In Time
di Andrew Niccol
USA, 2011
Con Justin Timberlake (Will Salas), Amanda Seyfried (Sylvia Weis), Cillian Murphy (Raymond Leon), Vincent Kartheiser (Philippe Weis), Olivia Wilde (Rachel Salas), Alex Pettyfer (Fortis)
Trailer del film
Venticinquenni. Gli umani appaiono tutti al massimo venticinquenni. Sono infatti geneticamente programmati per rimanere sempre fermi a questa età. Compiuta la quale, però, possiedono ancora soltanto un anno di vita e poi saranno “azzerati”. A meno che riescano a guadagnare o a rubare del tempo. L’implacabile timer che appare sul loro braccio sinistro segna l’abbreviarsi e l’allungarsi della vita di ciascuno. In questo futuro distopico si viene quindi pagati non in danaro ma in minuti, ore, giorni. E tutto ciò che si compra lo si acquista con la stessa moneta. Il tempo è diventato danaro, alla lettera. Ma queste norme non valgono per tutti. Un’élite ben protetta e rinchiusa nel suo quartiere elegante e dorato possiede un patrimonio temporale che avvicina molti dei suoi membri all’immortalità. E il sistema viene naturalmente difeso dalla polizia dei guardiani del tempo. La ragione di tutto questo sembra risiedere in un eccesso demografico che non potendo garantire a tutti gli umani la sopravvivenza deve periodicamente eliminarne un buon numero.
La madre di Will Salas muore a causa di un banale contrattempo; è in quel momento che il figlio decide di utilizzare il secolo di vita regalatogli da un immortale per combattere contro l’aristocrazia chiusa nel suo fortino e per donare tempo/vita a tutti. In quest’impresa sarà aiutato da Sylvia, figlia di uno dei più grandi magnati della finanza temporale.
L’idea alla base del film è molto intrigante. La realizzazione segue troppo tuttavia i canoni spettacolari e ottimistici del cinema hollywoodiano, risultando spesso banale. Non mancano inoltre varie evidenti incongruenze e ingenuità narrative. Apprezzabile, invece, è la chiara struttura metaforica dell’opera, che in realtà non parla del futuro ma di noi, oggi. Noi che siamo sempre più dominati da un’oligarchia finanziaria mondiale che gode di patrimoni inconcepibili mentre invece interi popoli -la Grecia, ad esempio- vengono ridotti con assoluto cinismo alla fame e alla rovina. Karl Marx sostiene che il plusvalore, ciò da cui proviene il profitto del capitale, si genera dal tempo/lavoro sottratto ai produttori. Questo film esprime un’idea analoga. In un articolo pubblicato sul numero 16 (febbraio 2012, pp. 4-5) di Alfabeta2 («Un tremendo futuro alle spalle? Archeologia della dittatura finanziaria») Federico Campagna scrive che «fu grazie a una politica spericolata di prestito sulla vita dei lavoratori che gli sforzi titanici dell’industrializzazione europea divennero possibili nel XVIII e XIX secolo. Il sistema salariale forniva, poi, ai debitori (i capitalisti e lo Stato) un metodo vagamente legittimo di pagamento del debito. Tuttavia i salari non potevano mai coprire gli interessi sul prestito illimitato di tempo e di lavoro sulla vita dei lavoratori. […] Mancando la possibilità di appartenere a una collocazione fisica, la categoria di debito trova il suo posto nell’orizzonte del tempo. La sua posizione nella linea del tempo, comunque non è stabile. […] Per definizione il debito può esistere solo in una rincorsa incessante della propria coda, come un obiettivo mancato». Il risultato qui e ora di questo tempo/debito? «L’antropologo anarchico David Graeber ha notato recentemente una cosa: dato che il debito è una promessa, quando gli Stati europei hanno dovuto scegliere se rompere la loro promessa con i banchieri o con i loro popoli hanno scelto senza esitazione la seconda opzione». È questo il fondamento delle politiche di Mario Monti, di Angela Merkel, di Nicolas Sarkozy, di Barack Obama, dei governanti ellenici. Burattini politici in mano alla finanza mondiale, ladri di tempo, di lavoro e di risorse che sottraggono alle loro nazioni in recessione per donarle alle banche e ai santuari mondiali della finanza. Basti pensare che la Banca Centrale Europea ha erogato un prestito di 500 miliardi di euro alle banche europee con il tasso dell’1% mentre poi le banche stesse applicano tassi molto alti ai loro debitori, praticando inoltre una politica creditizia assai rigida. Quei governanti sono dunque traditori dei loro popoli.
Uno dei fondamenti del film di Niccol è l’idea darwiniana della sopravvivenza del più forte. Emblematico l’episodio in cui Will e Sylvia si trovano davanti alla cassaforte nella quale è conservato un patrimonio di un milione di anni. La ragazza intuisce che il numero della combinazione è questo: 12021809, la data della nascita di Darwin. Come si vede, de te fabula narratur (Orazio, Satire, I, 1, 69).
Nota
Per un’analisi più estetico-tecnica del film, consiglio la puntuale recensione di Mario Gazzola su posthuman.it
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8 commenti
diego b
ottimo mario, su certe cose tu sei il competente, ed io un semplice lettore
devo essere sincero, nella mia formazione culturale ho un po’ trascurato la s/f, che invece, grazie a scritti intelligenti come i tuoi, è un materiale di non banale interesse
agbiuso
Grazie del link, Mario.
Ho visto che sia tu sia Diego avete giustamente fatto riferimento a La fuga di Logan, che anche a me sembra senz’altro tra i film che hanno ispirato Niccol.
Concordo poi del tutto con te sulle atmosfere chiaramente dickiane di In Time. La grandezza di uno scrittore è testimoniata anche dalle idee che sa suscitare. E Dick, in questo, è tra i più fecondi.
mario gazzola
Logan’s Run era citato nella mia recensione (e non solo, ahimé, anche nel servizio su Nocturno di 2 mesi fa), caro Diego 🙂
Ma scovare un piccolo filone di s/f socio-distopica per allargare la prospettiva non sarebbe affatto male, anzi indirei subito il bando per i lettori del biuso.eu: i contributi sono benvenuti!
Io apro le danze da par mio, segnalandovi il Soylent Green di Fleischer (2022, i sopravvissuti) con Charlton Heston (http://it.wikipedia.org/wiki/Soylent_Green), molto più ‘darwiniano’ del ’68esco ‘L’uomo che fuggì dal futuro’ di Lucas (http://it.wikipedia.org/wiki/L%27uomo_che_fugg%C3%AC_dal_futuro), in cui si parla di controllo sociale più che di bieca “povertà programmata per la selezione naturale” come qui…….
A voi la parola 🙂
mario gazzola
Noblesse oblige, ho ricambiato la citazione a mia volta, rimandando qui per l’analisi economico-darwinista 🙂
mario gazzola
Ok, ti ringrazio molto: devo pensare al contesto opportuno che potrebbe assorbire il nostro opus congiunto… e se lo stano of course che t’aggiorno!
Dovrei ripassare La Fuga di Logan e scoprire magari qualche altro caso di cine s/f un po’ così… ‘giuslavorista’ per costruirci su un servizio tematico… ghe penzi 🙂
diegob
il tema è tragicamente attuale, purtroppo, caro alberto
però c’è un film, del ’76, dove in parte la tematica è la stessa, in quanto si parla di una sorta di eutanasia programmata per evitare il peso demografico della vecchiezza
http://it.wikipedia.org/wiki/La_fuga_di_Logan_%28film%29
agbiuso
Perché no? Utilizza pure la mia nota come meglio preferisci, anche fondendola con la tua. E poi fammi sapere.
Lo sai che apprezzo molto le tue recensioni. Quindi l’onore è mio 🙂
mario gazzola
Wow, onoratissimo di figurare in calce di cotanto senno col mio cine-excursus dickiano! :-)))
Però molto stimolante anche l’analisi politico-economica del soggetto, non ero arrivato così a fondo delle metafore del (sì, superficialotto) film del Niccol… dovremmo quasi fondere il tutto in un’unica, ampia trattazione della faccenda, no?
M