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150

150 anni di unità politica e amministrativa. Non entro nella questione Piemonte/Borboni, centralismo/autonomie. Non ne ho le competenze storico-scientifiche. Non parlerò dell’Italia ma degli italiani. Quindi ciò che dirò non ha nulla a che vedere con la balordaggine della Lega Nord e del suo ormai più che evidente secessionismo, che dovrebbe allarmare la destra sua alleata, se tale destra avesse una pur minima capacità di pensare in termini politici e non soltanto affaristici o fallici.
In questo secolo e mezzo il territorio della Penisola è stato saccheggiato in modo feroce dalla speculazione urbanistica, da una antropizzazione pervasiva e devastante, da mafie e camorre che ora -2011- sono arrivate direttamente al potere e lo gestiscono con determinazione a favore degli interessi loro e dei gruppi sociali che le sostengono. Perché è accaduto tutto questo? Perché gli italiani sono un popolo grottesco, patetico e cialtrone. E soprattutto un popolo di una ignoranza che non ha pari in Europa. Chi viaggia per le capitali e le città del Continente vede quasi ovunque le persone lèggere; le biblioteche e i musei aperti sino a notte; il paesaggio, la storia e i luoghi difesi e anche utilizzati come fonte economica, rispettandone l’identità. Gli italiani sono dei barbari analfabeti e teledipendenti, il cui degno ministro dell’economia -un commercialista di provincia- sostiene che «la cultura non si mangia», mentre qualunque studioso di fenomeni sociali e storici sa che è vero esattamente il contrario. Dopo un secolo e mezzo, in Italia spadroneggiano i peggiori parlamento e governo dell’intera sua storia unitaria. Un parlamento e un governo composti da criminali, da ignoranti, debosciati e venduti. 150 anni buttati nel cesso. Alla lettera, visto che gli italiani siamo degli escrementi. Il vero inno di questo anniversario sono i versi che Pier Paolo Pasolini dedicò Alla mia Nazione e che si concludono con il seguente invito: «Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo».

18 commenti

  • Maurizio

    Marzo 28, 2011

    Ciao Alberto.
    Condivido quanto da te scritto. Siamo un popolo come tu hai descritto. Non tutti però, per fortuna. Vi è una minoranza di persone che prova a ragionare, che si interroga e che ritiene la Politica lo strumento fondamentale per il benessere di una Nazione e non un ornamento fastidioso, costoso e superfluo dell’applicazione della Democrazia. Non esisterebbe la Democrazia, se non ci fosse la Politica. E quanto la Politica ha la “p” minuscola, come in Italia, anche la Democrazia ha la “d” minuscola.
    In giro vedo tanto malaffare. Tutto questo malaffare deve trovare sostegno e difesa, e li ha trovati in Silvio Berlusconi.
    Ma allora le domande sono: quanta gente onesta è rimasta in Italia? quanti ragionano ricercando l’interesse generale e non unicamente il proprio? Quanti sono invece, a diverso titolo e grado, i disonesti in Italia? quanti vivono sul confine tra lecito e illecito e quanti oltre tale confine? quanti, per il loro bene, per la loro carriera e per la certezza di un lavoro per i loro figli, votano in una direzione, poichè gestore di un potere, a prescindere da TUTTO il resto? quanti sono gli ignoranti, informati solo dalla televisione? Purtroppo io credo che i disonesti (che, a mio parere, non sono di un particolare orientamento politico) + gli ignoranti di centro-destra, sono la maggioranza degli elettori di questo Paese. Se fosse vero questo, e temo di si, l’Italia ha un pessimo presente e, ancor più grave, un nero futuro!

    Maurizio

  • francotoscani

    Marzo 28, 2011

    Caro Alberto Giovanni, grazie per l’invio del tuo breve ma denso testo, che ho letto solo ora (e me ne scuso) per i molti impegni cui ho dovuto far fronte negli ultimi tempi. Sono sostanzialmente d’accordo con te, la questione è innanzitutto antropologica ed etica prima ancora che politica. Ci aiuta molto a capire chi siamo il grande saggio di Leopardi del 1824 sopra il costume degli italiani. Sarà dura e lunga tirarci fuori dal merdume in cui siamo. Ci resteremo purtroppo dentro per ancora molto tempo. Un saluto affettuoso e grazie ancora, ciao, Franco Toscani

  • digiu

    Marzo 27, 2011

    Concordo soprattutto con quanto detto sul senso di civismo pressoché assente nella nostra cultura.

    Visto che si è citato Pasolini, ecco un frammento tratto da *la ricotta*:
    http://www.youtube.com/watch?v=orWAUX1lGgA&feature=related

    un saluto
    Giovanni Di Giuseppe

  • aurelio

    Marzo 23, 2011

    Caro Alberto,
    ho letto, con ritardo, hai scritto sui “150” anni. Condivido in toto. Ho letto anche commenti che sono di apprezzamento.
    Nessuno, però, propone una cura a questo malcostume imperante.
    Sappiamo tutti che la critica è l’arte più semplice di questo mondo. Le difficoltà incominciano quando si deve proporre un progetto (valido) e partecipare personalmente alla sua realizzazione,
    Quasi tutte le persone oneste dicono: “La politica è una cosa sporca e quindi me ne sto alla larga”.
    Invece dovrebbero dire: “Sì, la politica è una cosa sporca e, appunto per questo, partecipo per fare un pochino di pulizia”.
    Nei secoli, laici e religiosi, ma tutte persone sagge, da Socrate a Seneca, da S.Agostino a Giovanni XXIII, non hanno fatto altro che insegnare e sollecitare i cittadini a partecipare attivamente alla vita pubblica.
    Cito a memoria qualche detto:
    – Pericle nel discorso che fece per la morte di Socrate,disse che l’uomo che non partecipava alla vita pubblica era un uomo inutile.
    – S.Agostino nel suo trattato De Civitate Dei; interessarsi di politica, come servizio, è la più alta forma di carità cristiana.
    – Giovanni XXIII sollecitava i cattolici a non guardare dalla finestra gli avvenimenti che scorrevano sotto di loro.
    Io ho diritto di dire quanto ho scritto perché mi sono impeganto e, nonostante i molti anni, continuo a impegnarmi.
    Non ho risolto nulla però posso dire a me stesso: “Hai fatto il tuo dovere e tanto basta”.
    Se una buona parte degli italiani facessero lo stesso, sono certo che il malcostume diminuirebbe sensibilmente.

    Cordialmente

    Aurelio Sammartino

  • Gianluca

    Marzo 21, 2011

    Scusate ri-posto perché gli apici hanno oscurato parte del testo.
    GC


    Al Capone

    Due righe perché non ne posso più di leggere epitomi quali “Il giorno dopo le grandi manifestazioni delle donne Berlusconi è preoccupato”.
    Protestare la violazione del diritto rivendicando una identità di genere o è un involontario errore di categoria analogo a quello di chi cerchi l’edificio dell’università in un campus universitario, o è un errore intenzionale di categoria che di solito allude a strategie psico-comportamentali agite dalla malafede e dalla pretestuosità, oppure ancora è la prova della sparizione dell’idea di diritto come categoria (sparizione che è precisamente quanto i contestatori contestano al contestato). Ora, evitando per amor d’ottimismo le ipotesi più imbarazzanti – che implicano nel migliore dei casi ingenua idiozia e nel peggiore inconsapevole complicità della vittima con il carnefice – rimane il pretesto e la sua controparte etica, la malafede. Bene, agli amanti della pretestuosità vorrei ricordare un dettaglio. Al Capone è finito dentro per evasione fiscale, ma siamo d’accordo che il problema non fosse quello e che sopratutto Al Capone sarebbe stato ben lieto d’avere il fisco come unico problema? Che si dica che “Il giorno dopo le grandi manifestazioni delle donne Berlusconi è preoccupato”, francamente preoccupa.

  • Gianluca

    Marzo 21, 2011

    Caro Alberto,
    personalmente condivido pienamente quanto scrivi. Mi permetto di condividere a mia volta una veloce considerazione datata quanto all’occasione ma che sento d’altra parte pertinente rispetto allo spirito del tuo intervento. L’episodio si riferisce alle manifestazioni del 13 febbraio scorso che hanno offerto uno spaccato a mio giudizio inquietante sullo stato degli italiani prima ancora che sullo Stato degli italiani.


    Al Capone

    Due righe perché non ne posso più di leggere epitomi quali <>.
    Protestare la violazione del diritto rivendicando una identità di genere o è un involontario errore di categoria analogo a quello di chi cerchi l’edificio dell’università in un campus universitario, o è un errore intenzionale di categoria che di solito allude a strategie psico-comportamentali agite dalla malafede e dalla pretestuosità, oppure ancora è la prova della sparizione dell’idea di diritto come categoria (sparizione che è precisamente quanto i contestatori contestano al contestato). Ora, evitando per amor d’ottimismo le ipotesi più imbarazzanti – che implicano nel migliore dei casi ingenua idiozia e nel peggiore inconsapevole complicità della vittima con il carnefice – rimane il pretesto e la sua controparte etica, la malafede. Bene, agli amanti della pretestuosità vorrei ricordare un dettaglio. Al Capone è finito dentro per evasione fiscale, ma siamo d’accordo che il problema non fosse quello e che sopratutto Al Capone sarebbe stato ben lieto d’avere il fisco come unico problema? Che si dica che <>, francamente preoccupa.

    Gianluca Colombo

  • ilaria

    Marzo 20, 2011

    caro alberto,
    dopo aver letto il tuo pezzo , non posso purtroppo che darti ragione sulle considerazioni di fondo che tu fai. però non credo che gli italiani, tutti gli italiani, siano proprio così come tu dici. alla fine siamo stati un grande popolo che ha fatto della cultura ( arte, filosofia,letteratura, musica) il suo punto di forza. ci troviamo è vero in un momento cruciale in cui sembra proprio che ci siamo dimenticati di tutto questo. le colpe sono attribuibili a molteplici soggetti : sicuramente la classe politica che ci governa (incentrata sul ruba ruba oltre che sul ruby ruby),ma anche quella che non ci governa , che sembra essere sparita e non essere in grado di proporre alternative credibili; la televisone e i giornali del padrone e dei suoi servi che hanno lobotomizzato le persone che guardano e leggono solo quelli. ma non tutti siamo così e a noi che non siamo così non resta da fare altro che resistere, resistere , resistere ! E manifestare il dissenso ad ogni modo e con ogni mezzo. qualcosa si sta muovendo. la gente incomincia ad essere stanca e ad accorgersi dello schifo in cui siamo immersi. le ultime manifestazioni a cui ho partecipato erano assai affollate. cerchiamo di tornare ad essere maggioranza. lavoriamo per questo. sforziamoci di credere che forse si può fare !!! del resto non abbiamo scelta!!!!
    un caro abbraccio e a presto!
    ilaria isopi

  • agbiuso

    Marzo 19, 2011

    Cari amici,
    vi ringrazio ancora per l’attenzione che state dedicando alla mia breve riflessione sull’anniversario dell’unità d’Italia.

    Vorrei aggiungere che naturalmente tra gli italiani ci sono stati e ci sono tantissime persone meravigliose, oneste, creative e creatrici. E tuttavia milioni e milioni di nostri connazionali mi sembrano ormai degli zombie. E trascinano anche gli altri nella loro morte. Questo ho inteso dire, con tutti i limiti impliciti in una generalizzazione di tale portata.
    Condivido anche la tesi di Anna sul contributo fondamentale che la presenza della chiesa papista ha dato alla quasi totale assenza di senso civico nelle masse italiane. Tale chiesa, infatti, ha combattuto strenuamente contro l’esistenza stessa dell’Italia e rappresenta un elemento di enorme ipocrisia etica, come la testimonianza di Anna ben illustra.

  • Fabio Fino

    Marzo 18, 2011

    Caro Professore,
    Lei ha, con il pregevole dono della sintesi, detto tutto con estrema lucidità: condivido tutto, appieno.
    Il dramma è che qualcuno li vota. Lei, certamente pur pensandolo, non lo ha scritto.

  • tina palmisano

    Marzo 18, 2011

    Ciao Alberto,
    certo, è difficile non fare amare considerazioni in questa occasione del 150°. Io non so se gli italiani ante e subito dopo l’unità fossero diversi (non c’ero…ah ah ah), e certo in questi ultimi 20 anni la classe dirigente, istituzionale e non, è pessima.Ma siamo certi che nei precedenti 130 sia stata all’altezza dei compiti?
    Ne dubito, e non credo sia perfetta l’equazione “un popolo ha la classe dirigene che si merita” perchè, a mio avviso, di italiani onesti, competenti e all’altezza di governare ce ne sono stati e ce ne sono. E’ la selezione che non funziona per i motivi che tu hai accennato, ma anche, secondo me, perchè nella sostanza l’unità non è stata fatta. L’Italia è ancora duale purtroppo……
    Ti abbraccio
    Tina
    P.S. A scanso di equivoci, aborro tutti i partiti e/o associazioni meridionalisti, autonomisti, sicilianisti o, addirittura!, neoborbonici che si sono risvegliati in questi frangenti.

  • Mariella Catasta

    Marzo 17, 2011

    L’identità nazionale è un fatto culturale prima ancora di essere geografica e politica:da Boccaccio, Dante, Petrarca ad Ariosto ai grandi del Rinascimento delle arti plastiche e figurative, ai geni della Musica e della Scienza. Siamo italiani per la grandezza del patrimonio culturale che non può essere gettato via. L’attuale classe politica è l’espressione della decadenza, della caduta di stile che ci lascia sgomenti!
    Ma celebrare l’Unità significa riflettere su 150 anni di storia , sulle contraddizioni delle politiche di ieri e di oggi, sull’impossibilità di dire di avere raggiunto lo status di cittadini . Senza lavoro non c’è dignità nè libertà . Allo straniero si sostituisce un nuovo tiranno più subdolo, non facilmente comprensibile ed individuabile ma sempre un tiranno che uccide la speranza e il futuro delle nuove generazioni .Occorre riflettere sui secessionismi in atto che rischiano di far piombare le regioni italiane nei localismi asfittici e clientelari. Celebrare l’Unità dell’Italia ancora “bella e perduta” è un invito a ricercare la strada del riscatto morale e politico.

  • anna

    Marzo 17, 2011

    Caro Alberto
    la tua è una amara costatazione purtroppo fondata.
    Vorrei, tuttavia, riflettere sullo spaccato estero che introduci.
    Per quello che dici il tuo riferimento riguarda i paesi occidentali nord europei/usa e canada. Dove effettivamente un più diffuso livello culturale appare appannaggio di un numero consistente di cittadini. Ma, se si entra nel contesto quotidiano di quelle comunità si osserva che la cialtroneria, la grossolanità, l’affarismo e quant’altro albergano alla grande anche e soprattutto in quei paesi. La teledipendenza è sicuramente molto diffusa. Si legge di più, forse, ma non quanto appare.
    Ciò che fa la differenza è il senso di civismo di cui, in Italia, sembra scomparsa finanche la memoria.
    E questa caratteristica – il civismo – è qualcosa che sprigiona, nei paesi esteri, dal loro NON essere cattolici.
    Sicché un mio amico svedese (di Malmo) osserva:” i nostri politici? I vostri politici? sono o sarebbero tutti uguali, il fatto è che, da noi in Svezia, se li ‘beccano’ sono finiti. Da noi nessuno se li fila più, e per primi li disconoscono i loro compagni di partito. Il perdono non è nel nostro DNA con tutte le conseguenze, buone e pessime che questo comporta”

    Siamo, noi italiani (cattolici almeno per retaggio storico), condannati a peggiorare e basta? Non mi pare, si intravedono dei timidissimi segnali. Ci vorranno decenni ma, grazie alle nuove tecnologie, potremmo addirittura farcela.

  • agbiuso

    Marzo 17, 2011

    Ringrazio Diego, Filippo e Giorgio per la loro condivisione e per la testimonianza concreta di che cosa significhi opporsi alla barbarie, anche semplicemente leggendo un libro, difendendo ciò che chiamiamo “cultura” o ricordando gli italiani “che, fallendo, hanno pur sempre cercato di ‘resistere” alla corrente”.

    @ Guido. Ti invito a leggere con attenzione e ti accorgerai che il testo non avrebbe potuto essere scritto “40 o 50 anni fa”, poiché non avrei potuto parlare di secessionismo, antropizzazione e conquista diretta del potere politico da parte di mafie e camorre.

    @ Dario. Grazie del commento appassionato ma sempre di grande equilibrio che hai voluto donare alle mie amare parole. Ti ringrazio non soltanto per me ma anche e soprattutto per i visitatori e lettori del sito, che dalla tua difesa della nostra grande e millenaria civiltà trarranno un conforto e uno sprone che il mio testo probabilmente non può trasmettere.

  • Giorgio Giacometti

    Marzo 17, 2011

    Caro Alberto,

    vorrei tanto darti torto, ma è obiettivamente difficile.

    Posso solo fare memoria di quei pochi Italiani che, fallendo, hanno pur sempre cercato di “resistere” alla corrente.

    Oppure, con Roberta De Monticelli (cfr. il suo ultimo La questione morale), si potrebbe tentare di “spiegare”, se non giustificare, questa deriva con il diffuso di nichilismo (attestato già dai tempi di Guicciardini) di un popolo “vecchio”, fatto di individui completamente disincantati e, per questo, ripiegati nel più becero familismo amorale, condito di sordido menefreghismo… Ma forse sarebbe già un disperato tentativo di nobilitare la presente situazione (per poterla sopportare)

    Viva l’Italia!

  • Guido Martinoli

    Marzo 17, 2011

    Caro Alberto
    Il tuo testo potrebbe tranquillamente datarsi 40 o 50 anni fa. Oltre non vado perché non ne avrei esperienza ma qualcosa mi dice che almeno in Italia arriveremmo vicino a Galileo. Nulla è seriamente cambiato in termini di degrado mentale e sociale. Allora è forse il caso di smetterla di piangersi addosso e di criticare il governo e l’inutilità “ontologica” del cittadino medio, che non legge e soprattutto non pensa; di stigmatizzare la presunta balordaggine della Lega o il noioso, patetico e irreale sfruttamento del nord sul sud; di lamentarsi dell’opportunismo o della corruzione e concussione endemiche e spicciole; d’incazzarsi per l’immorale inattività di una smisurata massa di cervelli, nulla pensanti, incollati davanti ad una vuota Tivù o spaparanzati nullafacenti sulle sabbie estive riminesi.
    Lo sappiamo già e semplicemente ripetendocelo, non solo ci annoia ma lo rafforziamo e cristallizziamo.
    E’ tempo, come già ti dissi, di passare dalla critica all’azione. Il vero dramma è un altro e cioè che i pochi pensatori superstiti, illuminati e amareggiati, sperino che il cambiamento arrivi da solo o per grazia ricevuta, restando in fiduciosa attesa senza agire concretamente e dunque senza sporcarsi le mani e scendere in politica. E questo colpevole attendismo traspare anche dalla posizione dell’amico Dario, che saluto. E va da sé che non potrà essere la democrazia (e voi lo sapete) a portare il pensiero al potere. Sarebbe troppo facile. Le masse sono di natura nulla pensanti e incoscienti. La vera responsabile di quello sfascio è la democrazia che è l’esaltazione della quantità e dunque delle masse e non sarà certo democraticamente che si potrà “rivoluzionare e riempire” il vuoto delle menti. Ci vuol altro! Mai sentito parlare di aristos e di aristocrazia (del pensiero ovviamente)??
    Un certo Plato ….. Driiiin Driiin !! Mannaggia, proprio adesso doveva suonare la sveglia … mi devo alzare, ahimè. Animo filosofi, adesso tocca a “noi” (mi ci metto anch’io, modestia a parte) ad agire.
    Ciao mitici, Guido

  • Dario Generali

    Marzo 17, 2011

    Caro Alberto,

    anche se mi addolora enormemente ammetterlo, il popolo italiano è caratterizzato, almeno nella sua maggioranza, dalla cialtroneria che illustri così realisticamente.
    E’ un popolo servo, privo di coscienza civile, incline a una prostituzione costante, che respinge i suoi uomini migliori e li costringe da secoli all’esilio, oggi nella forma dell’espatrio alla ricerca di quel riconoscimento dei propri meriti che in Italia non potrebbero mai sperare di ottenere.
    Nella massa dei corrotti, dei miserabili, dei mercanti e dei ladri spiccano tuttavia soggetti di notevole superiorità intellettuale e morale, sui quali pesa l’intera responsabilità della difesa della cultura nazionale e della sua continuità, in attesa di una nuova stagione risorgimentale. E’ grazie a loro che si conserva qualche speranza di rinascita e che la millenaria cultura italiana continua ad essere un punto di riferimento per l’umanità, anche se nascosta in scorie sempre più dense da dissipare.
    Cerchiamo dunque di resistere attorno a questo nucleo di intellettuali e di eroi civili, perché è l’unico e assediato baluardo contro il dilagare della barbarie nel paese che è stato una delle culle della civiltà occidentale.
    Un caro saluto.
    Dario

  • filippo scuderi

    Marzo 17, 2011

    “L’Italia è fatta ora facciamo gli Italiani”, non faccio nomi né date, ma questi Italiani non si sono mai fatti oppure sono “fatti”, alcuni film di Alberto Sordi fanno veramente da cornice all’Italiano contemporaneo
    Dico peccato per tutti gli Italiani che giustamente non si ritrovano in questi personaggi. Ho viaggiato spesso ed è proprio vero: avverto subito in altri paesi che in confronto all’Italia c’è più rispetto per la cultura, per chi legge, per chi studia, i libri, la vera cura dell’anima; io stesso mi accorgo che se mi porto dietro un libro vengo guardato con occhi strani rispetto a chi si porta dietro la gazzetta dello sport, questi Italiani “fatti”.
    Ho fatto il servizio militare e devo dire che alcuni nel cantare l’inno di Mameli sostituivano l’Italia chiamò con l’Italia chiavò, e durante il giuramento ho sentito duro a posto di lo giuro, questi Italiani “fatti.
    Non mi ricordo di preciso (come da coerenza da Italiano) ma uno scrittore Inglese descrisse la Sicilia come un paradiso abitato da diavoli, io direi che l’Italia è un bel paese abitato da diavoli, ma per fortuna penso che l’Italia è abitata anche da persone eccezionali che combattano tutti i giorni, e non solo da quelli “fatti”.
    F.S.

  • diego b

    Marzo 17, 2011

    Caro prof. Biuso, io credo che, anche cercando di essere il più possibile oggettivi, cercando anche di non ascoltare ogni sentimento personale di amanti della cultura, rimane, indubbio, un dato incontrovertibile: l’investimento in cultura è anche conveniente in termini economici e sociali. Il miglioramento, la cura, del pensiero di molti cittadini ha conseguenze rilevanti sul buon funzionamento della cosa pubblica e sul sano dispiegarsi d’ogni onesta e innovativa iniziativa economica. Inibire e umiliare la produzione culturale significa anche gettare sabbia negli ingranaggi delicati di una società attiva e libera. Senza cultura non ci sarà neanche lavoro, libertà, economia sana e cittadinanza.

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