Un’amica, Amelia Caselli, mi ha segnalato l’articolo che copio qui sotto.
Ho ascoltato le tracce musicali sul sito indicato. Abominevole, davvero. Non rispettano più nulla questi automi televisivi, questi vip da quattro soldi. In un delirio di onnipotenza lacerano, smembrano, ricoprono delle loro note di merda alcune delle parole più fonde, più inquiete e più serene che siano state dette nella nostra lingua. La politica spettacolo e la Destra televisiva stanno riempiendo del proprio inevitabile fetore ogni luogo e ogni tempo. Che rubino pure i soldi ma ci lascino almeno la nostra bellezza.
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Distruggere la poesia
La scuola va distrutta in ogni ordine e grado, senza risparmio. Ne beneficeranno le scuole private che servono i ricchi del paese dove la forbice della diseguaglianza è tra le più alte al mondo, ne beneficeranno i preti, ma anche chi necessita di un popolo gregge. La Gelmini adempie diligentemente alle direttive. Con ogni mezzo possibile. Tra questi, un cd distribuito in 70mila copie presso le scuole medie di alcune regioni, per far parte del programma di studio. Musica e parole. 10 in poesia. L’abominio. Poesie di Foscolo, Leopardi, Ungaretti, Montale –tutte massacrate a colpi di becero pop. Fatte cantare ai divi della tv, da Amici a X Factor a Saranno famosi a Ok il prezzo è giusto. Tutti accomunati da un’assoluta inconsapevolezza di quel che stanno cantando. Tutti presi nel furore di distruggere il concetto stesso di poesia. Fingendo di “avvicinare i ragazzi alla poesia”, si eleva a metro dell’arte un simulacro di musica iperbarica, vuota, pura merce. Del resto a questo deve servire la scuola, a tirar su una generazione di consumatori senza alcuna capacità critica. Andate su www.orofinoproduzioni.com, e sentite Elisa Rossi da X Factor che trapassa a colpi di leziosità A Zacinto, ma anche il povero Mario Venuti che si è prestato a poppizzare Meriggiare pallido e assorto. Poi potete vomitare, se volete. Ma ritenetevi fortunati, allo stesso tempo. E già, perché l’ideatrice di questa immondizia è Loriana Lana, che non è solo la testimonial della candidatura del nostro Caro Leader S.B. al premio Nobel per la Pace, ma anche la paroliera dell’inverosimile canzone (estremo sintomo della cartoonizzazione dell’Occidente, per citare il mio amico Giulio Milani) Silvio forever (Silvio forever sarà silvio realtà silvio per sempre / Silvio fiducia ci dà silvio per noi futuro e presente / nobile e giusto tu ci piaci per questo sei il pensiero che ci guiderà). Pensate, poteva musicarci anche un Sandro Bondi, la signorina. Un’altra miracolata del basso impero. Ricompensata con 70mila copie per i suoi innominabili servigi.
Marco Rovelli, l’Unità, 8/5/2010
20 commenti
marco de paoli
Mi sembra però che in questa discussione vi sia un equivoco.
Si è semplicemente criticata una brutta trovata del ministero della pubblica istruzione, e da qui il discorso si è ampliato su certi gravi problemi che da tempo affliggono la scuola.
Una giovane è intervenuta per difendere i giovani che riteneva disprezzati negli interventi.
Ma in realtà non mi sembra che nessuno dei molti intervenuti abbia parlato male dei giovani, né nessuno ha celebrato nostalgicamente il passato in quanto tale.
Se come docente rilevo che molti libri di testo (di cui faccio ben poco uso) peggiorano col tempo, perché sempre più pieni di quiz e test, è solo perché constato che peggiorano col tempo e non perché nostalgico.
Se altri criticano certe recenti e attuali riforme universitarie, non è per rimpiangere il tempo che fu, ma perché effettivamente certe riforme recenti o attuali sono criticabili. Se si nota che invariabilmente gli studenti bravi e motivati sono pochi, non è per dire che una volta erano tanti: l’eccellenza è rara oggi come ieri.
Il problema insomma non è se si ha 20 anni o 30 o 40, poiché si può essere stupidi a 20 anni come a 70. Fulminea (e un po’ bugiarda nel suo caso) la recente battuta di Mick Jagger, leader dei Rolling Stones, in risposta a un giornalista: “avevamo 20 anni, eravamo giovani, belli e stupidi. Oggi siamo solo stupidi”.
Alessandro Generali
Cara Giulia,
sì, ci siamo conosciuti alla presentazione del libro di Marco De Paoli a Corsico due o tre anni fa ed è per questo che ho pensato di poter intervenire e di risponderti.
Hai ragione nel dire che tra noi non c’è una generazione, ma c’è una differenza di età non trascurabile, perché quest’anno io ho frequentato la seconda liceo e tu sarai probabilmente già laureata. Sono sei o sette anni, ma che pesano, perché tutto oggi sta cambiando assai velocemente e non è detto che i problemi che deve affrontare oggi un neolaureato siano gli stessi che dovremo affrontare noi e, nello stesso modo e con le stesse possibili differenze, che dovranno affrontare i ragazzi che hanno l’età della figlia della signora che è intervenuta prima di me. C’è anche una differenza di mentalità e di autoconsiderazione. Tu, per esempio, e credo giustamente, non ti metteresti ad uscire regolarmente con il mio gruppo di amici flirtando con quello che potrebbe esserti più simpatico, perché ci considereresti dei bambini. Noi, nello stesso modo, non usciremmo con delle bambine delle medie 🙂
Hai invece perfettamente ragione nel dire che la generazione dei nostri padri tende a enfatizzare quello che è stata e che ha fatto, ma credo che questo sia un difetto tipico dell’età adulta, che cresce a dismisura negli anziani. Ognuno tende a nobilitare quello che ha fatto, a dargli un senso particolare e irripetibile. Ti ricordi, in “Lilly e il vagabondo”, la figura di Fido, il vecchio cane amico di Lilly, che ogni volta cercava di dire cosa gli avesse sempre ripetuto il suo vecchio nonno Fedele, mentre tutti gli amici cercavano di sfuggire al racconto? Le persone anziane sono un po’ così, sempre alla ricerca della propria autocelebrazione, ma non credo che sia un problema solo della generazione dei nostri padri o dei nostri nonni, ma di tutte le generazioni di adulti e di anziani nei confronti dei giovani. Io stesso, quando parlo con i ragazzi più giovani che entrano nei MMORPG, tendo a enfatizzare i “tempi eroici” dei primi giochi a cui ho preso parte sei o sette anni fa.
Hai perfettamente ragione anche nel dire che non abbiamo nulla da invidiare alle generazioni che ci hanno preceduto, se non la loro maggiore esperienza e cultura, che deriva dalla loro età e che avremo anche noi nei confronti dei nostri figli e dei nostri nipoti.
Personalmente credo di non conoscere meno Greco e Latino di un mio coetaneo medio del Liceo Classico di trent’anni fa, ma sono certo di aver dovuto confrontarmi con dei problemi, come quello dell’acquisizione di competenze informatiche, che allora neppure si ponevano.
Si dice che i grandi sono tali quando ci si avvicina a loro in ginocchio. Secondo me uno dei nostri problemi è di non riuscire a credere fino in fondo alla specificità delle competenze e del modello di vita della nostra generazione. Se i nostri riferimenti sono quelli della moda e ci sforziamo di riprendere i modelli del passato, non faremo che imitare chi ci ha preceduto e, come i neoclassici, non potremo mai eguagliare i nostri modelli. La nostra generazione deve avere la forza e il coraggio di imporsi per quello che ha di specifico e di diverso, per esempio la forza straordinaria dell’informatica e dei suoi mezzi di comunicazione. Dobbiamo però avere la consapevolezza di questa nostra specificità e saper riempire questi nuovi modelli di conoscenza di contenuti adeguati, forti della cultura del passato e, nello stesso tempo, capaci di dare risposte nuove e significative.
Il CD immondo distribuito dalla Gelmini è l’esatto contrario di come si devono usare i mezzi informatici e sembra legittimare la convinzione di molti soggetti anziani, che non sono in grado di usare le potenzialità dell’informatica, che questa per sua natura sia portata alla diffusione dell’idiozia e non della cultura, della conoscenza e della libertà di pensiero, come invece io credo che debba essere.
Dai padri e dai nonni dobbiamo prendere, come anche ci dice Platone ne “La Repubblica”, quando sono in grado di trasmettercela, cultura ed esperienza, come è sempre stato nella storia, ma non dobbiamo certo lasciarci convincere della nostra incapacità di vivere ai livelli a cui sono vissuti loro. La migliore difesa, quando tentano di farcelo credere, è di pensare alla figura di Fido, nella storia di “Lilly e il vagabondo”. In questo modo evitiamo anche di arrabbiarci, perché la figura di Fido è gentile e gradevole e produce tenerezza e non risentimento e, in questa prospettiva, magari ci può anche venir voglia di sentire cosa gli diceva sempre il “suo vecchio nonno Fedele”, come hanno mostrato di desiderare i cuccioli di Lilly, sentendosi dire, a quel punto, che lo “zio Fido” non se lo ricordava più, perché, in fondo, l’importante non erano tanto i contenuti da trasmettere, ma l’èpos della propria vita da affermare.
Giulia
Cara Giusy,
Le passioni durano quanto durano gli uomini. Se permetti anche a me un lampo di parentesi autobiografica, dirò che il mio uomo di anni ne ha 53, esattamente 3o più di me e 15 più di te. Come vedi, neanche io attribuisco molto peso all’età anagrafica. Il mio discorso era però più ampio; era cioè un invito ad obbedire a se stessi piuttosto che allo sdegno. Il cd della Gelmini ha disgustato tutti, e perciò mi pare che non sia lì che dobbiamo insistere, rovesciando altri insulti su di esso. Il mio primo intervento era dunque volto a rassicurare gli altri sul fatto che non abbiamo dimenticato come ci si ribella. Vorrei dire: quel cd non può danneggiarci, perché il suo linguaggio si falsifica da sé, come ciascun linguaggio che non sia in grado di tener fermo il proprio senso poetico. Di nuovo, intendo “poetico” in accezione etimologica – dove la poesia non è un modo più elevato della lingua quotidiana. Proprio qui il disvelamento cessa: diviene sempre più difficile operarlo perché resta sempre meno spazio per un senso.
A proposito della mia vista, “l’animal voit selon qu’il est visible”, insegna Merleau-Ponty. Io mi sono esposta tentado un’argomentazione, e credo quindi di vederci piuttosto bene.
Per il resto, nulla rimane stabile un solo istante nelle cose degli uomini. Ma proprio per questo, anche la nostra epoca, come tutte le precedenti, è avida di dèi.
Con ciò chiudo la mia corrispondenza qui, ricambiando per te la tua bambina l’augurio di una vita felice.
Giusy Randazzo
Mi permetto di intervenire per rispondere a Giulia. Sono ormai molto avanti negli anni: ne ho ben quaranta, Giulia. Considera dunque nel mio argomentare tutto il disagio derivante dalla vita che mi sfugge velocemente mentre i giovani fanno capolino in questo mondo musicato dalla Gelmini, divertente e goliardico. Fatta questa premessa, devo darti ragione. Bruno ne La cena de le ceneri scriveva che i contemporanei sono più vecchi degli antichi perché si portano addosso millenni di storia. C’è un unico problema che mi è venuto in mente, sovvenendomi il paradosso del sorite: quando un mucchio diventa mucchio? Dunque, quando un vecchio diventa vecchio? Meglio: quando una persona che stava serenamente nel noi viene magicamente catapultata nel loro? Stalin se lo domandava ogni giorno, tant’è che uno si ritrovava a essere loro, i nemici, mentre fino a qualche giorno prima vivacchiava nel noi, gli amici; così anche Pol Pot, per non parlare di Hitler e del nostro caro Mussolini, che ha fatto rientrare nel loro persino Ida Dalser e il figlio.
Non è dunque solamente una questione di età. Eppure, è proprio a partire da questa categorizzazione –carissima ai dittatori- che molti giovani di un tempo, appena divenuti vecchi si sono dati all’epurazione di loro; forse è anche per questo che gli anziani, nella nostra società di giovani (giovani?), sono considerati alla stregua di computer obsoleti. Continuo però a domandarmi chi sia vecchio. Quanti anni deve avere? Per mia figlia, che ne ha otto, si è vecchi già a 25 anni, quindi tu sei quantomeno anziana, fai parte del loro. Eh, sì, sarai certamente d’accordo con mia figlia, perché alcuni degli interventi che precedono sono scritti da tuoi coetanei. A 23 anni, aggiungo, avevo una figlia di 3 anni, che aveva sempre paura -essendo io, per lei, anziana e sola (come tutti i loro)- che morissi. Il che era assolutamente possibile dato che il “respiro successivo è sempre un dono” e che “vecchio è chi muore”.
Insomma, davvero un bel pasticcio. Se poi parliamo del tempo cosmico, la frittata è bella e pronta: siamo tutti coetanei. Che differenza vuoi che facciano venticinque anni nel tempo cosmico o cento o mille? Praticamente l’unico vecchio sarebbe l’uomo di Neanderthal. Così, facendomi forte del tempo nella sua dimensione più universale, ti considero mia coetanea e ti rimetto nel loro o mi faccio lo sconto rientrando testardamente nel noi e ti chiedo: ma sei sicura di non avere problemi con la vista? Sai, alla nostra età è possibile. Sì, perché questi vecchiacci che stavano prima parlando, discutevano su un cd che, per quanto galeotto, non c’entra proprio nulla con i tuoi predicozzi da ottuagenario (ops…).
Questo è il motivo per cui, anziché intervenire sul contenuto della tua accusa, ho preferito concentrarmi su altro. Esattamente come hai fatto tu.
So già che con questo mio intervento non me la caverò con un tuo sorriso sia che mi lasci nel noi sia nel loro. D’altronde “il vecchio rimbambisce, il giovane impazzisce”.
Comunque, preferendo rimbambire in tutta serenità, mi dimetto dal noi augurandoti una vita felice.
Giulia
Caro Alessandro,
Non credo che tu possa appartenere alla generazione successiva alla mia; questo implicherebbe che tu non fossi ancora nato, o che avessi al massimo un paio d’anni. Diversamente, essendo un “amante delle lettere classiche”, immagino che tu, per lo meno, stia già frequentando il ginnasio. Forse ci siamo anche conosciuti di persona, mi pare nel 2oo7, alla presentazione di un libro del Professor De Paoli – c’eri?
Perciò ti rispondo volentieri come ad un mio coetaneo, anche se sei un po’ più giovane; infatti il mio intervento precedente era formulato per un lettore implicito dell’età dei nostri genitori.
Quando dici “non credo che la nostra generazione sia quello che è per colpa della precedente”, (io questo non l’ho mai scritto, però), vorrei chiederti: la nostra generazione, esattamente, che cosa è? Noi che cosa siamo? Che posto abbiamo – o meglio, che posto ci è stato assegnato da loro ?
Io risponderei così: con il consueto tormentone dei tempi che furono (a proposito, grazie della correzione), che ci sentiamo ripetere ogni giorno da quando siamo nati, quello che suona più o meno: “voi non sapete come si studiava una volta! Ai nostri tempi traducevamo Sofocle senza vocabolario tenendo una mano nel culo mentre con l’altra suonavamo Chopin” – con questo tormentone, dicevo, a noi viene costantemente negato il diritto a prenderci sul serio. L’educazione che ci è stata impartita dalla nostra società è mirata a toglierci ogni fiducia in quello che possiamo fare, giacché tutto è stato già fatto, e non resta niente per cui valga la pena. Il più colpeto cinismo. L’unico modo per uscirne? Che loro ci corrano in aiuto.
E’ per questo, tra l’altro, che viviamo nel continuo Revival: si imitano gli anni settanta, ottanta, novanta… e così via, di modo che non è mai l’oggi ciò che importa; ciò che importa è sempre già passato, è sempre alle nostre spalle. Sicché la situazione risulta ribaltata: i giovani non siamo noi, i giovani sono loro , e noi siamo i vecchi. Siamo noi quelli che vivono in un altro tempo – nel tempo sbagliato.
Questa impronta di passatismo è rintracciabilissima in tutti gli interventi che hanno preceduto il mio, ed è ciò che mi ha spinta a rispondere.
Cosa ne pensi?
A presto
Alessandro Generai
Io sono della generazione ancora successiva a quella di Giulia, ma non credo che la nostra generazione sia quello che è per colpa della precedente. Anzi, dirò di più, non trovo neanche che la nostra generazione sia peggiore di quelle precedenti. Il vero problema è che troviamo nelle università e nelle scuole docenti spesso non idonei al ruolo che dovrebbero svolgere. Quando, invece, abbiamo la fortuna di trovarne alcuni all’altezza del loro compito non possiamo che rallegrarcene, per l’enorme vantaggio che ne possiamo trarre.
In ogni epoca e in ogni luogo vi sono stati elementi geniali e soggetti spaventosamente banali, e la nostra, come la precedente e come quella precedente ancora, non fa eccezione.
Detto questo, esprimo tutto il mio disprezzo verso questo progetto gelminiano, verso il quale anch’io penso che la resistenza più decisa sia doverosa.
Ultimo appunto che, da appassionato di cultura classica, mi sento di fare è che quando non siamo sicuri delle citazioni è meglio controllarle (“O tempora, o mores”, vd. Cic., In catilinam, I,2)
marco de paoli
Touché.
Per parte mia, volevo soltanto dire che non tutto quanto di male v’è nella scuola oggi è colpa del governo attuale (“piove, governo ladro!”) ma ha radici remote (e lo sa anche Alberto) e soprattutto viene dalla sfera sociale prima ancora che politica.
Mi spiace di aver dato l’impressione del laudator temporis acti.
Comunque, complimenti.
Giulia
Sognori,
Ciascuna società, salvo eccezioni rarissime, ha sempre ritenuto di vivere un’epoca decadente. La retorica del passato è una costante occidentale, come insegnano illustrissimi poeti (in senso etimologico, voglio dire largo), tra cui proprio una delle vittime di questo scempio.
Forse il dogma del creazionismo esige ancora da noi che rintracciamo nel mondo il segno di un declino costante? O forse è piuttosto il contrario: dalla nostra indole nostalgica sono sorte le tradizioni demiurgiche. Di modo che, appena una generazione cessa di rimpiangere, cessa anche di esistere.
Conosco personalmente solo tre di Voi, ma dai Vostri interventi intuisco che appartenete tutti alla generazione precedente la mia – io ho ventritré anni. Perciò capisco la Vostra preoccupazione, e oggi scrivo per rassicurarVi.
Come sapete, io purtroppo non ho mai visto un governo alternativo a questo; e tuttavia l’ho sempre disprezzato. Peraltro sono stata educata ad un orientalismo dove non esistono epoche decadenti, dove tutti i tempi sono sacri. Eppure mi sono accorta ben presto che avrei dovuto rivendicare con insistenza quegli insegnamenti, che altrimenti la Vostra generazione non sarebbe stata in grado di tramandarmi. Non voglio essere ingiusta, ho avuto anch’io degli ottimi maestri, e anche adesso ne ho. Ma quello che intendo dire è che noi ce ne accorgiamo: noi lo vediamo che le cose vanno male. Il che è paradossale, perché secondo voi le cose vanno male proprio perché ci ritenete incapaci di rendercene conto. E lo ritenete perché, come Esiodo, non siete disposti a credere che la generazione successiva alla vostra possa essere migliore della vostra. O mores, o tempore! Dopo gli uomini di ferro, ecco che arriviamo noi, gli uomini di “silicio”. Insomma, oltre il danno anche la beffa. Permettetemi di sentirmi offesa.
Tipicamente si tende ad attribuire la massima importanza alla propria occupazione. Io Vi sto chiedendo questo sforzo: abbiate un po’ meno fiducia nel Vostro lavoro di insegnanti, che dopotutto non è poi così importante; e abbiatene un po’ di più nella nostra intelligenza. Noi ci salveremo. Infondo, non ci sarà difficile fare un po’ meglio di Voi.
Questo per quanto riguarda il pianto su Roma.
A proposito dell’abbandonare il nostro Paese, vorrei dire un’ultima parola. L’uomo libero sceglie la fuga con lo stesso coraggio, ossia presenza d’animo, con il quale sceglie il combattimento. Molti di noi scelgono il combattimento. Forse perché ci sembra che basterebbe poco, e che la necessità di poco è una povertà peggiore della necessità di molto. Proprio perché ci avete lasciati così miseri di eredità, noi non intendiamo arrenderci. Si succiderit, de genu pugnat.
Giulia
marilena cusati
Ho guardato il link. Prima quello con i brani musicali: mi sono quasi sentita male. Poi mi sono fatta forza ed ho anche guardato la presentazione. Mi sembra anche peggio. Sì, perchè la teorizzazione è forse peggio del (mal)costume. Si dice che lo scopo di tale Alfredo Orofino (chiaro nome antifrastico) sia quello di “esprimere attraverso un linguaggio contemporaneo e fresco…” etc. etc. Forse il problema è proprio questo: bisognerebbe capire che la cultura non è esprimere un testo poetico con linguaggio “contemporaneo e fresco” (quale sia poi la freschezza qualcuno me lo dovrebbe spiegare) ma è riscoprire la perenne freschezza del linguaggio antico.
Ed invece non è così chiaro. E non è qualcosa che accade solo oggi. La cultura sta andando a catafascio da un pezzo.
Un mio collega faceva leggere agli studenti le sue parafrasi di Dante: A metà della mia vita, quando avevo 35 anni, mi trovai in un bosco…”. Così gli studenti capiscono. Ma cosa capiscono?
E quello stesso collega faceva così con tutti i testi (Machiavelli, Foscolo etc. etc.). Li scriveva tutti a computer, lavorava come un pazzo ma non insegnava…
E’ questo che rovina la scuola. Come quando, anni fa, io e Marco (v. intervento 9) proponemmo un corso interdisciplinare (latino e filosofia) sullo stoicismo (Paradoxa Stoicorum di Cicerone). Il precedente anno avevamo fatto un corso analogo sull’epicureismo (partendo dal De finibus bonorum et malorum, sempre dell’Arpinate) ed ai ragazzi era piaciuto molto. Anche perchè un serio lavoro di tipo interdisciplinare è raro nella scuola. Ed anche per noi era stato davvero interessante: io avevo approfondito la filosofia, Marco il latino. E gli studenti imparavano da entrambi. Ebbene, sulla scia del successo del precedente anno, noi proponiamo il corso. Levata di scudi in collegio docenti: È DIFFICILE!!!! Facciamo invece qualche corso più ricreativo, meno impegnativo, altrimenti quanto si stancano questi ragazzi…. E poi il latino, la filosofia antica… roba vecchia, superata, datata. Anche loro (come il signor Orofino) cercavano la freschezza… poveretti… Così lo bocciarono. E noi lo facemmo lo stesso (gratis, ma -si sa- carmina non dant panem).
Sono quindi d’accordo con quanto diceva (poco sopra) Marco: la prima rovina della scuola (ma io direi proprio della cultura, o meglio della pseudo-cultura) è questo dare la pappa pronta, questo trattare i ragazzi come dei dementi che non possono fare un passo più lungo: hanno lo sport, i corsi, la musica, il computer… se spieghi le cose in modo astratto o con un linguaggio desueto fanno fatica…. E così gli si dà un beverone liofilizzato che sostituisca il pasto. La differenza è che i beveroni sostitutivi non sanno di niente. Invece il beverone di Orofino – come del resto si diceva anche sopra – fa davvero vomitare!
mariella Catasta
Chi sta rubando il futuro ai nostri figli ?
Chi butta nella spazzatura i nostri diamanti?
Chi fagocita con avidità i nostri sacrifici?
Chi stritola la delicatezza della poesia e
della parole che liberano
l’anima dalla menzogna?
Il guaio è che la linfa letale della demagogia uccide la coscienza :
e sprofondiamo senza più accorgercene nella via del non ritorno!
Cosa fare?
agbiuso
@Marco
Hai perfettamente ragione su tutto, caro Marco.
La capacità di Carmelo Bene di trasmettere e far sentire il cuore profondo della poesia è assolutamente unica.
La sua Lectura Dantis rappresenta una delle esperienze visionarie più belle che abbia vissuto.
Barzellette? Non sarebbe una cattiva idea. Una brevissima: il masochista supplica il sadico dicendogli “Picchiami!” e il sadico risponde “No!”.
@Tutti
Grazie per i vostri interventi sempre argomentati e ricchi di pensiero.
marco de paoli
Se insegnassi Italiano (come ho fatto nei primi tempi) io farei sentire Carmelo Bene che legge i Canti orfici di Dino Campana o ancora Bene che legge A Silvia di Leopardi (in certi punti fa venire i brividi). Anche il vecchio Gassmann andrebbe bene.
Ma cosa ci si può aspettare dalla “squola” attuale?
Guardate i libri di testo: sono sempre peggio (io infatti non li uso). Perfino le nuove edizioni di testi un tempo decenti (quindi fatte dagli stessi autori!) peggiorano sempre più: è tutto un profluvio di schemini, quiz e test. Ma questo vogliono gli studenti per primi: dategli uno schemino con le freccette per “spiegare” Platone, e vedete come sono contenti (e se il professore non lo fa, non va bene perché “è difficile”). Questo non vale per qualche studente rara avis: infatti Wittgenstein maestro di “squola” elementare non faceva lezioni aggiuntive per i più ma proprio per quei due o tre.
Il disastro viene da lontano e temo andrà ancor più lontano.
Perché non ci raccontiamo qualche barzelletta, per tenerci allegri?
Filippo Scuderi
Siamo burattini con dei fili invisibili, o almeno certe volte mi sento tale, fili invisibili ma che tocchiamo tutti i giorni, fili della vita quotidiana che ci passa velocemente, fili della incoerenza che ci distrugge i nostri ideali, fili tali da renderci tesi, alcune volte li rompiamo e precipitiamo in un tunnel senza via d’ uscita, ma poi troviamo una fune che ci fa risalire dal tunnel, usciamo dal buio.
Usciamo dal buio da una vita fatta di stranezze, personalmente pensavo che nella vita ci fosse una bilancia invisibile dove tutto alla fine si metteva in equilibrio , ma non è stato così , l’equilibrio è rotto da tutto ciò che ci circonda, spero di trovare il mio equilibrio e stare ai bordi dei vari tunnel della vita.
Filippo Scuderi
PS:Dobbiamo restare , per rispetto di chi ha fatto la storia d’Italia e affrontare tutto ciò che la sta distruggendo.
Laura Caponetto
Sono allibita.
Dopo aver ascoltato a stento l’anteprima della prima traccia, giunta alla seconda (esattamente al “fanciulletto giacque” in tono Cristina D’Avena) ho dovuto chiudere la pagina del sito.
In Italia ci riduciamo ogni giorno di più a spettatori di una farsa. Purtroppo, però, non si ride di gusto.
Del resto da un Ministero dell’Istruzione che taglia a fette l’università e distrugge i conservatori (con formula 3+2 e diritto di mantenere il vecchio ordinamento, relativamente ai pianisti, solo per gli studenti interni che frequentino almeno il 7° anno), non ci si poteva aspettare che un bel mix di musichetta pop e poesia svuotata del suo essere. Anche la poesia smette di essere scomoda.
Dopo aver visto sullo scaffale della libreria “L’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio”(“Da un male si deve far nascere un bene ancora più grande. Questa filosofia, con la sua semplicità e con il suo ottimismo di fondo, mi ha sempre accompagnato in tutte le vicende della vita, e così è stato anche dopo l’aggressione che ho subito in piazza Duomo il 13 dicembre”), direi che ci si può aspettare davvero di tutto. Eppure, nonostante questa triste consapevolezza, ogni volta che leggo i giornali rimango delusa. Non dal governo, che mai ha generato in me alcun tipo di aspettativa, ma dall’uomo. E dagli italiani.
Dario Generali
Caro Alberto,
in realtà questo scempio non mi stupisce, perché la cifra dominante del berlusconismo è il disprezzo per la cultura e l’odio del gregge di bottegai, ciarlatani, artigiani, piccoli imprenditori e lumpenproletariat verso gli intellettuali, cioè verso quelle più alte forme di manifestazione dell’umano a cui queste masse non potranno mai aspirare e dalle quali sono separate da uno iato incolmabile.
La differenza fra i berlusconiani e il mondo della cultura e dell’intelligenza non è una differenza quantitativa, ma qualitativa, di una radicalità che presuppone un’alterità antropologica.
La sopravvivenza della nostra civiltà non potrà che dipendere dalla capacità che avranno gli intellettuali di resistere a questa barbarie, conservando il patrimonio della tradizione culturale in cui ci siamo formati a dalla quale possiamo trarre la forza per contrastare queste orde di selvaggi e di criminali.
Un caro saluto.
Dario
Biuso
@Ricupero
“Verificherò però che a scuola di mia figlia non le facciano ascoltare questo orrendo massacro culturale!”.
Caro Prof. Ricupero, mi sembra un ottimo proponimento. Mi tenga informato.
A proposito del vivere in Italia, a questo punto io -se potessi- me ne andrei. Ho chiesto a dei miei parenti avvocati se almeno si possa rinunciare alla cittadinanza italiana e diventare apolidi. Ma mi è stato risposto che questa possibilità, una volta praticabile, oggi non è prevista. Rimanendo qui, dunque, dobbiamo in ogni caso far di tutto per essere dei cittadini liberi e consapevoli. E’ anche per questo che scrivo.
Salvatore Ricupero
L’altra sera ho visto Draquila e sono stato male per un bel po’, dopo l’uscita dal cinema. Mi chiedevo continuamente cosa ci facevo ancora in un paese come questo! In quei momenti mi riassale la voglia di chiamare amici in Francia o in Canada o altrove per andarmene. Ma ha più senso restare, per tanti motivi!?!Il CD di Mariastella non fa che alimentare questo senso di fuga. Verificherò però che a scuola di mia figlia non le facciano ascoltare questo orrendo massacro culturale!
Non so chi sia, signor Cateno però mi sento di dirle che affermazioni del tipo “..Mi stupisco sempre (più) del continuo rimanere in silenzio dei professori e della loro accettazione supina, quando non entusiasta. In fondo a tanti professorini quel CD piacerà pure..” distolgono lo sguardo da vero problema e fanno scadere la discussione. Saluti
Salvatore Ricupero
Cateno
Certo, ma ormai non mi stupisco più del ministero. Mi stupisco sempre (più) del continuo rimanere in silenzio dei professori e della loro accettazione supina, quando non entusiasta. In fondo a tanti professorini quel CD piacerà pure.
Biuso
Caro Cateno, al di là dei professori (che spero bene possano rifiutarsi di far ascoltare questi brani), il fatto grave è che il ministero gelminesco ha speso in tale operazione soldi destinati alla scuola e obbliga i singoli istituti ad accettare il disco come omaggio, appunto, ministeriale.
Cateno
Vengono i brividi. Sarai curioso di conoscere (per prenderli a sberle) che razza di professori adottino questi CD.