«Accantonare Berlusconi è una condizione impraticabile e ingiusta». «Nel 2013 Silvio Berlusconi sarà di nuovo il candidato premier. La coalizione vive della sua leadership ed è stato proprio Berlusconi l’uomo in grado di garantire l’unità, la coesione, la governabilità». Per Angelino Alfano il partito «non ha bisogno di fare una consultazione popolare per sapere che Berlusconi è il leader».
[Fonti: La Stampa – Corriere della sera ]
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14 commenti
Biuso
Ora che lo sguattero di Berlusconi è diventato ministro degli interni, il Partito Democratico si riconosce nella sua politica.
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Televideo, 19/04/2015 17:15
Naufragio, M5S: colpa Alfano e Napolitano
17.15 “I due responsabili principali delle tragedie sono il ministro Alfano, di cui noi abbiamo chiesto le dimissioni almeno 800 volte, e l’ex presidente Napolitano perché è lui che ha spinto per l’appoggio agli Usa e ai francesi per la distruzione violenta di Gheddafi”. Lo ha detto Di Battista, parlamentare M5S. “Sono stati loro che hanno voluto fare una politica miope contro gli interessi nazionali e che ha prodotto il disastro di oggi”. E “vorremmo capire se ci sono connessioni tra gli scafisti e i gruppi mafiosi italiani”, annota Di Battista.
agbiuso
Dario Fo chiede: “Come è possibile che una nazione di poco conto, storicamente parlando, possa agire con tale smaccata protervia su un paese che invece una memoria ineguagliabile, specie nel suo passato, la possiede e come?”
E cerca di darsi una risposta: L’importante è dormire tranquilli.
In tutta questa gravissima vicenda la responsabilità non è del PdL -gli escrementi non possono che puzzare-; i criminali, e uso la parola in senso non metaforico, sono i dirigenti e i deputati del Partito Democratico che hanno coperto Alfano e si sono resi in tal modo pienamente suoi complici. Responsabile è Enrico Letta e chi gli dà gli ordini.
agbiuso
Sì gentile Aurora, per fortuna non tutti i giornali e giornalisti sono dei lacchè del potere.
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Quale tratto caratteriale accomuna l’Angiolino Alfano (“Liso dagli occhi sbarrati”, mica blu), lo zoologo leghista Roberto Calderoli e la Maria Antonietta del Partito Democratico Anna Finocchiaro? Presto detto: la sfrontatezza inconsapevole. Ossia, la convinzione impudente che sia del tutto normale calpestare a piacimento – proprio o per conto terzi – qualsivoglia principio; etico, giuridico o semplicemente di buon senso.
Il ministro degli Interni, con le pupille perennemente dilatate dall’incredulità per il repentino salto di carriera (da lacchè di Palazzo Grazioli a governante), si inalbera se qualcuno mostra di “non bersela” la sua estraneità nell’immonda storia della mamma Shalabayeva e di sua figlia; consegnate in ostaggio all’emiro del Kazakhstan, accertato torturatore ma amico petrolifero di Silvio Berlusconi: il datore di lavoro da cui dipende quella adamantina tempra di statista chiamata Alfano.
La stampa internazionale grida alla vergogna dei diritti civili fatti strame dal governo italiano. Qualcuno se la prende pure con la responsabile degli Esteri Emma Bonino; dimenticandosi che si tratta certamente di una brava ragazza ma pur sempre una protesi di Marco Pannella (ossia un avventuriero della politica che talvolta ha militato dalla parte giusta:
divorzio e aborto sì, no di certo nell’attacco ai diritti sindacali o portando in Parlamento Toni Negri e la Cicciolina). E la ministro radicale è stata per tutta una vita testimone silente delle varie, reiterate e financo trasformistiche mattane di costui.
Ma il vero scandalo nello scandalo appare l’evidente convinzione di impunità, la certezza di poter fare quello che gli pare (o che gli dice di fare uno a cui non si può dire di no), messa in bella mostra dall’atteggiamento dell’Angiolino.
L’identico retropensiero, con aggiunta di risvolti inconsciamente comici, per cui l’odontotecnico prestato alla politica Calderoli può paragonare la ministro Kyenge a un primate; quando proprio lo zoologo della Val Brembana è la perfetta versione antropomorfica del suino che ha dato il nome alla riforma elettorale di cui fu promotore: il Porcellum.
Puro disprezzo dell’interlocutore, per non dire del buon senso (il buon gusto è in fuga da lunga pezza, innanzi a personaggi di tal fatta). Tanto che l’ex ministro della pari opportunità (o dei diseguali privilegi) Finocchiaro, quando gli iscritti al suo stesso partito manifestano l’intollerabile pretesa di voler partecipare alle decisioni collettive, può esibire il suo pretenzioso birignao nell’apprezzato remake della consorte di Luigi XVI e delle sue famose brioches: “che vogliono questi?”. Poi impettita prende su e se ne va all’IKEA con la scorta.
Alfano, Calderoli e Finocchiaro come specchio dei tempi.
In sostanza, fummo in tantissimi a esultare quando la Prima Repubblica affondò nel letamaio di Tangentopoli. Eppure oggi almeno ne rimpiangiamo il senso del pudore. Quella profonda verità racchiusa nella massima immortale di François de la Rochefoucauld: “l’ipocrisia è l’omaggio che il vizio rende alla virtù”. Certo, sarebbe di gran lunga meglio praticare direttamente la virtù, ma almeno si rispettino le forme. Per amore di decenza, come aspirazione latente a un qualcosa di meglio. Ora invece l’indecenza ostentata ascende a segno di apprezzabilità sociale, per cui “i c..zi miei” diventano priorità assoluta, il primo diritto costituzionale.
Con icone che vanno dalla Daniela Santanché, pitonessa del PDL, alla nuova entrata Rosanna Filippin: la senatrice del Pd (sino ad oggi segnalatasi solo per l’acconciatura dei capelli a cespuglio, look GianRoberto Casaleggio), membro della Giunta delle elezioni preposta a decidere sull’ineleggibilità o meno di Silvio Berlusconi; la quale minaccia di denunciare alla polizia i suoi elettori se le inviano fax o sms invitandola a mantenere gli impegni elettorali assunti (in sostanza: non fare mai combutta con i berluscones).
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Alfano &Co., l’apoteosi dell’impudenza
di Pierfranco Pellizzetti, il Fatto Quotidiano, 14 luglio 2013
aurora
Per fortuna che ci sono : Marco Travaglio,Il fatto quotidiano,Il Manifesto e gli altri,i quali “fuori dal coro”,denunciano:”pane al pane e ladro a chi lo ruba”,mi conforto con Laura Boldrini la quale ha rifiutato l’invito del Marchionne a visitare lo stabilimento Fiat in Val di Sangro,non ci sono solo donne ochette, subalterne alla volontà di potenza del maschio arrogante
agbiuso
Ancora a proposito della sciagurata e pericolosa nullità alfanesca, protetta e difesa dai moribondi del Partito Democratico.
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Ieri pomeriggio, davanti a Senato e Camera, il ministro degli Interni nonché vicepresidente del Consiglio Alfano, detto Angelino, ha comunicato e certificato quanto segue: nessuno mi ha detto niente perché io non conto nulla. Lo ha fatto leggendo con partecipazione il rapporto predisposto dal suo capo della Polizia, Pansa, probabilmente inconsapevole (condizione in qualche modo connaturata alla sua indole) che quelle pagine e quelle virgolette (che apriva e chiudeva agitando festosamente le mani) sono la corda a cui la sua dignità di uomo politico è stata impiccata.
C’erano molti modi per affrontare una delle vicende più vergognose per uno Stato democratico: la consegna di una donna e dalla sua bambina nelle grinfie di un dittatore, nemico giurato del loro marito e padre. Angelino ha scelto quello più ridicolo, fin dalla prima affermazione: “La mattina del 28 maggio l’ambasciatore del Kazakistan tentava inutilmente di contattare il ministro degli Interni, cioè il sottoscritto”. Purtroppo il “sottoscritto” evita di spiegare il perché di quell’“inutilmente”. E come mai, avendo affidato l’incombenza al suo capo di gabinetto Procaccini, non abbia poi sentito il bisogno di chiedere cosa c’era di così importante. Tanto più se il diplomatico appartiene a un governo con il quale il padrone del partito del ministro, un certo Berlusconi, intrattiene calorosi rapporti di amicizia.
Lacunosa e spesso incredibile, la presunta ricostruzione dei fatti contiene un nodo scorsoio che nessuna grande intesa al mondo potrà sciogliere: la favola secondo la quale Alma Shalabayeva non avrebbe mai chiesto asilo politico prima di essere imbarcata destinazione Astana. Una menzogna, come la magistratura potrà facilmente appurare anche sulla base della testimonianza della donna che qualcuno dovrà pure ascoltare. Non sarà qualche testa tagliata a salvare Angelino, né la presa in giro di una “riorganizzazione” degli uffici.
Al premier Letta, in gita premio a Londra, chiediamo di rileggere il secondo comma dell’articolo 95 della Costituzione: là dove è scritto che “i ministri sono responsabili individualmente degli atti dei loro dicasteri”. “Responsabili” significa che di fronte a un errore grave dei sottoposti è soprattutto il ministro che deve pagare. Ovvero: dimissioni inevitabili. Ma, visto che qui si fa finta di niente, è troppo chiedere al presidente Napolitano di uscire dal suo impenetrabile silenzio per dire qualcosa in proposito? Del Pd, infine, ci resta l’immagine delle facce di pietra mentre un povero senatore s’arrampicava sugli specchi per salvare con Angelino le preziose poltrone di governo. Alla fine tutti contenti hanno applaudito il loro funerale.
Antonio Padellaro
Il Fatto Quotidiano, 17 Luglio 2013
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Fonte: Caso Ablyazov, ora parli Napolitano
agbiuso
La poliziotta italiana che inganna la bambina e la porta di corsa sull’aereo, in modo da costringere la madre a fare altrettanto; lo sguattero promosso a ministro della servitù, ci dovrebbero far riflettere sulle accuse al popolo tedesco durante il Terzo Reich. Quando l’obbedienza e la convenienza diventano comportamenti assoluti, tutto può accadere e tutto si spiega. Tutto.
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Ora ci spiegano che, sul ruolo dei ministri Alfano e Bonino nello scandalo kazako, bisogna attendere fiduciosi il rapporto del capo della Polizia appena nominato dal vicepremier e ministro Alfano a nome del governo Letta per conto del Quirinale. Come se il nuovo capo della Polizia potesse mai sbugiardare il superiore da cui dipende e mettere in crisi il governo che l’ha nominato.
Suvvia, sono altre le indagini imparziali che andrebbero fatte. Ci vorrebbe una Procura indipendente dalla politica, quale purtroppo non è mai stata, almeno nei suoi vertici, quella di Roma, che in questi casi si è sempre mossa come una pròtesi del governo di turno.
Quindi lasciamo stare le indagini e limitiamoci alle poche cose chiare fin da ora. Se la polizia italiana ha cinto d’assedio con 40 uomini armati fino ai denti il villino di Casal Palocco per sgominare la temibile gang formata da Alma e Aluà, moglie e figlia (6 anni) del dissidente Ablyazov, e spedirle fermo posta nelle grinfie del regime kazako, è per un solo motivo: il dittatore Nazarbayev, che ne reclamava le teste e le ha prontamente ottenute, è uno dei tanti compari d’anello di Berlusconi in giro per il mondo.
Da quando Berlusconi è il padrone d’Italia, il nostro Paese viene sistematicamente prostituito ora a questo ora a quel governo straniero, in spregio alla sovranità nazionale, alla Costituzione e alle leggi ordinarie. I compari stranieri ordinano, lui esegue, il funzionario di turno obbedisce e viene promosso, così non parla. Un ingranaggio perfettamente oliato che viaggia col pilota automatico, sul modello Ruby-Questura di Milano. La filiera di comando è tutta privata. Governo e Parlamento non vengono neppure interpellati o, se qualche ministro sa qualcosa, è preventivamente autorizzato a fare il fesso per non andare in guerra, casomai venga beccato. Tanto si decide tutto fra Arcore, Villa Certosa e Palazzo Grazioli. Sia quando lui sta a Palazzo Chigi, sia quando ci mette un altro, tipo il nipote di Letta.
Era già accaduto col sequestro di Abu Omar per compiacere Bush (solo che lì una Procura indipendente c’era, Milano, e Napolitano dovette coprire le tracce graziando in tutta fretta il colonnello Usa condannato e latitante).
Ora, per carità, è giusto chiedere le dimissioni di Alfano e Bonino, per evitare che volino i soliti stracci e cadano le solite teste di legno: se i due ministri sapevano, devono andarsene perché complici; se non sapevano, devono andarsene a maggior ragione perché fessi. Ma è ipocrita anche prendersela solo con loro. La Bonino è uno dei personaggi politici più sopravvalutati del secolo: difende i diritti umani a distanza di migliaia di chilometri, ma in casa nostra e dei nostri alleati non ha mai mosso un dito (tipo su Abu Omar e su Guantanamo). Alfano basta guardarlo per sospettare che non sappia neppure dov’è il Kazakistan e per capire che conta ancor meno di Frattini, che già contava come il due a briscola: è l’attaccapanni di B. ed è persino possibile che i caporioni della polizia, ricevuto l’ordine dal governo dell’amico kazako, abbiano deciso di non ragguagliarlo sui dettagli del blitz. Tanto non avrebbe capito ma si sarebbe adeguato, visto che non comanda neppure a casa sua.
Il conto però va presentato a chi ha nominato Alfano vicepremier e ministro dell’Interno e la Bonino ministro degli Esteri. Cioè a chi tre mesi fa decise di riportare al governo B. nascosto dietro alcuni prestanome. E poi iniziò a tartufeggiare sul Pdl buono (Alfano, Lupi e Quagliariello) e il Pdl cattivo (Santanchè, Brunetta e Nitto Palma). Il Pdl è uno solo e si chiama Berlusconi, con tutto il cucuzzaro dei Putin, Nazarbayev,Erdogan & C. Per questo l’antiberlusconismo, anche a prescindere dai processi, è un valore. Chi – dai terzisti al Pd – lo accomuna al berlusconismo e invoca la “pacificazione” dopo la “guerra dei vent’anni”, non ha alcun diritto di scandalizzarsi né di lamentarsi per gli effetti collaterali dell’inciucio. Inclusi i sequestri di donne e bambine. Avete voluto pacificarvi con lui? Adesso ciucciatevelo.
Marco Travaglio
Il Fatto Quotidiano, 16 Luglio 2013
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Fonte: Caso Ablyazov, kazaki & cazzari
agbiuso
Ha ragione, gentile Aurora, non dobbiamo dimenticare l’untuoso clericale berlusconiano che da anni trama a favore dell’entità immonda nei palazzi romani che contano.
E tutti fingono di credere che costoro siano delle degne persone.
Ne parla con chiarezza un articolo di Travaglio dal titolo I finti Monti.
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Ora che Monti cade, la tentazione è ripubblicare quello che noi del Fatto, in beatissima solitudine, scrivemmo 13 mesi fa quando Monti nacque. Purtroppo, non c’è da cambiare una virgola: nel prologo era già scritto l’epilogo. E oggi l’unica cosa che stupisce è lo stupore di Napolitano e Monti, che Ferruccio de Bortoli descrive “sbalorditi” e “indignati”, il primo che “non si persuade” e il secondo che “non si capacita”. Ma solo chi, dopo 19 anni, non ha ancora capito niente di B. può meravigliarsi di quel che accade: quelli che s’illudevano che il Caimano si fosse ritirato per il suo alto senso delle istituzioni, rassegnato a un dorato pensionamento in cambio della prescrizione sul caso Mills, della condanna annullata a Dell’Utri e del congelamento dell’asta sulle frequenze tv, e ora vibrano di stupefatto sdegno perchè, al momento buono, ririririridiscende in campo e manda il governo e l’Italia a gambe all’aria. Ma con chi credevano di avere a che fare: con uno statista?
Quel che accade è la naturale conseguenza della scelta sciagurata compiuta un anno fa da Napolitano, Bersani e Casini di non andare subito alle urne, cioè di cambiare il governo senza cambiare il Parlamento, consegnando i tecnici a una maggioranza-ammucchiata controllata, anzi ricattata da chi aveva condotto il Paese nel baratro. Il nemico – insegna Machiavelli – va eliminato subito, possibilmente la prima notte. Votando un anno fa, B. sarebbe stato asfaltato dagli elettori. I partiti di opposizione (Pd, Fli, Udc, Pd, Idv), che avevano osteggiato le ultime leggi vergogna e la mozione su Ruby nipote di Mubarak, avrebbero potuto assecondare i mercati e l’Europa indicando Monti come premier di una maggioranza di salute pubblica che in due anni risanasse i conti dello Stato e poi restituisse la parola agli elettori per ripristinare la normale dialettica democratica fra un centrodestra e un centrosinistra finalmente ripuliti e rinnovati.
Lo spread si sarebbe placato, B. sarebbe tramontato e un Monti legittimato dal voto popolare e sostenuto da una maggioranza politica avrebbe avuto le mani libere per accollare i costi della crisi a chi ha di più anziché ai soliti noti: draconiana lotta agli evasori, serie leggi anticorruzione, antimafia e anticasta, patrimoniale, liberalizzazioni, privatizzazioni, tagli netti a spese folli e inutili come il Tav, gli F-35 e i 40 miliardi l’anno di incentivi alle imprese. Invece i “professionisti della politica”, quelli che si credono molto furbi e giocano a Risiko con la democrazia, han pensato di salvare un’altra volta B. mettendogli in mano le chiavi della maggioranza.
Lui li ha lasciati fare. Ha profittato dalla quiete sui mercati per risollevare i titoli boccheggianti delle sue aziende, ha incassato tutto l’incassabile su giustizia e tv, ha avuto il tempo di far dimenticare a mezza Italia i disastri e le vergogne dei suoi governi. Ogni due per tre Monti gli lisciava il pelo, dandogli dello “statista”, bloccando l’asta tv, scrivendo finte leggi su corruzione e incandidabilità, esaltando le virtù civiche di quell’altro galantuomo di Letta, sempre incensato pure da King George. Ora Napolitano e i suoi giornaloni cadono dal pero e scoprono che B. antepone i suoi affari alle istituzioni. E Monti confida a de Bortoli le “pressioni sulla giustizia” che lo statista di Milanello gli ha inflitto per mesi (grazie, ma si notavano a occhio nudo dalla politica giudiziaria e televisiva del suo governo). Ma tu guarda: lo statista bada ai suoi porci comodi, chi l’avrebbe mai detto.
Davvero questi finti tonti pensavano che B. si sarebbe accomodato buono buono su una panchina dei giardinetti, mentre sistemavano sulle poltrone che contano Monti, Bersani, Montezemolo, Passera, Casini e Fini, senza dimenticare uno strapuntino per Vendola e uno per Alfano e/o Frattini? La verità è che lui non si accontenta mai: come dice Cecchi Gori, che ci è già passato, “gli dai un dito e lui ti prende il culo”. Deve ancora nascere chi lo mette nel sacco: Bersani, Casini e Fini dovranno difendersi per tutta la campagna elettorale dall’accusa di aver riempito l’Italia di nuove tasse, mentre lui che le ha votate tutte fingerà di essersi opposto da sempre;e avrà buon gioco a gabellare Monti per un criptocomunista, come nel ’95 fece con Dini, affossandone la figura super partes e impallinandolo nella corsa al Quirinale, dove King George l’aveva già destinato in barba agli elettori. Sono vent’anni che chi pensa di fregarlo col “dialogo” finisce fregato: per informazioni, citofonare D’Alema e Veltroni. E, da ieri, anche Napolitano e Monti. Ben arrivati nel CVB, Club Vittime di Berlusconi.
(il Fatto quotidiano, 10 dicembre 2012)
aurora
Si parla tanto di Alfano Angelino,ormai lo abbiamo capito fin dal primo momento che ha una personalità manipolabile,Berlusconi lo ha scelto proprio per questoe,non si nomina mai Gianni Letta che è culo e camicia con Berlusconi, i misfatti di Berlusconi si debbono attribuire al Gianni Letta in qualità di nefando condivisore di queste sciagurate devastazioni delle nostre Italiane risorse sia morali che economiche,mi aspetto che altri Italiani oltre a me, non si lascino irretire dal fascino malefico che emana il diavolo
Biuso
Alfano si conferma lo sguattero che è da sempre o, se si preferisce, il “maggiordomo” di cui parla Stille. E i giornali di proprietà dell’entità immonda hanno osato criticare la “scarsa democrazia interna” del Movimento 5 Stelle. Servi maledetti.
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Berlusconi, dalla tragedia alla farsa
di Alexander Stille
La storia si ripete prima come tragedia poi come farsa, scriveva Marx a proposito di Luigi Napoleone. Ma che dire di un Berlusconi che si presenta come candidato premier per la sesta volta, cercando di tornare come primo ministro per la quarta volta, dopo tre mandati completamente fallimentari? E’ una scena patetica per certi versi, come un attore su cui è calato il sipario sotto una tempesta di fischi, che cerca di tornare sul palcoscenico.
La ricandidatura di Berlusconi era del tutto scontata: così malato di protagonismo, ancora drogato di megalomania, nonostante i suoi ripetuti fallimenti non poteva fare a meno di ripresentarsi. Era impensabile che lui potesse guardare dalla panchina mentre lasciava giocare una squadra capeggiata dal suo successore prediletto, Angelino Alfano.
Se c’è un filo conduttore in tutte le azioni politiche di Berlusconi è di fare sempre e comunque gli interessi di Berlusconi e mai quelli della collettività. Il suo protagonismo ha fatto sì che nessun cespuglio potesse mai crescere per diventare albero sotto l’enorme ombra che lui proietta da vent’anni sul centrodestra italiano.
Così come Crono che mangia i propri figli, Berlusconi semina caos tra le file della sua creatura, il Popolo della libertà.
Stride il contrasto tra il tentativo di restaurare forme di democrazia interna in altri partiti e la maniera del tutto monarchica in cui Berlusconi ha annunciato la sua seconda “discesa in campo”. Nessuna consultazione all’interno degli organi direttivi del partito ma una mossa puramente personale. Non lo annuncia neppure lui in persona ma manda Alfano, come una specie di maggiordomo. Indicative anche le parole usate dal segretario del Pdl: “Anche oggi Berlusconi mi ha espresso la volontà di tornare in campo da protagonista. E’ lui il detentore del titolo. E’ stato lui l’ultimo ad alzare la coppa. Le primarie erano per la successione, ma essendoci lui in campo non ha senso farle”. Interessanti i termini scelti da Alfano: “Berlusconi mi ha espresso la volontà di tornare in campo da protagonista.” Tutto personale, uomo a uomo e la voglia di essere protagonista. Poi, le continue metafore sportive, “tornare in campo” “detentore del titolo” “alzare la coppa”, come se guidare l’Italia forse tutto un gioco per la gloria personale del giocatore. E quando mai, anche nello sport, un giocatore non deve neppure competere per rimanere capo di una squadra, come se un atleta delle Olimpiade del 2008 venisse messo a fare il capitano della squadra nazionale senza doversi misurare con i suoi concorrenti?
Ormai non ci credono neppure quelli pagati per credere. Diceva qualche mese Vittorio Feltri: “Berlusconi è bravissimo a vendere il prodotto, persino a immaginarlo. Ma non è capace di farlo. Pensa all’etichetta, alla confezione, alla rete distributiva, ma di quel che c’è dentro, lo dimostra il suo ventennio, gli importa poco.”
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Fonte: la Repubblica, 8.12.2012
aurora
Chissà perchè al percorso di vita di Berlusconi ho associato Gianni Agnelli,la fiat,le automobili,il giornale quotidiano “La Stampa”,è tutto passato,Agnelli è morto,non ha lasciato eredi,la Fiat è superata,Il giornale “La Stampa”,per fortuna è un’altra cosa ,dai tempi di Agnelli,passerà anche Berlusconi e anche Mediaset diventerà un’altra cosa
agbiuso
Hai perfettamente ragione, caro Diego.
Qui “sguattero” vuol dire “servo” e non “lavoratore”.
Il mio rispetto assoluto per il secondo, il disprezzo più profondo per il primo.
diegod56
un solo appunto, caro alberto
gli sguatteri, quelli veri, a volte clandestini, che lavorano nelle retrovie di ristoranti e snack bar, sono incomparabilmente migliori
Biuso
Sguatteri si nasce.
Invito a leggere un’analisi che descrive sinteticamente e perfettamente la situazione politica italiana: Zu Silviu.
Il suicidio del Pd è triste ed enigmatico come quello delle balene che si spiaggiano.
aurora
niente più mi sorprende,se è esistito Caligola edè passato Berlusconi esiste e passerà