Un uomo che odia(va) Berlusconi (e uno che lo ama)
«Per 14 anni, diconsi 14 anni, la Fininvest ha scippato vari privilegi, complici i partiti: la Dc, il Pri, il Psdi, il Pli e il Pci con la loro stolida inerzia; e il Psi con il suo attivismo furfantesco, cui si deve tra l’altro la perla denominata “decreto Berlusconi”, cioè la scappatoia che consente all’intestatario di fare provvisoriamente i propri comodi in attesa che possa farseli definitivamente. Decreto elaborato in fretta e furia nel 1984 ad opera di Bettino Craxi in persona, decreto in sospetta posizione di fuorigioco costituzionale, decreto che perfino in una repubblica delle banane avrebbe suscitato scandalo e sarebbe stato cancellato dalla magistratura, in un soprassalto di dignità, e che invece in Italia è ancora spudoratamente in vigore senza che i suoi genitori siano morti suicidi per la vergogna. Il dottor Silvio di Milano 2, l’amico antennato del Garofano, pretende tre emittenti, pubblicità pressoché illimitata, la Mondadori, un quotidiano e alcuni periodici. Poca roba. Perché non dargli anche un paio di stazioni radiofoniche, il bollettino dei naviganti e la Gazzetta ufficiale, così almeno le leggi se le fa sul bancone della tipografia?»
Queste durissime parole furono scritte sull’Europeo dell’11 agosto 1990 da Vittorio Feltri. Forse furono anche tali espressioni piene di odio a cominciare ad armare l’autore del (finto)attentato a s.b. Le ha ricordate Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano del 20 dicembre 2009. Invece chi ha sempre amato s.b. e lo ha sostenuto nei momenti di difficoltà, compreso quello attuale, è Massimo D’Alema, un politico che ha perso tutte le battaglie, un Napoleone al contrario, una garanzia a vita per s.b., un autentico comunista.
1 commento
biagio guastella
La citazione di Feltri lascia indubbiamente basiti alla luce dell’odierno comportamento dello stesso. Ma d’altronde basta leggere “La Padania” dalla fine del 94′ al 96 circa (il cui archivio dal sito internet è stato “misteriosamente” manomesso) per rendersi conto di cosa, alcuni dei lacché di oggi, dicevano del Nano di Arcore. Ma si sà, quest’ultimo, riesce a comprare tutto e, ciò che non compra (non necessariamente, il “non in vendita”, deve combatterlo basta che non lo celebri come sua maestà malata si aspetti) viene immediatamente etichettato come “pericoloso, sovversivo e comunista” e demolito attraverso tutti i mezzi possibili in suo potere (credo non sia il caso di citare Montanelli, Biagi ecc…). Tuttavia quella citazione porta, a mio avviso, nel suo incipit un errore che non rende al PCI (o almeno ad E. Berlinguer) il dovuto merito. Quando Berlinguer, acerrimo nemico di Craxi, pose la “questione morale” (che l’attuale sinistra farebbe bene a rivedere!) come antidoto alle pericolose derive di commistione tra partiti, malavita e affari (che già erano ben presenti agli inizi degli anni ’80 nella “Milano da bere”) pochi, probabilmente, capirono cosa volesse dire veramente. Certo il PCI fu un partito controverso (come dice Gaber “Qualcuno era comunista malgrado ci fosse il Grande Partito Comunista”!), eclatante l’atteggiamento nei confronti del Pasolini, ma fino all’84 (anno della scomparsa di Berlinguer) fu un partito opposto alla logica del “peggiore partito socialista d’Europa” (sempre Gaber) craxiano. Poi, è vero, anzicché continuare sulla strada del progressismo (con Lama) e sulla “questione morale” (probabilmente anche perché non fu compresa appieno) si preferì l’immobilismo di Natta per approdare nell’89 ad una classe dirigente probabilmente inadeguata e comunque non all’altezza della precedente.
D’Alema (che sicuramente non è l’Obama italiano, anzi!) è comunque uno dei più capaci esponenti di questa generazione post-PCI e di questa discutibile sinistra italiana (sempre da preferire rispetto al pericoloso populismo berlusconiano). Io credo che il personaggio sia anche spesso vittima della sua astuzia e della sua intelligenza tanto da dar vita ad un praticatissimo sport, la dietrologia del D’Alema pensiero, che mira a leggere e spesso (non sempre per carità!) inventare dei messaggi in codice che starebbero dietro le dichiarazioni di D’Alema. Caso paradigmatico è l’ultima intervista sul “Corriere della sera” nella quale il giornalista, sapendo di suscitare il vespaio, scrive “inciucio” in luogo di “dialogo” ed il gioco è fatto!
Ora indubbiamente al Nano non si riuscì, all’inizio, a fronteggiarlo ma non dimentichiamo che Prodi (“inventato” da D’Alema) riuscì a sconfiggere 2 volte il Nano da Arcore (chiaramente ci sarebbe da commentare le deludenti esperienze, in particolare l’ultima, di quei governi ma non è la sede).
La Bicamerale era la via naturale per affermare un ruolo da grande statista a cui DAlema ha sempre cercato di mirare. E sarebbe pure stata una buona idea in un Paese normale, che ha bisogno di riforme vere, senza, però, un pazzo criminale colluso e tornacontista allora leader dell’opposizione come controparte. Proprio quell’esperienza, su cui non mi dilungo, avrebbe dovuto insegnare che con il Nano di Arcore, “quello del canale 5”, non si può avviare alcun confronto, alcun dibattito istituzionale perché è un elemento deviato e pericoloso. Forse qualcuno crede di poter normalizzare, sull’onda dell’emotività prodotta dal “non trasparente attentato”, la situzione italiana ma credo che anche questa volta sia una pessima idea! Dopo il Nano si apre una nuova fase, ma prima bisogna che si arrivi al “dopo”. Prima possibile, si spera, per il bene di tutti!