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Mente & cervello 79 – Luglio 2011

La relazione che intercorre tra il cervello umano e il linguaggio è uno degli eventi più affascinanti e complessi della natura. Infatti «la nostra capacità di svolgere compiti come quello di individuare il significato di una parola ambigua è frutto di milioni di anni di evoluzione», tanto da rendere la struttura del linguaggio «misteriosa persino per noi esseri umani, che pure ne padroneggiamo l’uso» (J.K. Hartshorne, p. 68). È anche per questo che ogni tentativo di realizzare robot dotati di parola, delle intelligenze artificiali capaci di parlare, è sempre miseramente naufragato. A metà del Novecento Alan Turing e dopo di lui altri studiosi pronosticarono che entro pochi anni il linguaggio dei robot sarebbe stato indistinguibile da quello degli umani. Ma «in realtà stiamo ancora aspettando. […] Un robot veramente dotato della facoltà della parola non sembra essere più vicino a realizzarsi rispetto ad altre fantasie tecnologiche tipiche del secolo scorso, come le città sottomarine o le colonie marziane» (Ivi, 66).
Ancora una volta, il cervello immerso nel mondo si rivela un organo enigmatico e aperto a sempre nuove scoperte. Rispetto alla classica struttura neuroni-assoni-dendriti-sinapsi, «nuove ricerche dimostrano infatti che alcune informazioni aggirano del tutto i neuroni, fluendo senza generare elettricità in rete di cellule, la cosiddetta glia» (R.F. Field, 90). Le cellule gliali costituiscono l’85% del cervello, rispetto al solo 15% rappresentato dai neuroni.

L’interazione tra il cervello, l’intera corporeità e il mondo crea la nostra esperienza cosciente, le azioni, le opere, le credenze. E genera anche strumenti di difesa che a volte si trasformano in atteggiamenti, comportamenti, pensieri negativi o addirittura criminali. Alcune ricerche sulle scimmie rhesus sembrano, ad esempio, dimostrare le radici biologiche del pregiudizio, utilizzato come strumento di consolidamento del gruppo al quale si appartiene. E «dato che gran parte dei conflitti attuali ha origine dallo scontro tra gruppi sociali, impegnarsi per capire come ridurre i nostri pregiudizi è importante. Tuttavia, il nostro passato evolutivo suggerisce che per riuscirci serve un approccio diverso, il quale, tenendo conto di quanto sono radicati profondamente i pregiudizi nel nostro cervello, lavori in armonia con le nostre tendenze naturali, anziché contro di esse» (D. Grewal, 103).

Tra gli altri argomenti del numero di luglio 2011 di Mente & cervello, è interessante una ricerca sull’ “intelligenza dei molti” come intelligenza statistica che consente -in condizioni comunque molto precise e circoscritte- a un gruppo sufficientemente elevato di persone di prendere le decisioni più corrette anche se ciascuno dei soggetti rimane molto lontano dalle risposte giuste. Un’approfondita analisi è dedicata al problema della dipendenza dal fumo -«a ogni boccata, un fumatore inala oltre 3000 sostanze, di cui almeno 30 cancerogene» (E. Gromane C. Schweinzer, 50)- per la cui soluzione «molti studi indicano che le maggiori possibilità di successo sono offerte dalla combinazione di farmaci e terapia comportamentale» (Ivi, 48). A conferma della convergenza tra fattori cerebrali e mentali dalla quale sono partito.

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