Mente & cervello 67 – Luglio 2010
«In un certo senso siamo fatti per il bacio» (N.Guéguen, pag. 47), il quale produce moltissimi effetti positivi sull’intera corporeità e sulla sua salute. Non soltanto, come è evidente, «le coppie che si baciano spesso sono quelle più soddisfatte, con bassi livelli di stress e buoni risultati nelle analisi del sangue» ma baciarsi stabilizza il ritmo cardiaco, riduce il livello del colesterolo e persino «i disturbi digestivi, urinari, sanguigni e addirittura quelli che hanno a che fare con i denti»; darsi dei baci serve inoltre a perdere calorie (Id., 51). Ancora una volta, nulla è soltanto somatico e nulla soltanto psichico, nulla è frutto della sola razionalità o del solo sentimento.
Lo conferma anche il dossier di questo numero dedicato alla “scienza dell’amore felice”. Al di là delle osservazioni più ovvie e più antiche, è molto importante sapere che un legame di coppia si rafforza non soltanto quando si affrontano insieme le difficoltà dell’esistere ma anche e soprattutto quando ci si gratifica reciprocamente con le buone notizie, quando si accoglie un successo del compagno o compagna con gioia, quando -insomma- si gode dei risultati dell’altro come se fossero i propri: «imparate a reagire in maniera costruttiva alle dichiarazioni positive del partner. Cercate opportunità per esprimere interesse, sostegno ed entusiasmo. Riconoscete il valore di un successo professionale, per esempio. (…) Per prima cosa, sostenete la gioia del partner» (S.Pileggi, 44-45).
Anche in questo modo si potranno evitare i fallimenti sempre incombenti sulle relazioni umane quando esse -come accade nel rapporto di coppia- nascono «con aspettative assolutamente irrealistiche» (R.Epstein, 30).
Vivere è molto duro, sempre. Se nonostante tutto la gran parte delle persone affronta con tenacia l’impegno di ogni giorno è anche perché «il genere umano è portato naturalmente alla resilienza», e cioè alla «capacità di far fronte a eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare in maniera positiva la propria vita», anche di fronte ai fallimenti, agli abbandoni «alle perdite più gravi» (D.Ovadia, pp. 57 e 52). Resilienza è dunque sapersi piegare di fronte alle difficoltà senza spezzarsi ma ricominciando da ogni dolore vissuto.
Una vita tramata di sofferenza, amori e abbandoni fu certamente quella di Alda Merini. Alla scrittrice milanese, Vittorino Andreoli dedica un ritratto troppo virato sul tema della malattia. Un’affermazione come la seguente: «Alda Merini è una grande poetessa proprio perché è schizofrenica» (23) mi sembra ancora una volta ridurre la complessità dell’arte e della creazione alla sola dimensione biografica e in particolare patologica. Atteggiamento del quale Giacomo Leopardi, ad esempio, è una evidente e paradigmatica vittima. Non si scrivono splendide parole soltanto perché si è malati o tristi. Se così fosse, tutti gli umani sarebbero poeti.
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4 commenti
Biuso
Grazie a lei, cara Maria.
Maria D'Asaro
In quest’assolato e silenzioso pomeriggio ferragostano, ho potuto ritornare a visitare il suo sito. Che trovo denso e ricco. Grazie.
Maria D’Asaro.
Campo Paolina
In un’intervista rilasciata qualche giorno prima di essere ucciso, Pasolini dichiarava che troppo spesso ” il proprio cuore, luogo di sentimenti ma anche di domande radicali, è sentito come nient’altro che un muscolo.”
Gli strumenti, le tecniche, le conoscenze, riuscire quindi a scrivere in maniera corretta è sicuramente importante. Ma la bellezza di un brano, di una poesia hanno anche bisogno della capacità di ascoltare il proprio cuore. Solo così si è capaci di grandi passioni, grandi emozioni che nella scrittura (e nell’arte in genere)trovano un naturale sbocco. E non è necessario essere malati, tristi, depressi. Tutti nella vita attraversiamo momenti difficili, tutti abbiamo avuto la sensazione di essere come delle canne al vento( Pascal?). Eppure, finita la tempesta, guardiamo ancora avanti, forse più forti di prima.
Grazie.
Adriana Bolfo
Sarò banale, ma credo che le coppie che non si baciano non siano coppie.
Un ricordo:
la scultura di Brancusi ‘Il bacio’, chiara nella sua ‘formulazione’ ed essenziale.
Per i poeti e gli artisti in genere: concordo sul fatto che malattia o altro disagio non sono di per sé fattori di artisticità: troppo facile. Anzi, credo che la precondizione per la cretività sia essere, in qualche modo, liberi -ciò secondo l’apparato fisio-psico-nervoso di ciascuno, le concezioni ecc. (A seconda del temperamento, uno può sentirsi libero anche povero e malato e abbandonato e..).
Inoltre, credo che niente sia, a priori, garanzia di artisticita e di impronta stilistico-espressiva. Insomma, se aspiriamo al Nobel o al premietto di quartiere, non contiamo né sulla polmonite né sulla depressione clinica.
Inoltre: liberi tutti, ovviamente, di eprimere opinioni senza la pretesa della giustezza, ma…quando la smetteranno gli psico-eccetera di tuttologare, soprattutto in ambito letterario? E dire che mi piacquero, a suo tempo, i richiami dello psicanalista Carotenuto alla lirica greca e mi piacque il libro su ‘Il processo’ di Kafka. Sta di fatto che di letteratura parlano un po’ tutti, specialmente persone di area terapeutica, con la scusa che ”sono sempre fatti umani”. Peccato che un ragionamento sullo stile sia un po’ più impegnativo da farsi, anche se, ovviamente, sempre ‘umano’, stile e ragionamento.
Domanda: se una povera professoressa si mettesse genericamente a parlar di psicanalisi e affini, come reagirebbero esponenti di ordini professionali ‘di area’? Per fortuna, nonostante un poco di dente avvelenato sul filo della logica e, fondamentalmente, dei rapporti socio-economici di forza, ho altro, di meglio e di peggio, da pensare e da costruire.
Sorry,
Adriana.