Inception
di Christopher Nolan
USA – Gran Bretagna, 2010
Con Leonardo Di Caprio (Cobb), Ken Watanabe (Saito), Joseph Gordon-Levitt (Arthur), Marion Cotillard (Mal), Ellen Page (Ariadne)
Trailer del film
Dom Cobb lavora nell’ambito dello spionaggio industriale. Penetra nei sogni degli altri per carpire loro dei segreti utili a qualcuno. Un potente uomo d’affari gli propone di fare l’operazione inversa: instillare nella mente del rampollo di una società concorrente il progetto di liquidarla. Per un’impresa così difficile, i collaboratori di Cobb riceveranno molto danaro e lui la possibilità di tornare nel proprio Paese, libero dall’accusa di aver ucciso la moglie, amatissima. Per raggiungere l’obiettivo bisogna entrare nella mente della vittima sino al livello più profondo, quello del rimosso, quello dell’angoscia e della speranza che insieme danno vita ai molteplici livelli del sognare. Addormentatisi su un aereo che li porta da Sidney a Los Angeles, per Cobb, per i suoi compagni e per l’uomo al quale dovranno impiantare l’idea, le dieci ore del volo si trasformano nei ritmi differenti e assai più dilatati di un inseguimento tra le strade di una città labirintica, di un albergo d’affari, di un remoto bunker tra montagne innevate.
A sognare sull’aereo è il giovane imprenditore ma insieme a lui si muovono le proiezioni oniriche di tutti gli altri, in particolare di Cobb, che ritorna incessantemente al ricordo della moglie e dei figli. Il contatto con la realtà, ciò che garantisce la differenza col sogno, è dato da un “totem”, un piccolo oggetto di cui soltanto il sognatore conosce le caratteristiche che possiede nel mondo della veglia. E sul totem di Cobb il film si chiude.
Ne Le rovine circolari Borges racconta di un uomo il cui «proposito (…) non era impossibile, anche se soprannaturale. Voleva sognare un uomo: voleva sognarlo con minuziosa interezza e imporlo alla realtà. Questo progetto magico aveva esaurito l’intero spazio della sua anima» (in Finzioni, «Tutte le opere», Mondadori, 1991, vol.I, p. 660). L’anima del protagonista di questo film tende allo stesso obiettivo, sino a trasformare il sognatore in un prigioniero delle spranghe oniriche che, per quanta felicità possano promettere, rimangono sempre un’assurda prigione. Certo, una prigione assurda è anche la veglia ma in essa vigono delle regole che salvano dalla follia: il principio di causalità, l’ordine temporale, la presenza inemendabile degli altri umani.
Inception è un luogo cinematografico elevato a potenza. Il cinema è infatti per sua natura finzione. Finzione è anche il sognare. Sognare al cinema significa dunque trasportare le immagini nel luogo da cui sempre scaturiscono, la profondità del sé. Ma filmare i sogni non è per nulla facile. Il flusso deve infatti rimanere al confine tra la solida plausibilità del racconto e la liquidità degli eventi onirici. Nolan riesce a raggiungere tale equilibrio. E fa di più: immerge lo spettatore nel flusso di coscienza dei sognatori sino a fargli dimenticare da dove tutto sia partito. Ed è proprio questa una delle caratteristiche del lavoro onirico, non ricordiamo mai da dove il sogno sia partito, dove eravamo all’inizio.
La spettacolarità visuale di Inception consiste soprattutto nel rendere concreta la forma/labirinto che costituisce la struttura più ricca dei sogni. Non è casuale, naturalmente, che la giovane architetto incaricata di progettare/sognare gli spazi e i luoghi in cui tutto accade si chiami Ariadne, il nome greco della compagna di Teseo e Dioniso.
Già in Memento (2000), Christopher Nolan aveva narrato i meandri della mente umana, rendendo immagine l’amnesia, l’oblio. Qui, con mezzi tecnici decisamente superiori, avvolge di inquietudine lo spettatore trasformando in dubbio la percezione di stare nell’oscurità di un cinema a vedere un uomo che sogna di imporre alla realtà il proprio sogno.
5 commenti
Stanley
Sarà una deformazione professionale, ma io ci vedo molto Kubrick, sia a livello tecnico che contenutistico.
Appena uscito dalla sala ho subito pensato a Lei, prof.
Mi auguro che vada tutto bene e sappia che, anche se da lontano, continuo a seguirla con regolarità.
Stanley
agbiuso
“E se la trottola continuasse a girare all’infinito?”
La conclusione del film è uno dei suoi elementi più interessanti (e abili).
Lo schermo diventa buio proprio nell’istante in cui si dovrebbe avere il responso del totem. In questo modo, ogni spettatore deciderà il significato da dare all’intero film.
Per il resto, “le incoerenze” da lei notate ci sono senz’altro ma -come lei stessa risponde- sono anch’esse coerenti con il film-sogno.
Laura Caponetto
Inception, ovvero le Idee come motore delle azioni umane. Innesta un’idea nella mente di un uomo e avrai come effetto necessario un suo comportamento ad essa concorde.
Il che mi fa pensare, forse banalmente, agli innumerevoli messaggi subliminali ai quali siamo soggetti quotidianamente, che “innestano” idee nella nostra mente, delle quali ignoriamo la genesi al punto da crederle una nostra invenzione.
Il film mi è piaciuto molto. Nolan è un grande disseminatore di indizi, che rendono comprensibile, ma seducente e mai prevedibile, una trama complessa, basata su artifici retorici che distruggono la linearità temporale. Si era già mostrato all’altezza dell’impresa in Memento (la cui trama procede a ritroso) e con Inception non delude affatto i suoi estimatori.
Tuttavia, ho notato delle “incoerenze” nella trama, che vorrei porre all’attenzione di chi ha visto il film. Per farlo, svelerò alcuni dettagli della trama stessa, per cui consiglio a chi non avesse ancora visto Inception di non proseguire nella lettura del mio intervento.
Quanto sto per dire non vuole essere una critica al regista, poiché sono fermamente convinta che la sua bravura consista anche nel fornire agli spettatori elementi che possano generare un animato dibattito.
Quando si muore in sogno, normalmente ci si sveglia (infatti, a chi è mai capitato di morire in sogno? La tensione cresce talmente tanto che il sogno di sgretola, sogniamo fino ad un attimo prima di vedere inscenata la nostra morte). Cobb spiega, però, che se si è anestetizzati, la morte in sogno non provoca il risveglio, ma la caduta in un limbo situato tra sogno e realtà. (Dal sonno derivante da anestesia, ci si sveglia per mezzo di “calci”. Il “calcio” corrisponde alla sensazione di precipitare. Ci si sveglia un attimo primo di toccare terra).
La domanda è la seguente: Se dal limbo si esce morendo nuovamente (Dom e Mal ritornano alla realtà facendosi investire da un treno), perché quando Saito viene ferito, Dom dice alla sua squadra che non c’è modo di ritornare alla realtà dal limbo, se non aspettare che finisca l’effetto dell’anestetico? (Il rischio è quello di ritornare alla realtà troppo tardi, quando cioè il cervello abbia subito danni irreparabili).
Inoltre, perché quando Dom incontra Saito nel limbo, egli è invecchiato così tanto e Dom è rimasto giovane, se i due hanno trascorso nel limbo grosso modo lo stesso arco di tempo? (Saito muore nel 3° livello, esattamente quando Mal pugnala Dom nel 4°).
Forse è inutile cercare soluzioni alle incoerenze della trama, la quale non inscena altro che un sogno (del quale si notano le stranezze non appena ci si sveglia, ossia non appena si esce dalla sala del cinema): il sogno di Dom Cobb, che, nella scena finale, distolto dal volto dei suoi figli, non aspetta il responso del totem. E se la trottola continuasse a girare all’infinito?
Biuso
Grazie per il link e per l’apprezzamento.
La tua recensione è, come sempre, eruditissima e vivace.
Condivido anche le piccole riserve che hai espresso sul film e il giudizio complessivo che ne dai.
Insieme a Memento , questo è secondo me il miglior film di Nolan.
mario
Ciao, che bella recensione, concordo!
La linkerò al mio articolo, che a tua volta trovi QUI.
Buon divertimento e a presto!
mario