di Xavier Beauvois
(Des hommes et des dieux)
Francia, 2010
Con Lambert Wilson (Christian), Michael Nosdale (Luc), Olivier Rebourdin (Christophe), Philippe Laudenbach (Célestine), Jacques Herlin (Amédée)
Trailer del film
In Algeria nel 1996 una comunità di monaci cistercensi francesi, perfettamente integrata con la locale comunità islamica, venne rapita e i sette monaci furono tutti uccisi. I maggiori indiziati furono dei gruppi estremisti musulmani ma le circostanze del massacro non vennero mai chiarite.
Su questo atroce episodio, Xavier Beauvois costruisce un’opera meditativa come il luogo in cui si svolge ma anche piena di tensione per la consapevolezza dei protagonisti di essere destinati a una morte imminente. Così, le scene di preghiera, lavoro, studio, si alternano a quelle del duro confronto non soltanto con i guerriglieri islamici ma anche con l’esercito algerino, probabilmente coinvolto -secondo recenti documenti- nella tragica conclusione della vicenda. Il film rimane quasi sempre in equilibrio tra agiografia e distacco. Permette di entrare in una comunità cristiana, nelle sue pieghe, aspirazioni, limiti. E soprattutto dà ragione a una citazione da Pascal che padre Luc (un medico più illuminista che mistico) pronuncia: «Nessuna violenza è compiuta con maggior convinzione di quella che si giustifica con motivi religiosi». Perché “uomini di Dio” non sono soltanto i monaci, lo sono anche i loro assassini. Il titolo originale è comunque diverso e accenna agli uomini e agli dèi, citando a inizio del film il Salmo 82 (81): «Io ho detto: “Voi siete dèi, / siete tutti figli dell’Altissimo” / Eppure morirete come ogni uomo, / cadrete come tutti i potenti».
3 commenti
CRISTINA
Finalmente anch’io, ieri, ho assaporato la starordinaria dimensione di questo film che, ritengo, acquisterà via via nel tempo il suo posto tra i capolavori.
Condivido la notazione di diegob a proposito della scena pervasa dalla “morte del cigno” che mi ha letteralmente ipnotizzata. Splendida la fotografia e la recitazione… se di recitazione si può parlare.
Des hommes e des dieux…si parla di noi.
agbiuso
Grazie a lei, Diego, anche per aver così bene individuato la dimensione classica di questo film. La scena alla quale fa riferimento è davvero la più bella ed emeblematica dell’intera opera.
Aggiungo che sono contento di leggere commenti -il suo come quello di Michaela dedicato a Guccini- su interventi pubblicati nei mesi scorsi. Vuol dire che gli argomenti affrontati sedimentano e suggeriscono percorsi.
diegob
anche a seguito di questa essenziale ma esatta recensione, finalmente ho visto il film;
vorrei spiegare che a mio avviso vi sono due tipi di esperienza da spettatore:
quella in cui ti «diverti» durante la proiezione, poi, quando torni a casa, dopo un paio d’ore, il film è già dimenticato, svanito
e quella in cui invece durante la proiezione non provi alcun «divertimento» fugace, e poi, nei giorni seguenti, negli interstizi dei pensieri, t’accorgi che il film si è sedimentato, e continua a rilasciare in te sentimenti positivi, risonanze profonde
questo film appartiene alla seconda categoria
c’è qualcosa di molto classico, nel senso della tragedia classica, nel rapporto fra questo gruppo di uomini e il proprio destino, il loro comprendere, poco a poco, nelle loro giornate di lavoro, preghiera e condivisione, di come il cammino «segnato» non possa essere che quello, fino in fondo
c’è una scena verso il finale, una sorta d’ultima cena, con le inquadrature dei volti, colmi di affetto, consapevolezza, assolutamente meravigliosa
grazie della recensione, prof. biuso, come sempre preziosa