Mente & cervello 75 – Marzo 2011
Comprendere l’umanità nelle sue potenzialità e nei suoi limiti significa prima di tutto accettare e accogliere il dato di fatto della nostra corporeità anche chimica e molecolare, quella che -ancora una volta- rende illusorio il libero arbitrio. Il corpo che siamo, infatti, comunica sì con i segni verbali ma parla anche con i feromoni -come fanno altre specie viventi- e «laddove le conversazioni verbali sono astratte e piene di sfumature, quelle chimiche sono fisiche e largamente predeterminate» (J. Castro, p. 102). La parola è uno strumento naturale che veicola significati non materiali, esattamente come gli odori.
A guidarci nella conoscenza di noi stessi non deve essere una logica oppositiva, “aut-aut”, ma una logica congiuntiva, “et-et”. Alla psicosomatica va affiancata la somatopsicologia, – «disciplina che si occupa degli effetti delle patologie organiche sulla mente» (E. Kasten, p. 48)- ma non per opporsi alla prima bensì per entrare più a fondo nella complessità del fenomeno umano. Ricordiamo alcuni esempi concreti: la SPM (sindrome premestruale) fa sì che «nei giorni precedenti la mestruazione si manifestano spesso disturbi del sonno e oscillazioni dell’umore. In alcuni casi, questa sindrome sfocia addirittura in una depressione grave» (Id., 51). Vero. Come è anche vero che il modo diverso in cui differenti donne affrontano tale sindrome dipende dal più ampio -rispetto al singolo corpo- contesto di relazioni e di significati in cui vivono le proprie esistenze. Lo stesso vale per la depressione post partum e per l’ipertiroidismo, che è causa di una costante irrequietezza, di disturbi del sonno, di crisi d’ansia e accessi di collera.
Le disfunzioni del soma sono quindi disfunzioni dell’intera persona. L’esempio estremo è costituito dalla psicopatia, alla cui base sta una pressoché totale assenza di emozioni e di empatia, causata in molti casi dal fatto che «lungi dall’essere semplicemente egoisti, gli psicopatici soffrono di un grave difetto biologico. Il loro cervello elabora le informazioni in modo diverso da quello delle altre persone» (K.A. Kiehl e J.W. Buckholtz, 69). I comportamenti dello psicopatico non sono soltanto crudeli ed estremi ma mostrano una fissità assai simile a quella di un meccanismo che, una volta innestato, procede senza potersi fermare, del tutto sordo a qualunque intervento, relazione, rapporto con gli altri, a partire dalle vittime delle proprie azioni efferate.
Tale dimensione oggettiva, cosale, reificata, pervade un’intera organizzazione e fa di essa uno straordinario esempio di psicopatia collettiva. Questa organizzazione è Cosa Nostra. Le ricerche a essa dedicate da Girolamo Lo Verso, docente nell’Università di Palermo, delineano un’identità del mafioso molto diversa dalle sostanzialmente ammirate o almeno indulgenti immagini cinematografiche dell’ “uomo d’onore”, a partire dal Padrino di Francis Ford Coppola. Un’identità complessa e nello stesso tempo monocorde, i cui caratteri principali sono questi: arcaismo, replicanza, asessualità, gelo emotivo. (Ho illustrato tali caratteri in un articolo pubblicato sul numero 10, aprile 2011, di Vita pensata).
In questo numero di Mente & cervello si parla anche della «notevole capacità di auto-organizzazione delle folle» (J. Drury e S.D. Reicher) e del problema dei favoritismi familiari, quelli della madre o del padre verso l’uno o l’altro dei propri figli, «che resta comunque il segreto meglio difeso delle famiglie, ancor più della violenza domestica e di altri comportamenti deprecabili», come ammette Karl Pillemer (p. 41).
1 commento
aurora
tutto bello,tutto vero,resta il fattoche quando siamo travolti dai vari fenomeni,post partum,per esempio,ripeterò all’infinito :”Ognuno sta solo nel cuor della terra,trafitto da un raggio di sole,ed è subito sera”.(Salvatore Quasimodo)