La demolizione della scuola italiana sta per compiersi attraverso la balcanizzazione dei saperi, dell’istruzione, del reclutamento. Che si tratti del Disegno di Legge della Lega Nord-Paola Goisis o del Pdl-Valentina Aprea, il risultato sarà identico. E un’opinione pubblica ridotta alla condizione di zombie dal controllo totale che il potere esercita sulle televisioni non si rende in alcun modo conto di quanto accade. Neppure i genitori, i docenti, gli studenti sembrano comprendere.
Mi piacerebbe sapere che cosa pensino di tale progetto quanti si dichiarano “di destra”, i quali in tutta la loro vita -e magari militando nel MSI- hanno sempre esaltato «l’unità della Patria tutta», della sua tradizione storica, del Risorgimento, della formazione di un cittadino che si riconosca come italiano dalle montagne bellunesi ai templi di Agrigento.
Mai vista un’Italia più ignorante, indifferente, cupa, razzista, spaventata, iperlocalistica, frivola e povera. Fatta a immagine e somiglianza dei suoi attuali padroni.
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6 commenti
agbiuso
Continua -lesta, menzognera e fanatica- la distruzione della scuola in Italia.
Da un articolo di Giorgio Mascitelli su alfabeta 2.
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Chiaramente questo documento si presenta in continuità con la riforma Berlinguer e le altre che la hanno seguita e soppiantata e soprattutto con quelle raccomandate dall’Unione Europea e auspicate dall’OCSE, alla prima delle quali istituzioni le abbiamo promesse ( e si sa che ogni promessa è debito, specie se si hanno anche debiti di altro genere). L’enfasi posta sulla centralità dell’inglese e dell’informatica, sull’alternanza scuola lavoro, sull’autonomia degli istituti, sulla loro valutazione, sull’organico funzionale, sullo sviluppo delle competenze anziché dei saperi, sull’introduzione di differenze salariali, non basate sull’anzianità per i docenti di fatto è stata il comun denominatore del discorso sulla scuola in questi anni. È tuttavia analizzando un paio di particolari stilistici del testo renziano, che si può cogliere il quadro ideologico ispiratore.
Non alludo certo alla selva di anglismi presenti nel testo che fanno parte di un folclore managerialminesteriale di pertinenza più che altro degli antropologi culturali, anche se l’annuncio conclusivo che non si terranno convegni per dibattere del progetto ma solo codesign jams, barcamp or worldcafé, è un evidente adescamento della Musa del sarcasmo che si cela in ciascuno di noi. È di maggior interesse, invece, ciò che è stato notato da molti ossia che questo insieme di provvedimenti non viene più chiamato riforma ma patto. In questo caso gli estensori del documento hanno lavorato con saggezza e aderenza ai principi della piena comunicatività del nostro tempo: hanno compreso che il termine riforma è ormai talmente usurato che, persa la sua connotazione positiva, ne ha ormai soltanto una negativa, che richiama la negazione di diritti e di risorse.
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Per la scuola invece è previsto, come del resto è successo negli ultimi venti anni, una sorta di cambiamento permanente che serva a giustificare una mobilitazione totale in vista dell’adeguamento alle sempre nuove esigenze economiche, organizzative, ideologiche. In particolare queste ultime sono di particolare rilievo: man mano che la crisi perdura, la disoccupazione cresce e le disuguaglianze sociali aumentano, l’inadeguatezza della scuola è e sarà sempre più indicata come responsabile principale di questi fenomeni per non mettere in discussione le politiche neoliberiste.
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Un altro elemento di grande interesse è che la possibilità per le scuole di scegliere i propri docenti non sulla base delle graduatorie venga definita “la possibilità di schierare la squadra con cui giocare la partita dell’istruzione”. Si tratta di una metafora sportiva, che ha già conosciuto nel nostro paese e non solo in esso un grande successo, anche se finora era stata usata perlopiù per le competizioni elettorali o le trattative politiche. Questa metafora chiarisce che l’istruzione è una competizione e quindi bisogna vincerla. Pertanto tutti coloro che sono della partita sono tenuti a comportamenti esemplarmente agonistici perché va da sé che una squadra vince solo se è compatta e determinata (e naturalmente manda in panchina chi gioca male). La metafora sportiva non è qui un’ingenuità o una superfetazione retorica, ma ribadisce l’unica dimensione pedagogica significativa per le classi dirigenti del neoliberismo: quella dell’educazione alla competitività. Siccome l’homo economicus avido, libero e intraprendente non è una specie così diffusa in natura, ecco che tocca all’istruzione produrlo creando un ambiente naturalmente competitivo.
Naturalmente nel documento sono presenti obiettivi educativi relativi all’inclusione e non mancano citazioni di Montessori o don Milani, nel giusto spirito ecumenico che ci ricorda che siamo tutti, da Che Guevara a Madre Teresa, parte della famiglia umana e così via. Il documento però resta una testimonianza paradigmatica dell’ideologia neoliberista, ma sarebbe sbagliato vedere in ciò un salto di qualità renziano. Al contrario nella scuola il grande rottamatore è semplicemente il grande prosecutore delle politiche dei governi di centrodestra e centrosinistra che lo hanno preceduto.
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Genealogia della buona scuola
Biuso
@Lucilla
Condivido interamente il tuo commento e ti ringrazio. Su questo tema -la democrazia/demagogia come preparazione alla tirannide- Platone ha scritto pagine intense e di grande realismo.
Hai ragione: “Il potere aperto a tutti è come l’università aperta a tutti: un luogo di nessuno. La politica e la cultura sono entità simili e il loro esercizio non è e non può essere di tutti”.
@De Stefano
La ringrazio del suo contributo.
Pino Mario De Stefano
considero importante tale invito alla presa di coscienza delle attuali strategie (???!) di politica scolastica (?). Come credo sia importante anche non solo individuare possibili comportamenti alternativi, quanto anche mettere a fuoco cosa è veramente in gioco in queste questioni!
A tale proposito mi permetto di proporre un contributo che ho pubblicato sul mio blog.
all’url: http://www.in-crocivie.com/2010/04/il-mantello-di-arlecchino-educare.html
grazie!
Pino Mario
Lucilla
Alberto come sempre mette il dito sulla piaga. Sono con lui e con voi, che prontamente avete risposto, amplificando il grido di allarme ma siamo pochi.
Questa è la nostra debolezza. Molti ancora vanno a votare, nella fallace speranza di cambiare le cose, nell’illusione persistente di esercitare un “diritto”, di assolvere ai propri doveri di buon cittadino. Ma la democrazia è il peggiore degli inganni perchè un popolo, quale massa informe di persone, si manipola con facilità. Bastano gli spettacoli televisivi pieni di luci e pailletes per indurlo a dimenticare di avere fame, sete, di non essere più capace di pensare. Il potere aperto a tutti è come l’università aperta a tutti: un luogo di nessuno. La politica e la cultura sono entità simili e il loro esercizio non è e non può essere di tutti. E’ cavalcando queste bugie che si è arrivati a consegnare il paese a chi oggi lo governa. Un mea culpa non guasterebbe e soprattutto non guasterebbe smettere di mentire.
Biuso
Grazie a te, Alessandra, per l’energia e la lucidità che profondi a scuola e nella tua città.
E’ vero, “manca la forza del pensiero”; non si riesce più a comprendere e a decifrare l’accadere. Gramsci lo aveva detto: è dall’egemonia culturale che scaturisce il controllo di una società. E oggi tale egemonia è della destra televisiva e di tutto lo squallore che in essa si riassume. La maggiore responsabilità dei capi del PCI-DS-PD sta secondo me nell’aver dimenticato la lezione gramsciana, consegnando l’Italia al nulla. Anche oer questo sono dei leader piccoli piccoli, pure quando si credono Napoleone.
Ma come lo stesso Gramsci affermava, citando Burckhardt, “pessimismo dell’intelligenza e ottimismo della volontà”. Rassegnarci mai. Tienici aggiornati, se vuoi anche in questo spazio, su quanto accade nel tuo ambiente. Un abbraccio.
alessandra tigano
Alberto condivido pienamente la tua analisi. Avevo letto a suo tempo la proposta Aprea ne parlai a scuola con la mia Dirigente e i colleghi. Prospettai le novita’principali (reclutamento docenti, consiglio d’istituto trasformato in consiglio di amministrazione,rappresentanza dei docenti e genitori paritaria, docenti ordinari, esperti e senior…). Ascoltarono distrattamente le novita’ che elencavo. Infine quando ho cercato di sollecitarli alla mobilitazione (gli proposi di attivarci presso i nostri rappresentanti sindacali e di cominciare a discutere di queste novita’) mi risposero che sarebbe stato inutile. L’aria che si respira a scuola e’ di rassegnazione, tanto comunque la scuola va, qualcuno ti risponde ‘mi chiudo la porta della mia classe, mi faccio il mio lavoro e torno a casa’. ‘Tra qualche anno vado in pensione’. I colleghi più’ giovani che nella scuola non hanno meno di 40 anni non ti credono e ti guardano con sospetto quanto dici queste cose. Difendono il loro colore politico e il voto che con convinzione hanno dato a Berlusconi. E il sospetto aumenta quando il loro interlocutore e’ qualcuno che cerca di impegnarsi in politica contro il berlusconismo. Adesso si ci mettono i leghisti con la Goisis. Si e’ proprio vero l’Italia si ferma in Lombardia ma il sud e’incapace, come il PD, di esprimere pensiero riformista e democratico. Ho la sensazione che non ci sia più la forza del pensiero, il gusto di partecipare alla costruzione di processi di innovazione e cosi’ le intelligenze si spengono coltivate dal fatalismo e dall’indifferenza di chi dovrebbe saltare sulla sedia e fare la rivoluzione soltanto dopo aver letto le proposte di queste 2 donne scellerate come il pensiero che rappresentano con il consenso silente del sud. Scusami se mi sono dilungata forse un po’ troppo, ma non vedo spiragli di luce…poiche’ la comprensione e’ oscurata dall’inazione.grazie Alberto per questi tuoi continui inviti alla riflessione.ritornero’ alla carica nel mio ambiente di lavoro. Alessandra