Mente & cervello 61 – Gennaio 2010
Che cosa rende gli umani felici? Che cosa, invece, li dispera? Le risposte sono naturalmente plurali e complesse. E tuttavia c’è anche una semplicità di fondo nella nostra specie. Siamo entità assetate d’amore, perché essere amati e amare significa raggiungere l’acmé della relazionalità che ci costituisce e significa avere la conferma del nostro valore da parte di chi riteniamo essere il valore stesso della vita: l’altro che amiamo.
È questa la ragione per la quale in numerosi esperimenti «la presenza del compagno aumentava chiaramente la resistenza al dolore» (F.Sgarbossa, p. 15); la risata emozionale è «un ridere di niente che nasce semplicemente dal piacere di stare insieme, e serve a confermare e ribadire un legame» (Donata Francescato, citata da P.E.Cicerone, 67); la scrittura e la comunicazione scritta dei sentimenti danno senso alla vita di chi ha la fortuna di amare lo scrivere e salvano dai rischi più gravi e incombenti (M.Picozzi, 12-13).
Ed è invece anche l’assenza d’amore a creare baratri di dolore e di malvagità i cui esempi sono innumerevoli. Come l’inquietante violenza che permea Il nastro bianco, film nel quale la morale protestante si mostra «più algida e feroce di quella cattolica» (S.Argentieri, 8); o l’intersecarsi in Michael Jackson (notevole e acuto l’articolo a lui dedicato da S.Dieguez) di infantilismo, dismorfofobia, narcisismo, ibridazione e pluridentità, fino al momento però in cui avendo lui stesso «smesso di nutrire le attese del pubblico con le sue storie prefabbricate, i media hanno iniziato a creare le loro» (82).
A livello storico-collettivo queste dinamiche creano la ricorrente paranoia per la quale «i potenti si sono spesso distinti per efferate follie» (L.Tondo, 7) e nei soggetti possono favorire oppure ostacolare l’insorgenza di malattie gravi, tra le quali il cancro. La discussione su quest’ultimo tema è assai controversa ma è chiaro che «il cancro è una patologia complessa, determinata da numerosi fattori, che infatti può essere scatenata direttamente dalla predisposizione genetica, da inquinanti ambientali come il fumo o l’alcool, o da virus. Un’alimentazione sbagliata, la scarsa attività fisica, lo stress e i disturbi del sonno contribuiscono ad accrescere il rischio. E questi comportamenti vengono controllati dalla psiche che, come descritto, influisce anche sul sistema immunitario; che, a sua volta, può fare cilecca per via di influenze provenienti da fattori ambientali, da agenti patogeni o da difetti genetici. Per questo la psiche può influire in molti modi nell’insorgenza del cancro» (V.Tschuschke, 103). Certo. Perché siamo nurture, una ricca ed evidente interazione di fattori genetici e situazioni ambientali.
Tra gli altri articoli del numero di gennaio di Mente & cervello, uno dei più drammatici e interessanti è quello dedicato alla vita in carcere, dei detenuti ma soprattutto delle guardie penitenziarie. Una realtà poco conosciuta, nonostante le apparenze, e permeata di autentica disperazione. « “La Polizia ha l’arresto facile, vengono qui e scaricano dei poveracci che metterli dentro non ha senso”, si sfoga un agente di Polizia penitenziaria durante un sit-in di protesta per le condizioni di lavoro. Le carceri italiane possono ospitare un massimo di 43.000 detenuti, mentre a oggi i reclusi sono circa 65.000» (R.Salvadorini, 42).
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