂
Un abbraccio,
Giusy