Era un rudere. Ma in quella rocca sono transitati popoli e civiltà. Dai Greci agli Spagnoli, come spesso accade in Sicilia, passando per i poteri che hanno sottomesso questa terra e l’hanno plasmata nel suo orgoglio, nella sua ferita. Ora è tornato a essere un luogo abitabile, che non difende più religioni, signori e sovrani ma ospita concerti, visitatori, artisti, convegni.
Posto tra l’Etna, lo Jonio e il fiume Alcantara, il Castello arabo-normanno di Calatabiano mostra tutta la forza dell’occhio umano, capace di spaziare sin dove la sfera terrestre dissolve il mare, le colline si aggiungono a colline e il vulcano si fa nube, cenere, triangolo.
Un luogo magnifico dal quale si osservano le brutture della valle -un insensato campo da golf in costruzione che drenerà ancor di più le risorse del fiume, un albergone per volgari parvenu e per amministratori rapaci, squallide case estive- ma che la lungimiranza di qualche sindaco, architetto e cittadino ha restituito allo sguardo dei siciliani e di tutti coloro che in quest’Isola vogliono capire.
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3 commenti
antonella
Carissimo Alberto,
sono stata recentemente a visitare il castello di Calatabiano e la forza che mi ha trasmesso è stata eccezionale e quello che dici, poichè è proprio così, mi fa stringere il cuore per la triste verità che mi trasmette.
diegob
molto, molto interessante il riferimento arabo-normanno del nome
è vero, il nostro prof. b. è un eccellente narratore di viaggio, sapienza e candore, storia e poesia, sguardo critico che però sa leggere il bello fra le pieghe del paesaggio, il tutto scritto col suo consueto periodare elegante ma non lezioso
Giusy Randazzo
Quando tu scrivi, il mio occhio vede.
Grazie Alberto.