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Phronesis

La cosiddetta “vita concreta”, quella vita che la gente ignorante contrappone alla filosofia, si rivela di fatto incapace di affrontare l’esistenza e la sua lotta contro l’assurdo. La vita intruppata, superficiale, annoiata e volgare non può che soccombere al dominio della morte, data la totale assenza di una domanda consapevole sul significato dell’esserci. Per chi si è liberato dall’illusione del vivere “concreto” e rifiuta di darsi alle fedi, alla disperazione, al cinismo, alla banalità, -per chi, insomma, vuole pensare– la vita diventa un mezzo della conoscenza, una perenne curiosità infantile, la costruzione -faticosa ma esaltante- di quel senso che gli “uomini pratici” spesso non possiedono e la cui assenza condanna all’inconsistenza le loro vuote vite.

15 commenti

  • agbiuso

    Agosto 20, 2010

    “ma la filosofia credo trovi in se stessa lo scopo, essendo forse la filosofia il vero essere uomini che sanno di esserlo

    Con queste parole, lei ha risposto da sé alle domande che ha posto qui e delle quali ringrazio lei e gli altri interlocutori. La sua idea è la mia, come è quella di Aristotele:
    “Riteniamo anche che tra le scienze, sia in maggior grado sapienza quella che è scelta per sé e al puro fine di sapere, rispetto a quella che è scelta in vista dei benefici che da essa derivano (…) Tutte le altre scienze saranno più necessarie di questa ma nessuna sarà superiore” (Metafisica, I, 2, 982a – 983a).

    [Grazie anche dell’elogio, che spero di meritare]

  • diego b

    Agosto 20, 2010

    grazie per l’immeritato commento

    solo apparentemente esiste dicotomia tra la sfera pratica della vita e quella riflessiva che ne indaga la natura e ci aiuta (consola) nella nostra esistenza cercando strumenti adatti

    molto interessante, ed anche appassionante il parallelo d’analogia con il buddhismo

    ti confesso però che intravvedo il rischio di piegare la filosofia ad una sorta di balsamo per l’anima, come dire che è utile per qualcosa d’altro

    ma la filosofia, visto l’amore che vi portano tanti ingegni d’altissimo valore (come ad esempio chi pazientemente ci ospita qui) credo trovi in se stessa lo scopo, essendo forse la filosofia il vero essere uomini che sanno di esserlo

  • Anatol

    Agosto 19, 2010

    Caro Diego, la domanda che poni è veramente interessante e problematica. Qual’è la differenza tra la conoscenza di qualcosa e il vissuto del conoscente? Qual’è il nodo che sembrerebbe emergere qui fra il teoretico e la prassi? Personalmente credo che non esista in atto alcuna differenza ma solo potenzialmente. Vorrei spiegarti questa mia tesi con un esempio: prendiamo la dottrina delle “Quattro nobili verità” del Buddhismo.

    I Verità del dolore
    II Verità dell’origine del dolore
    III Verità della cessazione del dolore
    IV Verità della via che porta alla cessazione del dolore

    Nella nostra esistenza facciamo tutti esperienza del dolore e questa si carica di elementi affettivi ed emotivi, dalla constatazione del dolore si cerca di analizzarlo per scoprirne natura, cause, circostanze e retaggi.
    Individuata l’origine del dolore si cerca di trovare un metodo che porti ad una sua accettazione e superamento. Come vedi la mente compie un processo inscindibile fra la sfera emotiva e percettiva del vissuto e l’indagine teorica-analitica che rintraccia un metodo di conoscenza e intervento nel mondo.
    Per questo solo apparentemente esiste dicotomia tra la sfera pratica della vita e quella riflessiva che ne indaga la natura e ci aiuta (consola) nella nostra esistenza cercando strumenti adatti.

    Anatol

  • diego b

    Agosto 16, 2010

    chiedo scusa per la mia invadente e neanche troppo qualificata presenza

    gentile eleonora, tu scrivi:

    chi studia filosofia…

    ecco, mi domando, perchè non mi è chiaro, la filosofia si fa, la si vive, oppure la si studia, oppure entrambe le cose?

    che differenza c’è fra un professore di filosofia ed un filosofo?

  • Eleonora Sciacca

    Agosto 16, 2010

    L’espressione è ironica, ma probabilmente ciò non è chiaro. La metafora del calciatore mi pare veramente inadatta a definire chi studia filosofia senza riuscire a concludere nulla nella vita “concreta”.
    Torno a contemplare la palla.

  • diego b

    Agosto 16, 2010

    A che serve un grande attaccante se non è noto il senso di un goal?

    grazie del chiarimento, molto azzeccato, secondo me

  • Eleonora Sciacca

    Agosto 16, 2010

    @diego b

    La filosofia non può essere considerata una disciplina al pari della fisica, della storia, dell’economia, della sociologia. Si tratta di una contraddizione, in quanto si scadrebbe dall’olismo che la permea ad un gretto atomismo. Per non parlare dell’inappropriatezza di un termine qual è quello di “disciplina”, dato che la filosofia non “addestra”. Evidentemente il positivismo domina ancora oggi con la sua pretesa di fare della scienza una suddivisione ad elenco, quando invece la filosofia nasce come unica e vera scienza che racchiude in sé tutta la conoscenza, dalla fisica, alla matematica, alla morale, alla politica, all’astronomia,alla metafisica, fino alla teologia.

    Per riprendere la metafora espressa: colui che, pur conoscendo la storia del calcio, non è riuscito ad essere un grande calciatore, rivela in realtà il vero carattere della filosofia. Essa non serve a calciare bene, non serve ad imitare e superare modelli, ma si pone in direzione del senso di quel gioco, dell’importanza che esso riveste per il singolo e per la collettività, del come può dare entusiamo o delusione. A che serve un grande attaccante se non è noto il senso di un goal?

  • mariella catasta

    Agosto 15, 2010

    …si,effettivamente identificare l’esistenza e il pensiero è l’espressione di un ottimismo di hegeliana memoria.
    Cartesio riconduce l’esistenza alla coscienza e punta sulla dimensione dell’interiorità per uscire dal dubbio ma… al di là della sua legittimazione non più sostenibile, confina nel soggettivismo la raltà stessa: il mondo è ciò che è dentro di me!
    Al di fuori del circuito individuale non ho garanzie.
    Hegel ipostatizza la stessa coscienza e riconduce la realtà all’equazione del pensiero: é un delirio di onnipotenza e la riduzione dell’Essere alla sua apparenza nel suo dinamimismo dialettico affascinante e seducente mi spinge a pensare che tutto si possa mettere sotto controllo secondo modelli di logica. Il problema è mettersi daccordo su quale modello di logica puntare.La formalizzazione dell’esistente accelera i processi stessi del pensiero ma per quanto possano essere generativi di schemi interpretativi della realtà, vivo nella consapevolezza della mia impotenza di travalicare il mistero del senso della vita.
    Avverto di essere attanagliata dalla trascendentalità del desiderio e delle sue forme e sento scorrere la mia esistenza minacciata dall’ombra del Non Essere e dell’assoluto silenzio di Dio .

  • agbiuso

    Agosto 15, 2010

    Caro Dario, come sempre tu arricchisci di dottrina e di rigore le mie poche parole.
    Condivido per intero ciò che affermi, in particolare quando scrivi che “la differenza tra l’individuo solo concentrato a soddisfare i suoi istinti primari e quello che accede alla riflessione razionale non tocca il piano ontologico del destino umano, che è ineluttabile, ma la consapevolezza del medesimo, rendendo chi vi accede conscio della natura della propria esistenza, che sempre i Greci hanno magistralmente definito come “un attimo di luce tra due eternità di tenebre”.

    I Greci, certo, e anche il Céline del Voyage: “La vita è questo, una scheggia di luce che finisce nella notte. (Viaggio al termine della notte, Corbaccio, p. 376).

    Il nome di Leonardo da Vinci, poi, è l’ennesima conferma della tua profonda comprensione di quanto ho cercato di dire. Leonardo, infatti, scrive:

    “Ecci alcuni che altro che transito di cibo e aumentatori di sterco -e riempitori di destri- chiamar si debbono, perché per loro -altro nel mondo appare- alcuna virtù in opera si mette; perché di loro altro che pieni e destri non resta. (Scritti letterari, Rizzoli, pensiero 111, p. 76; “destri” sono i cessi).

    e aggiunge l’evidenza del fatto che “Chi poco pensa, molto erra” (pensiero 66, p. 71).

    Grazie, quindi, per averci ricordato tutto questo.

  • Dario Generali

    Agosto 15, 2010

    Caro Alberto,

    l’esaltazione della “vita concreta” intesa come complesso delle attività umane che soddisfano gli istinti fondamentali di sopravvivenza e riproduzione della nostra specie esprime l’apprezzamento acritico per i livelli più bassi, ancorché necessari e ineliminabili, dell’umano e non credo sia necessario spendere troppe parole per definire la limitatezza di una simile prospettiva esistenziale, poiché, nel corso della storia, l’hanno già fatto in modo magistrale molti autori, fra i quali mi limito a ricordare Giordano Bruno e Leonardo da Vinci.
    Pure non credo sia necessario insistere sulla caratteristica distintiva della nostra specie, individuata da una solida tradizione culturale nella dimensione simbolica, che esprime livelli di complessità che non possono essere ridotti al puro soddisfaciemnto degli istinti primari.
    L’articolata e complessa storia della nostra cultura trova in questa cornice la sua collocazione e molte delle ragioni che ci permettono di comprenderne fini, motivazioni e risultati.
    Contrapporre la “vita concreta” all’arte, alla scienza e alla filosofia significa quindi fraintendere radicalmente la caratteristica distintiva dell’umano, che proprio su questi terreni esprime la propria natura specifica.
    Nello stesso tempo, però, neppure le più raffinate forme di pensiero possono mutare, come ci hanno insegnato una volta per tutte i Greci, il nostro destino e dare alla nostra esistenza quel senso a cui la nostra razionalità aspirerebbe e che riesce a delineare solo sul piano logico. Possono invece darci quella consapevolezza del dramma della nostra esistenza così ben compreso sempre dai Greci e più volte ribadito dalla tradizione filosofica laica e antimetafisica.
    La differenza tra l’individuo solo concentrato a soddisfare i suoi istinti primari e quello che accede alla riflessione razionale non tocca il piano ontologico del destino umano, che è ineluttabile, ma la consapevolezza del medesimo, rendendo chi vi accede conscio della natura della propria esistenza, che sempre i Greci hanno magistralmente definito come “un attimo di luce tra due eternità di tenebre”. Quindi non come il puro nulla del nichilismo post-cristiano, ma come un attimo di vita da sfruttare sino in fondo, nella piena consapevolezza del nulla che l’ha preceduto e che lo seguirà.
    Un caro saluto.
    Dario

  • diego b

    Agosto 15, 2010

    curiosa cosa la filosofia, perchè è una disciplina, una materia di studio, come la fisica, la storia, la sociologia, l’economia, ma è anche, nella stessa parola, percepita come anche un modo di essere

    del resto, non è detto che chi conosce a menadito la storia del calcio, poi, sul campo di gioco, sia un grande calciatore

    mi permetto di osservare, al gentile filippo che ha scritto molto bene, che però il io penso dunque esisto è tutto sommato una espressione ottimistica

  • fiilippo scuderi

    Agosto 15, 2010

    La vita è unica e misteriosa ma favolosa al tempo stesso, la cosa che mi fa più paura in questa vita è la verità.
    Verità che la vita puntualmente mi ha rivolto contro , come una partita a scacchi, gioco questa partita con la vita consapevole che è Lei a darmi lo scacco matto.
    Io penso quindi esisto, quindi esisto e mi chiedo il perché di questa vita, ci sono persone che nella loro ignoranza non si pongono delle domande e sono felici, io da ragazzo ero felice perché non mi ponevo domande , domande che la vita puntualmente mi ha riproposto e alle quali non trovo facilmente le risposte,
    la mia vita, in simbiosi con la mia mente con la mia memoria con la mia coscienza con la mia esperienza , consapevole dell’essere ,troverà solo delle varianti ma mai la mossa finale, mossa finale che mio malgrado non sono io a decidere perché in questa vita dobbiamo fare i conti con il fato e qui altre domande .
    Domande cui cerco di dare delle risposte con lo studio della Filosofia.
    P.S.
    Vi sembrerà strano ma un film di Woody Allen “basta che funzioni” mi ha dato delle risposte.
    Filippo Scuderi

  • Biuso

    Agosto 15, 2010

    Caro Gianni, mi riferivo non a quanti ignorano la filosofia ma a coloro che la disprezzano in nome di una presunta superiorità della “vita pratica”. Come se la vita umana non fosse per sua natura vita pensata! La filosofia, per quanto mi riguarda, è la pratica stessa della vita, quella che mi ha sempre donato e restituito la serenità dei giorni.

    Complimenti per il suo sito, davvero bello. Sono certo che lo arricchirà sempre più con i frutti della sua arte.

  • gianni panattoni

    Agosto 15, 2010

    mi permetto:
    COGITO ERGO SUM
    come potrei considerare ,per puro esempio, quei genitori che vivono concretamente, si prodigano, si fanno in mille per il benessere dei loro figli? Mi domando è anche questa concretezza una lotta contro l’assurdo? La ringrazio.

  • diego b

    Agosto 14, 2010

    chiedo davvero scusa se mi permetto, ma:

    questo scritto, però, qualche lettore malevolo, potrebbe interpretarlo come una fuga, un elegante rifugio

    è concreta semmai una vita fatta di conoscenza, perchè chi conosce è vivo proprio per quello, o, per lo meno, ne ha la sensazione

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