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Mente & cervello 70 – Ottobre 2010


Due affermazioni mi sembrano in questo numero particolarmente degne di rilievo. La prima è una critica al DSM, quel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali che Giusy Randazzo definisce giustamente come «l’Almagesto del Duemila» e nel quale «sfido chiunque a non ritrovarsi all’interno di una delle definizioni» (La svolta della filosofia, Erga edizioni, Genova, 2008, pp. 104-105). Persino il curatore della IV edizione del Manuale, Allan Frances, accusa i colleghi che stanno preparando la successiva di voler «medicalizzare la normalità, portando a un uso inutile e spropositato dei farmaci» (R. Salvadorini, pag. 24). Concordo pienamente, così come apprezzo la risposta che Leonardo Tondo ha dato a una lettrice a proposito dei disturbi bipolari di Francesco Cossiga, del complessivo squilibrio di un personaggio che è potuto tuttavia assurgere alle più alte cariche istituzionali: mentre per molte professioni si richiedono test attitudinali, per i politici «non è neanche richiesto un curriculum di studi specifici. È sufficiente sapersi mostrare in pubblico e saper convincere gli altri delle proprie idee» (7).

Demagoghi e piazzisti, insomma, i quali si servono degli stessi meccanismi che utilizza la pubblicità e che denotano -da parte dei pubblicitari- una sicura conoscenza dei meccanismi della mente. «È un’illusione pensare di poter resistere a tutte le forme di influenza pubblicitaria» (O. Corneille, 74) poiché essa si basa su fenomeni quali il “condizionamento valutativo” (associare a uno stimolo neutro -il prodotto- uno connotato emotivamente -un cucciolo di cane); l’ “euristica del giudizio” (una scorciatoia mentale che induce, ad esempio, a ritenere un coltello trattato col laser migliore, solo per questo, di uno lavorato con la tradizionale molatura); il “meccanismo di innesto”, che ci induce a fare acquisti vedendo il logo di una carta di credito; la “reattanza psicologica”, il ritenere che se non acquisteremo quel determinato prodotto saremo privati di un’importante possibilità; l’effetto familiarità, che rende gli spot pubblicitari ossessivi e percuotenti, in modo da metterci bene in testa marchi, slogan, canzoncine.

Gran parte della Rivista è dedicata a un tema spesso trascurato ma assai importante per comprendere la vita della mente: il sonno. Schopenhauer afferma che «il sonno è per noi ciò che la carica è per un orologio» (38). Dormire è indispensabile per tante ragioni: «un buon riposo notturno migliora la concentrazione e la formazione delle memorie, aiuta i meccanismi di riparazione delle cellule e rafforza il sistema immunitario» (26). Più in dettaglio, «durante lo stato di veglia il cervello reagisce agli stimoli ambientali e a nuove informazioni, costruendo nuove sinapsi e ampliando i collegamenti esistenti. Più è lungo il periodo di veglia, più massicci saranno i cambiamenti strutturali nel cervello. Tuttavia, collegamenti nuovi e ampliati tra cellule nervose richiedono più spazio e più energia, entrambi limitati e preziosi nel sistema nervoso centrale. Se il rinforzo delle sinapsi continuasse senza sosta, il cervello raggiungerebbe presto il limite di espandibilità. La potatura dei collegamenti sinaptici durante il sonno potrebbe, perciò, creare spazio e preparare il cervello per il successivo periodo di veglia. Da questo punto di vista, il sonno avrebbe il compito di favorire la flessibilità dei collegamenti neuronali, correlato all’oblio delle informazioni» (T. Schäfer, 36-37).
Anche il sognare rientra in questo gioco di memoria e dimenticanza. I sogni infatti «conservano i ricordi che non dovrebbero diventare preda dell’oblio attraverso la potatura delle sinapsi e che devono essere trasferiti nella memoria a lungo termine in una nuova combinazione e con una nuova tonalità emotiva […]. Per concludere, la rinuncia al sonno non compromette solo l’umore, ma altera l’equilibrio energetico, strutturale e funzionale del cervello. E ci priva dei sogni, che danno un contributo fondamentale alla salute della nostra mente» (Id., 37).
Il mondo notturno (ma anche quello diurno, per la verità) rimane tuttavia sempre ambiguo. Sonno e sogni sono infatti sottoposti a una serie di pericoli a volte anche gravi, le cosiddette “parasonnie”. Si tratta di «eventi o esperienze indesiderate che si manifestano nella fase di addormentamento, durante il sonno, oppure al risveglio» (F. Siclari e C.L. Bassetti, 55). Tra queste: pavor nocturnus, risvegli confusionali, paralisi del sonno, incubi, sonnambulismo, attacchi di fame e di sete, allucinazioni, enuresi, scosse ipnagogiche, gemiti notturni. Il mondo umano, insomma, e il suo dolore.

La sofferenza è così pervasiva che persino una caratteristica evolutiva e sociale molto utile può, a volte, diventare un problema: «in effetti il segreto per trarre vantaggio dal proprio aspetto sembra essere proprio quello di essere attraenti, ma senza eccessi: “Essere brutti è faticoso, non ci sono dubbi”, conclude Simonelli. “Ma anche essere belli, o avere un partner di grande bellezza può non essere semplicissimo”» (P.E. Cicerone, 72).

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